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Lorenzo Corsini (7-4-1652 - 6-2-1740)
Pontificato (1730-1740)

LORENZO nacque a Firenze dalla nobile famiglia CORSINI il 7 aprile 1652. Fu studente del Collegio Romano. Nel 1690 fu nominato arcivescovo titolare di Nicomedia e, nel 1696, Tesoriere generale della Santa Sede; il 17 maggio 1706 fu elevato al cardinalato da Clemente XI.
Alla morte di Benedetto XIII (21 febbraio 1730) si aprì un conclave che fu lungo e tempestoso a causa dei maneggi dei principi, i quali desideravano a tutti i costi che fosse eletto un pontefice non contrario ai loro interessi. Dopo parecchi mesi, esattamente il 12 luglio 1730, il cardinale Corsini (già prelato quasi ottuagenario) fu eletto papa; scelse il nome di CLEMENTE XII.
Affidò molte questioni al "cardinale-padrone" Neri Maria Corsini (1685-1770), suo nipote, dal 1731 fino alla sua morte, anche per via delle sue condizioni cagionevoli di salute.
Appena salito al soglio pontificio privò della dignità cardinalizia Niccolò COSCIA (1682-1755), già arcivescovo di Benevento e segretario di Stato di Benedetto XIII, che si era reso tristemente famoso per abuso di potere. Il Coscia venne condannato, il 9 maggio 1733, come ladro e falsario a 10 anni di carcere e risarcimento danni; concluse i suoi giorni a Napoli. Sempre nel 1730 il papa rifiutò la corona di Corsica offertagli dai rivoltosi insorti desiderosi di scuotere il giogo di Genova; cercò, invece, di avocare alla Santa Sede il feudo di Parma e Piacenza per l'estinzione della linea diretta dei Farnese con la morte del duca Antonio, ma dovette accettare la successione di Carlo di Borbone (1731).

Nel 1731 il Parlamento di Parigi dispose la sottomissione del clero alla corona, dichiarando il potere politico indipendente da ogni altro potere; nella Roma papalina si apprese la notizia come una tragedia. La Chiesa aveva perso, dopo la Germania, un'altra "figlia prediletta": la Francia. E nulla potè fare per evitare l'aggravarsi delle controversie giurisdizionaliste a Napoli, in Portogallo e in Piemonte-Sardegna (con Carlo Emanuele III) che causarono gravi colpi alla Chiesa; restò impotente anche di fronte agli importanti mutamenti causati dal nuovo assetto politico conseguito alla guerra di successione polacca (1733-1735).

Incrementò le missioni in Asia, anche se spesso i missionari di quelle contrade erano sovente travolti da angosciosi dubbi per quanto riguardava i riti liturgici da seguire: era possibile accettare le tradizioni locali o bisognava attenersi alla rigida liturgia latina, assolutamente incomprensibile per gli autoctoni? I documenti vaticani pubblicati nel tempo non erano sempre lineari. Se inizialmente (1734) Clemente XII aveva attenuato alcuni aspetti della condanna proferita da monsignor de Tournon, successivamente (1739) aveva esigito obbedienza assoluta con la minaccia di sanzioni gravi per i missionari.

Molte furono, poi, le opere avviate, costruite o portate a termine a Roma e nello Stato Pontificio. La più prestigiosa di queste fu la Biblioteca Corsiniana, la cui genesi è legata alla storia dell'intera famiglia Corsini. Fu probabilmente il cardinale Neri Corsini sr. (1624-1679) l'iniziatore dell'interessante raccolta libraria, successivamente arricchita dal nipote pontefice. Il nucleo originario della Biblioteca (Corsinia Vetus) era ospitato nel palazzo di piazza Navona e contava più di 40.000 volumi. Nel 1733 papa Clemente XII donò la sua ricca biblioteca al nipote, Neri Maria jr., il quale, insieme al fratello Bartolomeo, nel 1736 acquistò il Palazzo Riario alla Lungara. Nelle sale del primo piano del palazzo, venne collocata la raccolta libraria di famiglia. Nel 1754 la Biblioteca, denominata Corsinia Nova, fu aperta al pubblico, arricchendosi negli anni di importanti reperti.

Ma sicuramente l'opera più conosciuta e più universalmente apprezzata fu la Fontana di Trevi, imponente ed artisticamente notevole, la più scenografica fontana non solo di Roma. Quando nei primi anni del 1730 papa Clemente decise di sostituire la bella fontana disegnata da Leon Battista Alberti nel 1453 con una di imponente maestosità, invitò i migliori artisti dell'epoca a presentare i loro progetti.
Fu scelto quello dell'architetto NICCOLÒ SALVI (1697-1751), ed i lavori ebbero inizio nel 1732 e si conclusero sotto il pontificato di Clemente XIII; la fontana fu inaugurata il 22 maggio 1761. Ha nel mezzo un arco trionfale sormontato da un attico sul quale sovrasta lo stemma di Clemente XII.

Al centro di una base rocciosa si erge la statua di "Oceano" sopra un carro a conchiglia trainato da due cavalli marini guidati da tritoni. I cavalli rappresentano il mare agitato e calmo. Le due statue ai lati di Oceano rappresentano la Salubrità e la Prosperità, chiara allusione agli effetti benefici di un'acqua pura.

Nel 1732 fu completata la costruzione delle Scuderie Papali in piazza del Quirinale, iniziata da Alessandro SPECCHI circa 12 anni prima, ma portata a compimento da Ferdinando FUGA. Fu completata (1732-1737), altresì, la costruzione della Fabbrica della Sacra Consulta sul colle Quirinale (detto anche Montecavallo), progettata sempre dall'architetto fiorentino F. Fuga. Questi realizzò anche un edificio pubblico destinato ad ospitare la Segnatura dei Brevi, nonchè ad acquartierare i reparti dei Cavalleggeri (guardie a cavallo del pontefice) e delle Corazze (corpo appiedato destinato alla scorta della carrozza papale).

Nel 1732 chiamò l'architetto VANVITELLI a dare forma al suo progetto di rilancio edilizio e commerciale del porto e della città di Ancona, grazie alla costruzione di un canale che si insinuava dentro la città per oltre 11 chilometri e culminante in un maestoso Porto.
Fece portare a termine, nel 1734, anche con diverse trasformazioni, il palazzo-Museo Capitolino, grazie al ruolo decisivo ed anonimo dell'architetto Filippo BARIGIONI, al quale si deve l'intera opera di definitiva trasformazione interna settecentesca.
Nel 1733 fece allargare piazza Montecitorio (lo ricorda una lapide in suo onore ivi collocata); nel 1734-35 affidò all'architetto toscano A. GALILEI il rifacimento della facciata di san Giovanni in Laterano e quella di san Giovanni de Fiorentini. Contribuì (1738) alla raccolta della Calcografia camerale conservando il cospicuo fondo di rami incisi (circa 25.000 soprattutto italiani) provenienti dalla stamperia De Rossi.
Istituì un orfanotrofio "per le povere orfane comunemente denominate zoccolette". "Zoccolette" perché destinate, una volta dimesse dal "Conservatorio dei santi Clemente e Cosentino" (così si chiamava la pia opera che le accudiva), al mestiere più antico del mondo. (Da annotare che nella saggezza popolare "zoccoletta" è meno cattivo e dispregiativo di "puttanella", quasi un nomignolo affettuoso). Per sostenere l'istituto, Clemente XII, nel 1731, riammise il gioco del lotto, bandito da lunga data, concedendogli i proventi incassati.

Nel 1737 canonizzò san Vincenzo de' Paoli, il santo della carità.
Condannò i cosiddetti Convulsionari di San Medardo, una setta religiosa di estrazione giansenistica sorta a Parigi nel cimitero omonimo. Sulla tomba del giansenista François de Paris i seguaci si abbandonavano a manifestazioni convulsive. Esibendo uno sfrenato fanatismo, essi affermavano che su quella tomba erano avvenute alcune miracolose guarigioni. La setta si diffuse rapidamente in tutto il territorio francese, ma venne definitivamente soppressa dalla Rivoluzione francese.

Ma la condanna principale di Clemente XII, quella per la quale è ancora oggi maggiormente ricordato, fu quella alla Massoneria. Da più parti si è affermato che Clemente XII, già totalmente cieco da più anni, all'epoca della condanna, fosse costretto a letto, per vari malanni e non fosse più in grado di seguire con discernimento la vita politica e spirituale della Chiesa, la quale - come si è detto - era stata affidata al nipote cardinale il quale, pare, prendesse la mano all'infermo zio per far firmare ogni atto necessario alla cura delle anime e dello Stato Pontificio. Ma certamente si ingannerebbe chi considerasse il nipote del Papa l'autore di ogni iniziativa ecclesiastica negli anni della pur lucida infermità di Clemente XII. A Clemente si potrà rimproverare molto, ma non certo di non essere stato un Papa accorto. Già segnato dall'esperienza del suo predecessore, il quale era caduto in mano ai curialisti vaticani di poco affidamento, egli aveva preferito circondarsi di validissimi prelati (i cardinali Ottoboni, Spinola, Zandolari, Albani, Lambertini, Firrao); unica eccezione: proprio il nipote, del resto retaggio nepotistico ancora in grande uso alla Corte dei Papi. La condanna alla massoneria, dunque, non fu frutto di un singolo, ma espressione di una collegialità di intelligenze.

Così il 28 aprile 1738, a 20 anni di distanza dalla costituzione della Massoneria ufficiale, avvenuta a Londra nel 1717, Clemente XII emanava la Bolla "In emimenti Apostolatus Specula". Ne riportiamo il passo culminante: " [...] allo scopo di chiudere la strada che, se aperta, potrebbe impunemente consentire dei delitti; per altri giusti e razionali motivi a Noi noti, con il consiglio di alcuni Venerabili Nostri Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, a ancora motu proprio, con sicura scienza, matura deliberazione e con la pienezza della Nostra Apostolica potestà, decretiamo doversi condannare e proibire, come con la presente Nostra Costituzione, da valere in perpetuo, condanniamo e proibiamo le predette Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o con qualunque altro nome chiamate. Pertanto, severamente, ed in virtù di santa obbedienza, comandiamo a tutti ed ai singoli fedeli di qualunque stato, grado, condizione, ordine, dignità o preminenza, sia Laici, sia Chierici, tanto Secolari quanto Regolari, ancorché degni di speciale ed individuale menzione e citazione, che nessuno ardisca o presuma sotto qualunque pretesto o apparenza di istituire, propagare o favorire le predette Società dei Liberi Muratori o Francs Maçons o altrimenti denominate; di ospitarle o nasconderle nelle proprie case o altrove; di iscriversi ed aggregarsi ad esse; di procurare loro mezzi, facoltà o possibilità di convocarsi in qualche luogo; di somministrare loro qualche cosa od anche di prestare in qualunque modo consiglio, aiuto o favore, palesemente o in segreto, direttamente o indirettamente, in proprio o per altri, nonché di esortare, indurre, provocare o persuadere altri ad iscriversi o ad intervenire a simili Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole, sotto pena di scomunica per tutti i contravventori, come sopra, da incorrersi ipso facto, e senza alcuna dichiarazione, dalla quale nessuno possa essere assolto, se non in punto di morte, da altri all'infuori del Romano Pontefice pro tempore".

Idealmente si può dividere il documento in due parti. La prima consta di una chiara condanna civile e politica agli appartenenti alla setta. Sono riprese le stesse motivazioni che avevano mosso, qualche tempo prima della Chiesa Cattolica, alcuni Stati europei: è ripetuta, infatti, la condanna del vincolo segreto con cui si legavano gli iscritti, attraverso un giuramento sulla Sacra Bibbia; il tacere sui temi trattati in Loggia nei confronti del mondo esterno; vi è, inoltre, il richiamo alla promiscuità di nazionalità diverse e classi sociali dissimili fra loro. Altro motivo di turbamento citato è l'agire "in pari tempo in comune" con la conseguenza del "rumore" e "scandalo" che tale organizzazione di uomini produceva nel consorzio civile.
Sono in un certo senso gli stessi motivi che, come abbiamo detto, procurarono le prime noie agli altri paesi europei. La seconda parte del documento è una condanna più propriamente morale e spirituale, con connotazioni tipiche dell'Inquisizione cattolica. Si ravvisano nei partecipanti a tali assemblee, uomini di diverse religioni, definiti "ladroni" o "volpi", che potrebbero corrompere i cuori dei semplici; è palesata la devianza dall'ortodossia cattolica in quanto c'è un distaccano dalla Chiesa-comunità per entrare in altro sodalizio.

"Uomini - continua la Bolla - che agiscono sotto una parvenza presunta di una certa qual rettitudine, da soli e al di fuori di canoni ecclesiali. E pertanto solo per questo già condannabili". Vi sono pronunciate, inoltre, alcune parole che ancora oggi fanno discutere tanti esegeti della Bolla a causa del loro dubbio significato: "per [...] altri motivi ai Noi noti": di quali altri motivi sta parlando il papa?

Già ammalato da diversi anni, Clemente XII si spense a Roma il 6 febbraio 1740 a quasi 88 anni di età.

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