ALESSANDRO nasce a Bologna, dal conte Pompeo LUDOVISI, il 9 gennaio 1554. Studiò a Roma presso il Collegio Romano e nel 1575 si laurea in giurisprudenza. Sacerdote nel 1578, fu primo Giudice capitolino; nel 1612 fu nominato arcivescovo di Bologna, incarico che conservò fino al 1621 quando salì sul soglio. Nel settembre 1616 fu nominato cardinale di santa Maria in Traspontina. Alla morte di Paolo V, suo nipote, il cardinale Borghese, riuscì a far convergere i voti dei propri aderenti sul cardinale Ludovisi, che fu eletto dopo solo una decina di giorni di conclave, il 9 febbraio 1621; questi assunse il nome di GREGORIO XV.
Ormai già molto anziano (67enne) e non più sano, egli affidò il governo politico e pastorale al cardinale nepote, il venticinquenne LUDOVICO LUDOVISI, che, in breve, mostrò un abile talento diplomatico. Ma approfittò anche dei lucrosi e pingui benefici ecclesiastici subito concessi dallo zio (quasi che presentisse la brevità del suo pontificato). Ricevette infatti l'ufficio di Camerlengo con la rendita di 10.00 scudi, l'arcivescovado di Bologna, la legazione di Avignone e molte abbazie ben dotate. Con le grandi ricchezze accumulate in soli 26 mesi di pontificato dello zio - tali da essere soprannominato "il Cardinal padrone") , Ludovico le impiegò nell'acquisto del ducato di Zagarolo (coi castelli dei Colonna, Gallicano e Passerano) e con 39.000 scudi acquistò il loro stesso palazzo dagli squattrinati Colonna; costruì lo splendido palazzo Ludovisi (rimaneggiato divenne poi l'attuale Montecitorio), ed essendo allora di moda, creò anche una preziosa galleria di numerose opere artistiche.
Assurse insomma ai fasti delle grandi famiglie, seguendo l'esempio dei Borghese. Tuttavia forse per rimorso di coscienza di tante ricchezze accumulate sulle spalle dei poveri contribuenti e con indebite appropriazioni di territori della Chiesa, alla morte dello zio, Ludovico iniziò a distribuire annualmente agli istituti di carità, 32.000 scudi, mise a disposizione presso il Laterano 150 letti ospedalieri, la distribuzione di pasti ai poveri, e edificò anche la chiesa di Sant'Ignazio.
Insieme zio e nipote, nel breve periodo di pontificato, seppero trarre i massimi vantaggi dalla piega favorevole che presentava la Guerra dei Trent'Anni. Gregorio XV inviò presso l'imperatore Ferdinando II il nunzio Carlo Carafa, che in Boemia e nei domini austriaci aiutò con ogni mezzo e senza scrupoli i cattolici facendo allontanare luterani e calvinisti; uguale restaurazione fu realizzata in Moravia e Ungheria.
Nel 1622, riuscì, inoltre, a far passare la dignità di principe elettore da Federico V del Palatinato al cattolico duca Massimiliano di Baviera; in cambio Massimiliano, nel 1623, donò al papa la famosa Biblioteca Palatina di Heidelberg. Migliorò i rapporti con l'Inghilterra e fu anche mediatore tra Francia e casa d'Austria nella questione dei Grigioni e della Valtellina.
Di Gregorio XV è rimasta la riforma da lui introdotta, nel 1621, sul modo di eleggere il papa, delineata nel documento "Aeterni Patris Filius". Essa intese chiudere definitivamente le porte del conclave alle potenze politiche. Le novità principali di tale riforma furono l'introduzione del voto segreto dei cardinali, favorendo in tal modo la libertà di scelta del candidato, l'introduzione delle schede elettorali, lo scrutinio fino al raggiungimento dei 2/3 della maggioranza, e l'abolizione della nomina per adorazione (elezioni fatte sotto le pressioni del momento). Rimasero tuttavia le possibilità di elezione per acclamazione (accordo unanime) e per compromesso (nomina affidata ad un ristretto manipolo di eminenze). Le principali nazioni europee conservarono purtroppo lo 'jus exclusivae', vale a dire il diritto di veto su un candidato a loro non gradito.
Quest'ultimo privilegio venne abolito solo con Pio X nel 1904. La bruciatura delle schede usate, effettuata per conservare il segreto, dà la caratteristica fumata nera in caso di elezione mancata, mentre viene manipolata perché dia una fumata bianca in caso di elezione avvenuta.
Con la bolla "Inscrutabili Divinae" del 22 giugno 1622, e con altri documenti successivi, costituì la Congregazione "De Propaganda Fide", il cui germe era stato posto da Gregorio XIII. Il compito specifico della Congregazione era (ed è ancora oggi) la propagazione della fede nel mondo intero, con la specifica competenza di coordinare tutte le forze missionarie, di dare direttive per le missioni, di promuovere la formazione del clero e delle gerarchie locali, di incoraggiare la fondazione di nuovi Istituti missionari ed infine di provvedere agli aiuti materiali per le attività missionarie, promuovendo l'avvio di opere di pubblica utilità. La nuova Congregazione divenne in tal modo lo strumento ordinario ed esclusivo del papa per l'esercizio di giurisdizione su tutte le missioni e la cooperazione missionaria.
Merita ricordare, inoltre, l'approvazione di Gregorio XV, ai metodi anticonformisti del gesuita padre Roberto de' Nobili, missionario a Madura, in India, che convertì un gran numero di bramini locali adattando il cattolicesimo a usi e idee indù.
Nel 1622 proibì la difesa in privato della dottrina contraria all'Immacolata Concezione. Nello stesso anno revocò tutte le licenze dei suoi predecessori, vietando ogni possibilità della lettura della Bibbia in volgare. Contribuì, inoltre, alla diffusione del Catechismo Romano.
Tra le principali figure di santi che beatificò e canonizzò ricordiamo Alberto Magno, Isidoro contadino, Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Teresa d'Avila, Filippo Neri. Nel 1621 fissò la data per festeggiare san Giuseppe: 19 marzo.
Nello stesso anno fece chiamare a Roma il Guercino, celebre pittore, che già aveva lavorato per lui ai tempi del suo mandato bolognese. Nei due anni del suo regno, Gregorio gli affidò una serie di importanti commissioni che culminarono nel 1623 con il prestigioso incarico di eseguire la pala con il Seppellimento di santa Petronilla da collocare nella basilica di San Pietro, proprio sopra l'altare che conteneva le spoglie della santa, ritenuta la figlia di Pietro.
Suggerì al cardinale nipote di erigere un tempio al fondatore della Compagnia di Gesù, che egli stesso aveva canonizzato qualche tempo prima, poichè la chiesa dell'Annunziata non riusciva più ad ospitare gli studenti che, in numero sempre crescente, frequentavano il Collegio Romano, dove egli stesso si era formato. Il giovane cardinale accettò la proposta, chiese progetti a diversi architetti e scelse, infine, quello del padre Orazio Grassi (1582- 1654), gesuita e professore di matematica presso il Collegio stesso. Per la costruzione di questa chiesa, Gregorio fronteggiò la spesa di 200.000 scudi.
Nella splendida villa Ludovisi, costruita negli orti sallustiani, egli mise insieme una delle più grandi collezioni di arte antica (circa 216 statue, 94 busti, numerosi bronzi, ecc. ecc.) che, andata dispersa, è stata recentemente ricostruita. Nei giardini del Quirinale, nei pressi del fabbricato principale, fece realizzare la Fontana rocciosa, dinanzi alla quale un grande mosaico con le armi papali e lo stemma pontificio sorprendono l'ignaro visitatore con getti d'acqua concentrici sgorganti da invisibili ugelli dissimulati lungo l'intero perimetro dello stemma.
Per impedire ai 'fruttaroli' di Campo de' Fiori di depositarvi frutta e verdura, per tenerla al fresco, nel 1622, fece porre un coperchio di travertino sull'originale vaso marmoreo della bella vasca della fontana della piazza omonima e da allora i romani cominciarono ad indicare la fontana col nome di 'Terrina' per la sua forma che ricorda, appunto, quella di una zuppiera. In occasione della copertura furono tolti dalla fontana i quattro delfini ornamentali, poi misteriosamente scomparsi. Rimossa nel 1889 per far luogo al monumento a Giordano Bruno, la Terrina venne custodita nei depositi comunali fino al 1924, quando venne ricostruita in piazza della Chiesa Nuova e inaugurata l'anno successivo.
Infine, apportò notevoli trasformazioni all'intera struttura della romana Villa Torlonia.
Gregorio, già ammalato, all'età di 70 anni, si spense l'8 luglio 1623, dopo poco più di due anni di pontificato. I suoi resti mortali, in seguito uniti anche nella morte con quelli del cardinale nipote, riposano nella chiesa di sant'Ignazio, verso la quale egli, quand'era in vita, aveva tanto beneficato.
Si può ben dire che nessun altro pontificato di così breve durata ha lasciato nella storia tracce antrettanto profonde.
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