NICCOLÒ SFRONDATI nacque da Francesco, senatore di Francesco Sforza, e Anna Visconti, dalla nobile casata viscontea l'11 febbraio 1535 a Somma Lombardo (oggi provincia di Varese). Il castello atavico resta ancora oggi un sito storico particolarmente affascinante. Dopo gli studi giuridici a Perugia e Padova e la laurea a Pavia abbracciò la vita ecclesiastica; entrò in amicizia con san Carlo Borromeo che ebbe su di lui una grande influenza. Nel 1560 fu nominato vescovo di Cremona, incarico che mantenne fino al 1590. Partecipò al Concilio di Trento dove sostenne l'obbligo di residenza in diocesi per i vescovi, norma che fu accettata solo dopo molti contrasti.
Nel 1583 fu nominato cardinale da Gregorio XIII. Alla morte di Urbano VII, Filippo II di Spagna indicò sette cardinali, tra quelli presenti in conclave, come eleggibili; per opera dei cardinali Montalto e Sforza le varie fazioni si accordarono facendo confluire i voti sul cardinal Sfrondati che il 5 dicembre 1590 fu eletto pontefice assumendo il nome di GREGORIO XIV.
Fedele ma non succube della politica di Filippo II, prese posizione in favore della Lega Cattolica per combattere gli ugonotti, che soccorse con denaro, sperperando i tesori raccolti da Sisto V, e milizie. Scomunicò Enrico IV di Francia e i suoi fautori, ma questa decisione non fu l'ultima causa che favorì il passaggio al cattolicesimo del sovrano.
Confermò, in una famosa Bolla, il diritto d'asilo, estendendolo oltre i limiti del tollerabile dall'autorità politica e suscitando così opposizioni e discussioni: le decisioni giudiziarie dovevano competere al solo foro ecclesiastico; sottratti, così, i terreni consacrati da ogni potestà delle leggi civili, divennero ricettacolo sicuro di chiunque ne temeva la vendetta o ne odiava il freno.
Fu probabilmente durante il conclave che precedette l'elezione di Gregorio XIV che sorsero le tanto citate PROFEZIE sui Papi attribuite a san Malachia, vescovo di Armagh, in Irlanda, morto nel 1143.
Centoundici brevi sentenze latine che apostrofano i pontefici eletti da Celestino II (1143) sino alla fine del mondo, che si chiuderà con Pietro II. Esse furono stampate per la prima volta nella raccolta delle leggende 'Lignum vitae' del benedettino Arnaldo Wion. Moltissimi di questi motti sono azzeccati, ma molti non hanno trovato ancora spiegazione soddisfacente; oggi nessuno storico serio mette più in dubbio che questa compilazione sia un falso.
Avviò la revisione della Vulgata della Scrittura di Sisto V, piena di errori. Il mondo accademico, infatti, era in subbuglio e i protestanti si divertivano tantissimo per l'intera faccenda. Il cardinal Bellarmino, rientrato dall'estero e personalmente sollevato per la morte di Sisto V, che l'aveva allontantato da Roma, suggerì a Gregorio XIV, di non proibire la Bibbia, ma di farla correggere, ove fosse possibile, cercando di recuperare tutte le copie messe in circolazione e sostenendo che tutti gli errori derivavano da sbagli degli stampatori e di altre persone (il riferimento a Sisto è inequivocabile). Un intero gruppo di studiosi si sistemò in un apposito edificio sulle colline Sabine e lavorò indefessamente alla correzione del testo sacro.
Nella terribile carestia che scoppiò a Roma, nel 1590, rimase ammirato dallo zelo e la dedizione con i quali si prodigarono Camillo de Lellis e i suoi discepoli; decise di elevare la Congregazione a Ordine dei ministri degli Infermi, divenendone personale protettore.
Tentò di arginare la pratica della castrazione, in largo uso per ottenere delle voci particolarmente dotate, con una serie di decreti, ma tutto fu inutile e, spesso, vietando loro di cantare in luoghi prestigiosi come quelli pontifici, si finiva per colpire ingiustamente solo loro.
Lottò anche contro la piaga del banditismo. Accordò il suo personale favore al Palestrina; spesso si faceva consigliare da Filippo Neri, di cui era particolrmente ammiratore.
Nel 1591, sentendosi morire, si fece trasportare al Palazzetto Venezia, sperando di riprendersi, grazie anche ad un alto steccato attorno alla residenza che attutiva i rumori circostanti. Ma la ripresa non avvenne: Gregorio XIV si spense il 16 ottobre 1591, dopo neanche un anno di pontificato.
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