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INNOCENZO VIII, G. B. Cibo, genovese 
(1484-1492) 

Sisto IV era appena spirato il 12 agosto del 1484, e subito gravi tumulti scoppiarono in Roma provocati dall'odio che il defunto Pontefice aveva fatto risorgere tra gli ORSINI e i COLONNA e dalle persecuzioni che, insieme con i Riario, aveva fatto patire ai Colonnesi. Furono tali i tumulti che soltanto dopo sei giorni si poterono fare le esequie del papa morto e dopo tredici si riuscì a riunire il conclave. 
Caterina Sforza si chiuse in Castel Sant'Angelo e solo quando (25 agosto) a suo marito Girolamo Riario furono pagati ottomila ducati e i Colonna e gli Orsini, concluso un armistizio, lasciarono Roma, essa consegnò la fortezza ritirandosi nei suoi possessi d'Imola e Forlì.

I Cardinali prima di procedere all'elezione, compilarono una capitolato nel quale stabilirono delle condizioni che il futuro Pontefice doveva rigorosamente osservare. Le entrate dei cardinali - secondo tale capitolato - dovevano essere accresciute; nessun cardinale poteva esser colpito da censure ecclesiastiche o da reati criminali senza l'approvazione di due terzi del Sacro Collegio; il numero dei cardinali non poteva esser superiore ai ventiquattro; solo chi avesse compiuto i trent'anni e fosse dottore in teologia o in diritto poteva ricevere il cappello cardinalizio, eccettuati i figli o i nipoti dei re purché forniti di dottrina; il Pontefice non poteva nominare che un solo cardinale tra i membri della propria famiglia; infine il Papa doveva governare insieme con i cardinali e nelle faccende di grande importanza le sue decisioni non potevano esser valide se non avevano il consenso di sedici cardinali.

Impegnatisi per giuramento di osservare il capitolato, i cardinali procedettero all'elezione. Venne eletto, per le larghe promesse di uffici e di rendite, il cardinale genovese GIAMBATTISTA CIBO (29 agosto del 1484), che prese il nome di INNOCENZO VIII. 
Il nuovo Pontefice era di indole molto mite e di ingegno non certo superiore. Irreprensibili non erano i suoi costumi: sette figli naturali aveva avuti prima di prendere gli ordini sacri e li riconobbe pubblicamente anche dopo che ottenne la tiara. Non era quindi il Papa che potesse opporsi alle irregolarità del clero e infatti la corruzione ecclesiastica fece, durante il suo pontificato, notevoli progressi.

Come uomo politico si mostrò incline alla pace, ma le circostanze furono più forti della sua volontà di mantenere in Italia quella pace che il trattato di Bagnolo aveva fatto concludere. Innocenzo VIII tentò di spegnere quel fuoco che minacciava di suscitare un incendio più vasto e si impegnò per metter la pace tra Firenze e Genova, ma non vi riuscì, né, del resto, egli insistette, poiché avvenimenti di maggiore importanza lo inducevano a rivolger lo sguardo sul Reame di Napoli.
Sulla rivolta dei "Baroni di Napoli" vedi le pagine dedicate 
Il Pontefice aveva creduto che la guerra dovesse facilmente riuscirgli vittoriosa; aveva sperato molto sul duca di Lorena, sui Veneziani, sulla ribellione dei baroni. E invece tutto andava diversamente da quel che aveva creduto e sperato. Inoltre la guerra, portata dentro i territori dello stato della Chiesa, danneggiava la campagna romana e teneva costernata la popolazione di Roma.
Tutto ciò non poteva non influire sull'animo del Papa, incline alla pace per indole, né il concludere la pace poteva considerarsi difficile dato che la desideravano i cardinali, Firenze, Milano, il re di Napoli, che temeva un intervento della Francia e voleva ricondurre all'obbedienza i baroni, e infine la volevano il re d'Aragona e di Castiglia, il quale, essendo re di Sicilia, temeva una incursione dei Turchi in quell'isola e una discesa dei Francesi nel mezzogiorno d'Italia.
Ambasciatori vennero dall'Aragona nella penisola; ambasciatori mandò il re di Napoli a Roma, e l'11 agosto del 1486 fu concluso un trattato di pace in cui Ferdinando promise di pagare il tributo alla Santa Sede, di perdonare ai baroni ribelli e di lasciar libera Aquila di rimaner sotto il dominio della Chiesa.
"Ma non tutte le clausole, di questo trattato dovevano essere rispettate. Infatti due giorni dopo la firma, il re di Napoli fece arrestare un mucchio di gente, fece confiscare i loro beni, e alcuni li fece perire fra i più atroci supplizi.
Innocenzo VIII fu, naturalmente, sdegnato dall'agire di Ferdinando, che aveva sfrontatamente violati i patti della pace, ma ritenne opportuno non protestare per allora. 
Eccellenti si erano fatte invece le relazioni di Lorenzo dei Medici con Innocenzo VIII. Lorenzo rinsalda con un matrimonio l'amicizia che lo lega al Pontefice: difatti, FRANCESCHETTO CIBO, uno dei figli di Innocenzo, sposa Maddalena, terzogenita dei Medici. 
A queste nozze seguì un altro matrimonio, quello di Piero dei Medici con una donna di Casa Orsini. Questa famiglia, già nemica di Innocenzo, per opera della politica medicea, si riconcilia col Papa e acquista a Roma una grande influenza che non può non giovare grandemente al signore di Firenze. Uno dei primi e più importanti effetti della politica di amicizie e di parentele di Lorenzo è la promozione del primogenito de' Medici al cardinalato, avvenuta nel marzo del 1489. La consacrazione, data la giovanissima età del nuovo porporato, che contava quattordici anni, ebbe luogo però al principio del 1492.
Lorenzo il Magnifico si spense, in età di quaranta anni, l' 8 aprile del 1492, e costituì una gravissima perdita non solo pel casato dei Medici e per Firenze, ma anche per l'Italia, perché con lui venne a mancare l'uomo che poteva ancora mantenere l'equilibrio nei vari stati della penisola ed impedire che altri turbassero la pace.

Tre mesi e mezzo dopo la morte di Lorenzo, cessava di vivere, il 25 luglio del 1492, a sessant'anni, anche INNOCENZO VIII, che come il suo predecessore aveva arricchito i parenti, ma non aveva saputo costituire degli stati, che non aveva voluto o saputo opporsi agli scandali e ai traffici della curia, che pochissimo aveva fatto per la religione, anche se aveva mostrato di amar la pace, meritando l'epigrafe che venne scritta sul suo sepolcro Italicae pacis custodi. 

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