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CALLISTO III, Alonso de Borja, spagnolo 
(1455-1458)

Morto Niccolò il 24 marzo 1455, per dargli un successore i cardinali presenti al conclave di Roma dei 20 esistenti nel Sacro Collegio, solo 15 erano presenti. Fra questi, 7 italiani erano dei soliti due partiti romani - i Colonna e gli Orsini - schierati irriducibilmente uno contro l'altro. Degli altri 8, 4 erano spagnoli, che con qualche altro voto straniero, dai contrasti degli italiani trassero vantaggio e riuscirono ad eleggere uno di loro.

L'8 aprila 1455, fu acclamato il cardinale Alonso de Borja (italianizzato in Borgia).
Consacrato il 20 aprile, prese il nome di CALLISTO III.
Aveva quasi 80 anni, nativo di Jativa, in Valencia, canonico presso (l'antipapa) Benedetto XIII, fu riconosciuto poi da Martino V, che lo nominò vescovo di Valencia. Aveva anche trascorso un periodo in Italia, a Napoli, alla corte di Alfonso V, ma essendo questi troppo anticlericale se ne allontanò e papa Eugenio IV lo aveva eletto cardinale.
Non aveva di sicuro le tendenze del precedente papa; non aveva nessun interesse per il libri, per la politica culturale, nè gli interessavano gli artisti. Cosicchè tutta l'opera iniziata dai due papi umanisti, prima quella di Eugenio IV, poi quella di Niccolò V, non ebbe un seguito. Le opere edilizie non proseguirono, e nella preziosa biblioteca vaticana per qualche tempo vi fu regina la muffa e la polvere.

Callisto nonostante i suoi ottantanni, era un uomo d'azione, quello che a lui interessava era l'ordine pubblico. Ma non lo attuò questo programma con dei funzionari di vecchia data, con buona esperienza, ma iniziò a dare alcune cariche ai tanti nipoti; e se prima il nepotismo con Martino V era stato enorme, con Callisto III il nepotismo raggiunse spudoratamente i massimi vertici, e morto lui ebbe poi per anni un indecoroso seguito.
Callisto come spagnolo nutriva un odio implacabile contro gli infedeli; non pensò quindi ad altro che ad una crociata contro i Turchi.
Callisto ventilava un piano grandioso: assalire i turchi per terra e per mare; il comando supremo della spedizione terrestre voleva affidarlo al principe Filippo di Borgogna; per la flotta pensava all'amico Alfonso V di Napoli. Purtroppo le aspettative furono deluse. Predicava al deserto. 

Il Pontefice non si vide assecondato da nessuno: Venezia non voleva rompere la pace conclusa due anni prima col sultano, Francesco Sforza badava a consolidare la sua signoria in Lombardia, Firenze non si muoveva forse non proprio scontenta dei progressi dei Turchi così dannosi alla potenza veneziana; e così il Turco, sebbene vinto da Giovanni Uniade sotto Belgrado e da Giorgio Scanderberg in Albania, potè occupare alcune isole egee, Sinape, Trebisonda, Focea ed altri possessi di feudatari veneziani e genovesi ed occupare Patrasso, Corinto ed Atene.
Vi è da dire che il Pontefice contava specialmente sull'opera di Alfonso d'Aragona. Questi invece aiutava il Piccinino contro i Senesi (1455-56); procurava fastidi e nemici a Sigismondo Malatesta di Rimini e infine - tradendo - con la flotta che era stata allestita coi danari della Chiesa e di cui era comandante l'Urrea, muoveva guerra a Genova che doveva esser da lui costretta a darsi al re di Francia. Il contegno di Alfonso indispettì il Pontefice, ma la sua collera fu di breve durata, perchè l'Aragonese poco dopo morì. La vendetta venne postuma. 
Ferdinando (figlio di Alfonso da lui avuto dalla bella cognata Caterina) assunse il titolo di re di Napoli, ma il Pontefice si rifiutò di riconoscerlo e con bolla del 12 luglio 1458 dichiarò devoluto alla Santa Sede il reame per estinzione della linea legittima. Fortunatamente per Ferdinando, il Pontefice morì il 6 agosto di quel medesimo anno e il suo successore papa PIO II (Piccolomini) confermò il figlio d'Alfonso sovrano di Napoli, lo fece incoronare nell'ottobre dal cardinale Latino Orsini e strinse con lui perfino una parentela facendo sposare a suo nipote Antonio la figlia del re, Maria.
Quanto alla crociata Callisto si mise a far da sè; aveva superato da un pezzo gli ottanta anni, ma sprigionava una energia sovrumana. Si mise ad allestire una flotta sulle acque del Tevere, facendo arrivare carpentieri da ogni parte. Non badò a spese, e quando l'erario fu vuoto, si mise a vendere i tesori pontifici, liberandosi di ogni oggetto superfluo, comprese le stoviglie " a me bastano i piatti di coccio".
Si lavorò febbrilmente per tutto l'autunno- inverno del 1455, e la primavera del 1456. Il 1° giugno le navi scesero sul Tevere e presero il mare al comando del bellicoso ammiraglio Cardinale Ludovico Scarampi Mezzarota, patriarca d'Aquileia, il quale riuscì a portare aiuti ai cavalieri dell'isola di Rodi.
Contemporaneamente l'esercito via terra al comando di Giovanni Huniade, appoggiato da una schiera di crociati trascinati e incoraggiati dallo zelo di frate Giovanni di Capistrano (un emulo di Pietro l'Eremita dei tempi delle Crociate) accorreva a liberare il 22 luglio 1456 la città di Belgrado che Maometto difendeva con 150.000 soldati. L'esercito turco tagliato a pezzi, si disperse quando lo stesso Maometto fu ferito da una freccia e di conseguenza ordinò la ritirata. Era il 6 agosto 1456.
Quando giunse a Roma la notizia che l'invincibilità dei turchi era stata infranta a Belgrado, il pontefice nell'esaltazione, istituì feste di ringraziamento di ogni genere, per celebrare le armi turche sconfitte. Istituì nell'occasione anche la festa della Trasfigurazione di Cristo per ricordare il fausto giorno. Ma dall'esaltazione si passo poi alla trepidazione. C'era ancora molto da fare per sconfiggere i Musulmani nella penisola balcanica,

Le speranze erano tante; Belgrado era solo la prima tappa; bisognava marciare poi su Costantinopoli e da qui a Gerusalemme. Ma l'impresa non era così semplice. Occorrevano aiuti, uomini, navi, armi, condottieri; ma i principi europei nicchiavano, l'imperatore dormiva. " Ah, cuori di sasso ! La nostra flotta corre già verso Costantinopoli e l'imperatore dorme!" questo di Callisto era un generico breve, ma poi si rivolse direttamente all'imperatore, svergognandolo, perchè non favoriva le collette per la guerra santa, nè andava a soccorrere in Albania Skanderberg.

A Belgrado la vittoria c'era stata, ma nel caldo afoso dell'agosto, nella moltitudine di gente fra i cadaveri e la scarsa alimentazione, scoppiò la peste; lo stesso comandante Huniade l'11 agosto moriva. Due mesi dopo lo seguiva nella tomba l'indomito frate Giovanni di Capistrano.

Si riaprirono le speranze quando portando aiuti al Castriota in Albania, la flotta turca fu quasi annientata a Metilino nella successiva estate 1457 dalla flotta pontificia guidata da Scarampo. Ci fu un'altra esaltazione a Roma e Callisto euforico fece perfino coniare una sua medaglia con la scritta "Fui eletto per l'annientamento dei Musulmani". - Ma putroppo non era così, i Turchi stavano mettendo a soqquadro la Morea e dilagando più di prima in Africa.

Callisto rinnovò i tentativi di trascinare i principi cristiani nella lotta in Oriente, e propose anche un congresso a Roma -da tenersi nell'agosto 1458 - tra le potenze europee. Ma come in precedenza, sia prima, sia all'avvicinarsi di quella data, le adesioni furono non solo poche, ma quasi nessuna.
Inoltre il congresso andò a monte per la morte del suo stesso promotore. Callisto infatti moriva il 6 agosto, nel giorno della festa della Trasfigurazione, cioè nell'anniversario della conquista di Belgrado da lui stesso istituita.
Se Maometto aveva un nemico in meno, anche a Roma qualcuno fece festa. Fece la "festa" ai diversi personaggi che Callisto aveva favorito; i tanti parenti Catalani di cui il pontefice spagnolo aveva riempito la corte pontifica. E i parenti a lor volta chiamarono altri parenti e connazionali. E tutti si erano a Roma e dintorni arricchiti oltre il giusto, dentro quella corte quasi pretoriana che Callisto aveva creato, nominandoli segretari di ogni cosa, notai, protonotari, chierici di camera, conferendo la dignità a semplici operai, a un gran numero di ignoranti, oltre che a indegni personaggi.
Callisto aveva appena chiuso gli occhi che già a Roma si era scatenato l'inferno. Il popolo andò all'assalto delle case dei parenti arricchiti; che svaligiarono, arrestarono i proprietari e alcuni per difendersi dal saccheggio rimasero perfino uccisi.

Ma molti, moltissimi rimasero e fecero riempire molte pagine della storia nei successivi anni. Soprattutto il nipote Rodrigo (creato a 25 anni cardinale) e che vedremo cingere la tiara con nome di Alessandro VI.
L'altro nipote, Pedro Luis, fratello di Rodrigo, pur rimanendo laico, tramite lo zio aveva raggiunto le più alte cariche dello stato pontificio: capitano generale di Santa Chiesa, prefetto di Roma. Era perfino diventato proprietario di Castel San'Angelo e di altre fortezze. Quando anche lui seppe della morte dello zio, nella stessa notte vendette per 20.000 ducati Sant'Angelo e temendo quello che in effetti successe, fuggì da Roma riparando a Civitavecchia, ma qui ebbe vita breve, morì dopo aver contratto la malaria.
Questo Pontefice - scrive l'Orsi - « avrebbe lasciato buona memoria di sé, se per il grande affetto che portava per i suoi nipoti e per il desiderio di avere con essi un valido appoggio, non si fosse lasciato trascinare nell'accordare a loro troppi straordinari favori. Con lui quindi - con il Borgia- il Nepotismo piantò salde radici nella corte di Roma. Purtroppo i nipoti di Callisto III furono anche indegni dei sui favori, ed uno di questi nipoti acquistò poi una ben triste celebrità, RODRIGO LANZOL o (come si diceva in Italia) Lenzuoli, al quale lo zio gli conferì per adozione il proprio cognome di Borgia e gli concesse il cappello cardinalizio appena arrivò ai 25 anni d'età ». (Orsi)
Ritornando a Callisto, anche per i cardinali del Sacro Collegio che dovevano riunirsi in conclave, erano in apprensione per quel nepotismo che aveva in mano tutta Roma; prima ancora che Callisto esalasse l'ultimo respiro, già avevano preso alcuni accordi che poi nel conclave presero corpo. Il più importante era quello della riforma della Curia, il conferimento di diocesi e abbazie, il rafforzamento di alcuni membri del Sacro Collegio, e la nomina di nuovi cardinali. A sfogare tutto il loro odio contro gli invadenti Catalani furono in prima fila gli Orsini. Non fu insomma un conclave tranquillo. Ma poi la scelta fu oculata; il 16 agosto eleggevano il successore di Callisto.

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