Come abbiamo letto nella precedente biografia, Bonifacio IX dopo quindici anni di pontificato era morto il 1° ottobre 1404. In un momento critico, anche se era venuto a mancare l'uomo che gli aveva contrastato e rovinato tutte le sue ambizioni: il Visconti.
Roma, che per quindici anni era stata sotto il duro governo temporale papale, appena avuta la notizia della sua morte si levò a tumulto al grido di libertà. Rivoleva subito un suo papa (italiano e a Roma), ma lo voleva privo di potere temporale. A fomentarli i soliti Orsini e Colonna. I primi con i loro nobili seguaci e una parte di quel popolino di facile presa ai motti democratici, si erano subito impadroniti del Campidoglio.
I secondi pure loro con un seguito di plebe molto simile alla prima ma schierata dalla loro parte, iniziarono l'insurrezione ma essendo più debole della prima, si decisero a invocare l'aiuto del re di Napoli Ladislao.
Questi non vedeva l'ora che scoppiassero nelle opposte fazioni dei torbidi; lui - aiutando o l'uno o l'altra fazione (in senso democratico), voleva trarne vantaggio mirando ad estendere il suo regno a spese dello stato pontificio.
Sotto il timore di tale minaccia (Campidoglio, Vaticano, Castel S. Angelo erano già in mano agli insorti) i cardinali riuniti in conclave, volevano sbrigarsi a fare il nome del successore. Ma dato che da Avignone era già giunta notizia che l'antipapa Benedetto era in procinto di partire con una buona scorta di armati per scendere su Roma (ma questo l'aveva messo già in programma con ancora vivo Bonifacio IX e con intenzioni pacifiche) i cardinali scelsero una strada di reciproco accordo, e prima di votare e quindi eleggere uno di loro, avevano prestato giuramento di indire un concilio ecumenico e a presentare -se fosse stato il caso- la propria rinuncia.
Bisogna dire che anche ad Avignone gli antipapa avevano fatto lo stesso giuramento, ma poi una volta eletti non avevano mollato la tiara; avevano fatto solo
chiacchiere ed espresso future buone intenzioni.
Tuttavia al conclave si sbrigarono, e ci misero solo qualche giorno per indicare il successore. Il 17 ottobre 1404 i cardinali fecero il nome di Cosma Migliorati nato a Sulmona. Un uomo istruito, virtuoso, già arcivescovo di Ravenna, poi di Bologna, indi cardinale di S. Croce; ma era un uomo debole avanti con gli anni, quasi alle soglie dei settanta.
Roma era ancora in stato di rivolta, il re di Napoli si stava avvicinando, le basiliche erano occupate dagli insorti, e quindi il neo-eletto non fu nemmeno consacrato, dovette lasciare Roma e rifugiarsi con la corte papale nella più sicura e ospitale Viterbo.
Lui partiva e il re di Napoli Ladislao il 19 ottobre entrava in Roma con le sue truppe. Non aveva ancora deciso con quale delle due fazioni schierarsi (abbiamo letto sopra quali erano le sue mire) ma visto che un papa era stato eletto, colse l'occasione al volo e si schierò come vassallo del papa, e barcamenandosi, si atteggiò a paciere tra le due fazioni, affermando che unica sua intenzione era quella di ristabilire l'ordine. E ci riuscì anche, perchè nel giro di una settimana le due fazioni firmarono un accordo, e per far riassaporare al popolo quella libertà che andava reclamando nelle vie e nelle piazze, furono insediati in Campidoglio dieci governatori a fianco del senatore.
Sedati i tumulti, ristabilita la tranquillità e l'ordine, il neo-papa poteva far rientro a Roma. L'11 novembre 1404 veniva consacrato in S. Pietro, prendendo il nome di INNOCENZO VII. Roma applaudì e per qualche giorno fece festa.
Incontrandosi con l'autore di questa pacificazione, il pontefice riuscì a ottenere dal re di Napoli alcune promesse come difensore della Chiesa, e un impegno a farla riunificare. Ladislao per quel che gli costava, pensando a ben ad altro, promise tutto quello che gli chiedeva, ricevendone in cambio nomine redditizie.
L'anno 1404 terminò con le varie celebrazioni religiose, ma all'inizio del 1405, l'anti-papa avignonese Benedetto, che aveva annunciato di scendere a Roma per incontrarsi con il nuovo papa, si era mosso dalla Francia, a Pasqua era già a Genova e da qui inviò ambasciatori a Innocenzo per combinare un incontro a Roma. L'altro declinò l'invito, era troppo pericoloso avere a Roma due papi. Eppure aveva giurato prima di essere eletto, di indire un concilio ecumenico e l'impegno di adoperarsi per la fine dello scisma, pronto anche ad abdicare qualora i cardinali di questo concilio avessero ritenuto necessario quel gesto per il bene della Chiesa.
Ma a Roma c'era chi soffiava sul fuoco di queste discordie nate con lo scisma. Cominciarono a girare libelli diffamatori per entrambi i papi. Il rimprovero che facevano a Innocenzo era quello di non avere volontà per la composizione dello scisma, di non muovere un dito, di essere perfino uno spergiuro.
Nello stesso agosto accadde il fattaccio. Una delegazione di quattordici cittadini, stanca delle parole e dell'ambiguità si presentò direttamente al papa rivolgendogli le accuse che prima erano solo nei libelli. A difendere il vecchio papa da queste aggressioni verbali, intervenne il nipote Luigi Migliorati con maniere
spicce e violenti; riuscì a far arrestare undici di loro, li fece uccidere sul posto, e - come monito - ne gettò i cadaveri in mezzo alla strada.
Ci mancava solo questo per far ritornare in città il caos. Nella stessa notte furono incendiate le abitazioni dei cardinali e si scatenarono le violenze. Innocenzo e l'intera sua corte visto il vento che tirava abbandonarono Roma per rifugiarsi nuovamente a Viterbo, sperando in un intervento del re di Napoli.
Ma Ladislao il paciere che gli aveva promesso al suo rientro a Roma di difendere la Chiesa, dopo quel giorno quasi subito si era messo a scorazzare negli Stati Pontifici allo scopo di ingrandire il suo regno. E nel farlo molti delegati pontifici di alcune città - essendo lui militarmente forte e sentendosi loro per via dello scisma anche precari -erano passati sotto la sua bandiera.
Innocenzo non aveva armi nè truppe da contrapporre, aveva solo l'arma spirituale delle scomuniche. Le usò e ne fece anche un uso smodato, lanciando maledizioni a destra e a sinistra. Emanò bolle di ogni tipo, una di queste proprio contro Ladislao, dichiarandolo decaduto da re di Napoli.
Ma nei nuovi torbidi scoppiati in agosto, Ladislao tornò a farsi vivo a Roma, agendo come aveva agito la volta precedente, a fare il paciere per (ovviamente anche questa volta) non compromettere i suoi progetti. L'ingenuo Innocenzo, si fidò un'altra volta, ritirò scomuniche, bolle, maledizioni, e riabilitò Ladislao, dichiarandolo addirittura autentico vessillifero della Chiesa.
Ciò che rimproverano a questo papa fu proprio la indiscutibile leggerezza nell'uso dell'autorità religiosa. Minacciava e promulgava solenne maledizioni della Chiesa e subito dopo le mutava in altrettanto solenne benedizioni. Una discutibile arte religiosa, e una cattiva arte politica: entrambe diventate delle banderuole.
Come la prima volta, con Ladislao che aveva placato di nuovo i tumulti, ristabilito la tranquillità e l'ordine, Innocenzo grazie a lui poteva far rientro il 1° settembre 1406 a Roma.
Ma campò ancora due mesi, poi il 6 novembre morì.
Due anni di pontificato i suoi, che non potevano essere per la Chiesa più disastrosi.
E se qualcuno credeva che lo scisma fosse finito, nei successivi mesi dovette ricredersi; anzi al posto di di due papi se ne fecero tre.
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