Morto Bonifacio - in un modo drammatico come abbiamo visto nella sua biografia - sembrò quindi finita la sua illusoria teocrazia, il Papato pareva che avesse esaurite tutte le sue energie. Un successore con la sua tempra non era del resto facile trovarlo.
I funerali di Bonifacio si erano svolti con la città in armi. Ci furono vari tumulti e scontri delle opposte fazioni. Carlo II e i due figli Roberto e Filippo, erano giunto da Napoli e, temendo proprio i tumulti, l'angioino si era portato dietro diverse truppe. Ma anche Federico aveva inviato dalla Sicilia alcune navi e queste si misero all'ancora al porto di Ostia in attesa.
Con i tumulti in città, e i due sovrani nei dintorni in armi la situazione non prometteva nulla di buono.
Turbolenti erano anche i cardinali elettori, potenti per ricchezze e parentele, come gli ORSINI, e c'erano anche i COLONNA, che malgrado la scomunica, erano subito rientrati in Roma.
I cardinali riuniti a conclave a Perugia, capirono subito che di papa bisognava eleggerne subito uno in gran fretta, e un accordo sul nome lo trovarono quasi subito, il 22 ottobre 1303 elessero il cardinale Niccolò
Boccassini. Era quell'unico cardinale che ad Anagni durante l'assalto al palazzo dei cospiratori non aveva abbandonato Bonifacio. Cinque giorni dopo, il 27 ottobre lo incoronarono in S. Pietro col nome di BENEDETTO XI.
Niccolò aveva già 64 anni, era nato a Treviso nel 1240. Figlio di un notaio, dopo aver studiato, giovanissimo a 15 anni era entrato come precettore nella casa di un nobile veneziano, ma poi scelse il convento per farsi domenicano. A 46 anni fu eletto generale del suo Ordine. Abile, colto, studioso, riuscì a percorrere una ottima carriera ecclesiastica, fino ad essere nominato nel 1298 cardinale da Bonifacio VIII.
Di carattere mite - e forse per questo lo scelsero i timorati suoi colleghi cardinali - invece di scontrarsi con le forze laiche in tumulto, o parteggiare per uno dei due sovrani scelse la strada pacifica della diplomazia, che poi era una resa del papato.
Del resto non aveva alleati per opporsi ai Francesi di Filippo il Bello; quanto ai tedeschi morto Bonifacio, Alberto d'Asburgo non aveva nessuna intenzione di mantenere la promessa che aveva fatto.
Ma nella Chiesa e non solo in questa, lo smacco per l'affronto subito ad Anagni aveva lasciato il segno, l'indignazione era nell'animo di tutti, anche dei vecchi avversari di Bonifacio. Benedetto sapeva che non poteva far dimenticare quell'oltraggio, i cospiratori bisognava pur punirli. Ed infatti pochi giorni dalla sua elezione, il 6 novembre 1293 istruì un processo contro i congiurati. Non dimentichiamo che fra essi c'era un Colonna, e gli altri due Colonna che erano in esilio con l'interdetto, la scomunica e le confische fatte da Bonifacio, ma come abbiamo detto sopra dopo la sua morte erano rientrati precipitosamente a Roma.
Nel processo -che durò circa quaranta giorni e si concluse il 23 dicembre 1293 - i Colonna erano sul banco degli imputati, ma seppero così bene difendersi, elencando uno a uno i gravi torti subiti, che ebbero l'ardire di chiedere perfino un
indennizzo. Su questo punto ci si mise d'accordo, furono restituiti i territori confiscati, ma quando i due chiesero di essere reintegrati come cardinali, il papa negò loro questa richiesta. I due non si arresero, e chiesero la protezione a Filippo il Bello. Questi anche se Bonifacio era morto aveva l'intenzione di convocare un concilio per condannare tutto il suo operato. Benedetto onde evitare anche quest'altro oltraggio al papa morto, si piegò alla volontà del re di Francia e reintegrò i due Colonna nella loro carica e li tolse dalla scomunica. Il processo finì quindi in una farsa. Anche se la scomunica non la tolse nè allo Sciarra nè al Nogaret, i due maggiori responsabili dell'assalto al palazzo, dell'oltraggio, e delle violenze fatte a Bonifacio.
Certo che non poteva agire diversamente, per dominare i partiti ci voleva un Pontefice che potesse contare su potenti relazioni, e fosse dotato di carattere energico e battagliero. Invece Benedetto XI era povero, mite d'animo e alieno dalla lotta.
Si barcamenò per qualche mese, poi dopo aver celebrata la Pasqua 1294 comprese, che rimanendo a Roma, gli sarebbe stato impossibile governare la Chiesa, e adducendo come pretesto l'aria malsana della città, la lasciò col proposito forse di stabilire la sede apostolica nell' Italia settentrionale. Invece si fermò a Perugia e, incline com'era alla pace, tentò di conciliare a Firenze i BIANCHI e i NERI, ma fallito il tentativo riconfermò l'interdetto che il suo legato aveva lanciato sulla città toscana. Il Valois invece di averle attenuate le discordie le aveva inasprite con la regia oscura di Filippo. (per questi fatti "guerre a Firenze" , vedi queste pagine di Storia d'Italia)
Da Perugia sono datati gli atti più importanti di Benedetto XI, che sono consacrati in due bolle: quella del maggio e quella del giugno del 1304. Con la prima egli commetteva un atto di estrema debolezza assolvendo Filippo il Bello e i suoi ministri dalla scomunica in cui erano incorsi per aver maltrattato quelli che andavano a Roma o mandavano alla Santa Sede il legittimo denaro; con la seconda però dava prova di un'energia di cui nessuno lo avrebbe creduto capace. Sembrò il Bonifacio dei tempi migliori.
In questa bolla il Pontefice condannava con indignazione l'ingiuria fatta al suo predecessore ed esprimeva la ferma volontà di punire i colpevoli. «Abbiamo — scriveva — prorogata fino ad ora, per giusti motivi, la punizione dell'esecrando delitto che alcuni scellerati commisero contro la persona del nostro predecessore, Bonifazio VIII, di felice memoria. Ma non possiamo più oltre tardare a muoverci, anzi Dio medesimo deve muoversi con noi per disperdere i suoi nemici e scacciarli dalla sua presenza ».
Quindi elencava tutti i nomi di coloro che erano stati partecipi della brutale aggressione di Anagni, tra i quali erano Guglielmo di Nogaret e quattordici nobili, la maggior parte italiani, e dopo aver rievocato a foschi colori la triste scena, aggiungeva: «Avendo pertanto osservate le forme di diritto, dichiariamo che i su nominati, e tutti quegli altri che parteciparono alla delittuosa azione, e tutti coloro che con la propria persona concorsero nelle violenze commesse contro Bonifazio VIII in Anagni, e, infine, tutti quelli che fornirono aiuto, consiglio e favore, sono incorsi nella sentenza di scomunica pronunciata dai sacri canoni. Con il consiglio dei nostri fratelli e in presenza di questa moltitudine di fedeli, li citiamo categoricamente a comparire personalmente davanti a noi prima della festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, per udire la giusta sentenza che con l'aiuto del Signore pronunzieremo sugli attentati di cui abbiamo discorso».
Come aveva fatto in precedenza il suo predecessore, non faceva il nome di Filippo, ma era evidente che parlava di lui e "anche" sopra di lui cadeva la scomunica che, con la prima bolla, aveva abrogato. O forse si riferiva solo al Nogaret, il caporione autore del misfatto.
Le due bolle fecero appena in tempo ad arrivare ed essere lette, che il 4 luglio Benedetto moriva.
Anche questa morte - come quella di Celestino e dello stesso Bonifacio - è avvolta nel mistero. Narra il cronista vicentino Ferreto che Filippo di Francia, volendosi vendicare del Pontefice, per mezzo dei cardinali Orsini e Giovanni il Monaco, corruppe due scudieri del Papa, i quali diedero a Benedetto XI dei fichi di cui era ghiotto, avvelenati. Anche il cronista Villani parla di fichi avvelenati, ma li dice inviati dalla badessa di Santa Petronilla, sua devota. O per veleno (si disse polvere di diamante) o, come altri affermano, per una indigestione fatta con questi frutti, era trascorso meno di un mese dalla pubblicazione dell'ultima bolla.
Castiglione osserva che "fu uno strano modo di avvelenamento". Mentre il Gregorovius ritiene che la morte per avvelenamento, o l'indigestione di fichi, è tutta una favola, che il pontefice - appoggiandosi alla testimonianza degli "Annali di Perugia" - "passò a miglior vita, di morte naturale".
Altri dicono che gli avvelenatori furono Sciarra Colonna e il Nogaret per la scomunica data loro da Benedetto. Ma sappiamo anche che nel 1319 Papa Giovanni XXII instituì un processo contro il francescano Bernardo Deliziosi, indiziato come "strumento di morte" del papa. Deliziosi fu espulso dall'ordine e condannato al carcere perpetuo, ma non si è mai saputo il motivo della condanna. E il mistero rimase.
Benedetto fu un papa mite, generoso, conciliativo, arrendevole, ma purtroppo proprio per questo, come nota il Gregorvius "quelle bolle (in Francia) rappresentarono la sentenza di morte del papato come organismo politico; segnarono il suo ritiro dalla posizione di dominio che esso vantava nell'universo e furono il solstizio della sua storia".
Per le suddette ragioni, dopo i suoi soli dieci mesi di pontificato, dietro di sè Benedetto XI non lasciò odi; sepolto a Perugia nella chiesa di S. Domenico, i fedeli alla sua tomba prestarono subito culto; Clemente XII lo approvò, e Benedetto XIV gli attribuì il titolo di Beato.Morto Benedetto, fu riaperto nello stesso palazzo di Perugia il conclave per dare un degno successore, avevano tutti fretta per non avere ingerenze esterne, ma non fu semplice nè breve la scelta che poi cadde undici mesi dopo su un cardinale francese, nemmeno presente al conclave.
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