Con il pericolo che stava correndo, Carlo si intromise subito nell'elezione del nuovo pontefice. Infatti cercò di annullare gli effetti della politica papale a lui contraria, intrecciando la trama della forza con l'ordito dell'arroganza, perché fosse eletto un Pontefice a lui favorevole. E vi riuscì: i cardinali, riuniti in conclave ad Assisi, elessero undici giorni dopo, il 21 gennaio 1276, un suo partigiano, il savoiardo PIETRO di TARANTASIA, nato a Champigny: consacrato il 22 febbraio prese il nome di INNOCENZO V.
Era un cinquantenne, proveniente da una famiglia francese illustre; giovanissimo era entrato nell'Ordine dei Frati predicatori (primo domenicano ad essere eletto papa) del quale fu provinciale e generale, succedendo a San Tommaso nell'ufficio di reggente dell'università di Parigi ove tenne anche la cattedra di teologia.
Al Concilio di Lione, dove Gregorio lo aveva nominato arcivescovo, mostrò tutta la sua dottrina ed esperienza sulla questione bizantina e fu proprio lui uno dei patrocinatori per l'unione delle due chiese.
Lasciò Lione accompagnando Gregorio X nel suo ritorno in Italia, e si trovava con lui ad Arezzo quando il pontefice morì, dopo averlo nominato arivescovo di Ostia.
Pur preso in simpatia e beneficiato da Gregorio, Innocenzo non seguiva la sua politica, infatti al conclave oltre ad essere stato eletto dalla schiera cardinaliza filo-angioina, confermò subito a Carlo
d'Angiò la dignità senatoriale a Roma e il vicariato imperiale di Toscana.
Ovviamente Rodolfo d'Asburgo con questa elezione iniziò a vedersi danneggiato su ciò che aveva pattuito con Gregorio, e scrisse subito a Innocenzo, ricordandogli la corona imperiale promessagli dal suo predecessore, e contemporaneamente inviò dei suoi plenipotenziari a farsi prestare giuramento di vassallaggio dal re angioino. Questo perchè la Toscana era sempre appartenuta all'impero, dagli Ottoni in poi, promessa sì alla Chiesa ma la donazione non era mai avvenuta.
Di rimando il papa gli mandò a dire di tenersi lontano dall'Italia, che lui non era stato ancora incoronato, e - a proposito di Toscana - gli ricordava la restituzione della Romagna che era della Chiesa ma che gli imperiali avevano da tempo occupata.
Si accinse anche a fare altro, togliendo l'interdetto alle città Toscana; scomunicò i Ghibellini di Verona e Pavia; tentò di pacificare Genova straziata dalle lotte pro e contro gli angioini; inviò lettere a Costantinopoli invitando la cessazione dello scisma e alla pace con il
D'Angiò.
Di tutto questo ottenne poco, perchè il suo pontificato fu brevissimo. Cinque mesi dopo la sua elezione, il 22 giugno 1276 a Roma, cessava di vivere. Fu sepolto in Laterano.
Si era appena a metà anno e tutto ricominciava da capo. Un altro difficile conclave aspettava i cardinali per mettere sul soglio un altro papa.
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