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GREGORIO X, Teobaldo Visconti, di Piacenza
(1271-1276 )

A sollecitare l'elezione del papa, non fu soltanto la singolare protesta dei Viterbesi, ma vi era ben altro. A Roma Carlo aveva iniziato a comportarsi da padrone, mettendo da parte tutti gli ecclesiastici distribuiva benefici a piene mani solo ai suoi uomini; si era messo a battere moneta e legiferava sempre a suo vantaggio ogni cosa. Tutto questo fece scoppiare a Roma dei tumulti anti-angioini, non solo attizzati da nobili rimasti con le mani vuote, ma anche dallo stesso clero messo da parte. Ma non solo a Roma, perchè il sistema tirannico angioino esteso nell'Italia centrale, era giunta come notizia e aveva provocato una forte reazione ghibellina anche in Lombardia. Addirittura a Genova il governo guelfo guidato da Guglielmo di Monferrato, non solo era caduto, ma lo stesso Guglielmo (fino allora amico di Carlo) si era messo a capo di un gruppo di ghibellini che appoggiavano i diritti dei tedeschi.
Insomma queste notizie giungevano anche ai cardinali in conclave, e la scelta diventava sempre più sofferta, fin quando anche i francesi trovarono che la corrente italiana era la più dignitosa, compresero la grandezza del loro dovere e alla fine dei diciassette che componevano gli elettori, undici si trovarono d'accordo a nominare un papa italiano.
Forse avuto sentore di una tale scelta, Carlo si era portato a Viterbo, convinto di influenzare con la sua presenza una scelta francese; ma sembra proprio che non fece una eccessiva impressione, anzi sembrò quasi una sfida, e alcuni dicono dispetto.

Il 1° di settembre del 1271 i cardinali diedero i loro voti a TEOBALDO VISCONTI, piacentino, che si trovava allora in Palestina a San Giovanni d'Acri in Crociata con Edoardo d'Inghilterra.
Era un semplice arcidiacono di Liegi, ma pur conosciuto per rettitudine di carattere e mitezza d'animo, non si era distinto in nessun campo. Era però un esperto di affari temporali, e aveva viaggiato molto. Con il cardinale Pecorara era stato a Lione, poi con il cardinale Fieschi a Londra, dove aveva stretto amicizia con Edoardo. E con lui era partito per la Crociata in Terra Santa.

Tebaldo Visconti, saputa la sua elezione, partì dall'Oriente il 1° gennaio del 1272, approdò a Brindisi, il 13 marzo entrò a Roma, fu ordinato subito prete, e due settimane dopo il giorno 27 fu consacrato papa col nome di GREGORIO X.
Paradossalmente ad accompagnarlo - ma non potette esimersi dall'incarico - fu lo stesso Carlo. Dopo tre anni di sede vacante, oltre i precedenti anni con il Laterano vuoto, un pontefice poteva rimettere piede nella naturale residenza dei papi.
Il nuovo Pontefice non aveva l'animo di un riformatore né il temperamento di un uomo politico; anche se in cima ai suoi pensieri stava la liberazione del Santo Sepolcro, sapeva che i tempi non erano per nulla propizi per una crociata; e giustamente pensava che per portare i Cristiani d'Occidente alla guerra contro gl'infedeli occorreva prima pacificarli.
Invece come abbiamo visto in Italia la pace, dopo tante lotte sanguinose, era intensamente desiderata, ma trovava un grande ostacolo nella politica dell'Angioino, il quale, inoltre, con la sua smodata ambizione stava diventando pericoloso alla stessa autorità pontificia.
Si faceva strada nei progetti del papa l'idea che doveva risorgere l'impero senza il quale la Chiesa non aveva più l'alter ego, che appoggiasse il riassetto del suo Stato.

La politica di Gregorio X pertanto fu tutta rivolta prima alla riconciliazione degli animi, così necessaria nel suo periodo, con Pisa che era travagliata dai Guelfi, con Genova in guerra con Carlo, con Venezia e la stessa Genova in armi contro Bologna.
Gregorio X cominciò dalla Toscana. Accompagnato da Carlo e da Baldovino II, il 18 giugno del 1273 giunse a Firenze. Da qui inviò un legato ai Pisani per riconciliarli alla Santa Sede, poi fece firmare un trattato di pace tra i Ghibellini e i Guelfi a Firenze, ordinando che i primi tornassero nelle loro case e rientrassero in possesso dei loro beni, facendosi consegnare ostaggi dall'una e dall'altra parte e minacciando di scomunica chi osasse violare i patti.

Non ottenne gran chè, anche perchè il subdolo Carlo, agiva alle spalle del papa per rompere quelle paci che Gregorio X faceva firmare, seminando zizzania fra le varie correnti, o promettendo benefici a chi gli era contro.

Persuaso il Pontefice che il maggiore ostacolo alla sua politica di pace in Italia e alla liberazione della Terrasanta fosse ormai costituito da Carlo d'Angiò e temendo inoltre - e non a torto - che l'Angioino, con la potenza che si era guadagnata nella penisola e con i progetti che maturavano per impadronirsi dell'impero bizantino, arrecasse un grave colpo all'autorità della Santa Sede, stabilì di minare il prestigio di Carlo in Italia dando all'impero d'Occidente un imperatore e nello stesso tempo impedire una spedizione angioina in Oriente.
Gregorio con energia si assume il difficile compito di far rinascere dalle rovine il Sacro Romano Impero e lo fa perentoriamente - e a pochi giorni dalla sua elezione - quando giunse la notizia che era morto Riccardo di Cornovaglia, e con un Alfonso di Castiglia pronto a mettersi in testa la corona imperiale.

Dopo la morte di Federico II la dignità imperiale era stato un titolo vano. Dal 1254 in poi erano stati eletti imperatori Guglielmo di Orange, Riccardo di Cornovaglia e Alfonso di Castiglia, ma nessuno aveva esercitato il potere, e il trono era stato considerato vacante; così n'avevano approfittato i principi feudali per accrescere le loro prerogative, e le città, per acquistare l'autonomia e confederarsi tra loro.
Gregorio fece subito sapere ad Alfonso di Castiglia che le sue pretese erano infondate, e nello stesso tempo ordinò al collegio elettorale germanico di procedere - subito! - ad un'elezione, di un re e imperatore, minacciando di trasferire l'impero ai Francesi.
L'assemblea dei principi feudali, con questo diretto e perentorio intervento del Pontefice, il 29 settembre del 1273, eleggeva RODOLFO di ABSBURGO, dei conti d'Alsazia, che il 24 ottobre dello stesso anno fu incoronato ad Aquisgrana dall'arcivescovo di Colonia.
Annunciando al Papa la sua elezione, Rodolfo lo pregava di volerlo assistere e di accordargli il diadema imperiale; Gregorio a sua volta, congratulandosi con lui, gli raccomandava di coadiuvarlo nella pacificazione. Lo riconobbe re di Germania e imperatore eletto dai Romani e lo invitò per l'anno dopo a ricevere la corona imperiale, tuttavia - lo informava - si riservava ogni decisione definitiva dopo la fine dei lavori del concilio che aveva deciso di convocare a Lione per il maggio 1274.
Infatti subito dopo, mettendosi in viaggio per Lione, si fermò a Firenze in preda a tumulti tra gulfi e ghibellini. Tentò invano di sedarli, poi fortemente contrariato, lasciò la città lanciando l'interdetto sulla città, esteso in tutta la Toscana, di cui Carlo era il vicario. Poi proseguì per Lione.
Il concilio, che si riunì a Lione il 7 maggio del 1275, s'inaugurò con un grave lutto della Chiesa, essendo morto, mentre si recava pure lui a Lione, il grande TOMMASO D'AQUINO. I lavori durarono fino al 17 luglio
Oltre il Pontefice, intervennero al concilio di Lione, i cardinali e i patriarchi latini, i patriarchi di Costantinopoli e di Antiochia, cinquecento vescovi, settanta abati mitrati, un migliaio di ecclesiastici degli ordini inferiori, i rappresentanti dei sovrani di Germania, di Francia, d'Inghilterra, di Sicilia e i plenipotenziari dell'imperatore di Oriente.
Una delle leggi emanate dal concilio fu quella che stabiliva la disciplina del conclave, provocata dai pericoli che le lunghe vacanze della Santa Sede presentavano. Secondo questa legge, i cardinali dovevano rimanere, per tutto il tempo del conclave ( e senza alcun reddito), allo scopo di non prolungarlo troppo, chiusi e senza altra comunicazione con l'esterno che quella procurata da un domestico, il quale doveva portar loro una sola pietanza il mattino e la sera, e in caso di prolungamento - oltre gli otto giorni - ridotti a solo a pane e acqua.
I risultati del concilio furono invece importanti politicamente e molto dannosi per le ambizioni dell'Angioino, perchè la pace tra papato e impero sembrò ufficialmente raggiunta e venne perfino concordata la data dell'incoronazione imperiale a Roma per il 2 febbraio del 1276. Ma anche per discutere in merito a una nuova Crociata.
La liberazione della Terrasanta era difatti il pensiero costante di Gregorio. L'impresa era già stata deliberata; doveva essere iniziata verso la fine del 1275 con la partecipazione di FILIPPO III "l'ardito", re di Francia, ODOARDO, re d'Inghilterra, GIACOMO, re d'Aragona, e CARLO D'ANGIÒ e RODOLFO D'ABSBURGO, che doveva capitanarla; e dal Pontefice erano state concesse ai principi le decime ecclesiastiche per sei anni per fare i necessari preparativi di guerra e per organizzare la spedizione.

Quanto alla questione orientale, i plenipotenziari di Costantinopoli dichiararono, in nome di Michele Paleologo e della nazione bizantina, di riconoscere la fede e il primato della Chiesa Romana e di prestare obbedienza alla Santa Sede. Un motivo c'era di questo accostamento al papa, sapendolo ormai in grado di condurre una politica indipendente dall'Angioino. Michele infatti vedeva con preoccupazione le conquiste di Carlo d'Angiò in Albania, che passato all'acquisto dell'Acaia e alleandosi con Baldovino di Fiandra, stava mirando palesemente a Costantinopoli.
Quest'unione della Chiesa greca alla latina che non doveva però essere sanzionata da Costantinopoli, faceva per sempre tramontare la speranza di Baldovino II, presente al concilio, di ritornare sul trono di Bisanzio e, mettendo questo sotto la protezione papale, mandava a monte i disegni di Carlo d'Angiò.

GREGORIO X però non riuscì vedere realizzato nulla di quanto detto sopra: da Lione tornando a Roma, si ammalò gravemente in viaggio e cessò di vivere ad Arezzo il 10 gennaio del 1276.
Le discordie si riaccesero subito in ogni parte d'Italia fra guelfi e ghibellini. (vedi particolari in "Storia d'Italia").
E' indiscutibile che in soli cinque anni di pontificato, Gregorio X fece moltissimo, e non solo mantenne fede agli impegni assunti fin dal primo giorno con tanto rigore, ma lasciò anche una traccia ai suoi successori, semprechè questi avessero voluto operare con altrettanta oculatezza e l'energia dimostrata da Gregorio. Purtroppo alla sua morte non ci furono degni successori, e se molti lo piansero, molti malevoli gioirono della sua morte, causando nuove sciagure per la Chiesa.
Per Carlo d'Angiò fu infatti una fortuna la morte di Gregorio, e per prima cosa cercò di annullare gli effetti della politica papale, intrecciando la trama della forza con l'ordito dell'arroganza, perché fosse eletto un Pontefice favorevole agli Angioini. E vi riuscì: i cardinali, riuniti in conclave ad Assisi, elessero undici giorni dopo, il 21 gennaio 1276, un suo partigiano, il savoiardo PIETRO di TARANTASIA, nato a Champigny, vescovo di Ostia, che prese il nome di...

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