Morto Alessandro III il 30 agosto 1181, i cardinali, raccolti a Velletri, il successivo 6 settembre elessero ed ordinarono Pontefice UBALDO ALLUCINGOLI di Lucca, che prese il nome di LUCIO III.
Era vescovo di Ostia e Celletri, già vecchio, ma esperto di cose ecclesiastiche. Innocenzo II lo aveva creato cardinale prete di S. Prassede e lo aveva mandato suo legato in Francia. Papa Eugenio II lo promosse all'ordine dei vescovi e lo inviò in Sicilia. Nei 22 anni, sotto il pontificato di Alessandro III ebbe difficili missioni pontifiecie presso l'Imperatore Federico Barbarossa, dal quale era
particolarmente stimato.
Appena eletto dovette subito lottare con i Romani per i diritti che essi si arrogavano, volendo concretizzare la libertà comunale in un preciso trattato, mentre il papa - fedele alle consegne del suo predecessore - si mostrava contrario e non voleva affatto riconoscere il Comune.
C'era inoltre fra questi contrasti la causa della città di Tuscolo, contro la quale i cittadini di Roma coltivavano sempre un accanito astio, decisi a sottomettere al loro municipio.
Lucio che solo alla fine dell'inverno andò a risiedere in Roma, fin dalla sua elezione si era chiuso a Segni, e di qui chiamò dalla Tuscia, il vicario imperiale Cristiano di Magonza, che intervenuto con le sue truppe riuscì a disperdere i Romani. Ma quando Cristiano morì proprio a Tuscolo colpito da una grave febbre maligna, nell'estate del 1183, i Romani tornarono minacciosi sotto le mura del turrito castello dopo aver devastato il territorio circostante. Gregorovius riporta così la cronaca: "il loro odio contro il clero era selvaggio e barbaricao; una volta catturarono un certo numero di preti nella Campagna, li accecarono tutti salvo uno, li fecero montare su degli asini e dopo averli incappucciati con mitre e pergamene su cui erano scritte nomi di cardinali, comandarono a quello che avevano rispsarmiato di condurre al papa questo macabro corteo".
Lucio riuscì a fuggire a Verona presso l'imperatore, che pochi mesi prima, il 25 giugno 1183 aveva sottoscritto la pace dei Comuni nella città di Costanza.
(vedi qui i particolari della PACE DI COSTANZA).
Furono soppressi i decreti di Roncaglia, e le città equiparate ai grandi vassalli, ricevendole nella sua grazia, dimenticando il passato, concedendo ad esse le libertà già godute dai Comuni, esigendo solo un tributo e il giuramento di fedeltà delle magistrature liberamente elette.
In quanto alla Chiesa manteneva intatto il concordato di Worms.
Nel novembre 1184, Lucio, celebrò un sinodo alla presenza di Federico Barbarossa, di molti nobili e vescovi. E sempre da Verona fu emanato un decreto comune contro gli eretici di allora, i Catari e i Valdesi, banditi dalla Chiesa e dall'Impero e che stavano rialzando il capo nell'Alta Italia.
Tuttavia in diversi punti sorsero dei forti contrasti di Lucio con l'Imperatore. Quest'ultimo non intendeva cedere alcuni diritti sui beni della contessa Matilde, reclamati dal papa, nè si mostrava disposto ad aiutarlo contro i suoi ribelli romani.
Inoltre Federico voleva incoronare suo figlio il giovane re Enrico, vivente ancora il padre, Lucio si rifiutò di farlo, aggiungendo che "l'esistenza contemporanea di due imperatori era incompatibile con la vera natura dell'Impero". Nè volle confermare i prelati promossi in Germania durante lo scisma. Infine sorse la controversia per l'elezione alla sede di Treviri: Lucio era contro Rodolfo che era stato promosso da Federico, mentre appoggiava Volcmaro.
Contrasti che fecero ben presto riaprire la disputa tra la chiesa e l'impero, che tornarono entrambe sulle strade delle controversie che erano sembrate a Venezia finite.
Si arrivò alla rottura papato-impero. Federico poco benevolmente abbandonò Verona, se ne tornò in Germania, e da qui preannunciò pericolose prospettive per lo Stato della Chiesa.
Infatti annunciò il fidanzamento ufficiale tra suo figlio Enrico (18enne) e Costanza d'Altavilla (30enne), figlia di Ruggero II di Sicilia, zia di Guglielmo, ed erede del regno di Sicilia e di Puglia.
Stava insomma nascendo un legame tra Impero e Normanni. E l'ambizioso Federico stava coltivando un "grande sogno".
Quel che le armi non avrebbero potuto fargli ottenere poteva esser conseguito pacificamente con una unione parentale. Così invece di usare la forza iniziò ad usare i sentimenti per giungere a ciò che bramava: un vasto impero formato dalla Germania, dalla Borgogna, dall'Italia, dai domini bizantini, dalle isole mediterranee, dal regno latino di Terrasanta; insomma qualcosa come la ricostruzione dell'antico impero romano: ecco il sogno meraviglioso del Barbarossa.
Era quello che da sempre temevano i papi, di vedere lo Stato della Chiesa stritolato da nord e da sud.
Ma lo stravolto Lucio non riuscì a vedere più nulla, morì a Verona il 25 novembre 1185. Fu sepolto nel duomo di quella città.
Il giorno stesso, sempre a Verona, fu eletto l'arcivescovo di Milano, Umberto Crivelli e consacrato in duomo il 1° Dicembre col nome di Urbano III.
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