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GELASIO II, Giovanni Caetani, di Gaeta
(1118-1119)

Morto Pasquale II, gli succedette Giovanni di Gaeta, prendendo il nome di Gelasio II.
Il suo oltre che essere breve (poco più di un anno) fu un pontificato travagliato, infatti per le insurrezioni provocate dai Frangipane e dall'imperatore Enrico V, dovette sostenere una continua battaglia contro i suoi nemici e quasi sempre dovette peregrinare fuori di Roma. Morì a Cluny il 29 gennaio 1119 mentre cercava aiuto presso i Francesi.

Lo storico di Montecassino, P. Luigi Tosti, in una delle sue pagine più vive (pompose ma anche pittoresche) ci narra i giorni che precedettero la nomina di Gelasio. Nel celebre monastero, i monaci avevano appena appreso la morte di Pasquale, quando giunse un messaggio spedito da Pietro vescovo di Porto, e dal collegio dei cardinali, che a nome di questi chiedeva di Giovanni di Gaeta; lo si desiderava successore del defunto papa e l'invito di recarsi subito a Roma.

Giovanni non era un monaco qualsiasi. Uomo dotto, era stato Cancelliere di santa Chiesa sia sotto Urbano II sia sotto Pasquale II, e aveva contraddistinto il periodo del suo ufficio con l'introduzione del "cursus", che divenne una particolare caratteristica delle lettere papali, più tardi imitata da altre cancellerie.

Torniamo a Luigi Tosti: " Era Giovanni figlio di Crescenzio, duca di Fondi, della casa Gaetani di Gaeta sotto abate Desiderio venne offerto dai parenti a S. Benedetto, versando ancora nella puerizia. In quella fiorentissima scuola cassinese, in cui sedevano maestri Alberico e Costantino Africano, fu educato alle lettere, cui intese con tanto buon successo, che poi venne in fama di sapiente uomo. Papa Urbano II nell'anno primo di suo pontificato creò cardinale il monaco Giovanni Gaetano del titolo di S. Maria in Cosmedin, e suo cancelliere; poi Pasquale II lo nominò arcidiacono e bibliotecario di santa Chiesa. Il Cassinese rispose benissimo ai favori pontificali, e non falli mai alla fiducia che in lui posto avevano gli anzidetti pontefici : e ne dava splendido argomento quando, abbandonato Pasquale da tutti, assediato dai Tedeschi, fautori dell'antipapa Guiberto, egli non si partì mai dal fianco del pontefice, e lo confortò di ogni maniera di uffici, intanto che costui soleva dire, in quelle distrette in cui mettevalo Enrico, Giovanni essere il bastone della sua vecchiezza. E bene diceva: perocchè, quando l'abate e vescovo Brunone gli moveva contro richiami con gli altri prelati per quella scritta che gli aveva strappata di mano il Tedesco nel castello di Tribucco, colui lo difese a tutt'uomo ; e perciò, nei trent'anni che ressero la Chiesa quei due papi, nelle mani sue tutti si raccolsero e prudentemente si amministrarono i negozi del romano Seggio ».
Perciò «.... chiamato Giovanni dal vescovo di Porto a togliere il supremo officio di papa, montò una mula, ed a corte giornate mosse per Roma; ove tali e tante tribolazioni lo aspettavano, quali e quante non ebbero mai patite i suoi antecessori in qual si fosse più fortunoso tempo ».

La sua elezione avvenne in gran segreto, in un monastero sul Palatino, il 24 gennaio del 1118. Invano il vecchio monaco - uomo dotto e mite, fervente sostenitore delle dottrine gregoriane- si oppose a questo onore in un tempo così pericoloso.

La scelta di un tale uomo non poteva certamente esser accolta con favore dal partito imperiale e a Roma si rinnovarono i tumulti e le scene di violenza. I cardinali erano ancora riuniti, quando nel convento irruppe una moltitudine di armati; con il potente e facinoroso Cencio Frangipani che li guidava, assalirono la casa dove si trovava il nuovo papa, ruppero le porte, entrarono nella chiesa afferrarono per la gola il vecchio Pontefice, lo atterrarono, lo ricoprirono di calci, e pesto, sanguinante e carico di catene, lo portarono via, mentre altri scherani del prepotente infuriavano contro i cardinali.

Gelasio fu imprigionato in una torre di Cencio Frangipani, carico di catene, più morto che vivo. Ma il popolo si sollevò, le milizie delle dodici regioni, le genti del Trastevere e dell'Isola corsero alle armi: il prefetto Pietro, riconciliatosi con Pierleone, Stefano dei Normanni ed altri fautori del papa si riunirono in Campidoglio. Il pontefice venne liberato e perdonò al suo carceriere. Roma festeggiò l'avvenimento, e Gelasio fra le grida di gioia, sopra un bianco mulo, si recò in Laterano per ricevere l'omaggio dei Romani.

I Frangipani non si diedero per vinti, prima gli resero impossibile la residenza e nel contempo chiamarono a Roma l'imperatore Enrico V, al quale premeva insistere sul nuovo papa per ottener la conferma del privilegio di Pasquale II, del 1111. L'imperatore accolse subito l'invito dei Franfipani e partì in fretta dal suo campo nei pressi del Po; con pochi soldati al seguito, giunse a Roma nella notte del 2 marzo (1118).

Si diffuse ben presto il panico GELASIO II, atterrito dalla discesa dell'imperatore e dal ricordo dei casi toccati al suo predecessore, si rifugiò con alcuni uomini della sua corte in una casa privata lungo il fiume, nella torre del romano Bulgamino, in S. Maria, nella regione di S. Angelo, dove trascorse la notte, e all'alba, mentre tuonava e lampeggiava una furiosa tempesta che sconvolgeva le acque del mar Tirreno, con un'imbarcazione era intenzionato a lasciare il rifugio attraverso il Tevere per raggiungere il mare e imbarcarsi. Ma, essendo il fiume ingrossato e impetuoso, fu costretto a restare a terra, e sarebbe caduto nelle mani dei soldati tedeschi mandati all'inseguimento, se il cardinale UGO d'Alatri, caricatoselo sulle spalle, non lo avesse portato a rifugiarsi nel castello di Ardea e se i cortigiani raggiunti da tedeschi non avessero giurato che il Papa era fuggito ma non sapevano dove.
Ritiratisi i Tedeschi, Gelasio fu ricondotto sulla nave e, sebbene la tempesta non era per nulla cessata, affrontò i pericoli del mare e giunse a Terracina, poi passò a Gaeta festosamente accolto dai suoi concittadini e da un gran numero di prelati.
A Gaeta, scoperto il suo rifugio, andarono a trovarlo, poco tempo dopo, alcuni ambasciatori di Enrico, i quali lo invitarono a ritornare a Roma per essere consacrato purché promettesse di pacificare il Papato e lo Stato.
Gelasio rispose che non era suo compito, che occorreva un concilio per risolvere la controversia e assicurò che n'avrebbe convocato uno nel successivo ottobre a Milano o a Cremona, città amiche e devote alla Chiesa.

Enrico era rimasto deluso da questa fuga, e per rivalsa creò un antipapa nella persona di Maurizio Burdino di Braga, che si chiamò Gregorio III.
Enrico giungendo a Roma era intenzionato chiedere la conferma dei suoi privilegi e l'incoronazione in S. Pietro. Gelasio però fuggendo si era sottratto a questo ma tuttavia promise di far decidere la controversia in un sinodo che si sarebbe riunito a Milano o a Cremona, nel successivo ottobre.

Prendendo una decisione che Pasquale aveva sempre evitato, da Capua, Gelasio, scomunicò l'imperatore e il suo antipapa. Inequivocabilmente si giunse così a un nuovo scisma. Vari sinodi in Germania la scomunica la confermarono, sotto il cardinal Conone e l'arcivescovo Adalberto di Magonza. A quel punto l'imperatore ripartì per la Germania, mentre Gelasio potè ritornare a Roma nell'estate.
A Roma si trovava ancora l'antipapa, il quale venne riverito da molte province d'Italia, di Germania e persino d'Inghilterra. Gelasio si fermò in vicinanza di S. Maria in Secundicerio, fra le torri di Stefano Normanno, del fratello Pandolfo e di Pietro Latro dei Corsi. Burdino teneva la maggior parte della città con la chiesa di S. Pietro S. Paolo seguito dai seguaci del pontefice. Questi, invitato dal cardinale del titolo di S. Prassede ad assistere alla festa di quella patrona, la cui solennità cadeva ai 21 di luglio, vi partecipava, sebbene la chiesa fosse situata proprio presso le torri dei Frangipani.

Vi fu accompagnato da uomini coraggiosi, ma la Messa non era ancor finita, quando i Frangipani si cacciarono ferocemente nella basilica, empiendola di una gragnola di sassi e di saette. Fu il segno di una mischia brutale, mentre Gelasio riuscì a fuggire. Poi riavutosi dal primo spavento, decise di lasciare la nuova « Sodoma »; nominò Pietro di Porto suo vicario, Ugo cardinale a legato per Benevento, confermò Pietro prefetto, fece Stefano Normanno confaloniere della Chiesa, e con un piccolo seguito, il 2 settembre, s'imbarcò per la Francia. Dove sapeva di poter ottenere pace e protezione.
Nel corso del viaggio fu accolto con molte feste a Pisa, nominò quel vescovado a chiesa metropolitana cui rese soggetta la Corsica, ne consacrò il Duomo, e parlò con dottrina al popolo. Nell'ottobre fece vela per Genova, e alla fine pervenne non lungi dalle foci del Rodano, presso il convento di S. Egidio nell'Occitania.
I vescovi, i principi di Francia, gli ambasciatori del re Luigi lo ricevettero con molta venerazione. A Maguelonne, Monpellier, ad Avignone, nelle città della Francia meridionale, una gran folla accorreva a vedere il venerando esule, e molte offerte spontanee cercarono di alleviare la sua povertà. Giunto a Marsiglia il 26 settembre, non come un fuggiasco, sebbene come un trionfatore, onorato dai vescovi e dai grandi della Francia, che sperava di averli alleati contro la Germania.
Non doveva però godere a lungo dell'ospitalità francese ne riuscì a mettere in esecuzione i suoi progetti: dopo aver tenuto un concilio a Vienne e averne programmato un altro per il successivo marzo 1119, per risolvere la dibattuta questione delle investiture, cessò di vivere due mesi prima, il 29 gennaio, mentre si trovava ospite del monastero di Cluny circondato da monaci, da cardinali e da vescovi, vestito di una povera tonaca, disteso sul nudo terreno.

Il suo pontificato era durato solo un anno e qualche giorno, eppure in questo breve tempo furono molti dolori che si erano accumulati sul capo di questo venerando papa.
Prima di morire raccomandò ai cardinali, come suo successore, Ottone vescovo di Palestrina, il quale però ebbe paura del grave peso, e suggerì Guido vescovo di Vienne.
« Allorquando -- scrive il Gregorovius -- vien detto che, sulle eccelse cime della grandezza umana, i papi non sono che martiri, la vita di Gelasio, più di quella di ogni altro, può far fede di cosiffatta parola. Per lo meno non vi è uomo di animo pietoso, il quale, volgendo il pensiero a quel vecchio sventurato, ultima vittima della controversia delle investiture, non si senta tratto a gravi e serie meditazioni ».

Prima di morire si narra che Gelasio abbia suggerito di far eleggere al trono pontificio il vescovo OTTONE di Palestrina; ma questi rifiutò l'offerta e in sua vece fu eletto l'arcivescovo GUIDO di BORGOGNA (o di Vienne).
Non era questa un'elezione regolare essendo stata fatta dai soli sei cardinali che avevano seguito Gelasio in Francia; eppure, diffusasi la notizia, giunsero entusiastiche adesioni da parte del clero, della nobiltà francese e dello stesso re Luigi VI; ed otto giorni dopo, il 9 febbraio 1119, Guido fu consacrato col nome di papa.... CALLISTO II.

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