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NICCOLO' II, Gerardo, della Borgogna (1059-1061)
(con BENEDETTO IX antipapa)

Al secolo Gerardo di Borgogna, nato a Chevron , nella Savoia attorno i primi anni del 980 e vescovo di Firenze, Nicolo II fu consacrato in San Pietro il 24 gennaio 1059 dopo una vacanza del seggio pontificio di dieci mesi a causa delle ormai connaturate divisioni interne alla Chiesa stessa.

Infatti, alla morte di Stefano IX la nobiltà romana tentò il colpo di mano eleggendo pontefice Giovanni vescovo di Velletri che si insediò con il nome di Benedetto X grazie anche alla sortita dell’ esercito capitanato da Gregorio di Tuscolo, fratello di Benedetto IX il quale, il 5 aprile 1058 entrò in Roma.
L’elezione fu immediatamente condannata da tutti i padri riformatori da Pier Damiani a Ildebrando di Sona e per modificare la situazione, si riunirono in concilio a Siena il 18 aprile, con l’appoggio di Goffredo di Toscana e Lorena. Dal concilio uscì appunto la scelta di Gerardo di Borgogna.
Nel frattempo, Ildebrando di Soana che si già trovava in Germania mando una sua delegazione presso l’imperatrice reggente Agnese, ad Augusta, per convincerla ad abbracciare la causa riformista. L’imperatrice accondiscese ed ordinò al duca di Toscana di scortare a Roma il neo eletto pontefice.
In un nuovo concilio di Sutri Benedetto X fu scomunicato e dichiarato deposto ma le cose furono tutt’altro che semplici perché tutti sapevano che ogni tipo di forzatura da una parte o dall’altra sarebbe costata un bagno di sangue. L’escamotage fu come sempre trovato da Ildebrando di Soana il quale nel frattempo era rientrato ad Ostia: contattato il ricchissimo Leone Baruch, parente per parte materna e figlio di un ebreo convertito, riuscì a far circolare notevoli quantità di denaro tanto da non far presa solo sul popolo ma anche presso la nobiltà e tanto da riuscir a provocare una sommossa popolare costringendo Benedetto X alla fuga
Ai primi di aprile del 1059, Nicolò II tenne il suo primo concilio in Laterano, con la presenza di oltre 100 vescovi che si concluse con la bolla papale <<In Nomine Domini>> ( Nel Nome del Signore) del 13 aprile 1059 la quale oltre ad esprimere nuovamente la condanna e la scomunica di Benedetto X, la condanna della simonia e la proibizione del concubinato clericale sancì in modo inequivocabile che il compito dell’ elezione papale spettava solamente ai vescovi cardinali, cardinali non vescovi, clero nobiltà e popolo potevano solamente dare il loro consenso. Inoltre il decreto stabilì che l’ elezione potesse avvenire anche fuori Roma se i cardinali vescovi lo avessero ritenuto opportuno, che il papa poteva anche non essere nativo di Roma pur in considerazione dei degni e capaci che in Roma avessero avuto i loro natali. All’imperatore fu riconosciuto il diritto di essere considerato degno di considerazione e rispetto.
Inutile dire che quanto stabilito dal pontefice provocò il finimondo ma anche su questo i padri riformisti furono pronti. Nicolò II si recò presso i feudi normanni e nell’agosto 1059 tenne un ulteriore concilio a Melfi, al quale furono invitati Roberto il Guiscardo e Riccardo di Aversa, ad essi furono riconosciute tutte le terre conquistate e ancora da conquistare con l’esclusione di Benevento. A Roberto fu conferito il titolo di duca signore di Puglia e Calabria, a Riccardo il titolo di principe di Capua e la conferma dei suoi già vasti possedimenti.
Davanti a tanta prodigiosità i normanni si sentirono in dovere di dichiararsi vassalli del pontefice e pronti a mettere a disposizione i propri eserciti per il bene della Chiesa, e a riprova accompagnarono a Roma Nicolò II allo scopo di porre fine alle velleità di quella nobiltà che ancora riconosceva Benedetto X, il quale fu stanato dal castello di Galeria dove si era asserragliato ed imprigionato nella chiesa di Sant’ Agnese.
Nel Nord Italia successe invece che il popolo si coalizzò in una sorta di movimento definito “Pataria” che si prefiggeva lo scopo di combattere il concubinato dei preti e che arrivò talvolta a veri e propri tumulti con relativi saccheggi. A dirimere la questione arrivarono, nel 1060 Pier Damiani ed il vescovo di Lucca i quali, non senza notevoli sforzi costrinsero Guido arcivescovo di Milano e tutto il clero a fare atto di rinuncia al concubinato e pronuncia di abiura nei riguardi della simonia.
Mentre ad Augusta per indorare la pillola alla corte imperiale fu inviato il cardinale Stefano ma non fu ricevuto dall’imperatrice, mentre quasi tutti i vescovi tedeschi dichiararono nulle le decisioni papali ed in aperta sfida, illegali le nuove modalità di elezione.
Ma l’aria dello scisma in essere Nicolò II non la potè respirare: si spense a Firenze il 27 luglio 1061 e fu sepolto nella stessa cattedrale.

 

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