I conclavi si
succedettero ininterrottamente dopo la morte di Stefano III, cosicchè dopo
soli 15 giorni fu eletto il diacono Adriano I, figlio di Teodulo a sua volta
dux romanorum della fazione di origine franca.
La sua prima volontà fu espressa attraverso un editto mediante il quale
riconvocò a Roma tutta la nobiltà ed i loro seguiti esiliati durante il
pontificato di Stefano III e governato dalle milizie di Afiarta dux romanurm
appartenente alla fazione filolongobarda.
Il secondo passo fu quello di richiedere i territori di San Pietro nella
mano longobarda di Desiderio.
Da li tutta una serie di conflitti che riuscirono a minare gli equilibri
anche tra le più forti famiglie dell'epoca: da Pavia a Ravenna e Ferrara;
quelle signorie furono tutte percosse da faide, guerriglie e vere guerre
guerreggiate, fino a produrre un tentativo di omicidio a scapito di
Desiderio sfruttando il ricatto nei confronti dello stesso stesso Afiarta
che avrebbe dovuto essere la mano armata del papa e dei franchi.
Mancato l'omicidio per mano papale l'opera fu completata da Leone pentarca
di Ravenna, il quale riuscì ad intercettare l'ex dux romanorum con le sue
truppe, di passaggio sui territori di San Pietro e a farlo trucidare assieme
a non pochi altri cristiani.
Tuttavia la vicenda non ebbe risvolti prettamente esterni e la materia pur
essendo estremamente complessa si può sicuramente ricondurre ai primi
tentativi di nepotismo, soprattutto quando si volge lo sguardo agli assi
famigliari degli ultimi pontefici, dei loro discendenti e dei loro
ascendenti.
Giustappunto il terzo passo fu rivolto allo zio Teodato, anch'egli di nobile
famiglia romana il quale fu nominato primicerio.
La risposta longobarda fu 'immediata con l'assedio e la conseguente
occupazione di Senigallia, Montefeltro, Urbino e Gubbio indi, la marcia su
Roma da parte dello stesso re Desiderio.
Il contenzioso sulle terre di San Pietro (ex pentarcato) con l'aggiunta dei
nuovi territori occupati ponevano i longobardi ormai in aperto contrasto con
il papato ed i suoi alleati franchi. Nulla valsero molteplici incontri di
riconciliazione.
Nel 773 a Ginevra, Carlo ed il figlio Carlomanno tennero il consiglio dei
dodici pari, chiamato anche dei paladini dei franchi; la campagna militare
iniziò nel settembre dello stesso anno.
Le forze militari franche, forti della fede e della politica papale
riuscirono ad aver la meglio sull'esercito di Desiderio che fu costretto
prima a subire l'assedio a Pavia e poi la fuga con la propria famiglia.
Durante l'assedio di Pavia Carlo ebbe comunque il tempo di recarsi a Roma
per la pasqua del 774. Il 2 aprile il re franco fu ricevuto con tutti gli
onori e con ovazioni popolari: benedictus qui venit in nomine Domini,
ricevuto da Adriano I firmò una ulteriore promessa di restituzione dei
territori conquistati, con l'aggiunta di Sardegna, Corsica da un lato nonchè
di Croazia, Slovenia e Istria.
Ma come si sa, la politica non finì, come non finirà mai di strabiliare.
Le promesse seppur stese su pergamena, controfirmate da tutti i pari di
Francia e depositate sull'altare dedicato a San Pietro non furono mai
mantenute.
Carlo, dopo essere partito da Roma con il suo esercito, ritornò a Pavia.
Con il suo esercito riuscì a bloccare la fuga di Desiderio, la sua
famiglia, il suo seguito e deportarli in terra di Francia.
Nella notte del 10 luglio dello stesso anno cinse la corona ferrea e fu
proclamato re dei franchi, dei longobardi, patricius et defensor romanorum,
ovvero più che re, Carlo divenne imperatore infatti, dal 10 luglio del 774
in poi sarà meglio conosciuto come Carlo Magno!
Con l'annessione dei territori longobardi, Carlo non ritenne di dover
insistere oltre con la propria presenza nella penisola italica che abbandonò
a se stessa ivi compreso lo Stato Pontificio. A nulla valsero le suppliche
di Adriano che continuava a rivendicare i cosiddetti "territori di San
Pietro".
Dopo la partenza delle truppe franche si innescarono subito le prime rivalse
con il vescovo Leone di Ravenna che effettuò una sorta di "colpo di
stato" proclamando Ravenna indipendente da Roma e rivendicando le terre
dell' ex esarcato quali "Stato di Sant'Apollinare" ( patrono della
città). Altre rivendicazioni di indipendenza arrivarono da Spoleto e da
Benevento rimasta in mano del duce longobardo Arichi.
Anche dopo la morte del patriarca Leone, avvenuta nel 777 le cose non
mutarono perchè i franchi ritornarono a presidiare le terre dell'ex romano
impero d'occidente e la sua ex capitale Ravenna.
Le suppliche di Adriano I arrivarono sino alla disperazione che rasentò lo
squallore della più totale sottomissione: <<... Aspettiamo la Vostra
dolcissima Altezza come la terra riarsa invoca la pioggia>>.
Carlo Magno ritornò a Roma per la Pasqua del 781 per il battesimo del
figlio Pipino di quattro anni , padrino del quale fu lo stesso pontefice.
Gli interessi di Carlo Magno furono più che evidenti e non certamente
ricollegabili al papa re: al vaticano furono concessi i territori di Ravenna
della pentapoli e di Spoleto, mentre rimasero sotto influenza carolingia
Spoleto e tutta la Tuscia; nel mentre portò a segno l'incameramento dei
territori del beneventano e tutti gli altri rimasti sotto l'egida della
diaspora longobarda, alleatasi ormai con Bisanzio, attraverso il
fidanzamento della propria figlia Rotrud e Costantino, figlio minorenne
dell'imperatrice d' oriente Irene.
Ritenuta conclusa la sua missione nella penisola Carlo Magno ritornò in
patria, lasciando il pontefice nuovamente nello strazio in primis perchè
avrebbe avuto la pretesa di disporre di Carlo Magno quale braccio armato
dello Stato pontificio, in secundis perchè ad oriente le apostasie si
stavano sempre più moltiplicando, senza contare il proselitismo e
l'espansionismo islamico.
Considerata la conclamata situazione di tutto l'occidente orai assoggettato
al potere di Carlo Magno, l'imperatrice Irene nel tentativo di riconquistare
almeno le simpatie papaline, in aperto contrasto con l'ortodossia orientale,
dichiarò ufficialmente il favore imperiale alla devozione delle immagini
sacre, quali intercettrici delle umane condizioni verso DIO PADRE.
In completa autonomia e nella convinzione di dirimere le questioni interne
al suo dominio, nel 785 Irene inviò ad Adriano I un invito alla
partecipazione di un concilio da tenersi in Bisanzio, al fine di dirimere la
questione cristiana tra i sostenitori dell'ikonografia e quelli contrari
ovvero dell'ikonoclastia.
Il papa anzichè parteciparvi inviò due rappresentanti. Il concilio fu
inaugurato il 17 agosto 786 a Costantinopoli ma, la Chiesa d'oriente
impiantata sul modello ikonoclastico, attraverso la propria rappresentanza
più elevata, riuscì a fomentare una rivolta tra le truppe imperiali.
Il concilio fu quindi sospeso e rinviato a giorni di più buon auspicio.
Nel settembre del 787 il concilio fu tenuto a NICEA ( VEDI
"CRONOLOGIA") l'assemblea ecclesiastica dichiarò definitivamente
la condanna del concilio iconoclasta del 754 ed approvò la venerazione
delle sacre immagini.
Nel mentre Adriano esultò per il risultato conseguito che vedeva la Chiesa
orientale ricongiungersi a Roma, Carlo Magno si ritenne offeso perchè non
fu invitato e quindi escluso dal contesto, cosa da lui ritenuta ancor più
grave in quanto "patricius e defensor romanorum" .
Le ritorsioni non si fecero attendere, per prima cosa ruppe il fidanzamento
della figlia Rotrud con Costantino, figlio di Irene, successivamente,
nell'ottobre del 786, ridisceso nella penisola italica marciò contro Arichi
di Benevento che seppur sostenuta dalle truppe bizantine del console e
generale Adalgiso, dovette soccombere alle truppe dell'impero d'occidente.
Arichi ed il figlio Romualdo furono trucidati, così come il secondo genito
Grimoaldo, dapprima insediato dallo stesso Carlo Magno, il quale accortosi
però delle trame a favore di Bisanzio gli fece fare la stessa fine.
E per finire, ancor egli convinto iconoclasta, rivolse le sue bellicose
attenzioni allo stesso pontificato. D'altro canto le sue idee a proposito
della venerazione delle immagini erano ben note, perchè espresse in una
serie di documenti, lettere, citazioni ed editti oggi noti come "Libri
Carolingi" (nda: nonostante l'imperatore fosse assolutamente
analfabeta).
Adriano, seppur sconvolto dalla piega degli eventi, riuscì ad argomentare
la prevalenza della Cattedra di Pietro su qualsiasi altro patriziato romano.
Ma anche questo nulla valse contro gli impeti imperiali di Carlo Magno il
quale, oltre la volontà di avocare totalmente a sé il potere temporale
ritenne indispensabile l'avocazione anche del potere teologico.
Pertanto in contrapposizione al concilio di Nicea, nel 794 fece convocare
dal clero accondiscendente il concilio di Francoforte sul Meno.
Le indicazioni imperiali furono ben precise per le conclusioni dello stesso
concilio che stabilì la legittimità di rappresentazioni iconografiche
solamente quale parte integrante degli arredi ecclesiastici, vietandone la
venerazione!
Tuttavia l'ingerenza di Carlo Magno non fu finalizzata ai ditinguo tra
venerazione ed adorazione, quanto piuttosto , ancora una volta, alla
riaffermazione del potere temporale e militare su quello della fede ed in
particolar modo sulla supremazia delle conquiste territoriali,
indipendentemente dalle alleanze.
Comunque il lunghissimo pontificato di Adriano stava per affacciarsi al
tramonto. Ferma fu sino alla fine la sua opposizione alla scomunica di Irene
e suo figlio Costantino, in contrapposizione con le volontà imperiali.
In Roma e sui territori sotto l'influenza vaticana, Adriano riuscì a farsi
assurgere quale uno dei più grandi mecenati. Solo per titolo indicativo si
possono citare interventi di grand'issima importanza storica ancor oggi
ammirabili:
- San Pietro fu quasi completamente rinnovato con coperture in lamine d'oro
e argento;
- in San Giovanni in Laterano furono fatte lastricature in marmo in tutto
l'atrio e parte del sagrato;
- a. D 791, dopo l'esondazione del Tevere fece completamente ridisegnare gli
argini del fiume Tevere, nonchè le mura e le fortificazioni;
- successivamente fece ripristinare strade ed acquedotti e di questi ultimi
ne amplificò la distribuzione che ancor oggi viene definita "acqua
Claudia";
-non ultimo il rifacimento della chiesa di Santa Maria in Schola Graeca (
ovvero in Cosmedin = ben adornata) donata alla comunità greca fuggita da
Bisanzio a seguito delle persecuzioni iconoclaste.
I meriti di questo papa sicuramente superarono i difetti e seppur non
annoverato tra i santi ad egli si possono ascrivere il particolare
interessamento per le popolazioni romane dell'agro pontino quotidianamente
falciate dalla malaria, la grande attenzione verso i più poveri, ed umili,
fino alla concessione gratuita e caritatevole di i proprietà appartenenti
alla propria famiglia quali Capracorum, nella zona del Vejo.
Adriano I chiuse la propria esperienza terrena nel giorno di natale del 795,
(nda: giorno quindi ascrivibile al 25 dicembre , dopo le riforme del
calendario)
Fu sepolto in San Pietro, dove ancor oggi, alla sinistra del portale,
nell'atrio della basilica si può leggerne l'epigrafe in marmo scolpito a
lettere d'oro dal monaco Alcuino ed inviata dallo stesso Carlo Magno!
Nel frattempo la Serenissima Repubblica di Venezia fu retta dai dogi
Maurizio Galbaio (764-787) e Giovanni Galbajo (787-804) - (nda - padre e
figlio con sostanziale scritturazione dei soprannomi, ovvero dei cognomi -
nota filologica e fonetica:- la differente scrittura del soprannome potrebbe
essesere riconducibile ad un mero errore di trascrizione ma, più
diversamente potrebbe essere riconducibile alla diversa pronuncia dalla
stessa scrittura, ancor oggi in essere da sestiere e sestiere e tra città e
terraferma o isolana della stessa Venezia. Inequivocabile è il significato,
seppur corrotto :Galbaio = cavallo )
Mentre nel vicino oriente chi fece effettivamente da padrone, nelle terre
dimenticate dagli imperi fu lo sceicco e califfo di Bagdad Harun al Rashid.
|