Dopo pochi giorni
dalla morte del suo predecessore, salì alla cattedra di San Pietro un altro
vescovo nativo della Suria (Siria), consacrato il 25 marzo del 708, nel
mentre infuriavano le vendette dell'imperatore Giustiniano II, rivolte in
particolar modo alle terre dell'esarcato ravennate.
Ravenna non fu messa a ferro e fuoco solamente dall'esercito di stanza a
nord ma anche dall'esercito imbarcato sulla flotta di stanza in Sicilia e
capitanato dal patrizio Teodoro.
Le esecuzioni di massa si riconobbero in nomi illustri quali l'arcivescovo
Felice, accecato ed esiliato nel Ponto ed il generale Giovannicio che ormai
fedele a Roma e capo della resistenza antimperiale finì per essere murato
vivo.
Papa Costantino, al fine di far cessare ulteriori lutti alla cristianità
accettò alla fine la convocazione a Costantinopoli, da parte di Giustiniano
II, onde redimere le controversie su alcuni capitolati del concilio "Quisextum".
Il papa fu preso in consegna dalla flotta imperiale di stanza a Porto sul
Tevere ( Portus Urbis Romae - a pochi Km a sud della città ed ideato
dall'imperatore Claudio) che partì il 5 ottobre del 710.
Non appena fatto partire il pontefice, l'esarca Rizocopo ( nda: si erano
aggiunti i territori campani, in sostituzione di quelli venetici) ebbe mano
libera alle scorribande fino ad arrivare a Roma dove si comportò da
tiranno.
Costantino arrivato a Bisanzio l'anno successivo, fu accolto da un
imperatore "proskyenis" (prostrato, supplicante e genuflesso), ma
i risultati non furono concreti: ognuno rimase sulle proprie posizioni.
Il pontefice potè far ritorno a Roma il 24 ottobre del 711. Ritrovò una
città devastata e saccheggiata dopo il passaggio di Rizocopo che nel
frattempo aveva diretto l'esercito su Ravenna dove però trovò la morte a
seguito della forte resistenza dei seguaci di Giorgio, figlio di Giovannicio.
Quasi contemporaneamente trovò la morte anche Giustiniano II per mano dei
sicari dell'armeno Filippico Bardane, il quale non appena insediatosi inviò
una flotta di rinforzo contro Ravenna che cadde nuovamente in mano
Bizantina.
Il neo imperatore dimostrò fin da subito la sua fede "monotelistica"
che provocò l'altrettanta repentina chiusura di Roma.
Costantino infatti vietò il nuovo conio con la doppia effige sulle monete
di zecca romana e abolì la processione a favore dell'intercessione
imperiale.
La diatriba sfociò in guerriglia aperta: da un lato il dux Cristoforo a difendere
il "regno" pontificale di Roma, dall'altra il dux Pietro ordinato
da Filippico Bardane.
La lotta avviluppò tutta l'urbe con decine di vittime e cessò solamente
alla processione guidata dallo stesso papa Costantino per le vie di Roma,
accompagnata da stendardi ed immagini sacre.
La contrapposizione papale, ovvero il diniego al riconoscimento
dell'imperatore provocò sicuramente una rivoluzione non indifferente,
considerato che solamente qualche decennio prima accadeva esattamente il
contrario.
Nel giugno del 713, Filippico Bardane fu spodestato da un suo ministro che
si autonominò imperatore con il nome di Anastasio II e che aderì
completamente ai dettami del concilio "Quisexstum".
Costantino morì il 19 aprile del 715 e fu sepolto a San Pietro.
Tra il 709 ed il 715, anno della sua presunta morte, il califfo Walid I di
Damasco fece costruire in Gerusalemme la moschea El Aqsa ( che significa: la
più lontana, perchè secondo la tradizione islamica sarebbe il punto più
remoto in cui si sarebbe recato il profeta Mohamed).
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