Capo I - Dei malati di mente, degli
intossicati e dei mendicanti
153. (art. 154 T.U. 1926). -
Agli effetti della vigilanza dell'autorità di pubblica sicurezza, gli
esercenti una professione sanitaria sono obbligati a denunciare
all'autorità locale di pubblica sicurezza, entro due giorni, le persone
da loro assistite o esaminate che siano affette da malattia di mente o
da grave infermità psichica, le quali dimostrino o diano sospetto di
essere pericolose a sé o agli altri.
L'obbligo si estende anche per le
persone che risultano affette da cronica intossicazione prodotta da
alcool o da sostanze stupefacenti.
154. (art. 155 T.U. 1926). - È
vietato mendicare in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Le persone riconosciute dall'autorità
locale di pubblica sicurezza inabili a qualsiasi proficuo lavoro e che
non abbiano mezzi di sussistenza né parenti tenuti per legge agli
alimenti e in condizione di poterli prestare sono proposte dal Prefetto,
quando non sia possibile provvedere con la pubblica beneficenza, al
Ministro dell'interno per il ricovero in un istituto di assistenza o
beneficenza del luogo o di altro comune.
Il Ministro può autorizzare il
Prefetto a disporre il ricovero dell'inabile in un istituto di
assistenza o beneficenza.
Per il rimborso delle spese di ricovero
si applicano le norme stabilite per il domicilio di soccorso.
Quando il comune e le istituzioni
pubbliche di assistenza o beneficenza del domicilio di soccorso non sono
in condizione di provvedere in tutto o in parte, le spese sono in tutto
o in parte a carico dello Stato.
155. (art. 156 T.U. 1926). - I
congiunti di un mendicante inabile al lavoro e privo di mezzi di
sussistenza, tenuti per legge agli alimenti e in condizione di poterli
prestare, sono diffidati dall'autorità locale di pubblica sicurezza ad
adempiere al loro obbligo.
Decorso il termine all'uopo stabilito
nella diffida, l'inabile al lavoro è ammesso di diritto al beneficio
del gratuito patrocinio per promuovere il giudizio per gli alimenti.
156. (art. 157 T.U. 1926). -
[Salvo quanto è disposto in materia ecclesiastica, non possono essere
fatte, senza licenza del Questore, raccolte di fondi o di oggetti,
collette o questue, nemmeno col mezzo della stampa o con liste di
sottoscrizione.
La licenza può essere conceduta
soltanto nel caso in cui la questua, colletta o raccolta di fondi o di
oggetti, abbia scopo patriottico o scientifico ovvero di beneficenza o
di sollievo da pubblici infortuni.
Nella licenza sono determinate le
condizioni e la durata di essa.
La
licenza stessa vale solamente per i comuni nell'ambito della provincia
in cui è rilasciata] (Articolo abrogato dall'art. 3, L. 18 novembre
1981, n. 659). |