Capo I - Delle riunioni pubbliche e
degli assembramenti in luoghi pubblici
18. (art. 17 T.U. 1926). - I
promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico devono
darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore.
È considerata pubblica anche una
riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo
in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno
intervenirvi, o per lo scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di
riunione non privata.
I contravventori sono puniti con
l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da lire 200.000 a 800.000. Con
le stesse pene sono puniti coloro che nelle riunioni predette prendono
la parola.
Il Questore, nel caso di omesso avviso
ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità
pubblica, può impedire che la riunione abbia luogo e può, per le
stesse ragioni, prescrivere modalità di tempo e di luogo alla riunione.
I contravventori al divieto o alle
prescrizioni dell'autorità sono puniti con l'arresto fino a un anno e
con l'ammenda da lire 400.000 a 800.000. Con le stesse pene sono puniti
coloro che nelle predette riunioni prendono la parola.
Non è punibile chi, prima
dell'ingiunzione dell'autorità o per obbedire ad essa, si ritira dalla
riunione.
Le disposizioni di questo articolo non
si applicano alle riunioni elettorali.
19. [(art. 18 T.U.). - È
vietato di portare armi nelle riunioni pubbliche anche alle persone
munite di licenza.
Salva l'applicazione delle pene
stabilite dal codice penale per il porto abusivo d'armi, i trasgressori
sono puniti con l'arresto da dieci giorni a tre mesi e con l'ammenda di
lire 20.000 a 200.000.
Le armi sono confiscate] (Articolo
abrogato dall'art. 4, L. 18 aprile 1975, n. 110.
20. (art. 19 T.U. 1926). -
Quando, in occasione di riunioni o di assembramenti in luogo pubblico o
aperto al pubblico, avvengono manifestazioni o grida sediziose o lesive
del prestigio dell'autorità, o che comunque possono mettere in pericolo
l'ordine pubblico o la sicurezza dei cittadini, ovvero quando nelle
riunioni o negli assembramenti predetti sono commessi delitti, le
riunioni e gli assembramenti possono essere disciolti.
21. (art. 20 T.U. 1926). - È
sempre considerata manifestazione sediziosa l'esposizione di bandiere o
emblemi, che sono simbolo di sovversione sociale o di rivolta o di
vilipendio verso lo Stato, il governo o le autorità.
È manifestazione sediziosa anche la
esposizione di distintivi di associazioni faziose.
22. (art. 21 T.U. 1926). -
Quando, nei casi preveduti dagli articoli precedenti, occorre
disciogliere una riunione pubblica od un assembramento in luogo pubblico
o aperto al pubblico, le persone riunite od assembrate sono invitate a
disciogliersi dagli ufficiali di pubblica sicurezza o, in loro assenza,
dagli ufficiali o dai sottufficiali dei carabinieri reali.
23. (art. 22 T.U. 1926). -
Qualora l'invito rimanga senza effetto, è ordinato il discioglimento
con tre distinte formali intimazioni, preceduta ognuna da uno squillo di
tromba.
24. (art. 23 T.U. 1926). -
Qualora rimangano senza effetto anche le tre intimazioni ovvero queste
non possano essere fatte per rivolta od opposizione, gli ufficiali di
pubblica sicurezza o, in loro assenza, gli ufficiali o i sottufficiali
dei carabinieri reali ordinano che la riunione o l'assembramento siano
disciolti con la forza.
All'esecuzione di tale ordine
provvedono la forza pubblica e la forza armata sotto il comando dei
rispettivi capi.
Le
persone che si rifiutano di obbedire all'ordine di discioglimento sono
punite con l'arresto da un mese a un anno e con l'ammenda da lire 60.000
a 800.000. |