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CODICE PROCEDURA PENALE

Home - Canale Codici - Codice Proc. Penale - 272-315

LIBRO QUARTO

MISURE CAUTELARI

MISURE CAUTELARI

 

MISURE CAUTELARI PERSONALI

 

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 272

 

- Limitazioni alle libertà della persona -

1. Le libertà della persona possono essere limitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo.

Art. 273

 

- Condizioni generali di applicabilità delle misure -

1. Nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza.

2. Nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata.

Art. 274

 

- Esigenze cautelari -

1. Le misure cautelari sono disposte:

a) quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio. Le situazioni di concreto ed attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato di rendere dichiarazioni nè nella mancata ammissione degli addebiti (1);

b)quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione;

c) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni (1).

(1) Lettera così sostituita dall'art. 3, L. 8 agosto 1995, n. 332.

Art. 275

 

- Criteri di scelta delle misure -

1. Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.

2. Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata.

2-bis. Non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena (1).

3. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari (2).

4. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l'età di settanta anni o che si trovi in condizioni di salute particolarmente gravi incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere (2)

5. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputata è una persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell'ambito di una struttura autorizzata, e l'interruzione del programma può pregiudicare la disintossicazione dell'imputato. Con lo stesso provvedimento, o con altro successivo, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente prosegua il programma di recupero. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso in cui si procede per uno dei delitti previsti dal comma 3 (3).

(1) Comma inserito dall'art. 4, L. 8 agosto 1995, n. 332.

(2) Comma così sostituito dall'art. 5, L. 8 agosto 1995, n. 332.

(3) Comma abrogato dall'art. 5, comma 2, D.L. 14 maggio 1993, n. 139.

Art. 276

 

- Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte -

1. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell'entità, dei motivi e delle circostanze della violazione. Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva.

Art. 277

 

- Salvaguardia dei diritti della persona sottoposta a misure cautelari -

1. Le modalità di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti della persona ad esse sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto.

Art. 278

 

- Determinazione della pena agli effetti dell'applicazione delle misure -

1. Agli effetti dell'applicazione delle misure, si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione della circostanza attenuante prevista dall'articolo 62 n. 4 del codice penale nonchè delle circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle a effetto speciale. Della recidiva si tiene conto nel caso previsto dall'articolo 99 comma 4 del codice penale, se ricorrono congiuntamente le circostanze indicate nel comma 2 numeri 1) e 2) dello stesso articolo (1).

(1) Articolo modificato dall'art. 2, D.L. 1° marzo 1991, n. 60. Successivamente l'art. 6, L. 8 agosto 1995, n. 332, ha così modificato il presente comma, abrogando tra l'altro l'ultimo periodo.

Art. 279

 

- Giudice competente -

1. Sull'applicazione e sulla revoca delle misure nonchè sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.

 

MISURE COERCITIVE

 

Art. 280

 

- Condizioni di applicabilità delle misure coercitive -

1. Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall'articolo 391, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

2. La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni.

3. La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare (1).

(1) Articolo così sostituito dall'art. 7, L. 8 agosto 1995, n. 332.

Art. 281

 

- Divieto di espatrio -

1. Con il provvedimento che dispone il divieto di espatrio, il giudice prescrive all'imputato di non uscire dal territorio nazionale senza l'autorizzazione del giudice che procede.

2. Il giudice dà le disposizioni necessarie per assicurare l'esecuzione del provvedimento, anche al fine di impedire l'utilizzazione del passaporto e degli altri documenti di identità validi per l'espatrio.

2 bis. Con l'ordinanza che applica una delle altre misure coercitive previste dal presente capo, il giudice dispone in ogni caso il divieto di espatrio (1).

(1) Comma aggiunto dall'art. 9, comma 1, D.L. 8 giugno 1992, n. 306, e successivamente dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza 31 marzo 1994, n. 109.

Art. 282

 

- Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria -

1. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il giudice prescrive all'imputato di presentarsi a un determinato ufficio di polizia giudiziaria.

2. Il giudice fissa i giorni e le ore di presentazione tenendo conto dell'attività lavorativa e del luogo di abitazione dell'imputato.

Art. 283

 

- Divieto e obbligo di dimora -

1. Con il provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede.

2. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi, senza l'autorizzazione del giudice che procede, dal territorio del comune di dimora abituale ovvero, al fine di assicurare un più efficace controllo o quando il comune di dimora abituale non è sede di ufficio di polizia, dal territorio di una frazione del predetto comune o dal territorio di un comune viciniore ovvero di una frazione di quest'ultimo. Se per la personalità del soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze cautelari previste dall'articolo 274, l'obbligo di dimora può essere disposto nel territorio di un altro comune o frazione di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell'ambito della regione ove è ubicato il comune di abituale dimora.

3. Quando dispone l'obbligo di dimora, il giudice indica l'autorità di polizia alla quale l'imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo dove fisserà la propria abitazione. Il giudice può prescrivere all'imputato di dichiarare all'autorità di polizia gli orari e i luoghi in cui sarà quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di comunicare preventivamente alla stessa autorità le eventuali variazioni dei luoghi e degli orari predetti.

4. Il giudice può, anche con separato provvedimento, prescrivere all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro.

5. Nel determinare i limiti territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto è possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell'imputato. Quando si tratta di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell'ambito di una struttura autorizzata, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua.

6. Dei provvedimenti del giudice è data in ogni caso immediata comunicazione all'autorità di polizia competente, che ne vigila l'osservanza e fa rapporto al pubblico ministero di ogni infrazione.

Art. 284

 

- Arresti domiciliari -

1. Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza.

2. Quando è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono.

3. Se l'imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa.

4. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte all'imputato.

5. L'imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare.

Art. 285

 

- Custodia cautelare in carcere -

1. Con il provvedimento che dispone la custodia cautelare, il giudice ordina agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria che l'imputato sia catturato e immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell'autorità giudiziaria.

2. Prima del trasferimento nell'istituto la persona sottoposta a custodia cautelare non può subire limitazione della libertà, se non per il tempo e con le modalità strettamente necessarie alla sua traduzione.

3. Per determinare la pena da eseguire, la custodia cautelare subita si computa a norma dell'articolo 657, anche quando si tratti di custodia cautelare subita all'estero in conseguenza di una domanda di estradizione ovvero nel caso di rinnovamento del giudizio a norma dell'articolo 11 del codice penale.

Art. 286

 

- Custodia cautelare in luogo di cura -

1. Se la persona da sottoporre a custodia cautelare si trova in stato di infermità di mente che ne esclude o ne diminuisce grandemente la capacità di intendere o di volere, il giudice, in luogo della custodia in carcere, può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero, adottando i provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga. Il ricovero non può essere mantenuto quando risulta che l'imputato non è più infermo di mente.

2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 285 commi 2 e 3.

Art. 286 bis

 

- Divieto della custodia cautelare -

1. Non può essere mantenuta la custodia cautelare in carcere nei confronti di chi sia affetto da infezione da HIV e ricorra una situazione di incompatibilità con lo stato di detenzione. L'incompatibilità sussiste, ed è dichiarata dal giudice, nei casi di AIDS conclamata o di grave deficienza immunitaria; negli altri casi l'incompatibilità per infezione da HIV è valutata dal giudice tenendo conto del periodo residuo di custodia cautelare e degli effetti che sulla pericolosità del detenuto hanno le sue attuali condizioni fisiche. La richiesta di accertamento dello stato di incompatibilità può essere fatta dall'imputato, dal suo difensore o dal servizio sanitario penitenziario. Nei casi di incompatibilità il giudice dispone la revoca della misura cautelare, ovvero gli arresti domiciliari presso l'abitazione dell'imputato (1).

2. Con decreto emanato dai Ministri della sanità e di grazia e giustizia sono definiti i casi di AIDS conclamata e di grave deficienza immunitaria; sono altresì stabilite le procedure diagnostiche e medico legali per accertare l'affezione da HIV, nonchè il grado di deficienza immunitaria rilevante ai fini della situazione di incompatibilità valutabile dal giudice.

3. Quando ricorrono esigenze diagnostiche per accertare incompatibilità con lo stato di detenzione ovvero, al di fuori dei casi di cui al comma 1, ricorrono esigenze terapeutiche concernenti l'infezione da HIV e sempre che tali esigenze non possano essere soddisfatte nell'ambito penitenziario, il giudice può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del Servizio sanitario nazionale per il tempo necessario, adottando, ove occorra, i provvedimenti idonei a prevenire il pericolo di fuga. Cessate le esigenze di ricovero, il giudice dispone a norma del comma 1 se risulta accertata l'incompatibilità, altrimenti ripristina la custodia cautelare in carcere, ovvero provvede a norma dell'articolo 299. Se dispone gli arresti domiciliari, l'esecuzione della misura avviene presso l'abitazione dell'imputato o presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135.

Articolo aggiunto dall'art. 1, D.L. 14 maggio 1993, n. 139.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza n. 439 del 18 ottobre 1995, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui stabilisce il divieto di custodia cautelare in carcere nei confronti delle persone ivi indicate, anche quando sussistono le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza di cui all'art. 275, comma 4, cod. proc. pen. e l'applicazione della misura possa avvenire senza pregiudizio per la salute del soggetto e di quella degli altri detenuti.

 

MISURE INTERDITTIVE

 

Art. 287

 

- Condizioni di applicabilità delle misure interdittive -

1. Salvo quanto previsto da disposizioni particolari, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

Art. 288

 

- Sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori -

1. Con il provvedimento che dispone la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori, il giudice priva temporaneamente l'imputato, in tutto o in parte, dei poteri a essa inerenti.

2. Qualora si proceda per un delitto contro la libertà sessuale, ovvero per uno dei delitti previsti dagli articoli 530 e 571 del codice penale, commesso in danno di prossimi congiunti la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1.

Art. 289

 

- Sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio -

1. Con il provvedimento che dispone la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice interdice temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti.

2. Qualora si proceda per un delitto contro la pubblica amministrazione, la misura può essere disposta a carico del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1. Nel corso delle indagini preliminari, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice procede all'interrogatorio dell'indagato, con le modalità indicate agli articoli 64 e 65 (1).

3. La misura non si applica agli uffici elettivi ricoperti per diretta investitura popolare.

(1) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1, L. 16 luglio 1997, n. 234.

Art. 290

 

- Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali -

1. Con il provvedimento che dispone il divieto di esercitare determinate professioni, imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, il giudice interdice temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti.

2. Qualora si proceda per un delitto contro l'incolumità pubblica o contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio ovvero per alcuno dei delitti previsti dalle disposizioni penali in materia di società e di consorzi o dagli articoli 353, 355, 373, 380 e 381 del codice penale, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1.

 

FORMA ED ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI

 

Art. 291

 

- Procedimento applicativo -

1. Le misure sono disposte su richiesta del pubblico ministero, che presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda, nonchè tutti gli elementi a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate (1).

1 bis. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice può disporre misure meno gravi solo se il pubblico ministero non ha espressamente richiesto di provvedere esclusivamente in ordine alle misure indicate (1).

2. Se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, il giudice, quando ne ricorrono le condizioni e sussiste l'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, dispone la misura richiesta con lo stesso provvedimento con il quale dichiara la propria incompetenza. Si applicano in tal caso le disposizioni dell'articolo 27.

(1) Comma così sostituito dall'art. 8, comma 1, L. 8 agosto 1995, n. 332.

(2) Comma aggiunto dall'art. 12, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 e successivamente abrogato dall'art. 8, comma 2, L. 8 agosto 1995, n. 332.

Art. 292

 

- Ordinanza del giudice -

1. Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza.

2. L'ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio:

a) le generalità dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo;

b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate;

c) l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato;

c-bis) l'esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonchè, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all'articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure;

d) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorchè questa è disposta al fine di garantire l'esigenza cautelare di cui alla lettera a 9 del comma 1 dell'articolo 274;

e) la data e la sottoscrizione del giudice (1).

2-bis. L'ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell'ufficio e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l'imputato (2).

2-ter. L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell'imputato, di cui all'articolo 358, nonchè all'articolo 38 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie (3).

3. L'incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione.

(1) Comma così sostituito dall'art. 9, comma 1, L. 8 agosto 1995, n. 332.

(2) Comma aggiunto dall'art. 5, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.

(3) Comma aggiunto dall'art. 9, comma 2, L. 8 agosto 1995, n. 332.

Art. 293

 

- Adempimenti esecutivi -

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 156, l'ufficiale o l'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la custodia cautelare consegna all'imputato copia del provvedimento e lo avverte della facoltà di nominare un difensore di fiducia; informa immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato a norma dell'articolo 97 e redige verbale di tutte le operazioni compiute. Il verbale è immediatamente trasmesso al giudice che ha emesso l'ordinanza e al pubblico ministero.

2. Le ordinanze che dispongono misure diverse dalla custodia cautelare sono notificate all'imputato.

3. Le ordinanze previste dai commi 1 e 2, dopo la loro notificazione o esecuzione, sono depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la stessa. Avviso del deposito è notificato al difensore (1) .

4. Copia dell'ordinanza che dispone una misura interdittiva è trasmessa all'organo eventualmente competente a disporre l'interdizione in via ordinaria.

(1) Comma così modificato dall'art. 10, L. 8 agosto 1995, n. 332. La Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno 1997, n. 192, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede la facoltà per il difensore di estrarre copia, insieme all'ordinanza che ha disposto la misura cautelare, della richiesta del pubblico ministero e degli atti presentati con la stessa.

Art. 294

 

- Interrogatorio della persona sottoposta

a misura cautelare personale - (1)

1. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice, se non vi ha proceduto nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di indiziato di delitto, procede all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita. Se la persona è sottoposta agli arresti domiciliari, l'interrogatorio deve avvenire non oltre quindici giorni (2) .

1-bis. Se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l'interrogatorio deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione (3).

1-ter. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire entro il termine di quarantotto ore se il pubblico ministero ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare (3).

2. Nel caso di assoluto impedimento, il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine per l'interrogatorio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della cessazione dell'impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso.

3. Mediante l'interrogatorio il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari previste dagli articoli 273, 274 e 275. Quando ne ricorrono le condizioni, provvede, a norma dell'articolo 299, alla revoca o alla sostituzione della misura disposta (4) .

4. Ai fini di quanto previsto dal comma 3, l'interrogatorio è condotto dal giudice con le modalità indicate negli articoli 64 e 65. Al pubblico ministero e al difensore, che hanno facoltà di intervenire, è dato tempestivo avviso del compimento dell'atto.

5. Per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice, qualora non ritenga di procedere personalmente, richiede il giudice per le indagini preliminari del luogo.

6. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l'interrogatorio del giudice (5).

(1) Rubrica così sostituita dall'art. 11, comma 1, lett. a - , L. 8 agosto 1995, n. 332.

(2) Comma modificato dall'art. 13, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 e successivamente così modificato dall'art. 11, comma 1, lett. b - , L. 8 agosto 1995, n. 332, che ha tra l'altro abrogato l'ultimo periodo. La Corte costituzionale, con sentenza 3 aprile 1997, n. 77, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede che, fino alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, il giudice proceda all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio di esecuzione della custodia.

(3) Comma aggiunto dall'art. 11, comma 1, lett. c), L. 8 agosto 1995, n. 332.

(4) Comma così modificato dall'art. 11, comma 1, lett. d), L. 8 agosto 1995, n. 332.

(5) Comma così sostituito dall'art. 11, comma 1, lett. e), L. 8 agosto 1995, n. 332.

Art. 295

 

- Verbale di vane ricerche -

1. Se la persona nei cui confronti la misura è disposta non viene rintracciata e non è possibile procedere nei modi previsti dall'articolo 293, l'ufficiale o l'agente redige egualmente il verbale, indicando specificamente le indagini svolte, e lo trasmette senza ritardo al giudice che ha emesso l'ordinanza.

2. Il giudice, se ritiene le ricerche esaurienti, dichiara, nei casi previsti dall'art. 296, lo stato di latitanza.

3. Al fine di agevolare le ricerche del latitante, il giudice o il pubblico ministero, nei limiti e con le modalità previste dagli articoli 266 e 267, può disporre l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione. Si applicano, ove possibile, le disposizioni degli articoli 268, 269 e 270.

3 bis. Fermo quanto disposto nel comma 3 del presente articolo e nel comma 5 dell'articolo 103, il giudice o il pubblico ministero può disporre l'intercettazione di comunicazioni tra presenti quando si tratta di agevolare le ricerche di un latitante in relazione a uno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3 bis (1).

(1) Comma aggiunto dall'art. 3 bis, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

Art. 296

 

- Latitanza -

1. È latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all'obbligo di dimora o a un ordine con cui si dispone la carcerazione.

2. Con il provvedimento che dichiara la latitanza, il giudice designa un difensore di ufficio al latitante che ne sia privo e ordina che sia depositata in cancelleria copia dell'ordinanza con la quale è stata disposta la misura rimasta ineseguita. Avviso del deposito è notificato al difensore.

3. Gli effetti processuali conseguenti alla latitanza operano soltanto nel procedimento penale nel quale essa è stata dichiarata.

4. La qualità di latitante permane fino a che il provvedimento che vi ha dato causa sia stato revocato a norma dell'articolo 299 o abbia altrimenti perso efficacia ovvero siano estinti il reato o la pena per cui il provvedimento è stato emesso.

5. Al latitante per ogni effetto è equiparato l'evaso.

Art. 297

 

- Computo dei termini di durata delle misure -

1. Gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento della cattura, dell'arresto o del fermo.

2. Gli effetti delle altre misure decorrono dal momento in cui l'ordinanza che le dispone è notificata a norma dell'articolo 293.

3. Se nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze che dispongono la medesima misura per uno stesso fatto, benchè diversamente circostanziato o qualificato, ovvero, per fatti diversi commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza in relazione ai quali sussiste connessione ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettere b - e c - , limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri, i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all'imputazione più grave. La disposizione non si applica relativamente alle ordinanze per fatti non desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il quale sussiste connessione ai sensi del presente comma (1).

4. Nel computo dei termini della custodia cautelare si tiene conto del giorno in cui si sono tenute le udienze e di quelli impiegati per la deliberazione della sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni solo ai fini della determinazione della durata complessiva della custodia a norma dell'articolo 303 comma 4 (2).

5. Se l'imputato è detenuto per un altro reato o è internato per misura di sicurezza, gli effetti della misura decorrono dal giorno in cui è notificata l'ordinanza che la dispone, se sono compatibili con lo stato di detenzione o di internamento; altrimenti decorrono dalla cessazione di questo. Ai soli effetti del computo dei termini di durata massima, la custodia cautelare si considera compatibile con lo stato di detenzione per esecuzione di pena o di internamento per misura di sicurezza.

(1) Comma così sostituito dall'art. 12, comma 1, L. 8 agosto 1995, n. 332.

(2) L'art. 1 del D.L. 1° marzo 1991, n. 60 reca l'interpretazione autentica del presente comma:

"L'articolo 297, comma 4, del codice di procedura penale deve intendersi nel senso che, indipendentemente da una richiesta del pubblico ministero e da un provvedimento del giudice, nel computo dei termini di custodia cautelare stabiliti in relazione alle fasi del giudizio di primo grado o del giudizio sulle impugnazioni non si tiene conto dei giorni in cui si sono tenute le udienze e di quelli impiegati per la deliberazione della sentenza. Dei giorni suddetti si tiene invece conto nel computo dei termini di durata complessiva della custodia cautelare stabiliti nell'articolo 303, comma 4, del codice di procedura penale, salvo che ricorra l'ipotesi di sospensione prevista dall'articolo 304, comma 2, del codice di procedura penale". Successivamente l'art. 12, comma 2, L. 8 agosto 1995, n. 332, ha così modificato il presente comma.

Art. 298

 

- Sospensione dell'esecuzione delle misure -

1. L'esecuzione di un ordine con cui si dispone la carcerazione nei confronti di un imputato al quale sia stata applicata una misura cautelare personale per un altro reato ne sospende l'esecuzione, salvo che gli effetti della misura disposta siano compatibili con la espiazione della pena.

2. La sospensione non opera quando la pena è espiata in regime di misure alternative alla detenzione.

 

ESTINZIONE DELLE MISURE

 

Art. 299

 

- Revoca e sostituzione delle misure -

1. Le misure coercitive e interdittive sono immediatamente revocate quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 o dalle disposizioni relative alle singole misure ovvero le esigenze cautelari previste dall'articolo 274.

2. Salvo quanto previsto dall'articolo 275, comma 3, quando le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la misura con un'altra meno grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità meno gravose (1).

3. Il pubblico ministero e l'imputato richiedono la revoca o la sostituzione delle misure al giudice, il quale provvede con ordinanza entro cinque giorni dal deposito della richiesta. Il giudice provvede anche di ufficio quando assume l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare o quando è richiesto della proroga del termine per le indagini preliminari o dell'assunzione di incidente probatorio ovvero quando procede all'udienza preliminare o al giudizio.

3 bis. Il giudice, prima di provvedere in ordine alla revoca o alla sostituzione delle misure coercitive e interdittive, di ufficio o su richiesta dell'imputato, deve sentire il pubblico ministero. Se nei due giorni successivi il pubblico ministero non esprime il proprio parere, il giudice procede.

3 ter. Il giudice, valutati gli elementi addotti per la revoca o la sostituzione delle misure, prima di provvedere può assumere l'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini. Se l'istanza di revoca o di sostituzione è basata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli già valutati, il giudice deve assumere l'interrogatorio dell'imputato che ne ha fatto richiesta (2) .

4. Fermo quanto previsto dall'articolo 276, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose.

4 bis. Dopo la chiusura delle indagini preliminari, se l'imputato chiede la revoca o la sostituzione della misura con altra meno grave ovvero la sua applicazione con modalità meno gravose, il giudice, se la richiesta non è presentata in udienza, ne dà comunicazione al pubblico ministero, il quale, nei due giorni successivi, formula le proprie richieste.

4 ter. In ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell'imputato. Gli accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere è basata sulle condizioni di salute di cui all'articolo 275, comma 4, ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o risultino in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla base degli atti, dispone con immediatezza, e comunque non oltre il termine previsto nel comma 3, gli accertamenti medici del caso, nominando perito ai sensi dell'articolo 220 e seguenti, il quale deve tener conto del parere del medico penitenziario e riferire entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di rilevata urgenza, non oltre due giorni dall'accertamento. Durante il periodo compreso tra il provvedimento che dispone gli accertamenti e la scadenza del termine per gli accertamenti medesimi, è sospeso il termine previsto dal comma 3 (3).

(1) Comma così modificato dall'art. 1, comma 2, D.L. 9 settembre 1991, n. 292.

(2) Comma aggiunto dall'art. 13, L. 8 agosto 1995, n. 332.

(3) Articolo così modificato dall'art. 14, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. Successivamente l'art. 5, comma 3, L. 8 agosto 1995, n. 332, ha così modificato il presente comma.

Art. 300

 

- Estinzione delle misure per effetto della pronuncia di determinate sentenze -

1. Le misure disposte in relazione a un determinato fatto perdono immediatamente efficacia quando, per tale fatto e nei confronti della medesima persona, è disposta l'archiviazione ovvero è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento.

2. Se l'imputato si trova in stato di custodia cautelare e con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere è applicata la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, il giudice provvede a norma dell'articolo 312.

3. Quando, in qualsiasi grado del processo, è pronunciata sentenza di condanna, le misure perdono efficacia se la pena irrogata è dichiarata estinta ovvero condizionalmente sospesa.

4. La custodia cautelare perde altresì efficacia quando è pronunciata sentenza di condanna, ancorchè sottoposta a impugnazione, se la durata della custodia già subita non è inferiore all'entità della pena irrogata.

5. Qualora l'imputato prosciolto o nei confronti del quale sia stata emessa sentenza di non luogo a procedere sia successivamente condannato per lo stesso fatto, possono essere disposte nei suoi confronti misure coercitive quando ricorrono le esigenze cautelari previste dall'articolo 274 comma 1 lettere b) e c).

Art. 301

 

- Estinzione di misure disposte per esigenze probatorie -

1. Le misure disposte per le esigenze cautelari previste dall'articolo 274 comma 1 lettera a) perdono immediatamente efficacia se alla scadenza del termine previsto dall'articolo 292 comma 2 lettera d), non ne è ordinata la rinnovazione.

2. La rinnovazione è disposta dal giudice con ordinanza, su richiesta del pubblico ministero, anche per più di una volta, entro i limiti previsti dagli articoli 305 e 308 (1).

2 bis. Salvo il disposto dell'articolo 292, comma 2, lettera d) , quando si procede per reati diversi sia da quelli previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1 a 6, sia da quelli per il cui accertamento sono richieste investigazioni particolarmente complesse per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese, ovvero per reati per il cui accertamento è richiesto il compimento di atti di indagine all'estero, la custodia cautelare in carcere disposta per il compimento delle indagini previste dall'articolo 274, comma 1, lettera a), non può avere durata superiore a trenta giorni (2).

2 ter. La proroga della medesima misura è disposta, per non più di due volte ed entro il limite complessivo di novanta giorni, dal giudice con ordinanza, su richiesta inoltrata dal pubblico ministero prima della scadenza, valutate le ragioni che hanno impedito il compimento delle indagini per le cui esigenze la misura era stata disposta e previo interrogatorio dell'imputato (2).

(1) Con sentenza 8 giugno 1994, n. 219, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede che ai fini dell'adozione del provvedimento di rinnovazione della misura cautelare personale, debba essere previamente sentito il difensore della persona da assoggettare alla misura.

(2) Comma aggiunto dall'art. 14, L. 8 agosto 1995, n. 332.

Art. 302

 

- Estinzione della custodia per omesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare -

1. La custodia cautelare disposta nel corso delle indagini preliminari perde immediatamente efficacia se il giudice non procede all'interrogatorio entro il termine previsto dall'articolo 294. Dopo la liberazione, la misura può essere nuovamente disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, previo interrogatorio, allorchè, valutati i risultati di questo, sussistono le condizioni indicate negli articoli 273, 274 e 275. Nello stesso modo si procede nel caso in cui la persona, senza giustificato motivo, non si presenta a rendere interrogatorio. Si osservano le disposizioni dell'articolo 294 commi 3, 4 e 5.

La Corte costituzionale, con sentenza 3 aprile 1997, n. 77, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo limitatamente alle parole "disposta nel corso delle indagini preliminari".

Art. 303

 

- Termini di durata massima della custodia cautelare -

1. La custodia cautelare perde efficacia quando:

a) dall'inizio della sua esecuzione sono decorsi i seguenti termini senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio ovvero senza che sia stata pronunciata una delle sentenze previste dagli articoli 442, 448 comma 1, 561 e 563:

1) tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

2) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni, salvo quanto previsto dal numero 3);

3) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni ovvero per uno dei delitti indicati nell'articolo 407 comma 2, lettera a), sempre che per lo stesso la legge preveda la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni;

b) dall'emissione del provvedimento che dispone il giudizio o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna di primo grado:

1) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

2) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dal numero 1);

3) un anno e sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni;

c) dalla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna in grado di appello:

1) nove mesi, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a tre anni;

2) un anno, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a dieci anni;

3) un anno e sei mesi, se vi è stata condanna alla pena dell'ergastolo o della reclusione superiore a dieci anni;

d) dalla pronuncia della sentenza di condanna in grado di appello o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi gli stessi termini previsti dalla lettera c) senza che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna. Tuttavia, se vi è stata condanna in primo grado, ovvero se la impugnazione è stata proposta esclusivamente dal pubblico ministero, si applica soltanto la disposizione del comma 4.

2. Nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione o per altra causa, il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diversi ovvero sia rinviato ad altro giudice, dalla data del provvedimento che dispone il regresso o il rinvio ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia cautelare decorrono di nuovo i termini previsti dal comma 1 relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento.

3. Nel caso di evasione dell'imputato sottoposto a custodia cautelare, i termini previsti dal comma 1 decorrono di nuovo, relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento, dal momento in cui venga ripristinata la custodia cautelare.

4. La durata complessiva della custodia cautelare, considerate anche le proroghe previste dall'articolo 305, non può superare i seguenti termini:

a) due anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

b) quattro anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dalla lettera a);

c) sei anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a venti anni (1).

(1) Articolo modificato dall'art. 3, D.L. 1° marzo 1991, n. 60, e successivamente così modificato dall'art. 2, comma 1, D.L. 9 settembre 1991, n. 292.

Art. 304

 

- Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare -

1. I termini previsti dall'articolo 303 sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, nei seguenti casi:

a) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato per impedimento dell'imputato o del suo difensore ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini per la difesa;

b) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori che rendano privo di assistenza uno o più imputati;

c) nella fase del giudizio, durante la pendenza dei termini previsti dall'articolo 544 commi 2 e 3.

2. I termini previsti dall'articolo 303 possono altresì essere sospesi, nella fase del giudizio, quando si tratta dei reati indicati dall'articolo 407 comma 2 lettera a), nel caso di dibattimenti particolarmente complessi, durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni.

3. Nei casi previsti dal comma 2, la sospensione è disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310.

4. I termini previsti dall'articolo 303, comma 1, lettera a), sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, se l'udienza preliminare è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nel comma 1, lettere a) e b), del presente articolo.

5. Le disposizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1 e di cui al comma 4 non si applicano ai coimputati ai quali i casi di sospensione non si riferiscono e che chiedono che si proceda nei loro confronti previa separazione dei processi.

6. La durata della custodia cautelare non può comunque superare il doppio dei termini previsti dall'articolo 303, commi 1, 2 e 3 e i termini aumentati della metà previsti dall'articolo 303, comma 4 ovvero, se più favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza. A tal fine la pena dell'ergastolo è equiparata alla pena massima temporanea.

7. Nel computo dei termini di cui al comma 6, salvo che per il limite relativo alla durata complessiva della custodia cautelare, non si tiene conto dei periodi di sospensione di cui al comma 1, lettera b) (1).

(1) Articolo così sostituito dall'art. 15, L. 8 agosto 1995, n. 332.

Art. 305

 

- Proroga della custodia cautelare -

1. In ogni stato e grado del procedimento di merito, quando è disposta perizia sullo stato di mente dell'imputato, i termini di custodia cautelare sono prorogati per il periodo di tempo assegnato per l'espletamento della perizia. La proroga è disposta con ordinanza dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, sentito il difensore. L'ordinanza è soggetta a ricorso per cassazione nelle forme previste dall'articolo 311.

2. Nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero può altresì chiedere la proroga dei termini di custodia cautelare che siano prossimi a scadere, quando sussistono gravi esigenze cautelari che, in rapporto ad accertamenti particolarmente complessi, rendano indispensabile il protrarsi della custodia. Il giudice, sentiti il pubblico ministero e il difensore, provvede con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310. La proroga è rinnovabile una sola volta. I termini previsti dall'articolo 303 comma 1 non possono essere comunque superati di oltre la metà.

Art. 306

 

- Provvedimenti conseguenti alla estinzione delle misure -

1. Nei casi in cui la custodia cautelare perde efficacia secondo le norme del presente titolo, il giudice dispone con ordinanza l'immediata liberazione della persona sottoposta alla misura.

2. Nei casi di perdita di efficacia di altre misure cautelari, il giudice adotta con ordinanza i provvedimenti necessari per la immediata cessazione delle misure medesime.

Art. 307

 

- Provvedimenti in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini -

1. Nei confronti dell'imputato scarcerato per decorrenza dei termini, il giudice, qualora permangano le ragioni che avevano giustificato la custodia cautelare, dispone le altre misure cautelari di cui ricorrono i presupposti.

2. La custodia cautelare, ove risulti necessaria a norma dell'articolo 275, è tuttavia ripristinata:

a) se l'imputato ha dolosamente trasgredito alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare disposta a norma del comma 1, sempre che, in relazione alla natura di tale trasgressione, ricorra taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274;

b) contestualmente o successivamente alla sentenza di condanna di primo o di secondo grado, quando ricorre l'esigenza cautelare prevista dall'articolo 274 comma 1 lett. b) (1).

3. Con il ripristino della custodia, i termini relativi alla fase in cui il procedimento si trova decorrono nuovamente ma, ai fini del computo del termine previsto dall'articolo 303 comma 4, si tiene conto anche della custodia anteriormente subita.

4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono procedere al fermo dell'imputato che, trasgredendo alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare disposta a norma del comma 1, si è dato alla fuga. Del fermo è data notizia senza ritardo, e comunque entro le ventiquattro ore, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del luogo ove il fermo è stato eseguito. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sul fermo di indiziato di delitto. Con il provvedimento di convalida, il giudice per le indagini preliminari, se il pubblico ministero ne fa richiesta, dispone con ordinanza, quando ne ricorrono le condizioni, la misura della custodia cautelare e trasmette gli atti al giudice competente.

5. La misura disposta a norma del comma 4 cessa di avere effetto se, entro venti giorni dalla ordinanza, il giudice competente non provvede a norma del comma 2 lettera a).

(1) Lettera così modificata dall'art. 5, D.L. 1° marzo 1991, n. 60.

Art. 308

 

- Termini di durata massima delle misure diverse dalla custodia cautelare -

1. Le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare perdono efficacia quando dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al doppio dei termini previsti dall'articolo 303.

2. Le misure interdittive perdono efficacia quando sono decorsi due mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di due mesi dall'inizio dell'esecuzione, osservati i limiti previsti dal comma 1.

3. L'estinzione delle misure non pregiudica l'esercizio dei poteri che la legge attribuisce al giudice penale o ad altre autorità nell'applicazione di pene accessorie o di altre misure interdittive.

 

IMPUGNAZIONI

 

Art. 309

 

- Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva -

1. Entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione del provvedimento, l'imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, della ordinanza che dispone una misura coercitiva, salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di appello del pubblico ministero.

2. Per l'imputato latitante il termine decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell'articolo 165. Tuttavia, se sopravviene l'esecuzione della misura, il termine decorre da tale momento quando l'imputato prova di non aver avuto tempestiva conoscenza del provvedimento.

3. Il difensore dell'imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni dalla notificazione dall'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura.

3 bis. Nei termini previsti dai commi 1, 2 e 3 non si computano i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio, a norma dell'articolo 104, comma 3 (1).

4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7. Si osservano le forme previste dagli articoli 582 e 583 (2).

5. Il presidente cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291, comma 1, nonchè tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini (2).

6. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare nuovi motivi davanti al giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima dell'inizio della discussione.

7. Sulla richiesta di riesame decide il tribunale del luogo nel quale ha sede la Corte di appello o la sezione distaccata della Corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza (3).

8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. L'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 e, se diverso, a quello che ha richiesto l'applicazione della misura; esso è notificato, altresì, entro lo stesso termine, all'imputato ed al suo difensore. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia (4).

8-bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura può partecipare all'udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 (5).

9. Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l'inammissibilità della richiesta, annulla, riforma o conferma l'ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza. Il tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso.

10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde immediatamente efficacia (2).

La Corte costituzionale, con sentenza 15 marzo 1996, n. 71, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell'ipotesi in cui sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio a norma dell'art. 429 dello stesso codice.

(1) Comma aggiunto dall'art. 16, L. 8 agosto 1995, n. 332.

(2) Comma così sostituito dall'art. 16, L. 8 agosto 1995, n. 332.

(3) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. a), D.L. 23 ottobre 1996, n. 553.

(4) Comma sostituito dall'art. 16, L. 8 agosto 1995, n. 332 e successivamente così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. b) , D.L. 23 ottobre 1996, n. 553.

(5) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. b), D.L. 23 ottobre 1996, n. 553.

Art. 310

 

- Appello -

1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 309 comma 1, il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore possono proporre appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali, enunciandone contestualmente i motivi.

2. Si osservano le disposizioni dell'articolo 309 commi 1, 2, 3, 4 e 7. Dell'appello è dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale l'ordinanza appellata e gli atti su cui la stessa si fonda. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia. Il tribunale decide entro venti giorni dalla ricezione degli atti (1).

3. L'esecuzione della decisione con la quale il tribunale, accogliendo l'appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare è sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva (2).

(1) Comma così sostituito dall'art. 17, L. 8 agosto 1995, n. 332.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 15 marzo 1996, n. 71, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell'ipotesi in cui sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio a norma dell'art. 429 dello stesso codice.

Art. 311

 

- Ricorso per cassazione -

1. Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura, l'imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 dell'articolo 309 (1).

2. Entro i termini previsti dall'articolo 309 commi 1, 2 e 3, l'imputato e il suo difensore possono proporre direttamente ricorso per cassazione per violazione di legge contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame.

3. Il ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione ovvero, nel caso previsto dal comma 2, in quella del giudice che ha emesso l'ordinanza. Il giudice cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla Corte di cassazione.

4. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, i motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti alla Corte di cassazione, prima dell'inizio della discussione.

5. La Corte di cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste dall'articolo 127.

(1) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 1, D.L. 23 ottobre 1996, n. 553.

 

APPLICAZIONE PROVVISORIA DI MISURE DI SICUREZZA

 

Art. 312

 

- Condizioni di applicabilità -

1. Nei casi previsti dalla legge, l'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza è disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, in qualunque stato e grado del procedimento, quando sussistono gravi indizi di commissione del fatto e non ricorrono le condizioni previste dall'articolo 273 comma 2.

Art. 313

 

- Procedimento -

1. Il giudice provvede con ordinanza a norma dell'articolo 292, previo accertamento sulla pericolosità sociale dell'imputato. Ove non sia stato possibile procedere all'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini prima della pronuncia del provvedimento, si applica la disposizione dell'articolo 294.

2. Salvo quanto previsto dall'articolo 299 comma 1, ai fini dell'articolo 206 comma 2 del codice penale, il giudice procede a nuovi accertamenti sulla pericolosità sociale dell'imputato nei termini indicati nell'articolo 72.

3. Ai fini delle impugnazioni, la misura prevista dall'articolo 312 è equiparata alla custodia cautelare. Si applicano le norme sulla riparazione per l'ingiusta detenzione.

 

RIPARAZIONE PER L'INGIUSTA DETENZIONE

 

Art. 314

 

- Presupposti e modalità della decisione -

1. Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perchè il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perchè il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave.

2. Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, alle medesime condizioni, a favore delle persone nei cui confronti sia pronunciato provvedimento di archiviazione ovvero sentenza di non luogo a procedere.

4. Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena ovvero per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all'applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo.

5. Quando con la sentenza o con il provvedimento di archiviazione è stato affermato che il fatto non è previsto dalla legge come reato per abrogazione della norma incriminatrice, il diritto alla riparazione è altresì escluso per quella parte di custodia cautelare sofferta prima dell'abrogazione medesima.

La Corte costituzionale, con sentenza 25 luglio 1996, n. 310, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede il diritto all'equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione.

Art. 315

 

- Procedimento per la riparazione -

1. La domanda di riparazione deve essere proposta, a pena di inammissibilità, entro diciotto mesi dal giorno in cui la sentenza di proscioglimento o di condanna è divenuta irrevocabile, la sentenza di non luogo a procedere è divenuta inoppugnabile o il provvedimento di archiviazione è stato pronunciato.

2. L'entità della riparazione non può comunque eccedere lire cento milioni.

3. Si applicano, in quanto compatibili, le norme sulla riparazione dell'errore giudiziario.

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