GIUDICE
GIURISDIZIONE
Art.
1
-
Giurisdizione penale -
1.
La giurisdizione penale è esercitata dai giudici previsti dalle leggi di
ordinamento giudiziario secondo le norme di questo codice.
Art.
2
-
Cognizione del giudice -
1.
Il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione, salvo
che sia diversamente stabilito.
2.
La decisione del giudice penale che risolve incidentalmente una questione
civile, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante in nessun altro
processo.
Art.
3
-
Questioni pregiudiziali -
1.
Quando la decisione dipende dalla risoluzione di una controversia sullo
stato di famiglia o di cittadinanza, il giudice, se la questione è seria e
se l'azione a norma delle leggi civili è già in corso, può sospendere il
processo fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce la
questione.
2.
La sospensione è disposta con ordinanza soggetta a ricorso per cassazione.
La corte decide in camera di consiglio.
3.
La sospensione del processo non impedisce il compimento degli atti urgenti.
4.
La sentenza irrevocabile del giudice civile che ha deciso una questione
sullo stato di famiglia o di cittadinanza ha efficacia di giudicato nel
procedimento penale.
COMPETENZA
DISPOSIZIONE
GENERALE
Art.
4
-
Regole per la determinazione della competenza -
1.
Per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge
per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della
continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione
delle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di
specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto
speciale.
COMPETENZA
PER MATERIA
Art.
5
-
Competenza della corte di assise -
1.
La corte di assise è competente:
a)
per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della
reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi il delitto
di tentato omicidio comunque aggravato e i delitti previsti dall'articolo
630 comma 1 del codice penale e dalla legge 22 dicembre 1975, n. 685;
b)
per i delitti consumati previsti dagli articoli 579, 580, 584, 600, 601 e
602 del codice penale;
c)
per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più
persone, escluse le ipotesi previste dagli articoli 586, 588 e 593 del
codice penale;
d)
per i delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione
finale della Costituzione, dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962 e nel titolo I
del libro II del codice penale, sempre che per tali delitti sia stabilita la
pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni.
Art.
6
-
Competenza del tribunale -
1.
Il tribunale è competente per i reati che non appartengono alla competenza
della corte di assise o del pretore.
2.
Il tribunale è altresì competente per i reati, consumati o tentati,
previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale, esclusi
quelli di cui agli articoli 329, 330, primo comma, 331, primo comma, 332,
333, 334 e 335 (1).
(1)
Comma aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
7
-
Competenza del pretore -
1.
Il pretore è competente per i reati per i quali la legge stabilisce una
pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni ovvero una pena
pecuniaria sola o congiunta alla predetta pena detentiva.
2.
Il pretore è inoltre competente per i seguenti reati:
a)
violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall'articolo 366 comma
1 del codice penale;
b)
resistenza a un pubblico ufficiale previsto dall'articolo 337 del codice
penale;
c)
oltraggio a un magistrato in udienza aggravato a norma dell'articolo 343
comma 2 del codice penale;
d)
violazione di sigilli aggravata a norma dell'articolo 349 comma 2 del codice
penale;
e)
favoreggiamento reale previsto dall'articolo 379 del codice penale;
f
) maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli, quando non ricorre
l'aggravante prevista dall'articolo 572 comma 2 del codice penale;
g
) rissa aggravata a norma dell'articolo 588 comma 2 del codice penale, con
esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o
abbia riportato lesioni gravi o gravissime;
h)
omicidio colposo previsto dall'articolo 589 del codice penale;
i)
violazione di domicilio aggravata a norma dell'articolo 614 comma 4 del
codice penale;
l)-
furto aggravato a norma dell'articolo 625 del codice penale;
m)
- truffa aggravata a norma dell'articolo 640 comma 2 del codice penale;
n)
ricettazione prevista dall'articolo 648 del codice penale.
COMPETENZA
PER TERRITORIO
Art.
8
-
Regole generali -
1.
La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è
stato consumato.
2.
Se si tratta di fatto dal quale è derivata la morte di una o più persone,
è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l'azione o
l'omissione.
3.
Se si tratta di reato permanente, è competente il giudice del luogo in cui
ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto è derivata la morte di
una o più persone.
4.
Se si tratta di delitto tentato, è competente il giudice del luogo in cui
è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto.
Art.
9
-
Regole suppletive -
1.
Se la competenza non può essere determinata a norma dell'articolo 8, è
competente il giudice dell'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte
dell'azione o dell'omissione.
2.
Se non è noto il luogo indicato nel comma 1, la competenza appartiene
successivamente al giudice della residenza, della dimora o del domicilio
dell'imputato.
3.
Se nemmeno in tale modo è possibile determinare la competenza, questa
appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico
ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel
registro previsto dall'articolo 335.
Art.
10
-
Competenza per reati commessi all'estero -
1.
Se il reato è stato commesso interamente all'estero, la competenza è
determinata successivamente dal luogo della residenza, della dimora, del
domicilio, dell'arresto o della consegna dell'imputato. Nel caso di
pluralità di imputati, procede il giudice competente per il maggior numero
di essi.
2.
Se non è possibile determinare nei modi indicati nel comma 1 la competenza,
questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico
ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel
registro previsto dall'articolo 335.
3.
Se il reato è stato commesso in parte all'estero, la competenza è
determinata a norma degli articoli 8 e 9.
Art.
11
-
Competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati -
1.
I procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di imputato ovvero di
persona offesa o danneggiata dal reato, che secondo le norme di questo capo
sarebbero attribuiti alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel
distretto in cui il magistrato esercita le sue funzioni o le esercitava al
momento del fatto, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per
materia, che ha sede nel capoluogo di altro distretto di corte di appello
individuato dalla legge, salvo che in tale distretto il magistrato stesso
sia venuto successivamente ad esercitare le sue funzioni. In tale ultimo
caso è competente il giudice che ha sede nel capoluogo del diverso
distretto individuato dalla legge in riferimento alla nuova destinazione del
magistrato.
2.
I procedimenti connessi a quelli in cui un magistrato assume la qualità di
imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato sono di competenza
del medesimo giudice individuato a norma del comma 1.
Articolo
così sostituito dall'art. 3, D.L. 10 maggio 1996, n. 250.
Testo
dell'articolo prima della sotituzione apportata dall'art. 3, D.L. 10 maggio
1996, n. 250
1.
I procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di imputato ovvero di
persona offesa o danneggiata dal reato, che secondo le norme di questo capo
sarebbero attribuiti alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel
distretto in cui il magistrato esercita le sue funzioni ovvero le esercitava
al momento del fatto, sono di competenza del giudice, ugualmente competente
per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte di appello
più vicino, salvo che in tale distretto il magistrato stesso sia venuto
successivamente ad esercitare le sue funzioni. In tale ultimo caso è
competente il giudice che ha sede nel capoluogo di altro distretto più
vicino a quello in cui il magistrato esercitava le sue funzioni al momento
del fatto.
2.
I procedimenti connessi a quelli in cui un magistrato assume la qualità di
imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato sono di competenza
del medesimo giudice individuato a norma del comma 1.
3.
Salve le norme sull'astensione e sulla ricusazione del giudice, le
disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano quando il reato dal quale il
magistrato è offeso o danneggiato è commesso in udienza (1).
(1)
Con sentenza n. 390 del 31 ottobre 1991, la Corte cost. ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma.
COMPETENZA
PER CONNESSIONE
Art.
12
-
Casi di connessione -
1.
Si ha connessione di procedimenti:
a)
se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso
o cooperazione fra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno
determinato l'evento;
b)
se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od
omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso;
c)se
dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per
occultare gli altri o in occasione di questi ovvero per conseguirne o
assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o
l'impunità (1).
(1)Articolo
così modificato dall'art. 1, D.L. 20 novembre 1991, n. 367.
Art.
13
-
Connessione di procedimenti di competenza di giudici ordinari e speciali -
1.
Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza di un
giudice ordinario e altri a quella della Corte costituzionale, è competente
per tutti quest'ultima.
2.
Fra reati comuni e reati militari, la connessione di procedimenti opera
soltanto quando il reato comune è più grave di quello militare, avuto
riguardo ai criteri previsti dall'articolo 16 comma 3. In tale caso, la
competenza per tutti i reati è del giudice ordinario.
Art.
14
-
Limiti alla connessione nel caso di reati commessi da minorenni -
1.
La connessione non opera fra procedimenti relativi a imputati che al momento
del fatto erano minorenni e procedimenti relativi a imputati maggiorenni.
2.
La connessione non opera, altresì, fra procedimenti per reati commessi
quando l'imputato era minorenne e procedimenti per reati commessi quando era
maggiorenne.
Art.
15
-
Competenza per materia determinata dalla connessione -
1.
Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza della corte
di assise ed altri a quella del tribunale o del pretore, è competente per
tutti la corte di assise.
2.
Se alcuni dei procedimenti appartengono alla competenza del tribunale ed
altri a quella del pretore, è competente per tutti il tribunale.
Art.
16
-
Competenza per territorio determinata dalla connessione -
1.
La competenza per territorio per i procedimenti connessi rispetto ai quali
più giudici sono ugualmente competenti per materia appartiene al giudice
competente per il reato più grave e, in caso di pari gravità, al giudice
competente per il primo reato.
2.
Nel caso previsto dall'articolo 12 comma 1 lettera a) se le azioni od
omissioni sono state commesse in luoghi diversi e se dal fatto è derivata
la morte di una persona, è competente il giudice del luogo in cui si è
verificato l'evento.
3.
I delitti si considerano più gravi delle contravvenzioni. Fra delitti o fra
contravvenzioni si considera più grave il reato per il quale è prevista la
pena più elevata nel massimo ovvero, in caso di parità dei massimi, la
pena più elevata nel minimo; se sono previste pene detentive e pene
pecuniarie, di queste si tiene conto solo in caso di parità delle pene
detentive.
RIUNIONE
E SEPARAZIONE DI PROCESSI
Art.
17
-
Riunione di processi -
1.
La riunione di processi pendenti nello stesso stato e grado davanti al
medesimo giudice può essere disposta quando non pregiudichi la rapida
definizione degli stessi:
a)
nei casi previsti dall'articolo 12;
b)
(1)
c)
nei casi di reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle
altre;
d)
nei casi in cui la prova di un reato o di una circostanza di esso influisce
sulla prova di una altro reato o di una sua circostanza.
(1)Lettera
soppressa dall'art. 1, D.L. 20 novembre 1991, n. 367.
Art.
18
-
Separazione di processi -
1.
La separazione di processi è disposta, salvo che il giudice ritenga la
riunione assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti:
a)
se, nell'udienza preliminare, nei confronti di uno o più imputati o per una
o più imputazioni è possibile pervenire prontamente alla decisione, mentre
nei confronti di altri imputati o per altre imputazioni è necessario
acquisire ulteriori informazioni a norma dell'articolo 422;
b)
se nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni è
stata ordinata la sospensione del procedimento;
c
) se uno o più imputati non sono comparsi al dibattimento per nullità
dell'atto di citazione o della sua notificazione, per legittimo impedimento
o per mancata conoscenza incolpevole dell'atto di citazione;
d
) se uno o più difensori di imputati non sono comparsi al dibattimento per
mancato avviso o per legittimo impedimento;
e
) se nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni
l'istruzione dibattimentale risulta conclusa, mentre nei confronti di altri
imputati o per altre imputazioni è necessario il compimento di ulteriori
atti che non consentono di pervenire prontamente alla decisione.
2.
Fuori dei casi previsti dal comma 1, la separazione può essere altresì
disposta, sull'accordo delle parti, qualora il giudice la ritenga utile ai
fini della speditezza del processo.
Art.
19
-
Provvedimenti sulla riunione e separazione -
1.
La riunione e la separazione di processi sono disposte con ordinanza, anche
di ufficio, sentite le parti.
PROVVEDIMENTI
SULLA GIURISDIZIONE E SULLA COMPETENZA
Art.
20
-
Difetto di giurisdizione -
1.
Il difetto di giurisdizione è rilevato, anche di ufficio, in ogni stato e
grado del procedimento.
2.
Se il difetto di giurisdizione è rilevato nel corso delle indagini
preliminari, si applicano le disposizioni previste dall'articolo 22 commi 1
e 2. Dopo la chiusura delle indagini preliminari e in ogni stato e grado del
processo il giudice pronuncia sentenza e ordina, se del caso, la
trasmissione degli atti all'autorità competente.
Art.
21
-
Incompetenza -
1.
L'incompetenza per materia è rilevata, anche di ufficio, in ogni stato e
grado del processo, salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 23
comma 2.
2.
L'incompetenza per territorio è rilevata o eccepita, a pena di decadenza,
prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, entro
il termine previsto dall'articolo 491 comma 1. Entro quest'ultimo termine
deve essere riproposta l'eccezione di incompetenza respinta nell'udienza
preliminare.
3.
L'incompetenza derivante da connessione è rilevata o eccepita, a pena di
decadenza, entro i termini previsti dal comma 2.
Art.
22
-
Incompetenza dichiarata dal giudice per le indagini preliminari -
1.
Nel corso delle indagini preliminari il giudice, se riconosce la propria
incompetenza per qualsiasi causa, pronuncia ordinanza e dispone la
restituzione degli atti al pubblico ministero.
2.
L'ordinanza pronunciata a norma del comma 1 produce effetti limitatamente al
provvedimento richiesto.
3.
Dopo la chiusura delle indagini preliminari il giudice, se riconosce la
propria incompetenza per qualsiasi causa, la dichiara con sentenza e ordina
la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice
competente.
Art.
23
-
Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado -
1.
Se nel dibattimento di primo grado il giudice ritiene che il processo
appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la
propria incompetenza per qualsiasi causa e ordina la trasmissione degli atti
al giudice competente (1).
2.
Se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza
inferiore, l'incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro
il termine stabilito dall'articolo 491 comma 1. Il giudice, se ritiene la
propria incompetenza, provvede a norma del comma 1.
(1)La
Corte cost., con sentenza 11 marzo 1993, n. 76, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui
dispone che, quando il giudice del dibattimento dichiara con sentenza la
propria incompetenza per materia, ordina la trasmissione degli atti al
giudice competente anzichè al pubblico ministero presso quest'ultimo.
Successivamente la stessa Corte, con sentenza 15 marzo 1996, n. 70, ha
dichiarato l'illegittimità del presente comma nella parte in cui prevede la
trasmissione degli atti al giudice competente anzichè al pubblico ministero
presso quest'ultimo quando il giudice del dibattimento dichiara con sentenza
la propria incompetenza per territorio.
Art.
24
-
Decisioni del giudice di appello sulla competenza -
1.
Il giudice di appello pronuncia sentenza di annullamento e ordina la
trasmissione degli atti al giudice di primo grado competente quando
riconosce che il giudice di primo grado era incompetente per materia a norma
dell'articolo 23 comma 1 ovvero per territorio o per connessione, purchè,
in tali ultime ipotesi, l'incompetenza sia stata eccepita a norma
dell'articolo 21 e l'eccezione sia stata riproposta nei motivi di appello
(1).
2.
Negli altri casi il giudice di appello pronuncia nel merito, salvo che si
tratti di decisione inappellabile.
(1)Con
sentenza n. 214 del 5 maggio 1993, la Corte cost. ha dichiarato
l'illegittimità del presente comma nella parte in cui dispone che, a
seguito dell'annullamento della sentenza di primo grado per incompetenza per
materia, gli atti siano trasmessi al giudice ritenuto competente, anzichè
al pubblico ministero presso quest'ultimo. Successivamente la stessa Corte,
con sentenza 15 marzo 1996, n. 70, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dello stesso nella parte in cui dispone che, a seguito
dell'annullamento della sentenza di primo grado per incompetenza per
territorio, gli atti sono trasmessi al giudice competente anzichè al
pubblico ministero presso quest'ultimo.
Art.
25
-
Effetti delle decisioni della Corte di cassazione sulla giurisdizione e
sulla competenza -
1.
La decisione della Corte di cassazione sulla giurisdizione o sulla
competenza è vincolante nel corso del processo, salvo che risultino nuovi
fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la
modificazione della giurisdizione o la competenza di un giudice superiore.
Art.
26
-
Prove acquisite dal giudice incompetente -
1.
L'inosservanza delle norme sulla competenza non produce l'inefficacia delle
prove già acquisite.
2.
Le dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia, se ripetibili,
sono utilizzabili soltanto nell'udienza preliminare e per le contestazioni a
norma degli articoli 500 e 503.
Art.
27
-
Misure cautelari disposte dal giudice incompetente -
1.
Le misure cautelari disposte dal giudice che, contestualmente o
successivamente, si dichiara incompetente per qualsiasi causa cessano di
avere effetto se, entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli
atti, il giudice competente non provvede a norma degli articoli 292, 317 e
321.
CONFLITTI
DI GIURISDIZIONE E DI COMPETENZA
Art.
28
-
Casi di conflitto -
1.
Vi è conflitto quando in qualsiasi stato e grado del processo:
a)
uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali contemporaneamente
prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito
alla stessa persona;
b)
due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di
prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona.
2.
Le norme sui conflitti si applicano anche nei casi analoghi a quelli
previsti dal comma 1. Tuttavia, qualora il contrasto sia tra giudice
dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di
quest'ultimo.
3.
Nel corso delle indagini preliminari, non può essere proposto conflitto
positivo fondato su ragioni di competenza per territorio determinata dalla
connessione.
Art.
29
-
Cessazione del conflitto -
1.
I conflitti previsti dall'articolo 28 cessano per effetto del provvedimento
di uno dei giudici che dichiara, anche di ufficio, la propria competenza o
la propria incompetenza.
Art.
30
-
Proposizione del conflitto -
1.
Il giudice che rileva un caso di conflitto pronuncia ordinanza con la quale
rimette alla Corte di cassazione copia degli atti necessari alla sua
risoluzione con l'indicazione delle parti e dei difensori.
2.
Il conflitto può essere denunciato dal pubblico ministero presso uno dei
giudici in conflitto ovvero dalle parti private. La denuncia è presentata
nella cancelleria di uno dei giudici in conflitto, con dichiarazione scritta
e motivata alla quale è unita la documentazione necessaria. Il giudice
trasmette immediatamente alla Corte di cassazione la denuncia e la
documentazione nonchè copia degli atti necessari alla risoluzione del
conflitto, con l'indicazione delle parti e dei difensori e con eventuali
osservazioni.
3.
L'ordinanza e la denuncia previste dai commi 1 e 2 non hanno effetto
sospensivo sui procedimenti in corso.
Art.
31
-
Comunicazione al giudice in conflitto -
1.
Il giudice che ha pronunciato l'ordinanza o ricevuto la denuncia previste
dall'articolo 30 ne dà immediata comunicazione al giudice in conflitto.
2.
Questi trasmette immediatamente alla Corte di cassazione copia degli atti
necessari alla risoluzione del conflitto, con l'indicazione delle parti e
dei difensori e con eventuali osservazioni.
Art.
32
-
Risoluzione del conflitto -
1.
I conflitti sono decisi dalla Corte di cassazione con sentenza in camera di
consiglio secondo le forme previste dall'articolo 127. La corte assume le
informazioni e acquisisce gli atti e i documenti che ritiene necessari.
2.
L'estratto della sentenza è immediatamente comunicato ai giudici in
conflitto e al pubblico ministero presso i medesimi giudici ed è notificato
alle parti private.
3.
Si applicano le disposizioni degli articoli 25, 26 e 27, ma il termine
previsto da quest'ultimo articolo decorre dalla comunicazione effettuata a
norma del comma 2.
CAPACITÀ
DEL GIUDICE
Art.
33
-
Capacità del giudice -
1.
Le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario
per costituire i collegi sono stabiliti dalle leggi di ordinamento
giudiziario.
2.
Non si considerano attinenti alla capacità del giudice le disposizioni
sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari e alle sezioni, sulla
formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi
e giudici.
INCOMPATIBILITÀ,
ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE
Art.
34
-
Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento
-
1.
Il giudice che ha pronunciato o ha concorso a pronunciare sentenza in un
grado del procedimento non può esercitare funzioni di giudice negli altri
gradi, nè partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento o al
giudizio per revisione.
2.
Non può partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento
conclusivo dell'udienza preliminare o ha disposto il giudizio immediato o ha
emesso decreto penale di condanna o ha deciso sull'impugnazione avverso la
sentenza di non luogo a procedere (1).
3.
Chi ha esercitato funzioni di pubblico ministero o ha svolto atti di polizia
giudiziaria o ha prestato ufficio di difensore, di procuratore speciale, di
curatore di una parte ovvero di testimone, perito, consulente tecnico o ha
proposto denuncia, querela, istanza o richiesta o ha deliberato o ha
concorso a deliberare l'autorizzazione a procedere non può esercitare nel
medesimo procedimento l'ufficio di giudice.
(1)Con
sentenza n. 496 del 26 ottobre 1990, la Corte costituzionale ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo comma nella parte in cui non
prevede che non possa partecipare al successivo giudizio abbreviato il
giudice per le indagini preliminari presso la Pretura che abbia emesso
l'ordinanza di cui all'art. 554, secondo comma, del medesimo codice; con
successiva sentenza n. 401 del 12 novembre 1991 la Corte ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale dello stesso comma nella parte in cui non
prevede che non possa partecipare al successivo giudizio abbreviato il
giudice per le indagini preliminari presso il tribunale che abbia emesso
l'ordinanza di cui all'art. 409, quinto comma, del medesimo codice.
Con
sentenza n. 502 del 30 dicembre 1991, la Corte ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del medesimo comma nella parte in cui non
prevede:
-
che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le
indagini preliminari presso la pretura che abbia emesso l'ordinanza di cui
all'art. 554, secondo comma dello stesso codice;
-
che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le
indagini preliminari presso il tribunale che abbia emesso l'ordinanza di cui
all'art. 409, quinto comma, dello stesso codice;
-
l'incompatibilità a partecipare al giudizio del giudice per le indagini
preliminari che ha rigettato la richiesta di decreto di condanna.
Successivamente,
con sentenza n. 124 del 25 marzo 1992, la Corte costituzionale ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non
prevede l'incompatibilità a partecipare all'udienza dibattimentale del
giudice per le indagini preliminari presso la pretura che abbia respinto la
richiesta di applicazione di pena concordata per la ritenuta non
concedibilità di circostanze attenuanti.
Con
sentenza n. 186 del 22 aprile 1992, la Corte ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede
l'incompatibilità del giudice per le indagini preliminari che abbia
rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata di cui all'art.
444 dello stesso codice a partecipare al giudizio.
In
seguito con sentenza, n. 399 del 26 ottobre 1992, la Corte costituzionale ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in
cui non prevede l'incompatibilità a procedere al dibattimento del pretore
che, prima dell'apertura di questo, abbia respinto la richiesta di
applicazione di pena concordata per il ritenuto non ricorrere di un ipotesi
attenuata del reato contestato.
Con
successiva sentenza n. 439 del 16 dicembre 1993, la Corte costituzionale ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in
cui non prevede l'incompatibilità a partecipare al giudizio abbreviato del
giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di
applicazione di pena concordata di cui all'art. 444 dello stesso codice.
Successivamente
la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del
presente comma nella parte in cui non prevede:
-
l'incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice per le indagini
preliminari il quale, per la ritenuta diversità del fatto, sulla base di
una valutazione del complesso delle indagini preliminari, abbia rigettato la
domanda di oblazione (sentenza 30 dicembre 1994, n. 453);
-
l'incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che abbia,
all'esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico
a carico del medesimo imputato, ordinato la trasmissione degli atti al
pubblico ministero a norma dell'art. 521, comma 2, del codice di procedura
penale (sentenza 30 dicembre 1994, n. 455);
-
che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le
indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei
confronti dell'imputato (sentenza n. 432 del 15 settembre 1995);
-
l'incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice che come componente
del Tribunale del riesame (art. 309, cod. proc. pen.) si sia pronunciato
sull'ordinanza che dispone una misura cautelare nei confronti dell'indagato
o dell'imputato e l'incompatibilità alla funzione di giudizio del giudice
che come componente del Tribunale dell'appello avverso l'ordinanza che
provvede in ordine a una misura cautelare personale nei confronti
dell'indagato o dell'imputato (art. 310, cod. proc. pen.) si sia pronunciato
su aspetti non esclusivamente formali dell'ordinanza anzidetta (sentenza
24 aprile 1996, n. 131);
-
che non possa partecipare al giudizio abbreviato e disporre l'applicazione
della pena su richiesta delle parti il giudice per le indagini preliminari
che abbia disposto una misura cautelare gestionale nonchè la modifica, la
sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale ovvero che abbia
rigettato una richiesta di applicazione, modifica, sostituzione o revoca di
una misura cautelare personale;
-
che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le
indagini preliminari che abbia disposto la modifica, la sostituzione o la
revoca di una misura cautelare personale ovvero che abbia rigettato una
richiesta di applicazione, modifica, sostituzione o revoca di una misura
cautelare personale;
-
che non possa disporre l'applicazione della pena su richiesta delle parti il
giudice che, come componente del Tribunale del riesame, si sia pronunciato
sull'ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei confronti
dell'indagato o dell'imputato nonchè il giudice che, come componente del
Tribunale dell'appello avverso l'ordinanza che provvede in ordine a una
misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato, si
sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell'ordinanza
anzidetta (sentenza 20 maggio 1996, n. 155) ;
-
che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il
giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente
sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello
stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata
comunque valutata (sentenza 2 novembre 1996, n. 371).
Art.
35
-
Incompatibilità per ragioni di parentela, affinità o coniugio -
1.
Nello stesso procedimento non possono esercitare funzioni, anche separate o
diverse, giudici che sono tra loro coniugi, parenti o affini fino al secondo
grado.
Art.
36
-
Astensione -
1.
Il giudice ha l'obbligo di astenersi:
a)
se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un
difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli;
b)
se è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti
private ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti
è prossimo congiunto di lui o del coniuge;
c)
se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull'oggetto del
procedimento fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie;
d)
se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle
parti private;
e)
se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o
danneggiato dal reato o parte privata;
f)
se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di
pubblico ministero;
g)
se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli
articoli 34 e 35 e dalle leggi di ordinamento giudiziario;
h)
se esistono altre gravi ragioni di convenienza.
2.
I motivi di astensione indicati nel comma 1 lettera b - seconda ipotesi e
lettera e - o derivanti da incompatibilità per ragioni di coniugio o
affinità, sussistono anche dopo l'annullamento, lo scioglimento o la
cessazione degli effetti civili del matrimonio.
3.
La dichiarazione di astensione è presentata al presidente della corte o del
tribunale che decide con decreto senza formalità di procedura.
4.
Sulla dichiarazione di astensione del pretore decide il presidente del
tribunale; su quella del presidente del tribunale decide il presidente della
corte di appello; su quella del presidente della corte di appello decide il
presidente della Corte di cassazione.
Art.
37
-
Ricusazione -
1.
Il giudice può essere accusato dalle parti:
a)
nei casi previsti dall'articolo 36 comma 1 lettere a), b), c), d), e), f),
g);
b)
se nell'esercizio delle funzioni e prima che sia pronunciata sentenza, egli
ha manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto
dell'imputazione.
2.
Il giudice ricusato non può pronunciare nè concorrere a pronunciare
sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara
inammissibile o rigetta la ricusazione (1).
(1)La
Corte costituzionale, con sentenza 23 gennaio 1997, n. 10, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui,
qualora sia riproposta la dichiarazione di ricusazione, fondata sui medesimi
motivi, fa divieto al giudice di pronunciare o concorrere a pronunciare la
sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara
inammissibile o rigetta la ricusazione.
Art.
38
-
Termini e forme per la dichiarazione di ricusazione -
1.
La dichiarazione di ricusazione può essere proposta, nell'udienza
preliminare, fino a che non siano conclusi gli accertamenti relativi alla
costituzione delle parti; nel giudizio, fino a che non sia scaduto il
termine previsto dall'articolo 491 comma 1; in ogni altro caso, prima del
compimento dell'atto da parte del giudice.
2.
Qualora la causa di ricusazione sia sorta o sia divenuta nota dopo la
scadenza dei termini previsti dal comma 1, la dichiarazione può essere
proposta entro tre giorni. Se la causa è sorta o è divenuta nota durante
l'udienza, la dichiarazione di ricusazione deve essere in ogni caso proposta
prima del termine dell'udienza.
3.
La dichiarazione contenente l'indicazione dei motivi e delle prove è
proposta con atto scritto ed è presentata, assieme ai documenti, nella
cancelleria del giudice competente a decidere. Copia della dichiarazione è
depositata nella cancelleria dell'ufficio cui è addetto il giudice
ricusato.
4.
La dichiarazione, quando non è fatta personalmente dall'interessato, può
essere proposta a mezzo del difensore o di un procuratore speciale.
Nell'atto di procura devono essere indicati, a pena di inammissibilità, i
motivi della ricusazione.
Art.
39
-
Concorso di astensione e di ricusazione -
1.
La dichiarazione di ricusazione si considera come non proposta quando il
giudice, anche successivamente ad essa, dichiara di astenersi e l'astensione
è accolta.
Art.
40
-
Competenza a decidere sulla ricusazione -
1.
Sulla ricusazione del pretore decide il tribunale; su quella di un giudice
del tribunale o della corte di assise o della corte di assise di appello
decide la corte di appello; su quella di un giudice della corte di appello
decide una sezione della corte stessa, diversa da quella a cui appartiene il
giudice ricusato.
2.
Sulla ricusazione di un giudice della Corte di cassazione decide una sezione
della corte, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato.
3.
Non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla
ricusazione.
Art.
41
-
Decisione sulla dichiarazione di ricusazione
-
1.
Quando la dichiarazione di ricusazione è stata proposta da chi non ne aveva
il diritto e senza l'osservanza dei termini o delle forme previsti
dall'articolo 38 ovvero quando i motivi addotti sono manifestamente
infondati, la corte o il tribunale, senza ritardo, la dichiara inammissibile
con ordinanza avverso la quale è proponibile ricorso per cassazione. La
Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 611.
2.
Fuori dei casi di inammissibilità della dichiarazione di ricusazione, la
corte o il tribunale può disporre, con ordinanza, che il giudice sospenda
temporaneamente ogni attività processuale o si limiti al compimento degli
atti urgenti.
3.
Sul merito della ricusazione la corte o il tribunale decide a norma
dell'articolo 127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune
informazioni.
4.
L'ordinanza pronunciata a norma dei commi precedenti è comunicata al
giudice ricusato e al pubblico ministero ed è notificata alle parti
private.
Art.
42
-
Provvedimenti in caso di accoglimento della dichiarazione di astensione o
ricusazione -
1.
Se la dichiarazione di astensione o di ricusazione è accolta, il giudice
non può compiere alcun atto del procedimento.
2.
Il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di
ricusazione dichiara se e in quale parte gli atti compiuti precedentemente
dal giudice astenutosi o ricusato conservano efficacia.
Art.
43
-
Sostituzione del giudice astenuto o ricusato -
1.
Il giudice astenuto o ricusato è sostituito con altro magistrato dello
stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento giudiziario.
2.
Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal comma 1, la corte o
il tribunale rimette il procedimento al giudice ugualmente competente per
materia determinato a norma dell'articolo 11.
Art.
44
-
Sanzioni in caso di inammissibilità o di rigetto della dichiarazione di
ricusazione -
1.
Con l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la dichiarazione di
ricusazione, la parte privata che l'ha proposta può essere condannata al
pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da lire
cinquecentomila a lire tre milioni, senza pregiudizio di ogni azione civile
o penale.
RIMESSIONE
DEL PROCESSO
Art.
45
-
Casi di rimessione -
1.
In ogni stato e grado del processo di merito, quando la sicurezza o
l'incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone
che partecipano al processo sono pregiudicate da gravi situazioni locali
tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, la
Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso
la corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o
dell'imputato, rimette il processo ad altro giudice, designato a norma
dell'articolo 11.
Art.
46
-
Richiesta di rimessione -
1.
La richiesta è depositata, con i documenti che vi si riferiscono, nella
cancelleria del giudice ed è notificata entro sette giorni a cura del
richiedente alle altre parti.
2.
La richiesta dell'imputato è sottoscritta da lui personalmente o da un suo
procuratore speciale.
3.
Il giudice trasmette immediatamente alla Corte di cassazione la richiesta
con i documenti allegati e con eventuali osservazioni.
4.
L'inosservanza delle forme e dei termini previsti dai commi 1 e 2 è causa
di inammissibilità della richiesta.
Art.
47
-
Effetti della richiesta -
1.
La richiesta di rimessione non sospende il processo, ma il giudice non può
pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara
inammissibile o rigetta la richiesta (1).
2.
La Corte di cassazione può disporre con ordinanza la sospensione del
processo. La sospensione non impedisce il compimento degli atti urgenti.
(1)La
Corte costituzionale, con sentenza 22 ottobre 1996, n. 353, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui fa
divieto al giudice di pronunciare la sentenza fino a che non sia intervenuta
l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di rimessione.
Art.
48
-
Decisione -
1.
La Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'articolo
127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni.
2.
L'ordinanza che accoglie la richiesta è comunicata senza ritardo al giudice
procedente e a quello designato. Il giudice procedente trasmette
immediatamente gli atti del processo al giudice designato e dispone che
l'ordinanza della Corte di cassazione sia per estratto comunicata al
pubblico ministero e notificata alle parti private.
3.
Il giudice designato dalla Corte di cassazione dichiara, con ordinanza, se e
in quale parte gli atti già compiuti conservano efficacia. Nel processo
davanti a tale giudice le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà che
sarebbero loro spettati davanti al giudice originariamente competente.
4.
Se la corte rigetta o dichiara inammissibile la richiesta dell'imputato,
questi con la stessa ordinanza può essere condannato al pagamento a favore
della cassa delle ammende di una somma da lire cinquecentomila a lire tre
milioni.
Art.
49
-
Nuova richiesta di rimessione -
1.
Anche quando la richiesta di rimessione è stata accolta, il pubblico
ministero o l'imputato può chiedere un nuovo provvedimento per la revoca di
quello precedente o per la designazione di un altro giudice. Si osservano le
disposizioni dell'articolo 47.
2.
L'ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile per manifesta infondatezza
la richiesta di rimessione non impedisce che questa sia nuovamente proposta
purchè sia fondata su elementi nuovi. La richiesta dichiarata inammissibile
per altri motivi può essere sempre riproposta.
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