DEL
PROCEDIMENTO E DEI PROVVEDIMENTI
Art.
374
(Pronuncia
a sezioni unite)
La
Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1 dell'articolo 360
e nell'articolo 362.
Inoltre
il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui
ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso
difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di
massima di particolare importanza.
In
tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice.
Art.
375
(Pronuncia
in camera di consiglio)
Oltre
che per il caso di regolamento di competenza, la Corte, sia a sezioni unite
che a sezione semplice, pronuncia in camera di consiglio con ordinanza
quando, su richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, riconosce di dover
dichiarare l'inammissibilità del ricorso principale e di quello
incidentale, pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi
previsti nell'articolo 360, ordinare la integrazione del contraddittorio o
la notificazione di cui all'articolo 332, oppure dichiarare la estinzione
del processo per avvenuta rinuncia (1).
La
Corte, se ritiene che non ricorrono le ipotesi di cui al comma precedente,
rinvia la causa alla pubblica udienza (1).
Le
conclusioni del pubblico ministero sono notificate almeno venti giorni prima
dell'adunanza della Corte in camera di consiglio agli avvocati delle parti,
i quali hanno facoltà di presentare memorie entro il termine di cui
all'articolo 378.
(1)
Comma così sostituito dall'art. 64, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art.
376
(Assegnazione
dei ricorsi alle sezioni)
I
ricorsi sono assegnati alle sezioni unite o alle sezioni semplici dal primo
presidente.
La
parte, che ritiene di competenza delle sezioni unite un ricorso assegnato a
una sezione semplice, può proporre al primo presidente istanza di
rimessione alle sezioni unite, fino a dieci giorni prima dell'udienza di
discussione del ricorso.
All'udienza
della sezione semplice, la rimessione può essere disposta soltanto su
richiesta del pubblico ministero o d'ufficio, con ordinanza inserita nel
processo verbale.
Art.
377
(Fissazione
dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio)
Il
primo presidente, su presentazione del ricorso a cura del cancelliere, fissa
l'udienza o l'adunanza della camera di consiglio e nomina il relatore per i
ricorsi assegnati alle sezioni unite. Per i ricorsi assegnati alle sezioni
semplici provvede allo stesso modo il presidente della sezione.
Dell'udienza
è data comunicazione dal cancelliere agli avvocati delle parti almeno venti
giorni prima.
Articolo
così sostituito dall'art. 65, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art.
378
(Deposito
di memorie di parte)
Le
parti possono presentare le loro memorie in cancelleria non oltre cinque
giorni prima della udienza.
Art.
379
(Discussione)
All'udienza
il relatore riferisce i fatti rilevanti per la decisione del ricorso, il
contenuto del provvedimento impugnato e, in riassunto, se non vi è
discussione delle parti, i motivi del ricorso e del controricorso.
Dopo
la relazione il presidente invita gli avvocati delle parti a svolgere le
loro difese.
Quindi
il pubblico ministero espone oralmente le sue conclusioni motivate.
Non
sono ammesse repliche, ma gli avvocati delle parti possono nella stessa
udienza presentare alla corte brevi osservazioni per iscritto sulle
conclusioni del pubblico ministero.
Art.
380
(Deliberazione
della sentenza)
La
Corte, dopo la discussione della causa, delibera, nella stessa seduta, la
sentenza in camera di consiglio (1).
Si
applica alla deliberazione della Corte la disposizione dell'articolo 276.
(1)
Comma così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art.
381
Articolo
abrogato dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art.
382
(Decisione
delle questioni di giurisdizione e di competenza)
La
Corte, quando decide una questione di giurisdizione, statuisce su questa,
determinando, quando occorre, il giudice competente.
Quando
cassa per violazione delle norme sulla competenza, statuisce su questa.
Se
riconosce che il giudice del quale si impugna il provvedimento e ogni altro
giudice difettano di giurisdizione, cassa senza rinvio. Egualmente provvede
in ogni altro caso in cui ritiene che la causa non poteva essere proposta o
il processo proseguito.
Art.
383
(Cassazione
con rinvio)
La
Corte, quando accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli richiamati
nell'articolo precedente, rinvia la causa ad altro giudice di grado pari a
quello che ha pronunciato la sentenza cassata.
Nel
caso previsto dall'articolo 360 secondo comma, la causa può essere rinviata
al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull'appello al quale le parti
hanno rinunciato.
La
Corte, se riscontra una nullità del giudizio di primo grado per la quale il
giudice d'appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice, rinvia
la causa a quest'ultimo.
Art.
384
(Enunciazione
del principio di diritto e decisione della causa nel merito)
La
Corte, quando accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione di
norme di diritto, enuncia il principio di diritto al quale il giudice di
rinvio deve uniformarsi ovvero decide la causa nel merito qualora non siano
necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Articolo
così sostituito dall'art. 66, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art.
385
(Provvedimenti
sulle spese)
La
Corte, se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese.
Se
cassa senza rinvio o per violazione delle norme sulla competenza, provvede
sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o
rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza
cassata.
Se
rinvia la causa ad altro giudice, può provvedere sulle spese del giudizio
di cassazione o rimetterne la pronuncia al giudice di rinvio.
Art.
386
(Effetti
della decisione sulla giurisdizione)
La
decisione sulla giurisdizione è determinata dall'oggetto della domanda e,
quando prosegue il giudizio, non pregiudica le questioni sulla pertinenza
del diritto e sulla proponibilità della domanda.
Art.
387
(Non
riproponibilità del ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile)
Il
ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile, non può essere
riproposto, anche se non è scaduto il termine fissato dalla legge.
Art.
388
(Trasmissione
di copia del dispositivo al giudice di merito)
Copia
del dispositivo della sentenza è trasmessa dal cancelliere della Corte a
quello del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, affinchè ne
sia presa nota in margine all'originale di quest'ultimo.
Art.
389
(Domande
conseguenti alla cassazione)
Le
domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra conseguente
alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio e, in caso di
cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.
Art.
390
(Rinuncia)
La
parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finchè non sia
cominciata la relazione all'udienza, o sia notificata la richiesta del
pubblico ministero di cui all'art. 375.
La
rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o
anche da questo solo se è munito di mandato speciale a tale effetto.
L'atto
di rinuncia è notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati
delle stesse, che vi appongono il visto.
Art.
391
(Pronuncia
sulla rinuncia)
Sulla
rinuncia la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi
contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede con ordinanza.
L'ordinanza
o la sentenza, che provvede sulla rinuncia, condanna il rinunciante alle
spese (1).
L'ordinanza
ha efficacia di titolo esecutivo.
La
condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le altre parti
personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale.
(1)
Comma così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art.
391 bis
(Correzione
degli errori materiali e revocazione delle sentenze della Corte di
cassazione)
Se
la sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione è affetta da errore
materiale o di calcolo ai sensi dell'articolo 287 ovvero da errore di fatto
ai sensi dell'articolo 395, numero 4), la parte interessata può chiederne
la correzione o la revocazione con ricorso ai sensi degli articoli 365 e
seguenti da notificare entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla
notificazione della sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione della
sentenza stessa.
Sul
ricorso la Corte pronuncia in camera di consiglio a norma dell'articolo 375.
La
pendenza del termine per la revocazione della sentenza della Corte di
cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata
con ricorso per cassazione respinto.
In
caso di impugnazione per revocazione della sentenza della Corte di
cassazione non è ammessa la sospensione dell'esecuzione della sentenza
passata in giudicato, nè è sospeso il giudizio di rinvio o il termine per
riassumerlo.
Articolo
aggiunto dall'art. 67, L. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente la Corte
Costituzionale, con sentenza 18 aprile 1996, n. 119, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del presente articolo nella parte in cui prevede un termine
per la proposizione dell’istanza di correzione degli errori materiali
delle sentenze della Corte di cassazione.
DEL
GIUDIZIO DI RINVIO
Art.
392
(Riassunzione
della causa)
La
riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio può essere fatta da
ciascuna delle parti non oltre un anno dalla pubblicazione della sentenza
della Corte di cassazione.
La
riassunzione si fa con citazione, la quale è notificata personalmente a
norma degli articoli 137 e seguenti.
Art.
393
(Estinzione
del processo)
Se
la riassunzione non avviene entro il termine di cui all'articolo precedente,
o si avvera successivamente a essa una causa di estinzione del giudizio di
rinvio, l'intero processo si estingue; ma la sentenza della Corte di
cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che
sia instaurato con la riproposizione della domanda.
Art.
394
(Procedimento
in sede di rinvio)
In
sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti
al giudice al quale la Corte ha rinviato la causa. In ogni caso deve essere
prodotta copia autentica della sentenza di cassazione.
Le
parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel
procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata.
Nel
giudizio di rinvio può deferirsi il giuramento decisorio, ma le parti non
possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale
fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che la necessità delle nuove
conclusioni sorga dalla sentenza di cassazione.
DELLA
REVOCAZIONE
Art.
395
(Casi
di revocazione)
Le
sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado possono essere
impugnate per revocazione:
1)
se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra (1);
2)
se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false
dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state
riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza.
3)
se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la
parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o
per fatto dell'avversario;
4)
se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o
documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata
sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente
esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità
è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il
fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a
pronunciare;
5)
se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti
autorità di cosa giudicata, purchè non abbia pronunciato sulla relativa
eccezione;
6)
se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza
passata in giudicato.
La
Corte costituzionale, con sentenza 30 gennaio 1986, n. 17, ha dichiarato
l'illegittimità di questo articolo nella parte in cui non prevede la
revocazione delle sentenze della Corte di cassazione rese su ricorsi basati
sull'art. 360, n. 4, del codice di procedura civile ed affette dall'errore
di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c..
Con
successiva sentenza n. 558 del 20 dicembre 1989 la stessa Corte ha
dichiarato l'illegittimità dell'art. 395, prima parte, e n. 4 c.p.c. nella
parte in cui non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i
provvedimenti di convalida di sfratto e licenza per finita locazione e di
convalida di sfratto per morosità emessi in assenza o per mancata
opposizione dell'intimato.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 20 febbraio 1995, n. 51, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del numero 1) del presente articolo nella
parte in cui non prevede la revocazione avverso i provvedimenti di convalida
di sfratto per morosità che siano l'effetto del dolo di una delle parti in
danno dell'altra.
Art.
396
(Revocazione
delle sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello)
Le
sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello possono essere
impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1, 2, 3 e 6 dell'articolo
precedente, purchè la scoperta del dolo o della falsità o il recupero dei
documenti o la pronuncia della sentenza di cui al n. 6 siano avvenuti dopo
la scadenza del termine suddetto.
Se
i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il corso del
termine per l'appello, il termine stesso è prorogato dal giorno
dell'avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso.
Art.
397
(Revocazione
proponibile dal pubblico ministero)
Nelle
cause in cui l'intervento del pubblico ministero è obbligatorio a norma
dell'articolo 70 primo comma, le sentenze previste nei due articoli
precedenti possono essere impugnate per revocazione dal pubblico ministero:
1)
quando la sentenza è stata pronunciata senza che egli sia stato sentito;
2)
quando la sentenza è l'effetto della collusione posta in opera dalle parti
per frodare la legge.
Art.
398
(Proposizione
della domanda)
La
revocazione si propone con citazione davanti allo stesso giudice che ha
pronunciato la sentenza impugnata.
La
citazione deve indicare, a pena d'inammissibilità, il motivo della
revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti di cui ai
numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395, del giorno della scoperta o
dell'accertamento del dolo o della falsità, o del recupero dei documenti.
La
citazione deve essere sottoscritta da un difensore munito di procura
speciale (1).
La
proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il
ricorso per cassazione o il procedimento relativo. Tuttavia il giudice
davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, può
sospendere l'uno o l'altro fino alla comunicazione della sentenza che abbia
pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata
la revocazione proposta (2).
(1)
Comma così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
(2)
Comma così sostituito dall'art. 68, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art.
399
(Deposito
della citazione e della risposta)
Se
la revocazione è proposta davanti al tribunale o alla corte d'appello, la
citazione deve essere depositata, a pena di improcedibilità, entro venti
giorni dalla notificazione nella cancelleria del giudice adito insieme con
la copia autentica della sentenza impugnata (1).
Le
altre parti debbono costituirsi nello stesso termine mediante deposito in
cancelleria di una comparsa contenente le loro conclusioni.
Se
la revocazione è proposta davanti al pretore o al conciliatore il deposito
e la costituzione di cui ai due commi precedenti debbono farsi a norma
dell'articolo 314.
(1)
Comma così sostituito dalla L. 18 dicembre 1977, n. 793.
Art.
400
(Procedimento)
Davanti
al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti
a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo.
Art.
401
(Sospensione
dell'esecuzione)
Il
giudice della revocazione può pronunciare su istanza di parte inserita
nell'atto di citazione, la ordinanza prevista nell'articolo 373, con lo
stesso procedimento in camera di consiglio ivi stabilito.
Articolo
così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art.
402
(Decisione)
Con
la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice decide il merito della
causa e dispone l'eventuale restituzione di ciò che siasi conseguito con la
sentenza revocata (1).
Il
giudice, se per la decisione del merito della causa ritiene di dover
disporre nuovi mezzi istruttori, pronuncia, con sentenza, la revocazione
della sentenza impugnata e rimette con ordinanza le parti davanti
all'istruttore (2).
(1)
Comma così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
(2)
Comma così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art.
403
(Impugnazione
della sentenza di revocazione)
Non
può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio
di revocazione.
Contro
di essa sono ammessi i mezzi d'impugnazione ai quali era originariamente
soggetta la sentenza impugnata per revocazione.
DELL'OPPOSIZIONE
DI TERZO
Art.
404
(Casi
di opposizione di terzo)
Un
terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o
comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi
diritti (1).
Gli
aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla
sentenza, quando è l'effetto di dolo o collusione a loro danno.
La
Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del
presente articolo nella parte in cui non ammette:
-
l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di sfratto per
finita locazione, emanata per la mancata comparizione dell'intimato o per la
mancata opposizione dell'intimato pur comparso (sentenza 7 giugno 1984, n.
167).
-
l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di sfratto per morosità
(sentenza 25 ottobre 1985, n. 237).
-
l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza con la quale il pretore dispone
l'affrancazione del fondo ex art. 4 della legge 22 luglio 1966, n. 607
(sentenza 20 dicembre 1988, n. 1105).
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza n. 192 del 26 maggio 1995, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo comma, nella parte in
cui non ammette l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di
licenza per finita locazione.
Art.
405
(Domanda
di opposizione)
L'opposizione
è proposta davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza,
secondo le forme prescritte per il procedimento davanti a lui.
La
citazione deve contenere, oltre agli elementi di cui all'art. 163, anche
l'indicazione della sentenza impugnata e, nel caso del secondo comma
dell'articolo precedente l'indicazione del giorno in cui il terzo è venuto
a conoscenza del dolo o della collusione, e della relativa prova.
Art.
406
(Procedimento)
Davanti
al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti
a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo.
Art.
407
(Sospensione
dell'esecuzione)
Il
giudice dell'opposizione può pronunciare, su istanza di parte inserita
nell'atto di citazione, l'ordinanza prevista nell'art. 373, con lo stesso
procedimento in camera di consiglio ivi stabilito.
Articolo
così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art.
408
(Decisione)
Il
giudice, se dichiara inammissibile o improcedibile la domanda o la rigetta
per infondatezza dei motivi, condanna l'opponente al pagamento di una pena
pecuniaria di lire quattrocento se la sentenza impugnata è del
conciliatore, di lire seicento se è del pretore, di lire milleduecento se
è del tribunale e di lire duemilaquattrocento in ogni altro caso.
NORME
PER LE CONTROVERSIE IN MATERIA DI LAVORO
DELLE
CONTROVERSIE INDIVIDUALI DI LAVORO
DISPOSIZIONI
GENERALI
Art.
409
(Controversie
individuali di lavoro)
Si
osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a:
1)
rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all'esercizio
di una impresa;
2)
rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria,
di affitto a coltivatore diretto, nonchè rapporti derivanti da altri
contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie;
3)
rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di
collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e
coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;
4)
rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono
esclusivamente o prevalentemente attività economica;
5)
rapporti di lavori dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di
lavoro pubblico, semprechè non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
410
(Tentativo
facoltativo di conciliazione)
Chi
intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti
dall'articolo precedente, e non ritiene di avvalersi delle procedure di
conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi, può promuovere
anche tramite una associazione sindacale il tentativo di conciliazione
presso la commissione di conciliazione, nella cui circoscrizione si trova
l'azienda o una qualsiasi dipendenza di questa, alla quale è addetto il
lavoratore, o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della
fine del rapporto.
La
commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della
controversia, convocando le parti, per una riunione da tenersi non oltre
dieci giorni dal ricevimento della richiesta.
Con
provvedimento del direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione è istituita in ogni provincia, presso l'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione, una commissione
provinciale di conciliazione composta dal direttore dell'ufficio stesso o da
un suo delegato, in qualità di presidente, da quattro rappresentanti
effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro
rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati
dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su
base nazionale.
Commissioni
di conciliazione possono essere istituite, con le stesse modalità e con la
medesima composizione di cui al precedente comma, anche presso le sezioni
zonali degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione.
Le
commissioni, quando se ne ravvisi la necessità, affidano il tentativo di
conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore
dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione o da un suo
delegato, che rispecchino la composizione prevista dal precedente terzo
comma.
In
ogni caso per la validità della riunione è necessaria la presenza del
presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei
lavoratori.
Ove
la riunione della commissione non sia possibile per la mancata presenza di
almeno uno dei componenti di cui al precedente comma, il direttore
dell'ufficio provinciale del lavoro certifica l'impossibilità di procedere
al tentativo di conciliazione.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
411
(Processo
verbale di conciliazione)
Se
la conciliazione riesce, si forma processo verbale che deve essere
sottoscritto dalle parti e dal presidente del collegio che ha esperito il
tentativo, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti
o la loro impossibilità di sottoscrivere.
Il
processo verbale è depositato a cura delle parti o dell'ufficio provinciale
del lavoro e della massima occupazione nella cancelleria della pretura nella
cui circoscrizione è stato formato. Il pretore, su istanza della parte
interessata, accertata la regolarità formale del verbale di conciliazione,
lo dichiara esecutivo con decreto.
Se
il tentativo di conciliazione si è svolto in sede sindacale, il processo
verbale di avvenuta conciliazione è depositato presso l'ufficio provinciale
del lavoro e della massima occupazione a cura di una delle parti o per il
tramite di un'associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato,
accertatane la autenticità, provvede a depositarlo nella cancelleria della
pretura nella cui circoscrizione è stato redatto. Il pretore, su istanza
della parte interessata, accertata la regolarità formale del verbale di
conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
412
(Processo
verbale di mancata conciliazione)
Se
la conciliazione non riesce, si forma processo verbale: in esso le parti
possono indicare la soluzione, anche parziale, nella quale concordano,
precisando, quando è possibile, l'ammontare del credito che spetta al
lavoratore. In quest'ultimo caso il processo verbale acquista efficacia di
titolo esecutivo, osservate le disposizioni di cui all'articolo 411.
L'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione ha l'obbligo di
rilasciare, alla parte che ne faccia richiesta, copia del verbale nel
termine di cinque giorni.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
DEL
PROCEDIMENTO
DEL
PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO
Art.
413
(Giudice
competente)
Le
controversie previste dall'articolo 409 sono in primo grado di competenza
del pretore in funzione di giudice del lavoro.
Competente
per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto
ovvero si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il
lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della
fine del rapporto.
Tale
competenza permane dopo il trasferimento dell'azienda o la cessazione di
essa o della sua dipendenza, purchè la domanda sia proposta entro sei mesi
dal trasferimento o dalla cessazione.
Competente
per territorio per le controversie previste dal numero 3) dell'articolo 409
è il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente,
del rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di
collaborazione di cui al predetto numero 3) dell'articolo 409 (1).
Qualora
non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si applicano
quelle dell'articolo 18.
Sono
nulle le clausole derogative della competenza per territorio.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
(1)
Comma aggiunto dall'art. 1, L. 11 febbraio 1992, n. 128.
Art.
414
(Forma
della domanda)
La
domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere:
1)
l'indicazione del giudice;
2)
il nome, il cognome, nonchè la residenza o il domicilio eletto dal
ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e
la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o
convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un
comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonchè la sede
del ricorrente o del convenuto;
3)
la determinazione dell'oggetto della domanda;
4)
l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la
domanda con le relative conclusioni;
5)
l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende
avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
415
(Deposito
del ricorso e decreto di fissazione dell'udienza)
Il
ricorso è depositato nella cancelleria del giudice competente insieme con i
documenti in esso indicati.
Il
giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto,
l'udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a comparire
personalmente.
Tra
il giorno del deposito del ricorso e l'udienza di discussione non devono
decorrere più di sessanta giorni.
Il
ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere
notificato al convenuto, a cura dell'attore, entro dieci giorni dalla data
di pronuncia del decreto, salvo quanto disposto dall'articolo 417.
Tra
la data di notificazione al convenuto e quella dell'udienza di discussione
deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.
Il
termine di cui al comma precedente è elevato a quaranta giorni e quello di
cui al terzo comma è elevato a ottanta giorni nel caso in cui la
notificazione prevista dal quarto comma debba effettuarsi all'estero.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
416
(Costituzione
del convenuto)
Il
convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza,
dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede il
giudice adito.
La
costituzione del convenuto si effettua mediante deposito in cancelleria di
una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di
decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni
processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio.
Nella
stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e
non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati
dall'attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in
fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi
di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve
contestualmente depositare.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
417
(Costituzione
e difesa personali delle parti)
In
primo grado la parte può stare in giudizio personalmente quando il valore
della causa non eccede le lire duecentocinquantamila.
La
parte che sta in giudizio personalmente propone la domanda nelle forme di
cui all'articolo 414 o si costituisce nelle forme di cui all'articolo 416
con elezione di domicilio nell'ambito del territorio della Repubblica.
Può
proporre la domanda anche verbalmente davanti al pretore che ne fa redigere
processo verbale.
Il
ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione dell'udienza
devono essere notificati al convenuto e allo stesso attore a cura della
cancelleria entro i termini di cui all'articolo 415.
Alle
parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto o memoria
deve essere notificato dalla cancelleria.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
418
(Notificazione
della domanda riconvenzionale)
Il
convenuto che abbia proposta una domanda in via riconvenzionale a norma del
secondo comma dell'articolo 416 deve, con istanza contenuta nella stessa
memoria, a pena di decadenza dalla riconvenzionale medesima, chiedere al
giudice che, a modifica del decreto di cui al secondo comma dell'articolo
415, pronunci, non oltre cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione
dell'udienza.
Tra
la proposizione della domanda riconvenzionale e l'udienza di discussione non
devono decorrere più di cinquanta giorni.
Il
decreto che fissa l'udienza deve essere notificato all'attore a cura
dell'ufficio, unitamente alla memoria difensiva, entro dieci giorni dalla
data in cui è stato pronunciato.
Tra
la data di notificazione all'attore del decreto pronunciato a norma del
primo comma e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un
termine non minore di venticinque giorni.
Nel
caso in cui la notificazione del decreto debba farsi all'estero il termine
di cui al secondo comma è elevato a settanta giorni, e quello di cui al
comma precedente è elevato a trentacinque giorni.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
419
(Intervento
volontario)
Salvo
che sia effettuato per l'integrazione necessaria del contraddittorio,
l'intervento del terzo ai sensi dell'articolo 105 non può aver luogo oltre
il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le modalità
previste dagli articoli 414 e 416 in quanto applicabili.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. La Corte costituzionale,
con sentenza n. 193 del 29 giugno 1983, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui, ove un terzo spieghi
intervento volontario, non attribuisce al giudice il potere-dovere di
fissare - con il rispetto del termine di cui all'art. 415, comma 5
(elevabile a quaranta giorni allorquando la notificazione ad alcune delle
parti originarie contumaci debba effettuarsi all'estero) - una nuova
udienza, non meno di dieci giorni prima della quale potranno le parti
originarie depositare memorie, e di disporre che, entro cinque giorni, siano
notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la memoria
dell'interveniente, e che sia notificato a quest'ultimo il provvedimento di
fissazione della nuova udienza.
Art.
420
(Udienza
di discussione della causa)
Nell'udienza
fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le
parti presenti e tenta la conciliazione della lite. La mancata comparizione
personale delle parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento
valutabile dal giudice ai fini della decisione. Le parti possono, se
ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già
formulate, previa autorizzazione del giudice.
Le
parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o
speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La
procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata
autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o
transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei
fatti della causa da parte del procuratore è valutata dal giudice ai fini
della decisione.
Il
verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo.
Se
la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la
decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla
competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il
giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza
anche non definitiva dando lettura del dispositivo.
Nella
stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli
che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene che siano
rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell'udienza, per la loro
immediata assunzione.
Qualora
ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla
prima, concedendo alle parti, ove ricorrano giusti motivi, un termine
perentorio non superiore a cinque giorni prima dell'udienza di rinvio per il
deposito in cancelleria di note difensive.
Nel
caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del quinto comma,
la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in
relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine perentorio di
cinque giorni. Nell'udienza fissata a norma del precedente comma il giudice
ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e
provvede alla loro assunzione.
L'assunzione
delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di
necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente
successivi.
Nel
caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e
107 il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni,
siano notificati al terzo il provvedimento nonchè il ricorso introduttivo e
l'atto di costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi
terzo, quinto e sesto dell'articolo 415. Il termine massimo entro il quale
deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di
fissazione.
Il
terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza
fissata, depositando la propria memoria a norma dell'articolo 416.
A
tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l'ufficio.
Le
udienze di mero rinvio sono vietate.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
421
(Poteri
istruttori del giudice)
Il
giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti e dei
documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi,
salvo gli eventuali diritti quesiti.
Può
altresì disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo
di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione
del giuramento decisorio, nonchè la richiesta di informazioni e
osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate
dalle parti. Si osserva la disposizione del comma sesto dell'articolo
precedente.
Dispone,
su istanza di parte, l'accesso sul luogo di lavoro, purchè necessario al
fine dell'accertamento dei fatti, e dispone altresì, se ne ravvisa
l'utilità, l'esame dei testimoni sul luogo stesso.
Il
giudice, ove lo ritenga necessario, può ordinare la comparizione, per
interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone che
siano incapaci di testimoniare a norma dell'articolo 246 o a cui sia vietato
a norma dell'articolo 247.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
422
(Registrazione
su nastro)
Il
giudice può autorizzare la sostituzione della verbalizzazione da parte del
cancelliere con la registrazione su nastro delle deposizioni di testi e
delle audizioni delle parti o di consulenti.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
423
(Ordinanze
per il pagamento di somme)
Il
giudice, su istanza di parte, in ogni stato del giudizio, dispone con
ordinanza il pagamento delle somme non contestate.
Egualmente,
in ogni stato del giudizio, il giudice può, su istanza del lavoratore,
disporre con ordinanza il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando
ritenga il diritto accertato e nei limiti della quantità per cui ritiene
già raggiunta la prova.
Le
ordinanze di cui ai commi precedenti costituiscono titolo esecutivo.
L'ordinanza
di cui al secondo comma è revocabile con la sentenza che decide la causa.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
424
(Assistenza
del consulente tecnico)
Se
la natura della controversia lo richiede, il giudice, in qualsiasi momento,
nomina uno o più consulenti tecnici, scelti in albi speciali, a norma
dell'articolo 61. A tal fine il giudice può disporre ai sensi del sesto
comma dell'articolo 420.
Il
consulente può essere autorizzato a riferire verbalmente ed in tal caso le
sue dichiarazioni sono integralmente raccolte a verbale, salvo quanto
previsto dal precedente articolo 422.
Se
il consulente chiede di presentare relazione scritta, il giudice fissa un
termine non superiore a venti giorni, non prorogabile, rinviando la
trattazione ad altra udienza.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
425
(Richiesta
di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali)
Su
istanza di parte, l'associazione sindacale indicata dalla stessa ha facoltà
di rendere in giudizio, tramite un suo rappresentante, informazioni e
osservazioni orali o scritte.
Tali
informazioni e osservazioni possono essere rese anche nel luogo di lavoro
ove sia stato disposto l'accesso ai sensi del terzo comma dell'articolo 421.
A
tal fine, il giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell'articolo
420.
Il
giudice può richiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti e
accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
426
(Passaggio
dal rito ordinario al rito speciale)
Il
pretore quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda
uno dei rapporti previsti dall'articolo 409, fissa con ordinanza l'udienza
di cui all'articolo 420 e il termine perentorio entro il quale le parti
dovranno provvedere all'eventuale integrazione degli atti introduttivi
mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria.
Nell'udienza
come sopra fissata provvede a norma degli articoli che precedono.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Successivamente la Corte
costituzionale, con sentenza 14 gennaio 1977, n. 14, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 426 del
codice di procedura civile, come modificato dall'art. 1, della legge 11
agosto 1973, n. 533 (sul nuovo rito del lavoro), e dell'articolo 20 della
legge medesima nella parte in cui, con riguardo alle cause pendenti al
momento dell'entrata in vigore della legge, non è prevista la comunicazione
anche alla parte contumace dell'ordinanza che fissa la udienza di
discussione ed il termine perentorio per l'integrazione degli atti.
Art.
427
(Passaggio
dal rito speciale al rito ordinario)
Il
pretore quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal
presente capo riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall'articolo
409, se la causa stessa rientra nella sua competenza dispone che gli atti
siano messi in regola con le disposizioni tributarie, altrimenti la rimette
con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non
superiore a trenta giorni per la riassunzione con il rito ordinario.
In
tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale avranno
l'efficacia consentita dalle norme ordinarie.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
428
(Incompetenza
del giudice)
Quando
una causa relativa ai rapporti di cui all'articolo 409 sia stata proposta a
giudice incompetente, l'incompetenza può essere eccepita dal convenuto
soltanto nella memoria difensiva di cui all'articolo 416 ovvero rilevata
d'ufficio dal giudice non oltre la udienza di cui all'articolo 420.
Quando
l'incompetenza sia stata eccepita o rilevata ai sensi del comma precedente,
il giudice rimette la causa al pretore in funzione di giudice del lavoro,
fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la
riassunzione con rito speciale.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
429
(Pronuncia
della sentenza)
Nell'udienza,
il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle
parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del
dispositivo.
Se
il giudice lo ritiene necessario, su richiesta delle parti, concede alle
stesse un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note
difensive, rinviando la causa all'udienza immediatamente successiva alla
scadenza del termine suddetto, per la discussione e la pronuncia della
sentenza.
Il
giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di
denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella
misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la
diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma
relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
430
(Deposito
della sentenza)
La
sentenza deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla
pronuncia. Il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
431
(Esecutorietà
della sentenza)
Le
sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti
derivanti dai rapporti di cui all'articolo 409 sono provvisoriamente
esecutive.
All'esecuzione
si può procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine
per il deposito della sentenza.
Il
giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che
l'esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all'altra parte
gravissimo danno.
La
sospensione disposta a norma del comma precedente può essere anche parziale
e, in ogni caso, l'esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma
di lire cinquecentomila.
Le
sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono
provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli articoli
282 e 283 (1).
Il
giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che
l'esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi
(1).
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
(1)
Comma aggiunto dall'art. 69, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art.
432
(Valutazione
equitativa delle prestazioni)
Quando
sia certo il diritto ma non sia possibile determinare la somma dovuta, il
giudice la liquida con valutazione equitativa.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
DELLE
IMPUGNAZIONI
Art.
433
(Giudice
d'appello)
L'appello
contro le sentenze pronunciate nei processi relativi alle controversie
previste nell'articolo 409 deve essere proposto con ricorso davanti al
tribunale territorialmente competente in funzione di giudice del lavoro.
Ove
l'esecuzione sia iniziata, prima della notificazione della sentenza,
l'appello può essere proposto con riserva dei motivi che dovranno essere
presentati nel termine di cui all'articolo 434.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
434
(Deposito
del ricorso in appello)
Il
ricorso deve contenere l'esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici
dell'impugnazione, nonchè le indicazioni prescritte dall'articolo 414.
Il
ricorso deve essere depositato nella cancelleria del tribunale entro trenta
giorni dalla notificazione della sentenza, oppure entro quaranta giorni nel
caso in cui la notificazione abbia dovuto effettuarsi all'estero.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
435
(Decreto
del presidente)
Il
presidente del tribunale entro cinque giorni dalla data di deposito del
ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla
data medesima, l'udienza di discussione dinanzi al collegio.
L'appellante,
nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica
del ricorso e del decreto dell'appellato (1).
Tra
la data di notificazione all'appellato e quella dell'udienza di discussione
deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.
Nel
caso in cui la notificazione prevista dal secondo comma deve effettuarsi
all'estero, i termini di cui al primo e al terzo comma sono elevati,
rispettivamente, a ottanta e sessanta giorni.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 14 gennaio 1977, n. 15, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non
dispone che l'avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione
dell'udienza di discussione sia comunicato all'appellante e che da tale
comunicazione decorra il termine per la notificazione all'appellato.
Art.
436
(Costituzione
dell'appellato e appello incidentale)
L'appellato
deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza.
La
costituzione dell'appellato si effettua mediante deposito in cancelleria del
fascicolo e di una memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta
dettagliata esposizione di tutte le sue difese.
Se
propone appello incidentale, l'appellato deve esporre nella stessa memoria i
motivi specifici su cui fonda l'impugnazione. L'appello incidentale deve
essere proposto, a pena di decadenza, nella memoria di costituzione, da
notificarsi, a cura dell'appellato, alla controparte almeno dieci giorni
prima dell'udienza fissata a norma dell'articolo precedente.
Si
osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell'articolo 416.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
437
(Udienza
di discussione)
Nell'udienza
il giudice incaricato fa la relazione orale della causa. Il collegio,
sentiti i difensori delle parti, pronuncia sentenza dando lettura del
dispositivo nella stessa udienza.
Non
sono ammesse nuove domande ed eccezioni. Non sono ammessi nuovi mezzi di
prova, tranne il giuramento estimatorio, salvo che il collegio, anche
d'ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa.
È
salva la facoltà delle parti di deferire il giuramento decisorio in
qualsiasi momento della causa.
Qualora
ammetta le nuove prove, il collegio fissa, entro venti giorni, l'udienza
nella quale esse debbono essere assunte e deve essere pronunciata la
sentenza. In tal caso il collegio con la stessa ordinanza può adottare i
provvedimenti di cui all'articolo 423.
Sono
applicabili le disposizioni di cui ai commi secondo e terzo dell'articolo
429.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
438
(Deposito
della sentenza di appello)
Il
deposito della sentenza di appello è effettuato con l'osservanza delle
norme di cui all'articolo 430.
Si
applica il disposto del secondo comma dell'articolo 431.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
439
(Cambiamento
del rito in appello)
Il
tribunale, se ritiene che il procedimento in primo grado non si sia svolto
secondo il rito prescritto, procede a norma degli articoli 426 e 427.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
440
(Appellabilità
delle sentenze)
Sono
inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non
superiore a lire cinquantamila.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art.
441
(Consulente
tecnico in appello)
Il
collegio, nell'udienza di cui al primo comma dell'articolo 437, può
nominare un consulente tecnico rinviando ad altra udienza da fissarsi non
oltre trenta giorni. In tal caso con la stessa ordinanza può adottare i
provvedimenti di cui all'articolo 423.
Il
consulente deve depositare il proprio parere almeno dieci giorni prima della
nuova udienza.
Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
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