DISPOSIZIONI COMUNI AI CAPI PRECEDENTI
Art.
357
-
Nozione del pubblico ufficiale -
Agli
effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali
esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli
stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme
di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione
e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal
suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86 e successivamente
modificato dall'art. 4, L. 7 febbraio 1992, n. 181.
Art.
358
-
Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio -
Agli
effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i
quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.
Per
pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse
forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri
tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici
mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
359
-
Persone esercenti un servizio di pubblica necessità -
Agli
effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di
pubblica necessità:
1)
i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre
professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale
abilitazione dello Stato, quando dell'opera di essi il pubblico sia per
legge obbligato a valersi;
2)
i privati che, non esercitando una pubblica funzione, nè prestando un
pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità
mediante un atto della pubblica Amministrazione.
Art.
360
-
Cessazione della qualità di pubblico ufficiale -
Quando
la legge considera la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di un
pubblico servizio, o di esercente un servizio di pubblica necessità, come
elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato, la
cessazione di tale qualità, nel momento in cui il reato è commesso, non
esclude la esistenza di questo nè la circostanza aggravante, se il fatto si
riferisce all'ufficio o al servizio esercitato.
Titolo III: DEI DELITTI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA
GIUSTIZIA
Capo I: DEI DELITTI CONTRO L'ATTIVITÀ GIUDIZIARIA
Art.
361
-
Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale -
Il
pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorità
giudiziaria, o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferire,
un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue
funzioni, è punito con la multa da lire sessantamila a un milione.
La
pena è della reclusione fino a un anno, se il colpevole è un ufficiale o
un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato
del quale doveva fare rapporto.
Le
disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a
querela della persona offesa.
Art.
362
-
Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio -
L'incaricato
di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all'Autorità
indicata nell'articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia
nell'esercizio o a causa del suo servizio, è punito con la multa fino a
lire duecentomila.
Tale
disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela
della persona offesa.
Art.
363
-
Omessa denuncia aggravata -
Nei
casi preveduti dai due articoli precedenti, se la omessa o ritardata
denuncia riguarda un delitto contro la personalità dello Stato, la pena è
della reclusione da sei mesi a tre anni; ed è da uno a cinque anni, se il
colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria.
Art.
364
-
Omessa denuncia di reato da parte del cittadino -
Il
cittadino, che avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità
dello Stato, per il quale la legge stabilisce la pena di morte (1) o
l'ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia all'Autorità indicata
nell'articolo 361, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa
da lire duecentomila a due milioni.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
365
-
Omissione di referto -
Chiunque,
avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria
assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto
pel quale si debba procedere d'ufficio, omette o ritarda di riferirne
all'Autorità indicata nell'art. 361, è punito con la multa fino a lire un
milione.
Questa
disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona
assistita a procedimento penale.
Art.
366
-
Rifiuto di uffici legalmente dovuti -
Chiunque,
nominato dall'Autorità giudiziaria perito, interprete, ovvero custode di
cose sottoposte a sequestro dal giudice penale, ottiene con mezzi
fraudolenti l'esenzione dall'obbligo di comparire o di prestare il suo
ufficio, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire
sessantamila a un milione.
Le
stesse pene si applicano a chi, chiamato dinnanzi all'Autorità giudiziaria
per adempiere ad alcuna delle predette funzioni, rifiuta di dare le proprie
generalità, ovvero di prestare il giuramento richiesto, ovvero di assumere
o di adempiere le funzioni medesime.
Le
disposizioni precedenti si applicano alla persona chiamata a deporre come
testimonio dinanzi all'Autorità giudiziaria e ad ogni altra persona
chiamata ad esercitare una funzione giudiziaria.
Se
il colpevole è un perito o un interprete, la condanna importa la
interdizione dalla professione o dall'arte.
Art.
367
-
Simulazione di reato -
Chiunque,
con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso
nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che a quella
abbia obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto un reato,
ovvero simula le tracce di un reato, in modo che si possa iniziare un
procedimento penale per accertarlo, è punito con la reclusione da uno a tre
anni.
Art.
368
-
Calunnia -
Chiunque,
con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso
nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che a quella
abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa
innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito
con la reclusione da due a sei anni.
La
pena è aumentata se s'incolpa taluno di un reato pel quale la legge
stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o
un'altra pena più grave.
La
reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna
alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal
fatto deriva una condanna all'ergastolo; e si applica la pena
dell'ergastolo, se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte (1).
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
369
-
Autocalunnia -
Chiunque,
mediante dichiarazione ad alcuna delle Autorità indicate nell'articolo
precedente, anche se fatta con scritto anonimo o sotto falso nome, ovvero
mediante confessione innanzi all'Autorità giudiziaria, incolpa se stesso di
un reato che egli sa non avvenuto, o di un reato commesso da altri, è
punito con la reclusione da uno a tre anni.
Art.
370
-
Simulazione o calunnia per un fatto costituente contravvenzione -
Le
pene stabilite negli articoli precedenti sono diminuite se la simulazione o
la calunnia concerne un fatto preveduto dalla legge come contravvenzione.
Art.
371
-
Falso giuramento della parte -
Chiunque,
come parte in giudizio civile, giura il falso è punito con la reclusione da
sei mesi a tre anni.
Nel
caso di giuramento deferito di ufficio, il colpevole non è punibile, se
ritratta il falso prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata
sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.
La
condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.
Art.
371 bis
-
False informazioni al pubblico ministero -
Chiunque,
nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero di
fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false
ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali
viene sentito, è punito con la reclusione fino a quattro anni (1).
Ferma
l'immediata procedibilità nel caso di rifiuto di informazioni, il
procedimento penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel
procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia
stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato
anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a
procedere (2).
(1)
Comma così modificato dall'art. 25, comma 1, L. 8 agosto 1995, n. 332.
(2)
Articolo aggiunto dall'art. 11, comma 1, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Successivamente l'art. 25, comma 2, L. 8 agosto 1995, n. 332, ha aggiunto il
presente comma.
Art.
372
-
Falsa testimonianza -
Chiunque,
deponendo come testimone innanzi all'Autorità giudiziaria, afferma il falso
o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte ciò che sa intorno ai
fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei
anni (1) .
(1)
Articolo così modificato dall'art. 11, comma 2, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Art.
373
-
Falsa perizia o interpretazione -
Il
perito o l'interprete che, nominato dall'Autorità giudiziaria, dà parere o
interpretazione mendaci, o afferma fatti non conformi al vero, soggiace alle
pene stabilite nell'articolo precedente.
La
condanna importa, oltre l'interdizione dai pubblici uffici, la interdizione
dalla professione o dall'arte.
Art.
374
-
Frode processuale -
Chiunque,
nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre in
inganno il giudice in un atto d'ispezione o di esperimento giudiziale,
ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo
stato dei luoghi o delle cose o delle persone, è punito, qualora il fatto
non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con
la reclusione da sei mesi a tre anni.
La
stessa disposizione si applica se il fatto è commesso nel corso di un
procedimento penale, o anteriormente ad esso; ma in tal caso la punibilità
è esclusa, se si tratta di reato per cui non si può procedere che in
seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non è stata presentata.
Art.
374 bis
-
False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità
giudiziaria -
Salvo
che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da
uno a cinque anni chiunque dichiara o attesta falsamente in certificati o
atti destinati a essere prodotti all'autorità giudiziaria condizioni,
qualità personali, trattamenti terapeutici, rapporti di lavoro in essere o
da instaurare, relativi all'imputato, al condannato o alla persona
sottoposta a procedimento di prevenzione.
Si
applica la pena della reclusione da due a sei anni se il fatto è commesso
da un pubblico ufficiale, da un incaricato di un pubblico servizio o da un
esercente la professione sanitaria (1).
(1)Articolo
aggiunto dall'art. 11, comma 3, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Art.
375
-
Circostanze aggravanti -
Nei
casi previsti dagli articoli 371 bis, 372, 373 e 374, la pena è della
reclusione da tre a otto anni se dal fatto deriva una condanna alla
reclusione non superiore a cinque anni; è della reclusione da quattro a
dodici anni, se dal fatto deriva una condanna superiore a cinque anni; ed è
della reclusione da sei a venti anni se dal fatto deriva una condanna
all'ergastolo(1) .
(1)Articolo
così sostituito dall'art. 11, comma 4, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Art.
376
-
Ritrattazione -
Nei
casi previsti dagli articoli 371 bis, 372 e 373, il colpevole non è
punibile se, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio o
reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre
la chiusura del dibattimento (1).
Qualora
la falsità sia intervenuta in una causa civile, il colpevole non è
punibile se ritratta il falso e manifesta il vero prima che sulla domanda
giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.
(1)Comma
così sostituito dall'art. 11, comma 5, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Art.
377
-
Subornazione -
Chiunque
offre o promette denaro o altra utilità alla persona chiamata a rendere
dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria ovvero a svolgere attività
di perito, consulente tecnico o interprete, per indurla a commettere i reati
previsti dagli articoli 371 bis, 372 e 373, soggiace, qualora l'offerta o la
promessa non sia accettata, alle pene stabilite negli articoli medesimi
ridotte dalla metà ai due terzi (1) .
La
stessa disposizione si applica qualora l'offerta o la promessa sia
accettata, ma la falsità non sia commessa.
La
condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.
(1)Comma
così sostituito dall'art. 11, comma 6, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
Art.
378
-
Favoreggiamento personale -
Chiunque,
dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce la pena di
morte (1)o l'ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel
medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'Autorità, o a
sottrarsi alle ricerche di questa, è punito con la reclusione fino a
quattro anni.
Quando
il delitto commesso è quello previsto dall'articolo 416 bis, si applica, in
ogni caso, la pena della reclusione non inferiore a due anni (2) .
Se
si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa,
ovvero di contravvenzioni, la pena è della multa fino a lire un milione.
Le
disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata
non è imputabile o risulta che non ha commesso il delitto.
(1)La
pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
(2)
Comma aggiunto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646.
Art.
379
-
Favoreggiamento reale -
Chiunque,
fuori dei casi di concorso nel reato o dei casi previsti dagli articoli 648,
648 bis e 648 ter, aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il
prezzo di un reato, è punito con la reclusione fino a cinque anni se si
tratta di delitto, e con la multa da lire centomila a due milioni se si
tratta di contravvenzione (1).
Si
applicano le disposizioni del primo e dell'ultimo capoverso dell'articolo
precedente (2) .
(1)
Comma così modificato dalla L. 19 marzo 1990, n. 55.
(2)
Comma così sostituito dalla L. 13 settembre 1982, n. 646.
Art.
380
-
Patrocinio o consulenza infedele -
Il
patrocinatore o il consulente tecnico, che, rendendosi infedele ai suoi
doveri professionali, arreca nocumento agli interessi della parte da lui
difesa, assistita o rappresentata dinnanzi all'Autorità giudiziaria, è
punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa non inferiore a
lire un milione.
La
pena è aumentata:
1)
se il colpevole ha commesso il fatto, colludendo con la parte avversaria;
2)
se il fatto è stato commesso a danno di un imputato.
Si
applicano la reclusione da tre a dieci anni e la multa non inferiore a lire
due milioni, se il fatto è commesso a danno di persona imputata di un
delitto per il quale la legge commina la pena di morte (1) o l'ergastolo
ovvero la reclusione superiore a cinque anni.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
381
-
Altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico -
Il
patrocinatore o il consulente tecnico, che, in un procedimento dinnanzi
all'Autorità giudiziaria, presta contemporaneamente, anche per interposta
persona, il suo patrocinio o la sua consulenza a favore di parti contrarie,
è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con la
reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferire a lire
duecentomila.
La
pena è della reclusione fino a un anno e della multa da lire centomila a un
milione, se il patrocinatore o il consulente, dopo aver difeso, assistito o
rappresentato una parte, assume, senza il consenso di questa, nello stesso
procedimento, il patrocinio o la consulenza della parte avversaria.
Art.
382
-
Millantato credito del patrocinatore -
Il
patrocinatore, che, millantando credito presso il giudice o il pubblico
ministero che deve concludere, ovvero presso il testimone, il perito o
l'interprete, riceve o fa dare o promettere dal suo cliente, a sè o ad
altri, denaro o altra utilità, col pretesto di doversi procurare il favore
del giudice o del pubblico ministero, o del testimone, perito o interprete,
ovvero di doverli remunerare, è punito con la reclusione da due a otto anni
e con la multa non inferiore a lire due milioni.
Art.
383
-
Interdizione dai pubblici uffici -
La
condanna per i delitti preveduti dagli artt. 380, 381, prima parte, e 382
importa l'interdizione dai pubblici uffici.
Art.
384
-
Casi di non punibilità -
Nei
casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371 bis,
372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi
stato costretto dalla necessità di salvare sè medesimo o un prossimo
congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà e nell'onore.
Nei
casi previsti dagli articoli 371 bis, 372 e 373, la punibilità è esclusa
se il fatto è commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere richiesto
di fornire informazioni ai fini delle indagini o assunto come testimonio,
perito, consulente tecnico o interprete ovvero avrebbe dovuto essere
avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni,
testimonianza, perizia, consulenza o interpretazione (1) .
Articolo
così sostituito dall'art. 11, comma 7, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 27 dicembre 1996, n. 416, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in
cui non prevede l'esclusione della punibilità per false o reticenti
informazioni assunte dalla polizia giudiziaria, fornite da chi avrebbe
dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal renderle, a norma
dell'art. 199 del codice di procedura penale.
DEI
DELITTI CONTRO L'AUTORITÀ DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE
Art.
385
-
Evasione -
Chiunque,
essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade è punito con la
reclusione da sei mesi a un anno.
La
pena è della reclusione da uno a tre anni se il colpevole commette il fatto
usando violenza o minaccia contro le persone, ovvero mediante effrazione; ed
è da tre a cinque anni se la violenza o minaccia è commessa con armi o da
più persone riunite.
Le
disposizioni precedenti si applicano anche all'imputato che essendo in stato
di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato nel
provvedimento se ne allontani, nonchè al condannato ammesso a lavorare
fuori dello stabilimento penale (1) .
Quando
l'evaso si costituisce in carcere prima della condanna, la pena è diminuita
(1) .
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 12 gennaio 1977, n. 1. Il penultimo comma
è stato successivamente così sostituito dalla L. 12 agosto 1982, n. 532.
Art.
386
-
Procurata evasione -
Chiunque
procura o agevola la evasione di una persona legalmente arrestata o detenuta
per un reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Si
applica la reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso a favore
di un condannato alla pena di morte (1) o all'ergastolo.
La
pena è aumentata, se il colpevole, per commettere il fatto, adopera alcuno
dei mezzi indicati nel primo capoverso dell'articolo precedente.
La
pena è diminuita:
1)
se il colpevole è prossimo congiunto;
2)
se il colpevole nel termine di tre mesi dall'evasione, procura la cattura
della persona evasa o la presentazione di lei all'Autorità.
La
condanna importa in ogni caso l'interdizione dai pubblici uffici.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
387
-
Colpa del custode -
Chiunque,
preposto per ragione del suo ufficio alla custodia, anche temporanea, di una
persona arrestata o detenuta per un reato, ne cagiona, per colpa, la
evasione, è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire
duecentomila a due milioni.
Il
colpevole non è punibile se nel termine di tre mesi dalla evasione procura
la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all'Autorità.
Art.
388
-
Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice -
Chiunque,
per sottrarsi all'adempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza
di condanna, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi l'Autorità
giudiziaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o
fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è
punito, qualora non ottemperi alla ingiunzione di eseguire la sentenza, con
la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire duecentomila a due
milioni.
La
stessa pena si applica a chi elude l'esecuzione di un provvedimento del
giudice civile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone
incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del
possesso o del credito.
Chiunque
sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprietà
sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo è
punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a lire
seicentomila (1) .
Si
applicano la reclusione da due mesi a due anni e la multa da lire
sessantamila a lire seicentomila se il fatto è commesso dal proprietario su
una cosa affidata alla sua custodia e la reclusione da quattro mesi a tre
anni e la multa da lire centomila a un milione se il fatto è commesso dal
custode al solo scopo di favorire il proprietario della cosa (1).
Il
custode di una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario
o conservativo che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto
dell'ufficio è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino
a un milione (1) .
Il
colpevole è punito a querela della persona offesa (1) .
(1)Gli
ultimi quattro commi hanno così sostituito l'originario terzo comma (art.
87, L. 24 novembre 1981, n. 689).
Art.
388 bis
-
Violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a
pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo -
Chiunque,
avendo in custodia una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro
giudiziario o conservativo, per colpa ne cagiona la distruzione o la
dispersione, ovvero ne agevola la soppressione o la sottrazione, è punito,
a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la
multa fino a lire seicentomila (1) .
(1)Articolo
aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
388 ter
-
Mancata esecuzione dolosa di sanzioni pecuniarie -
Chiunque,
per sottrarsi all'esecuzione di una multa o di una ammenda o di una sanzione
amministrativa pecuniaria compie, sui propri o sugli altrui beni, atti
simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti
fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi nei termini all'ingiunzione di
pagamento contenuta nel precetto, con la reclusione da sei mesi a tre anni
(1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
389
-
Inosservanza di pene accessorie -
Chiunque,
avendo riportato una condanna, da cui consegue una pena accessoria,
trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti a tale pena, è punito con
la reclusione da due a sei mesi.
La
stessa pena si applica a chi trasgredisce agli obblighi o ai divieti
inerenti ad una pena accessoria provvisoriamente applicata (1) .
(1)Articolo
così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
390
-
Procurata inosservanza di pena -
Chiunque,
fuori dei casi di concorso nel reato, aiuta taluno a sottrarsi
all'esecuzione della pena è punito con la reclusione da tre mesi a cinque
anni se si tratta di condannato per delitto, e con la multa da lire
centomila a due milioni se si tratta di condannato per contravvenzione.
Si
applicano le disposizioni del terzo capoverso dell'articolo 386.
Art.
391
-
Procurata inosservanza di misure di sicurezza -
Chiunque
procura o agevola l'evasione di persona sottoposta a misura di sicurezza
detentiva, ovvero nasconde l'evaso o comunque la favorisce nel sottrarsi
alle ricerche dell'Autorità, è punito con la reclusione fino a due anni.
Si applicano le disposizioni del terzo capoverso dell'articolo 386.
Se
l'evasione avviene per colpa di chi, per ragione del suo ufficio, ha la
custodia, anche temporanea, della persona sottoposta a misura di sicurezza,
il colpevole è punito con la multa fino a lire quattrocentomila. Si applica
la disposizione del capoverso dell'articolo 387.
DELLA
TUTELA ARBITRARIA DELLE PRIVATE RAGIONI
Art.
392
-
Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose -
Chiunque,
al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si
fa arbitrariamente ragione da sè medesimo, mediante violenza sulle cose, è
punito a querela della persona offesa, con la multa fino a lire un milione.
Agli
effetti della legge penale, si ha "violenza sulle cose", allorchè
la cosa viene danneggiata o trasformata, o ne è mutata la destinazione.
Si
ha altresì, violenza sulle cose allorchè un programma informatico viene
alterato, modificato o cancellato in tutto o in parte ovvero viene impedito
o turbato il funzionamento di un sistema informatico o telematico (1) .
(1)Comma
aggiunto dall'art. 1, L. 23 dicembre 1993, n. 547.
Art.
393
-
Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone -
Chiunque,
al fine indicato nell'articolo precedente, e potendo ricorrere al giudice,
si fa arbitrariamente ragione da sè medesimo usando violenza o minaccia
alle persone, è punito con la reclusione fino a un anno.
Se
il fatto è commesso anche con violenza sulle cose, alla pena della
reclusione è aggiunta la multa fino a lire quattrocentomila.
La
pena è aumentata se la violenza o la minaccia alle persone è commessa con
armi.
Art.
394
-
Sfida a duello -
Chiunque
sfida altri a duello, anche se la sfida non è accettata, è punito, se il
duello non avviene, con la multa da lire quarantamila a quattrocentomila.
La
stessa pena si applica a chi accetta la sfida, sempre che il duello non
avvenga.
Art.
395
-
Portatori di sfida -
I
portatori della sfida sono puniti con la multa da lire quarantamila a
quattrocentomila; ma la pena è diminuita se il duello non avviene.
Art.
396
-
Uso delle armi in duello -
Chiunque
fa uso delle armi in duello è punito, anche se non cagiona all'avversario
una lesione personale, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da
lire centomila a due milioni.
Il
duellante è punito:
1)
con la reclusione fino a due anni, se dal fatto deriva all'avversario una
lesione personale, grave o gravissima;
2)
con la reclusione da uno a cinque anni, se dal fatto deriva la morte.
Ai
padrini o ai secondi e alle persone, che hanno agevolato il duello, si
applica la multa da lire centomila a due milioni.
Se
i padrini o secondi sono gli stessi portatori della sfida, non si applicano
loro le disposizioni dell'articolo precedente.
Art.
397
-
Casi di applicazione delle pene ordinarie stabilite per l'omicidio e per la
lesione personale -
In
luogo delle disposizioni dell'articolo precedente, si applicano quelle
contenute nel capo primo del titolo dodicesimo:
1)
se le condizioni del combattimento sono state precedentemente stabilite dai
padrini o secondi, ovvero se il combattimento non avviene alla loro
presenza;
2)
se le armi adoperate nel combattimento non sono uguali, e non sono spade, o
sciabole o pistole egualmente cariche, ovvero se non sono armi di precisione
o a più colpi;
3)
se nella scelta delle armi o nel combattimento è commessa frode o
violazione delle condizioni stabilite;
4)
se è stato espressamente convenuto, ovvero se risulta dalla specie del
duello, o dalla distanza fra i combattenti, o dalle altre condizioni
stabilite, che uno dei duellanti doveva rimanere ucciso.
La
frode o la violazione delle condizioni stabilite, quanto alla scelta delle
armi o al combattimento, è a carico non solo di chi ne è l'autore, ma
anche di quello fra i duellanti, padrini o secondi, che ne ha avuto
conoscenza prima o durante il combattimento.
Art.
398
-
Circostanze aggravanti. Casi di non punibilità -
Se
il colpevole di uno dei delitti preveduti dall'articolo 394, dalla prima
parte e dal primo capoverso dell'articolo 396, è stato la causa ingiusta e
determinante del fatto, la pena è per lui raddoppiata.
Non
sono punibili:
1)
i portatori della sfida, i padrini o secondi e coloro che hanno agevolato il
duello, se impediscono l'uso delle armi, ovvero se procurano la cessazione
del combattimento, prima che dal medesimo sia derivata alcuna lesione;
2)
i padrini o i secondi che, prima del duello, hanno fatto quanto dipendeva da
loro per conciliare le parti, o se per opera loro il combattimento ha avuto
un esito meno grave di quello che altrimenti poteva avere;
3)
il sanitario che presta la propria assistenza ai duellanti.
Art.
399
-
Duellante estraneo al fatto -
Quando
taluno dei duellanti non ha avuto parte nel fatto che cagionò il duello, e
si batte in vece di chi ha direttamente interesse, le pene stabilite nella
prima parte del capoverso dell'articolo 396 sono aumentate.
Tale
aumento di pena non si applica se il duellante è un prossimo congiunto,
ovvero se, essendo uno dei padrini o secondi, si è battuto in vece del suo
primo assente.
Art.
400
-
Offesa per rifiuto di duello e incitamento al duello -
Chiunque
pubblicamente offende una persona o la fa segno a pubblico disprezzo, perchè
essa o non ha sfidato o non ha accettato la sua sfida, o non si è battuta
in duello, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da
lire centomila a un milione.
La
stessa pena si applica a chi, facendo mostra del suo disprezzo, incita altri
al duello.
Art.
401
-
Provocazione al duello per fine di lucro -
Quando
chi provoca o sfida a duello, o minaccia di provocare o di sfidare, agisce
con l'intento di carpire denaro o altra utilità, si applicano le
disposizioni dell'articolo 629.
Si
applicano altresì le disposizioni del capo primo del titolo dodicesimo, nel
caso in cui il duello sia avvenuto.
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