DISPOSIZIONI
GENERALI E COMUNI AI CAPI PRECEDENTI
Art.
301
-
Concorso di reati -
Quando
l'offesa alla vita, alla incolumità, alla libertà o all'onore, indicata
negli articoli 276, 277, 278, 295, 296, 297 e 298, è considerata dalla
legge come reato anche in base a disposizioni diverse da quelle contenute
nei capi precedenti, si applicano le disposizioni che stabiliscono la pena
più grave.
Nondimeno,
nei casi in cui debbono essere applicate, disposizioni diverse da quelle
contenute nei capi precedenti, le pene sono aumentate da un terzo alla metà.
Quando
l'offesa alla vita, alla incolumità, alla libertà o all'onore è
considerata dalla legge come elemento costitutivo o circostanza aggravante
di un altro reato, questo cessa dal costituire un reato complesso, e il
colpevole soggiace a pene distinte, secondo le norme sul concorso dei reati,
applicandosi, per le dette offese, le disposizioni contenute nei capi
precedenti.
Art.
302
-
Istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti nei capi primo e
secondo -
Chiunque
istiga taluno a commettere uno dei delitti, non colposi, preveduti dai capi
primo e secondo di questo titolo, per i quali la legge stabilisce la pena di
morte (1) o l'ergastolo o la reclusione, è punito, se la istigazione non è
accolta, ovvero se la istigazione è accolta ma il delitto non è commesso,
con la reclusione da uno a otto anni.
Tuttavia,
la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita per
il delitto al quale si riferisce la istigazione.
(1)
La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.
Art.
303
-
Pubblica istigazione e apologia -
Chiunque
pubblicamente istiga a commettere uno o più fra i delitti indicati
nell'articolo precedente è punito, per il solo fatto dell'istigazione, con
la reclusione da tre a dodici anni.
La
stessa pena si applica a chiunque pubblicamente fa l'apologia di uno o più
fra i delitti indicati nell'articolo precedente.
Art.
304
-
Cospirazione politica mediante accordo -
Quando
più persone si accordano al fine di commettere uno dei delitti indicati
nell'articolo 302, coloro che partecipano all'accordo sono puniti, se il
delitto non è commesso, con la reclusione da uno a sei anni.
Per
i promotori la pena è aumentata.
Tuttavia,
la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita per
il delitto al quale si riferisce l'accordo (1).
(1)
Con sentenza n. 123 del 28 dicembre 1962 la Corte cost. ha dichiarato che
"compete al giudice di merito disapplicare le norme ricordate - artt.
330, 304, 305 cod. pen. - in tutti quei casi rispetto ai quali
l'accertamento degli elementi di fatto conduca a far ritenere che lo
sciopero costituisca valido esercizio del diritto garantito dall'art. 40
Cost., ed a rendere in conseguenza possibile l'applicazione dell'esimente di
cui al cit. art. 51 cod. pen.".
Art.
305
-
Cospirazione politica mediante associazione -
Quando
tre o più persone si associano al fine di commettere uno dei delitti
indicati nell'articolo 302, coloro che promuovono, costituiscono o
organizzano la associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da
cinque a dodici anni.
Per
il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione
da due a otto anni.
I
capi dell'associazione soggiacciono alla stessa pena stabilita per i
promotori.
Le
pene sono aumentate se l'associazione tende a commettere due o più dei
delitti sopra indicati (1).
(1)Con
sentenza n. 123 del 28 dicembre 1962 la Corte cost. ha dichiarato che
"compete al giudice di merito disapplicare le norme ricordate - artt.
330, 304, 305 cod. pen. - in tutti quei casi rispetto ai quali
l'accertamento degli elementi di fatto conduca a far ritenere che lo
sciopero costituisca valido esercizio del diritto garantito dall'art. 40
Cost., ed a rendere in conseguenza possibile l'applicazione dell'esimente di
cui al cit. art. 51 cod. pen.".
Art.
306
-
Banda armata: formazione e partecipazione -
Quando,
per commettere uno dei delitti indicati nell'articolo 302, si forma una
banda armata, coloro che la promuovono o costituiscono od organizzano,
soggiacciono, per ciò solo, alla pena della reclusione da cinque a quindici
anni.
Per
il solo fatto di partecipare alla banda armata, la pena è della reclusione
da tre a nove anni.
I
capi o i sovventori della banda armata soggiacciono alla stessa pena
stabilita per i promotori.
Art.
307
-
Assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata -
Chiunque,
fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o
fornisce il vitto a taluna delle persone che partecipano all'associazione o
alla banda indicate nei due articoli precedenti, è punito con la reclusione
fino a due anni.
La
pena è aumentata se il rifugio o il vitto sono prestati continuatamente.
Non
è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto.
Agli
effetti della legge penale, si intendono per "prossimi congiunti"
gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli
affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella
denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorchè
sia morto il coniuge e non vi sia prole.
Art.
308
-
Cospirazione: casi di non punibilità -
Nei
casi preveduti dagli articoli 304, 305 e 307 non sono punibili coloro i
quali, prima che sia commesso il delitto per cui l'accordo è intervenuto o
l'associazione è costituita, e anteriormente all'arresto, ovvero al
procedimento:
1)
disciolgono o, comunque, determinano lo scioglimento dell'associazione;
2)
non essendo promotori o capi, recedono dall'accordo o dall'associazione.
Non
sono parimenti punibili coloro i quali impediscono comunque che sia compiuta
l'esecuzione del delitto per cui l'accordo è intervenuto o l'associazione
è stata costituita.
Art.
309
-
Banda armata: casi di non punibilità -
Nei
casi preveduti dagli articoli 306 e 307, non sono punibili coloro i quali,
prima che sia commesso il delitto per cui la banda armata venne formata, e
prima dell'ingiunzione dell'autorità o della forza pubblica, o
immediatamente dopo tale ingiunzione:
1)
disciolgono o, comunque, determinano lo scioglimento della banda;
2)
non essendo promotori o capi della banda, si ritirano dalla banda stessa,
ovvero si arrendono, senza opporre resistenza e consegnando o abbandonando
le armi.
Non
sono parimenti punibili coloro i quali impediscono comunque che sia compiuta
l'esecuzione del delitto per cui la banda è stata formata.
Art.
310
-
Tempo di guerra -
Agli
effetti della legge penale, nella denominazione di "tempo di
guerra" è compreso anche il periodo di imminente pericolo di guerra
quando questa sia seguita.
Art.
311
-
Circostanza diminuente: lieve entità del fatto -
Le
pene comminate pei delitti preveduti da questo titolo sono diminuite quando
per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell'azione,
ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto
risulti di lieve entità.
Art.
312
-
Espulsione dello straniero -
Lo
straniero, condannato a una pena restrittiva della libertà personale per
taluno dei delitti preveduti da questo titolo è espulso dallo Stato.
Art.
313
-
Autorizzazione a procedere o richiesta di procedimento -
Per
i delitti preveduti dagli articoli 244, 245, 265, 267, 269, 273, 274, 277.
278, 279, 287 e 288 non si può procedere senza l'autorizzazione del
Ministro per la giustizia.
Parimenti,
non si può procedere senza tale autorizzazione per i delitti preveduti
dagli articolo 247, 248, 249, 250, 251 e 252, quando sono commessi a danno
di uno Stato estero alleato o associato, a fine di guerra, allo Stato
italiano.
Per
il delitto preveduto dall'articolo 290, quando è commesso contro
l'assemblea costituente ovvero contro le assemblee legislative o una di
queste, non si può procedere senza l'autorizzazione dell'assemblea contro
la quale il vilipendio è diretto. Negli altri casi non si può procedere
senza l'autorizzazione del Ministro per la giustizia (1).
I
delitti preveduti dagli articoli 296, 297, 298 in relazione agli articoli
296 e 297, e dall'articolo 299 sono punibili a richiesta del Ministro per la
giustizia (2).
(1)
Con sentenza n. 15 del 17 febbraio 1969 la Corte cost. ha dichiarato
l'illegittimità di questo comma nei limiti in cui attribuisce il potere di
dare l'autorizzazione a procedere per il delitto di vilipendio della Corte
costituzionale al Ministro di grazia e giustizia anzichè alla Corte stessa.
(2)
Articolo così modificato dalla L. 11 novembre 1947, n. 1317.
DEI DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
DEI DELITTI DEI PUBBLICI UFFICIALI
CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Art.
314
-
Peculato -
Il
pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per
ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità
di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la
reclusione da tre a dieci anni.
Si
applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole
ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo
l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
315
Abrogato
dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
316
-
Peculato mediante profitto dell'errore altrui -
Il
pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, il quale,
nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore altrui,
riceve o ritiene indebitamente, per sè o per un terzo, denaro od altra
utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
316 bis
-
Malversazione a danno dello Stato -
Chiunque,
estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da
altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o
finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di
opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina
alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro
anni (1).
(1)
Articolo introdotto dall'art. 3, L. 26 aprile 1990, n. 86, e successivamente
così modificato dall'art. 1, L. 7 febbraio 1992, n. 181.
Art.
317
-
Concussione -
Il
pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando
della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a
promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è
punito con la reclusione da quattro a dodici anni (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
317 bis
-
Pene accessorie -
La
condanna per i reati di cui agli articoli 314 e 317 importa l'interdizione
perpetua dai pubblici uffici. Nondimeno, se per circostanze attenuanti viene
inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, la condanna
importa l'interdizione temporanea (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
318
-
Corruzione per un atto d'ufficio -
Il
pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sè
o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli è
dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a
tre anni.
Se
il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d'ufficio da lui già
compiuto, la pena è della reclusione fino ad un anno (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
319
-
Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio -
Il
pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o
ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto
un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sè o per un terzo,
denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la
reclusione da due a cinque anni (1) .
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
319 bis
-
Circostanze aggravanti -
La
pena è aumentata se il fatto di cui all'articolo 319 ha per oggetto il
conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di
contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico
ufficiale appartiene (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
319 ter
-
Corruzione in atti giudiziari -
Se
i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o
danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si
applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
Se
dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore
a cinque anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se
deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o
all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
320
-
Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio -
Le
disposizioni dell'articolo 319 si applicano anche se il fatto è commesso da
persona incaricata di un pubblico servizio; quelle di cui all'articolo 318
si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora
rivesta la qualità di pubblico impiegato.
In
ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
321
-
Pene per il corruttore -
Le
pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319,
nell'articolo 319 bis, nell'articolo 319 ter e nell'articolo 320 in
relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche
a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico
servizio il denaro od altra utilità (1).
1)Articolo
così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86 e successivamente modificato
dall'art. 2, L. 7 febbraio 1992, n. 181.
Art.
322
-
Istigazione alla corruzione -
Chiunque
offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico
ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità
di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio,
soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena
stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo.
Se
l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un
incaricato di un pubblico servizio ad omettere od a ritardare un atto del
suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole
soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena
stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo (1) .
La
pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato
di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato che
sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un
privato per le finalità indicate dall'articolo 318.
La
pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o
all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione
di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate
dall'articolo 319 (2).
(1)-
Comma così modificato dall'art. 3, L. 7 febbraio 1992, n. 181.
(2)
- Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
323
-
Abuso d'ufficio -
Salvo
che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o
l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o
del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero
omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo
congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sè o ad
altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno
ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La
pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere
di rilevante gravità.
Articolo
sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86 e successivamente così sostituito
dall'art. 1, L. 16 luglio 1997, n. 234.
Art.
323 bis
-
Circostanza attenuante -
Se
i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316 bis, 317, 318, 319, 320, 322 e
323 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
324
Abrogato
dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
325
-
Utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragioni di ufficio -
Il
pubblico ufficiale, o l'incaricato di un pubblico servizio che impiega, a
proprio o altrui profitto, invenzioni o scoperte scientifiche, o nuove
applicazioni industriali, che egli conosca per ragione dell'ufficio o
servizio, e che debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da uno
a cinque anni e con la multa non inferiore a lire un milione.
Art.
326
-
Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio -
Il
pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che,
violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando
della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere
segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la
reclusione da sei mesi a tre anni.
Se
l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.
Il
pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per
procurare a sè o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale
illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete,
è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al
fine di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o
di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione
fino a due anni (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
327
-
Eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi o degli
atti dell'Autorità -
Il
pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, eccita al
dispregio delle istituzioni o alla inosservanza delle leggi, delle
disposizioni dell'Autorità o dei doveri inerenti a un pubblico ufficio o
servizio, ovvero fa l'apologia di fatti contrari alle leggi, alle
disposizioni dell'Autorità o ai doveri predetti, è punito, quando il fatto
non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con
la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire quattrocentomila.
La
disposizione precedente si applica anche al pubblico impiegato incaricato di
un pubblico servizio e al ministro di un culto.
Art.
328
-
Rifiuto di atti di ufficio. Omissione -
Il
pubblico ufficiale o l'incaricato del pubblico servizio, che indebitamente
rifiuta un atto dell'ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza
pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto
senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei
casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un
pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia
interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le
ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la
multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma
scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della
richiesta stessa (1).
(1)Articolo
così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Art.
329
-
Rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della
forza pubblica -
Il
militare o l'agente della forza pubblica, il quale rifiuta o ritarda
indebitamente di eseguire una richiesta fattagli dall'Autorità competente
nelle forme stabilite dalla legge, è punito con la reclusione fino a due
anni.
Art.
330
Abrogato
dalla L. 12 giugno 1990, n. 146.
Art.
331
-
Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità -
Chi,
esercitando imprese di servizi pubblici o di pubblica necessità, interrompe
il servizio, ovvero sospende il lavoro nei suoi stabilimenti, uffici o
aziende, in modo da turbare la regolarità del servizio, è punito con la
reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a lire un
milione.
I
capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da tre a
sette anni e con la multa non inferiore a lire sei milioni.
Si
applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.
Art.
332
-
Omissioni di doveri di ufficio in occasione di abbandono di un pubblico
ufficio o di interruzione di un pubblico servizio -
Il
pubblico ufficiale o il dirigente un servizio pubblico o di pubblica
necessità che, in occasione di alcuno dei delitti preveduti dai due
articoli precedenti, ai quali non abbia preso parte, rifiuta od omette di
adoperarsi per la ripresa del servizio a cui è addetto o preposto, ovvero
di compiere ciò che è necessario per la regolare continuazione del
servizio, è punito con la multa fino a lire un milione.
Art.
333
Abrogato
dalla L. 12 giugno 1990, n. 146.
Art.
334
-
Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel
corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa -
Chiunque
sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa sottoposta a
sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità
amministrativa e affidata alla sua custodia, al solo scopo di favorire il
proprietario di essa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e
con la multa da lire centomila a un milione.
Si
applicano la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da lire
sessantamila a lire seicentomila, se la sottrazione, la soppressione, la
distruzione, la dispersione, o il deterioramento sono commessi dal
proprietario della cosa, affidata alla sua custodia.
La
pena è della reclusione da un mese ad un anno e della multa fino a lire
seicentomila, se il fatto è commesso dal proprietario della cosa medesima
non affidata alla sua custodia (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
335
-
Violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a
sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità
amministrativa -
Chiunque,
avendo in custodia una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un
procedimento penale o dall'autorità amministrativa, per colpa ne cagiona la
distruzione o la dispersione, ovvero ne agevola la sottrazione o la
soppressione, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa
fino a lire seicentomila (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
DEI
DELITTI DEI PRIVATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Art.
336
-
Violazione o minaccia a un pubblico ufficiale -
Chiunque
usa violenza a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico
servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, o ad
omettere un atto dell'ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da
sei mesi a cinque anni.
La
pena è della reclusione fino a tre anni, se il fatto è commesso per
costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio
ufficio o servizio, o per influire, comunque, su di essa.
Art.
337
-
Resistenza a un pubblico ufficiale -
Chiunque
usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o ad un
incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di
servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è punito con
la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Art.
338
-
Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario -
Chiunque
usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o
ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autorità
costituita in collegio, per impedirne in tutto o in parte, anche
temporaneamente o per turbarne comunque l'attività, è punito con la
reclusione da uno a sette anni.
Alla
stessa pena soggiace chi commette il fatto per influire sulle deliberazioni
collegiali di imprese che esercitano servizi pubblici o di pubblica necessità,
qualora tali deliberazioni abbiano per oggetto l'organizzazione o
l'esecuzione dei servizi.
Art.
339
-
Circostanze aggravanti -
Le
pene stabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza o
la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone
riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza
intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte.
Se
la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite,
mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da più
di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena è, nei casi preveduti
dalla prima parte dell'articolo 336 e dagli articoli 337 e 338, della
reclusione da tre a quindici anni, e, nel caso preveduto dal capoverso
dell'articolo 336, della reclusione da due a otto anni.
Art.
340
-
Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica
necessità -
Chiunque,
fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona una
interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di
un servizio di pubblica necessità, è punito con la reclusione fino a un
anno.
I
capi, o promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a
cinque anni.
Art.
341
-
Oltraggio a un pubblico ufficiale -
Chiunque
offende l'onore o il prestigio di un pubblico ufficiale, in presenza di lui
e a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, è punito con la reclusione
da sei mesi a due anni (1).
La
stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione
telegrafica o telefonica, o con scritto o disegno, diretti al pubblico
ufficiale e a causa delle sue funzioni.
La
pena è della reclusione da uno a tre anni, se l'offesa consiste nella
attribuzione di un fatto determinato.
Le
pene sono aumentate quando il fatto è commesso con violenza o minaccia,
ovvero quando l'offesa è recata in presenza di una o più persone.
(1)
La Corte costituzionale, con sentenza 25 luglio 1994, n. 341, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui
prevede come minimo edittale la reclusione per mesi sei.
Art.
342
-
Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario -
Chiunque
offende l'onore o il prestigio di un Corpo politico, amministrativo o
giudiziario, o di una rappresentanza di esso, o di una pubblica Autorità
costituita in collegio, al cospetto del Corpo, della rappresentanza o del
collegio, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La
stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione
telegrafica, o con scritto o disegno, diretti al Corpo, alla rappresentanza
o al collegio, a causa delle sue funzioni.
La
pena è della reclusione da uno a quattro anni se l'offesa consiste nella
attribuzione di un fatto determinato.
Si
applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.
Art.
343
-
Oltraggio a un magistrato in udienza -
Chiunque
offende l'onore o il prestigio di un magistrato in udienza è punito con la
reclusione da uno a quattro anni.
La
pena è della reclusione da due a cinque anni, se l'offesa consiste
nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le
pene sono aumentate se il fatto è commesso con violenza o minaccia.
Art.
344
-
Oltraggio a un pubblico impiegato -
Le
disposizioni dell'articolo 341 si applicano anche nel caso in cui l'offesa
è recata a un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio; ma la
pene sono ridotte di un terzo.
Art.
345
-
Offesa all'Autorità mediante danneggiamento di affissioni -
Chiunque,
per disprezzo verso l'Autorità, rimuove, lacera, o, altrimenti rende
illeggibili o comunque inservibili scritti o disegni affissi o esposti al
pubblico per ordine dell'Autorità stessa, è punito con la multa fino a un
milione di lire.
Art.
346
-
Millantato credito -
Chiunque,
millantando credito presso un pubblico ufficiale o presso un pubblico
impiegato che presti un pubblico servizio, riceve o fa dare o fa promettere,
a sè o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria
mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato, è punito con la
reclusione da un anno a cinque anni e con la multa da lire seicentomila a
quattro milioni.
La
pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da lire un milione
a sei milioni, se il colpevole riceve o fa dare o promettere, a sè o ad
altri, denaro o altra utilità, col pretesto di dover comprare il favore di
un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare.
Art.
347
-
Usurpazione di funzioni pubbliche -
Chiunque
usurpa una funzione pubblica o le attribuzioni inerenti a un pubblico
impiego è punito con la reclusione fino a due anni.
Alla
stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o impiegato il quale, avendo
ricevuto partecipazione del provvedimento che fa cessare o sospendere le sue
funzioni e le sue attribuzioni, continua ad esercitarle.
La
condanna importa la pubblicazione della sentenza.
Art.
348
-
Abusivo esercizio di una professione -
Chiunque
abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una
speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei
mesi o con la multa da lire duecentomila a un milione.
Art.
349
-
Violazione di sigilli -
Chiunque
viola i sigilli, per disposizione della legge o per ordine dell'Autorità
apposti al fine di assicurare la conservazione o la identità di una cosa,
è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire
duecentomila a due milioni.
Se
il colpevole è colui che ha in custodia la cosa, la pena è della
reclusione da tre a cinque anni e della multa da lire seicentomila a sei
milioni.
Art.
350
-
Agevolazione colposa -
Se
la violazione dei sigilli è resa possibile, o comunque agevolata, per colpa
di chi ha in custodia la cosa, questi è punito con la multa da lire
centomila a due milioni.
Art.
351
-
Violazione della pubblica custodia di cose -
Chiunque
sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora corpi di reato, atti,
documenti, ovvero un'altra cosa mobile particolarmente custodita in un
pubblico ufficio, o presso un pubblico ufficiale o un impiegato che presti
un pubblico servizio, è punito, qualora il fatto non costituisca un più
grave delitto, con la reclusione da uno a cinque anni.
Art.
352
-
Vendita di stampati dei quali è stato ordinato il sequestro -
Chiunque
vende, distribuisce o affigge, in luogo pubblico o aperto al pubblico,
scritti o disegni, dei quali l'Autorità ha ordinato il sequestro, è punito
con la multa fino a un milione di lire.
Art.
353
-
Turbata libertà degli incanti -
Chiunque,
con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi
fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle
licitazioni private per conto di pubbliche Amministrazioni, ovvero ne
allontana gli offerenti, è punito con la reclusione fino a due anni e con
la multa da lire duecentomila a due milioni.
Se
il colpevole è persona preposta dalla legge o dalla Autorità o agli
incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione è da uno a cinque anni e
la multa da lire un milione a quattro milioni.
Le
pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni
private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona
legalmente autorizzata; ma sono ridotte alla metà.
Art.
354
-
Astensione dagli incanti -
Chiunque,
per denaro dato o promesso a lui o ad altri, o per altra utilità a lui data
o promessa, si astiene dal concorrere agli incanti o alle licitazioni
indicati nell'articolo precedente, è punito con la reclusione sino a sei
mesi o con la multa fino a lire un milione.
Art.
355
-
Inadempimenti di contratti di pubbliche forniture -
Chiunque,
non adempiendo agli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura
concluso con lo Stato, o con un altro ente pubblico, ovvero con un'impresa
esercente servizi pubblici o di pubblica necessità, fa mancare in tutto o
in parte, cose od opere, che siano necessarie a uno stabilimento pubblico o
ad un pubblico servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni,
e con la multa non inferiore a lire duecentomila.
La
pena è aumentata se la fornitura concerne:
1)
sostanze alimentari o medicinali, ovvero cose od opere destinate alla
comunicazioni per terra, per acqua o per aria, o alle comunicazioni
telegrafiche e telefoniche;
2)
cose od opere destinate all'armamento o all'equipaggiamento delle forze
armate dello Stato;
3)
cose od opere destinate ad ovviare a un comune pericolo o ad un pubblico
infortunio.
Se
il fatto è commesso per colpa, si applica la reclusione fino a un anno,
ovvero la multa da lire centomila a un milione.
Le
stesse disposizioni si applicano ai subfornitori, ai mediatori e ai
rappresentanti dei fornitori, quando essi, violando i loro obblighi
contrattuali, hanno fatto mancare la fornitura.
Art.
356
-
Frode nelle pubbliche forniture -
Chiunque
commette frode nella esecuzione dei contratti di fornitura o
nell'adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell'articolo
precedente, è punito con la reclusione da un anno a cinque anni o con la
multa non inferiore a lire due milioni.
La
pena è aumentata nei casi preveduti dal primo capoverso dell'articolo
precedente.
|