DEI
DELITTI CONTRO LA INVIOLABILITÀ DEI SEGRETI
Art.
616
-
Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza -
Chiunque
prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non
diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prendere o di farne da altri
prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta,
ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto
non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la
reclusione fino a un anno o con la multa da lire sessantamila a un milione.
Se
il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto
della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto
medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre
anni.
Il
delitto è punibile a querela della persona offesa.
Agli
effetti delle disposizioni di questa sezione, per "corrispondenza"
si intende quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o
telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a
distanza (1).
(1)
Comma così sostituito dall'art. 5, L. 23 dicembre 1993, n. 547.
Art.
617
-
Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o
conversazioni
telegrafiche
o telefoniche -
Chiunque,
fraudolentemente prende cognizione di una comunicazione o di una
conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a
lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la
reclusione da sei mesi a quattro anni.
Salvo
che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a
chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in
tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni o delle conversazioni
indicate nella prima parte di questo articolo.
I
delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede
d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è
commesso in danno di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico
servizio nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, ovvero da
un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso
dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o
da chi esercita anche abusivamente la professione d'investigatore privato
(1).
(1)Articolo
così sostituito dalla L. 8 agosto 1974, n. 98.
Art.
617 bis
-
Installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire
comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche -
Chiunque,
fuori dei casi consentiti dalla legge, installa apparati, strumenti, parti
di apparati o di strumenti al fine d'intercettare od impedire comunicazioni
o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone è punito con
la reclusione da uno a quattro anni.
La
pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in
danno di un pubblico ufficiale nell'esercizio o a causa delle sue funzioni
ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio
con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o
servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di
investigatore privato (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 8 agosto 1974, n. 98.
Art.
617 ter
-
Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o
conversazioni telegrafiche o telefoniche -
Chiunque,
al fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un
danno, forma falsamente, in tutto o in parte, il testo di una comunicazione
o di una conversazione telegrafica o telefonica ovvero altera o sopprime, in
tutto o in parte, il contenuto di una comunicazione o di una conversazione
telegrafica o telefonica vera, anche solo occasionalmente intercettata, è
punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la
reclusione da uno a quattro anni.
La
pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in
danno di un pubblico ufficiale nell'esercizio o a causa delle sue funzioni
ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio
con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o
servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di
investigatore privato (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 8 agosto 1974, n. 98.
Art.
617 quater
-
Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni
informatiche o telematiche -
Chiunque
fraudolentamente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico
o telematico o intercorrenti tra più sistemi, ovvero le impedisce o le
interrompe, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Salvo
che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a
chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in
tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni di cui al primo comma.
I
delitti di cui ai commi primo e secondo sono punibili a querela della
persona offesa.
Tuttavia
si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se
il fatto è commesso:
1)
in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da
altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica
necessità;
2)
da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con
abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al
servizio, ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema;
3)
da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato
(1).
(1)
Articolo aggiunto dall'art. 6, L. 23 dicembre 1993, n. 547.
Art.
617 quinquies
-
Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od
interrompere
comunicazioni
informatiche o telematiche -
Chiunque,
fuori dai casi consentiti dalla legge, installa apparecchiature atte ad
intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema
informatico o telematico ovvero intercorrenti tra più sistemi, è punito
con la reclusione da uno a quattro anni.
La
pena è della reclusione da uno a cinque anni nei casi previsti dal quarto
comma dell'articolo 617 quater (1).
(1)Articolo
aggiunto dall'art. 6, L. 23 dicembre 1993, n. 547.
Art.
617 sexies
-
Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni
informatiche
o telematiche -
Chiunque,
al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di arrecare ad altri un
danno, forma falsamente ovvero altera o sopprime, in tutto o in parte, il
contenuto, anche occasionalmente intercettato, di taluna delle comunicazioni
relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più
sistemi, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne facciano uso,
con la reclusione da uno a quattro anni.
La
pena è della reclusione da uno a cinque anni nei casi previsti dal quarto
comma dell'articolo 617 quater (1).
(1)
Articolo aggiunto dall'art. 6, L. 23 dicembre 1993, n. 547.
Art.
618
-
Rivelazioni del contenuto di corrispondenza -
Chiunque,
fuori dei casi preveduti dall'articolo 616, essendo venuto abusivamente a
cognizione del contenuto di una corrispondenza a lui non diretta, che doveva
rimanere segreta, senza giusta causa lo rivela, in tutto o in parte, è
punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a sei mesi o
con la multa da lire duecentomila a un milione.
Il
delitto è punibile a querela della persona offesa.
Art.
619
-
Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona
addetta al servizio delle poste, dei telegrafi e dei telefoni -
L'addetto
al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, il quale, abusando di
tale qualità, commette alcuno dei fatti preveduti dalla prima parte
dell'articolo 616, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se
il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto
della corrispondenza, è punito, qualora il fatto non costituisca un più
grave reato, con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da
lire sessantamila a un milione.
Art.
620
-
Rivelazione del contenuto di corrispondenza, commessa da persona addetta al
servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni -
L'addetto
al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, che, avendo notizia,
in questa sua qualità, del contenuto di una corrispondenza aperta, o di una
comunicazione telegrafica, o di una conversazione telefonica, lo rivela
senza giusta causa ad altri che non sia il destinatario, ovvero a una
persona diversa da quelle tra le quali la comunicazione o la conversazione
è interceduta, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Art.
621
-
Rivelazione del contenuto di documenti segreti -
Chiunque,
essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere
segreto, di altrui atti o documenti, pubblici o privati, non costituenti
corrispondenza, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o
altrui profitto, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione
fino a tre anni o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Agli
effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento
anche qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni o
programmi (1).
Il
delitto è punibile a querela della persona offesa.
(1)
Comma aggiunto dall'art. 7, L. 23 dicembre 1993, n. 547.
Art.
622
-
Rivelazione di segreto professionale -
Chiunque,
avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria
professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo
impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare
nocumento, con la reclusione fino ad un anno o con la multa da lire
sessantamila a un milione.
Il
delitto è punibile a querela della persona offesa.
Art.
623
-
Rivelazione di segreti scientifici o industriali -
Chiunque,
venuto a cognizione per ragione del suo stato o ufficio, o della sua
professione o arte, di notizie destinate a rimanere segrete, sopra scoperte
o invenzioni scientifiche o applicazioni industriali, le rivela o le impiega
a proprio o altrui profitto, è punito con la reclusione fino a due anni.
Il
delitto è punibile a querela della persona offesa.
Art.
623 bis
-
Altre comunicazioni e conversazioni -
Le
disposizioni contenute nella presente sezione, relative alle comunicazioni e
conversazioni telegrafiche, telefoniche, informatiche o telematiche, si
applicano a qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini od
altri dati (1).
(1)
Articolo così sostituito dall'art. 8, L. 23 dicembre 1993, n. 547.
DEI
DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO
DEI
DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO
MEDIANTE
VIOLENZA ALLE COSE O ALLE PERSONE
Art.
624
-
Furto -
Chiunque
si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al
fine di trarne profitto per sè o per altri è punito con la reclusione fino
a tre anni e con la multa da lire sessantamila a un milione.
Agli
effetti della legge penale, si considera "cosa mobile" anche
l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia valore economico.
Art.
625
-
Circostanze aggravanti -
La
pena è della reclusione da uno a sei anni e della multa da lire
duecentomila a due milioni:
1)
se il colpevole, per commettere il fatto, si introduce o si trattiene in un
edificio o in un altro luogo destinato ad abitazione;
2)
se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi mezzo
fraudolento;
3)
se il colpevole porta indosso armi o narcotici, senza farne uso;
4)
se il fatto è commesso con destrezza, ovvero strappando la cosa di mano o
di dosso alla persona;
5)
se il fatto è commesso da tre o più persone, ovvero anche da una sola, che
sia travisata o simuli la qualità di pubblico ufficiale o d'incaricato di
un pubblico servizio;
6)
se il fatto è commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di
veicoli, nelle stazioni, negli scali o banchine, negli alberghi o in altri
esercizi, ove si somministrano cibi o bevande;
7)
se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici,
o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per
consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico
servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza;
8)
se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o
in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in
mandria.
Se
concorrono due o più delle circostanze prevedute dai numeri precedenti,
ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate
nell'articolo 61, la pena è della reclusione da tre a dieci anni e della
multa da lire quattrocentomila a tre milioni.
Art.
626
-
Furti punibili a querela dell'offeso -
Si
applica la reclusione fino a un anno ovvero la multa fino a lire
quattrocentomila e il delitto è punibile a querela della persona offesa:
1)
se il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa
sottratta, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente
restituita (1);
2)
se il fatto è commesso su cose di tenue valore, per provvedere a un grave
ed urgente bisogno;
3)
se il fatto consiste nello spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi
altrui, non ancora spogliati interamente del raccolto.
Tali
disposizioni non si applicano se concorre taluna delle circostanze indicate
nei nn. 1, 2, 3 e 4 dell'articolo precedente.
(1)
Con sentenza n. 1085 del 13 dicembre 1988 la Corte cost. ha dichiarato
l'illegittimità di questo numero nella parte in cui non estende la
disciplina ivi prevista alla mancata restituzione, dovuta a caso fortuito o
forza maggiore, della cosa sottratta.
Art.
627
-
Sottrazione di cose comuni -
Il
comproprietario, socio o coerede che, per procurare a sè o ad altri un
profitto, s'impossessa della cosa comune, sottraendola a chi la detiene, è
punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o
con la multa da lire quarantamila a quattrocentomila (1).
Non
è punibile chi commette il fatto su cose fungibili, se il valore di esse
non eccede la quota a lui spettante.
(1)
Comma così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
628
-
Rapina -
Chiunque,
per procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla
persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a
chi la detiene, è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la
multa da lire un milione a quattro milioni.
Alla
stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la
sottrazione per assicurare a sè o ad altri il possesso della cosa
sottratta, o per procurare a sè o ad altri l'impunità.
La
pena è della reclusione da quattro anni e sei mesi a venti anni e della
multa da lire due milioni a lire sei milioni:
1)
se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da
più persone riunite;
2)
se la violenza consiste nel porre taluno in stato d'incapacità di volere o
di agire;
3)
se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte
dell'associazione di cui all'articolo 416 bis (1).
(1)
Comma così sostituito dalla L. 14 ottobre 1974, n. 497. Il numero 3 - è
stato successivamente aggiunto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646. La multa
è stata aumentata dall'art. 8, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.
Art.
629
-
Estorsione -
Chiunque,
mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere
qualche cosa, procura a sè o ad altri un ingiusto profitto con altrui
danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da
lire un milione a quattro milioni (1).
La
pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da lire due
milioni a lire sei milioni, se concorre taluna delle circostanze indicate
nell'ultimo capoverso dell'articolo precedente (2).
(1)
Comma così modificato dall'art. 8, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.
(2)
Comma così modificato dalla L. 14 ottobre 1974, n. 497.
Art.
629 bis
-
Altre attività estorsive -
Salvo
che il fatto costituisca più grave reato, la pena prevista dall'articolo
629, primo comma, si applica nei confronti di chiunque realizzi profitti o
vantaggi ingiusti per sè o per altri avvalendosi delle condizioni previste
dall'articolo 416 bis. La pena è aumentata se i fatti sono commessi da
persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416 bis (1).
(1)
Articolo aggiunto dall'art. 9, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419.
Art.
630
-
Sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione -
Chiunque
sequestra una persona allo scopo di conseguire, per sè o per altri, un
ingiusto profitto come prezzo della liberazione, è punito con la reclusione
da venticinque a trenta anni.
Se
dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal
reo, della persona sequestrata, il colpevole è punito con la reclusione di
anni trenta.
Se
il colpevole cagiona la morte del sequestrato si applica la pena
dell'ergastolo.
Al
concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il
soggetto passivo riacquisti la libertà, senza che tale risultato sia
conseguenza del prezzo della liberazione, si applicano le pene previste
dall'art. 605. Se tuttavia il soggetto passivo muore, in conseguenza del
sequestro, dopo la liberazione, la pena è della reclusione da sei a
quindici anni.
Nei
confronti del concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera, al di
fuori del caso previsto dal comma precedente, per evitare che l'attività
delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta concretamente
l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove
decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti, la pena
dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti
anni e le altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi.
Quando
ricorre una circostanza attenuante, alla pena prevista dal secondo comma è
sostituita la reclusione da venti a ventiquattro anni; alla pena prevista
dal terzo comma è sostituita la reclusione da ventiquattro a trenta anni.
Se concorrono più circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto
delle diminuzioni non può essere inferiore a dieci anni, nell'ipotesi
prevista dal secondo comma, ed a quindici anni, nell'ipotesi prevista dal
terzo comma.
I
limiti di pena preveduti nel comma precedente possono essere superati
allorchè ricorrono le circostanze attenuanti di cui al quinto comma del
presente articolo (1).
(1)
Articolo già sostituito dal D.L. 21 marzo 1978, n. 59 e successivamente
così sostituito dalla L. 30 dicembre 1980, n. 894.
Art.
631
-
Usurpazione -
Chiunque,
per appropriarsi, in tutto o in parte dell'altrui cosa immobile, ne rimuove
o altera i termini è punito, a querela della persona offesa, con la
reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire quattrocentomila (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
632
-
Deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi -
Chiunque,
per procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto, devia acque, ovvero
immuta nell'altrui proprietà lo stato dei luoghi, è punito, a querela
della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino
a lire quattrocentomila (1).
(1)
Articolo così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
633
-
Invasione di terreni o edifici -
Chiunque
invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine
di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della
persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da lire
duecentomila a due milioni.
Le
pene si applicano congiuntamente, e si procede d'ufficio, se il fatto è
commesso da più di cinque persone, di cui una almeno palesemente armata,
ovvero da più di dieci persone, anche senza armi.
Art.
634
-
Turbativa violenta del possesso di cose immobili -
Chiunque,
fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, turba, con violenza alla
persona o con minaccia, l'altrui pacifico possesso di cose immobili, è
punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da lire duecetomila
a seicentomila.
Il
fatto si considera compiuto con violenza o minaccia quando è commesso da
più di dieci persone.
Art.
635
-
Danneggiamento -
Chiunque
distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili
cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa con
la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire seicentomila.
La
pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e si procede d'ufficio, se
il fatto è commesso:
1)
con violenza alla persona o con minaccia;
2)
da datori di lavoro in occasione di serrate, o da lavoratori in occasione di
sciopero, ovvero in occasione di alcuno dei delitti preveduti dagli artt.
330, 331 e 333 (1);
3)
su edifici pubblici o destinati a uso pubblico all'esercizio di un culto, o
su altre delle cose indicate nel n. 7 dell'articolo 625;
4)
sopra opere destinate all'irrigazione;
5)
sopra piante di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi, selve o
foreste, ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento.
(1)
Con sentenza n. 119 del 6 luglio 1970 la Corte cost. ha dichiarato
l'illegittimità del secondo comma di questo articolo nella parte in cui
prevede come circostanza aggravante e come causa di procedibilità d'ufficio
il fatto che il reato sia commesso da lavoratori in occasione di sciopero e
da datori di lavoro in occasione di serrata.
Art.
635 bis
-
Danneggiamento di sistemi informatici e telematici -
Chiunque
distrugge, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili sistemi
informatici o telematici altrui, ovvero programmi, informazioni o dati
altrui, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la
reclusione da sei mesi a tre anni.
Se
ricorre una o più delle circostanze di cui al secondo comma dell'articolo
635, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore
del sistema, la pena è della reclusione da uno a quattro anni (1).
(1)
Articolo aggiunto dall'art. 9, L. 23 dicembre 1993, n. 547.
Art.
636
-
Introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo -
Chiunque
introduce o abbandona animali in gregge o in mandria nel fondo altrui è
punito con la multa da lire ventimila a duecentomila.
Se
l'introduzione o l'abbandono di animali, anche non raccolti in gregge o in
mandria, avviene per farli pascolare nel fondo altrui, la pena è della
reclusione fino a un anno o della multa da lire quarantamila a
quattrocentomila.
Qualora
il pascolo avvenga, ovvero dalla introduzione o dall'abbandono degli animali
il fondo sia stato danneggiato, il colpevole è punito con la reclusione
fino a due anni e con la multa da lire centomila a un milione.
Il
delitto è punibile a querela della persona offesa (1).
(1)
Comma aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art.
637
-
Ingresso abusivo nel fondo altrui -
Chiunque
senza necessità entra nel fondo altrui recinto da fosso, da siepe viva o da
un altro stabile riparo è punito, a querela della persona offesa, con la
multa fino a lire duecentomila.
Art.
638
-
Uccisione o danneggiamento di animali altrui -
Chiunque
senza necessità uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che
appartengono ad altri è punito, a querela della persona offesa, con la
reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire seicentomila.
La
pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni, e si procede d'ufficio,
se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o
in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in
mandria.
Non
è punibile chi commette il fatto sopra volatili sorpresi nei fondi da lui
posseduti e nel momento in cui gli recano danno.
Art.
639
-
Deturpamento e imbrattamento di cose altrui -
Chiunque,
fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o
immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino
a lire duecentomila.
Art.
639 bis. - Casi di esclusione dalla perseguibilità a querela -
Nei
casi previsti negli articoli 631, 632, 633 e 636 si procede d'ufficio se si
tratta di acque, terreni, fondi, o edifici pubblici o destinati ad uso
pubblico (1).
(1)
Articolo aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.
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