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CODICE PENALE

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Dei DELITTI in PARTICOLARE

DEI DELITTI CONTRO LA INTEGRITÀ E LA SANITÀ DELLA STIRPE

 

Art. 545

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 546

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 547

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 548

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 549

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 550

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 551

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 552

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 553

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 554

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 555

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

DEI DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA

DEI DELITTI CONTRO IL MATRIMONIO

 

Art. 556

- Bigamia -

Chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili.

La pena è aumentata se il colpevole ha indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla libertà dello stato proprio o di lei.

Se il matrimonio, contratto precedentemente dal bigamo, è dichiarato nullo, ovvero è annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia, il reato è estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.

 

Art. 557

- Prescrizione del reato -

Il termine della prescrizione per il delitto preveduto dall'articolo precedente decorre dal giorno in cui è sciolto uno dei due matrimoni o è dichiarato nullo il secondo per bigamia.

 

Art. 558

- Induzione al matrimonio mediante inganno -

Chiunque, nel contrarre matrimonio avente effetti civili, con mezzi fraudolenti occulta all'altro coniuge l'esistenza di un impedimento che non sia quello derivante da un precedente matrimonio è punito, se il matrimonio è annullato a causa dell'impedimento occultato, con la reclusione fino a un anno ovvero con la multa da lire quattrocentomila a due milioni.

 

Art. 559

- Adulterio -

La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno (1).

Con la stessa pena è punito il correo dell'adultera (1).

La pena è della reclusione fino a due anni nel caso di relazione adulterina (2).

Il delitto è punibile a querela del marito (2).

(1) Con sentenza n. 126 del 19 dicembre 1968 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità del primo e del secondo comma.

(2) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità del terzo e del quarto comma.

 

Art. 560

- Concubinato -

Il marito che tiene una concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove, è punito con la reclusione fino a due anni.

La concubina è punita con la stessa pena.

Il delitto è punibile a querela della moglie (1).

(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo.

 

Art. 561

- Casi di non punibilità. Circostanza attenuante -

Nel caso preveduto dall'articolo 559, non è punibile la moglie quando il marito l'abbia indotta o eccitata alla prostituzione ovvero abbia comunque tratto vantaggio dalla prostituzione di lei.

Nei casi preveduti dai due articoli precedenti non è punibile il coniuge legalmente separato per colpa dell'altro coniuge, ovvero da questo ingiustamente abbandonato.

Se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato per colpa propria o per colpa propria e dell'altro coniuge o per mutuo consenso, la pena è diminuita (1).

(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo.

 

Art. 562

- Pena accessoria e sanzione civile -

La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 556 e 560 importa la perdita dell'autorità maritale (1).

Con la sentenza di condanna per adulterio o per concubinato il giudice può, sull'istanza del coniuge offeso, ordinare i provvedimenti temporanei di indole civile, che ritenga urgenti nell'interesse del coniuge offeso e della prole (2).

Tali provvedimenti sono immediatamente eseguibili, ma cessano di aver effetto se, entro tre mesi dalla sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, non è presentata dinanzi al giudice civile domanda di separazione personale (2).

(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità del primo comma nella parte relativa alla perdita dell'autorità maritale per effetto della condanna per il delitto di concubinato.

(2) Con la sentenza di cui alla nota precedente la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità del secondo e del terzo comma.

 

Art. 563

- Estinzione del reato -

Nei casi preveduti dagli articoli 559 e 560 la remissione della querela, anche se intervenuta dopo la condanna, estingue il reato.

Estinguono altresì il reato:

1) la morte del coniuge offeso;

2) l'annullamento del matrimonio del colpevole adulterino o di concubinato.

L'estinzione del reato ha effetto anche riguardo al correo e alla concubina e ad ogni persona che sia concorsa nel reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali (1).

(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo.

 

DEI DELITTI CONTRO LA MORALE FAMILIARE

 

Art. 564

- Incesto -

Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

La pena è della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa.

Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l'incesto è commesso da persona maggiore di età, con persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata per la persona maggiorenne.

La condanna pronunciata contro il genitore importa la perdita della potestà dei genitori o della tutela legale.

 

Art. 565

- Attentati alla morale familiare commessi col mezzo della stampa periodica -

Chiunque nella cronaca dei giornali o di altri scritti periodici, nei disegni che ad essa si riferiscono, ovvero nelle inserzioni fatte a scopo di pubblicità sugli stessi giornali o scritti, espone o mette in rilievo circostanze tali da offendere la morale familiare, è punito con la multa da lire duecentomila a un milione.

 

DEI DELITTI CONTRO LO STATO DI FAMIGLIA

 

Art. 566

- Supposizione o soppressione di stato -

Chiunque fa figurare nei registri dello stato civile una nascita inesistente è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Alla stessa pena soggiace chi, mediante l'occultamento di un neonato, ne sopprime lo stato civile.

 

Art. 567

- Alterazione di stato -

Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità.

 

Art. 568

- Occultamento di stato di un fanciullo legittimo o naturale riconosciuto -

Chiunque depone o presenta un fanciullo, già iscritto nei registri dello stato civile come figlio legittimo o naturale riconosciuto, in un ospizio di trovatelli o in altro luogo di beneficenza, occultandone lo stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

 

Art. 569

- Pena accessoria -

La condanna pronunciata contro il genitore per alcuno dei delitti preveduti da questo capo importa la perdita della potestà dei genitori o della tutela legale.

 

DEI DELITTI CONTRO L'ASSISTENZA FAMILIARE

 

Art. 570

- Violazione degli obblighi di assistenza familiare -

Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, alla tutela legale, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.

Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:

1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge;

2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma (1) .

Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.

(1) Comma aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

 

Art. 571

- Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina -

Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi.

Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni.

 

Art. 572

- Maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli -

Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni.

 

Art. 573

- Sottrazione consensuale di minorenni -

Chiunque sottrae un minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso, al genitore esercente la potestà dei genitori, o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volontà del medesimo genitore o tutore, è punito, a querela di questo, con la reclusione fino a due anni.

La pena è diminuita, se il fatto è commesso per fine di matrimonio; è aumentata, se è commesso per fine di libidine.

Si applicano le disposizioni degli artt. 525 e 544.

 

Art. 574

- Sottrazione di persone incapaci -

Chiunque sottrae un minore degli anni quattordici, o un infermo di mente, al genitore esercente la patria potestà, al tutore, o al curatore, o chi ne abbia la vigilanza o la custodia, ovvero lo ritiene contro la volontà dei medesimi, è punito, a querela del genitore esercente la potestà dei genitori, del tutore o curatore, con la reclusione da uno a tre anni.

Alla stessa pena soggiace, a querela delle stesse persone, chi sottrae o ritiene un minore che abbia compiuto gli anni quattordici, senza il consenso di esso, per fine diverso da quello di libidine o di matrimonio.

Si applicano le disposizioni degli artt. 525 e 544.

 

DEI DELITTI CONTRO LA PERSONA

DEI DELITTI CONTRO LA VITA E L'INCOLUMITÀ INDIVIDUALE

 

Art. 575

- Omicidio -

Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.

 

Art. 576

- Circostanza aggravanti. Pena di morte -

. Si applica la pena di morte (1) se il fatto preveduto dall'articolo precedente è commesso:

1) col concorso di taluna delle circostanze indicate nel n. 2 dell'articolo 61;

2) contro l'ascendente o il discendente, quando occorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso ovvero quando vi è premeditazione;

3) dal latitante, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza;

4) dall'associato per delinquere, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione;

5) nell'atto di commettere taluno dei delitti preveduti dagli articoli 519, 520 e 521.

È latitante, agli effetti della legge penale, chi si trova nelle condizioni indicate nel n. 6 dell'articolo 61.

(1) La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

 

Art. 577

- Altre circostanze aggravanti. Ergastolo -

Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto preveduto dall'articolo 575 è commesso:

1) contro l'ascendente o il discendente;

2) col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso;

3) con premeditazione;

4) con concorso di talune delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61.

La pena è della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto è commesso contro il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo o contro un affine in linea retta.

 

Art. 578

- Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale -

La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni.

A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.

Non si applicano le aggravanti stabilite dall'articolo 61 del codice penale (1).

(1)Articolo così sostituito dalla L. 5 agosto 1981, n. 442.

 

Art. 579

- Omicidio del consenziente -

Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui è punito con la reclusione da sei a quindici anni.

Non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61.

Si applicano le disposizioni relative all'omicidio se il fatto è commesso:

1) contro una persona minore degli anni diciotto;

2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizione di deficienza psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;

3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.

 

Art. 580

- Istigazione o aiuto al suicidio -

Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.

Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio.

 

Art. 581

- Percosse -

Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila.

Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.

 

Art. 582

- Lesione personale -

Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.

Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli artt. 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel n. 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa (1).

(1)Articolo così modificato dalla L. 26 gennaio 1963, n. 24. Il secondo comma è stato successivamente così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

 

Art. 583

- Circostanze aggravanti -

La lesione personale è grave, e si applica la reclusione da tre a sette anni:

1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;

2) se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo;

3) se la persona offesa è una donna incinta e dal fatto deriva l'acceleramento del parto (1).

La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:

1) una malattia certamente o probabilmente insanabile;

2) la perdita di un senso;

3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;

4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso;

5) l'aborto della persona offesa (1).

(1) Numero abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 124.

 

Art. 584

- Omicidio preterintenzionale -

Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni.

 

Art. 585

- Circostanze aggravanti -

Nei casi preveduti dagli artt. 582, 583 e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 576; ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive.

Agli effetti della legge penale, per "armi" s'intendono:

1) quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona;

2) tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo.

Sono assimilate alle armi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.

 

Art. 586

- Morti o lesioni come conseguenza di altro delitto -

Quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell'articolo 83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate.

 

Art. 587

Abrogato dalla L. 5 agosto 1981, n. 442.

 

Art. 588

- Rissa -

Chiunque partecipa a una rissa è punito con la multa fino a lire seicentomila.

Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se l'uccisione, o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa.

 

Art. 589

- Omicidio colposo -

Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da uno a cinque anni.

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni dodici (1).

(1) Articolo così modificato dalla L. 11 maggio 1966, n. 296.

 

Art. 590

- Lesioni personali colpose -

Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila.

Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da lire duecentoquarantamila a un milione duecentomila; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da lire seicentomila a due milioni quattrocentomila.

Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da due a sei mesi o della multa da lire quattrocentottantamila a un milione duecentomila; e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da sei mesi a due anni o della multa da lire un milione duecentomila a due milioni quattrocentomila (1).

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale (2).

(1) Comma aggiunto dalla L. 11 maggio 1966, n. 296.

(2) Comma così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

 

Art. 591

- Abbandono di persone minori o incapaci -

Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere la cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Alla stessa pena soggiace chi abbandona all'estero un cittadino italiano minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro.

La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte.

Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall'adottante o dall'adottato.

 

Art. 592

Abrogato dalla L. 5 agosto 1981, n. 442.

 

Art. 593

- Omissione di soccorso -

Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un'altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente e di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all'Autorità, è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila.

Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso all'Autorità.

Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale, la pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata.

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