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CODICE MILITARE

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LIBRO TERZO

Del giudizio per decreto.

382. Casi del giudizio per decreto. Nei procedimenti per reati militari, per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a un anno, il pubblico ministero, se in seguito all’esame degli atti e alle investigazioni che reputa necessarie, ritiene che all’imputato possa essere inflitta detta pena in misura non superiore a sei mesi, può chiedere al presidente del tribunale militare che pronunci la condanna con decreto, senza procedere al dibattimento (1).
La disposizione del comma precedente si applica anche:
[1° nei procedimenti per i delitti indicati nei numeri 1° e 7° dell’articolo 264, per i quali la legge stabilisce una pena pecuniaria, sempreché il pubblico ministero ritenga che all’imputato possa essere inflitta detta pena in misura non superiore a lire cinquecento] (2);
[2° nei procedimenti per i reati indicati nel numero 3° dell’articolo 264, per i quali la legge stabilisce una pena detentiva non superiore nel massimo a due anni, ovvero una pena pecuniaria, sempreché il pubblico ministero ritenga che all’imputato possa essere inflitta una pena detentiva in misura non superiore a un anno, ovvero una pena pecuniaria in misura non superiore a lire cinquecento] (2);
3° in ogni altro caso espressamente preveduto dalla legge.
Il procedimento per decreto non è ammesso nei casi indicati nel terzo comma dell’articolo 459 del codice di procedura penale (3).
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(1) La Corte Costituzionale con ordinanza 26 luglio 1988, n. 902 ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 382 c.p.m.p. sollevata in riferimento all’art. 25, comma 1, Cost. perché per quanto si riferisce al P.M. è escluso che l’art. 382 c.p.m.p. attribuisca ad esso facoltà di scelta del giudice.
(2) V. art. 8, l. 23 marzo 1956, n. 167 con il quale è stato abrogato l’art. 264 originario e sostituito con disposizione di diverso contenuto. V. sub art. 264.
(3) Nel testo originario era citato l’art. 506 del c.p.p. del 1930.

 

383. Poteri del presidente o del giudice relatore delegato. Nei casi preveduti dai due primi commi dell’articolo precedente, il presidente, o il giudice [relatore] (1) da lui delegato, se accoglie la richiesta del pubblico ministero, pronuncia la condanna con decreto, senza procedere al dibattimento. Con il decreto di condanna, il presidente, o il giudice [relatore] (1) da lui delegato, applica la pena in misura non eccedente il limite stabilito dalla legge per la richiesta del pubblico ministero, pone a carico del condannato le spese del procedimento, e ordina, occorrendo, la confisca o la restituzione delle cose sequestrate.
Può anche disporre, quando la legge lo consente, la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato penale rilasciato a istanza privata.
Se il presidente, o il giudice [relatore] (1) delegato, non accoglie la richiesta, restituisce gli atti al pubblico ministero, perché l’azione penale sia proseguita nei modi ordinari (2).
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(1) Il giudice relatore nei tribunali militari è stato abolito dall’art. 2, comma 2, n. 2 e dall’art. 16, cpv., l. 7 maggio 1981, n. 180.2) La Corte Costituzionale con ordinanza 26 luglio 1988, n. 902 ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 383 c.p.m.p. sollevata in riferimento all’art. 25, comma 1, Cost.

 

384. Requisiti formali del decreto penale. Opposizione. Il decreto di condanna contiene:
1° il nome, il cognome e il grado del presidente, o del giudice [relatore] (1), che lo emette;
2° le generalità dell’imputato, e, se questi è militare, l’indicazione del grado che riveste e del corpo o della nave a cui appartiene;
3° l’enunciazione del fatto, del titolo del reato e delle circostanze che formano oggetto dell’imputazione;
4° l’indicazione sommaria delle richieste del pubblico ministero;
5° la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui è fondata la decisione;
6° il dispositivo, con l’indicazione degli articoli di legge applicati;
7° la data e la sottoscrizione del presidente, o del giudice [relatore] (1), e del cancelliere.
Copia del decreto, insieme, quando è il caso, con il precetto menzionato nell’articolo 660 del codice di procedura penale (2), è notificata all’imputato, nei modi stabiliti dall’articolo 347 di questo codice (3), con avvertimento che ha facoltà di proporre opposizione nel termine di dieci giorni dalla notificazione, se trattasi di condanna a pena pecuniaria, e di trenta giorni, se trattasi di condanna a pena detentiva.
Trascorso questo termine, senza che sia stata proposta opposizione, il decreto diventa senz’altro esecutivo.
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(1) V. nota 1 sub art. 383.
(2) Nel testo originario era citato l’art. 586 del c.p.p. del 1930.
(3) V. sub artt. 166 ss. c.p.p. L’art. 347 è stato abrogato, v. nota sub art. 347.

 

385. Procedimento relativo all’opposizione. L’opposizione è proposta dall’interessato, personalmente o per mezzo di procuratore speciale, mediante dichiarazione ricevuta nella cancelleria del tribunale presso cui è in corso il procedimento, ovvero nella cancelleria di altro tribunale militare o nella cancelleria di una pretura, che ne cura l’immediata comunicazione al tribunale competente.
Nella dichiarazione di opposizione deve essere chiesto il dibattimento e devono essere indicati specificamente, a pena d’inammissibilità, i motivi dell’opposizione. Si osservano nel resto, in quanto sono applicabili, le disposizioni degli articoli 581 e 582 del codice di procedura penale (1).
Se l’opposizione è stata fatta fuori termine, o è stata proposta da chi non ne aveva il diritto, o è priva delle indicazioni prescritte, o se queste non sono specifiche, il presidente o il giudice, che ha emesso il decreto, dichiara, con ordinanza, inammissibile l’opposizione, e pone a carico del condannato le spese ulteriori. [Contro questa ordinanza, l’opponente può ricorrere, nel termine di tre giorni dalla notificazione di essa, al tribunale supremo militare, per i motivi indicati nell’art. 387] (2).
Fuori dei casi preveduti dal comma precedente, il presidente emette il decreto di citazione per il dibattimento.
[Per la notificazione dell’ordinanza preveduta dal terzo comma e del decreto di citazione, per la nomina del difensore e per gli altri atti preliminari al dibattimento,, si osservano le disposizioni dell’art. 354] (3).
Si osservano altresì le disposizioni degli articoli 463 e 464 del codice di procedura penale (4), sostituito al pretore il tribunale militare.
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(1) Nel testo originario erano citati gli artt. 197 e 198 del c.p.p. del 1930.
(2) A seguito dell’entrata in vigore della l. 7 maggio 1981, n. 180 il ricorso, in tempo di pace, è ora per cassazione, a norma dell’art. 461, comma 6, c.p.p..
(3) Comma implicitamente abrogato. V. nota sub art. 354.
(4) Nel testo originario erano citati gli artt. 508 e 510 del c.p.p. del 1930.

 

[386. Denuncia del decreto penale al tribunale supremo militare, per annullamento. (1) Il procuratore generale militare della Repubblica, quando abbia notizia che è stata pronunciata condanna per decreto fuori dei casi stabiliti dalla legge, può, prima che sia intervenuta una causa estintiva del reato, denunciare il decreto stesso per annullamento al tribunale supremo militare. Questo provvede in camera di consiglio, e, se pronuncia la revoca del decreto, ordina la trasmissione degli atti al procuratore militare della Repubblica competente, per la prosecuzione del procedimento nei modi ordinari].
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(1) Disposizione abrogata a seguito del riordinamento del tribunale supremo militare in corte militare di appello (v. art. 3, l. 7 maggio 1981, n. 180). V. ora art. 459, comma 3, c.p.p..

 

Del ricorso per annullamento (1).

 

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(1) L’art. 3, l. 7 maggio 1981, n. 180, ha riordinato il tribunale supremo militare in corte militare di appello in attuazione del comma 2 della VI disp. trans. della Costituzione. L’art. 6 della stessa legge ha dato attuazione all’art. 111, comma 2, Cost., prevedendo il ricorso ordinario per cassazione. Confortano questa interpretazione gli articoli 3, ultimo comma, e 10 della l. 7 maggio 1981, n. 180 il primo dei quali ha attribuito alla corte militare di appello la competenza del tribunale supremo militare prevista dall’art. 45 dell’ordinamento giudiziario militare, mentre il secondo ha convertito in appello i ricorsi pendenti presso il tribunale supremo militare.
Peraltro la legge 7 maggio 1981, n. 180 ha abolito il tribunale supremo militare solo per il tempo di pace.

 

Dei casi nei quali si può ricorrere.

[387. Motivi di ricorso contro le sentenze dei tribunali militari. (1) Salvo che la legge disponga altrimenti, il ricorso per annullamento al tribunale supremo militare può proporsi dal pubblico ministero e dall’imputato per i motivi seguenti:
1) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale;
2) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi, ovvero non consentita ai pubblici poteri;
3) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inammissibilità o di decadenza.
Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni, può essere proposto contro le sentenze pronunciate nel giudizio.
Il ricorso è inammissibile, se è proposto per motivi non consentiti dalla legge o manifestamente infondati].
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(1) Disposizione abrogata a seguito del riordinamento del tribunale supremo militare in corte militare di appello (art. 3, l. 7 maggio 1981, n. 180). V. ora art. 606 c.p.p.

 

388. Ricorso dell’imputato. Oltre che nei casi preveduti dall’articolo 607 del codice di procedura penale (1), l’imputato può ricorrere anche contro la sentenza con cui il giudice dichiara di astenersi dal pronunciare condanna a’ termini dell’art. 210 di questo codice.
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(1) Nel testo originario era citato l’art. 526 del c.p.p. del 1930.

 

[389. Termine per la presentazione del ricorso. (1) Il procuratore militare della Repubblica e l’imputato possono proporre ricorso per annullamento al tribunale supremo militare, a pena di decadenza, nei tre giorni successivi a quello della pronuncia della sentenza.
Quando si è proceduto in contumacia, il termine è, per l’imputato, di dieci giorni, a decorrere da quello della notificazione della sentenza].
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(1) Disposizione abrogata a seguito del riordinamento del tribunale supremo militare in corte militare di appello; v. nota sub capo IV di questo titolo, di questo libro.

 

Del ricorso, del procedimento relativo e della sentenza.

390. Dichiarazione di ricorso. (Abrogato) (1).
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(1) Articolo abrogato dall’art. 3, d.lgs.C.p.S. 20 agosto 1947, n. 1103. V. ora artt. 581 e 582 c.p.p. Il testo originario era il seguente:
"Il ricorso per annullamento contro le sentenze, sia del giudice istruttore nei casi indicati nell’articolo 348, sia del tribunale militare, è proposto dall’imputato o dal procuratore militare del Re Imperatore, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere del tribunale militare, sottoscritta dal dichiarante e dal cancelliere, osservate le disposizioni degli articoli 197 e 198 del codice di procedura penale".

 

[391. Notificazione del ricorso del pubblico ministero all’imputato. (1) Il ricorso proposto dal procuratore militare della Repubblica è notificato, a pena di decadenza, all’imputato detenuto, entro tre giorni dalla dichiarazione, per mezzo del cancelliere.
All’atto della consegna della copia, il cancelliere invita il detenuto a scegliere il difensore per il procedimento davanti al tribunale supremo militare, con avvertimento che, se non lo sceglie, gli sarà nominato dal presidente dello stesso tribunale.
Di tutto deve compilarsi processo verbale.
Se l’imputato non è detenuto il cancelliere deve disporre, a pena di decadenza, la notificazione di copia della dichiarazione di ricorso entro tre giorni dalla sua data].
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(1) Articolo abrogato a seguito del riordinamento del tribunale supremo militare in corte militare di appello (v. art. 3, l. 7 maggio 1981, n. 180, ultimo comma). Per la stessa ragione si intendono abrogati per il tempo di pace gli artt. da 391 a 399.
L’ultimo comma era stato modificato dall’art. 7, d.lgs.C.p.S. 20 agosto 1947, n. 1103.
V. anche nota sub capo IV di questo libro III.

 

[392. Presentazione e sottoscrizione dei motivi di ricorso. (1) I motivi del ricorso possono enunciarsi nello stesso atto della dichiarazione; altrimenti devono presentarsi per iscritto, con atto sottoscritto da chi ha proposto l’impugnazione o dal difensore del ricorrente nel giudizio davanti al tribunale militare, nel termine di giorni dieci dall’avvenuta notificazione del deposito della sentenza impugnata nella cancelleria. Il cancelliere appone all’atto la data del ricevimento, con la sua sottoscrizione, e lo trasmette immediatamente, con tutti gli atti della causa, al procuratore generale militare della Repubblica.
Se i motivi sono stati presentati in termine, possono esserne aggiunti altri, entro cinque giorni dalla notificazione dell’avviso indicato nell’articolo 393, dal procuratore generale militare della Repubblica o dal difensore, nominato, per il giudizio davanti al tribunale supremo militare, fra gli avvocati iscritti nell’albo speciale della corte di cassazione.
Si applicano le disposizioni del secondo e del terzo comma dell’art. 581 del codice di procedura penale (2).
I termini indicati in questo articolo sono stabiliti a pena di decadenza].
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(1) V. nota sub art. 391.
(2) Nel testo originario era citato l’art. 201 del c.p.p. del 1930.

 

[393. Avviso al difensore. (1) Il cancelliere del tribunale supremo militare avvisa il difensore che, durante il termine di cinque giorni dalla notificazione dell’avviso, può esaminare nella cancelleria gli atti e i documenti, estrarne copia e presentare nuovi documenti. Di questo avviso il cancelliere da immediata comunicazione al procuratore generale militare della Repubblica, per gli effetti indicati nel secondo comma dell’articolo precedente].
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(1) V. nota sub art. 391.

 

[394. Fissazione dell’udienza e conseguenti provvedimenti. (1) Decorso il termine stabilito dall’articolo precedente, il presidente del tribunale supremo militare fissa l’udienza e designa il relatore.
Il cancelliere comunica immediatamente gli atti al procuratore generale militare della Repubblica, e notifica al difensore l’avviso del giorno e dell’ora stabiliti per la udienza.
Non più tardi del quinto giorno precedente a quello della udienza, il difensore può presentare memorie a svolgimento dei motivi di ricorso già presentati].
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(1) V. nota sub art. 391.

 

[395. Deliberazione e sentenza. (1) [Per la deliberazione della sentenza del tribunale supremo militare, si osservano le disposizioni dell’articolo 370, sostituito il consigliere relatore al giudice relatore.
La sentenza è sottoscritta dal presidente, dal relatore e dal cancelliere.
Il dispositivo è letto dal presidente, o da un giudice militare da esso delegato, in pubblica udienza, con l’assistenza dei giudici che in quella udienza compongono il tribunale, del rappresentante del pubblico ministero e del cancelliere].
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(1) V. nota sub art. 391.

 

[396. Annullamento senza rinvio. (1) Ferme le altre disposizioni dell’articolo 620 del codice di procedura penale (2), il tribunale supremo militare pronuncia l’annullamento senza rinvio anche se il reato non è di competenza del giudice militare. In questo caso, ordina che gli atti siano trasmessi alla Autorità competente].
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(1) V. nota sub art. 391.
(2) Nel testo originario era citato l’art. 539 del c.p.p. del 1930.

 

[397. Annullamento con rinvio. (1) Ferme in ogni altra parte, in quanto applicabili, le disposizioni dell’articolo 623 del codice di procedura penale (2), se, a seguito di annullamento di una sentenza di un tribunale militare, si deve rinnovare il giudizio, questo è rinviato ad altro tribunale militare.
Il tribunale supremo militare può anche ordinare il rinvio del giudizio allo stesso tribunale; ma in questo caso il tribunale di rinvio deve essere composto con giudici diversi da quelli che pronunciarono la sentenza annullata].
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(1) V. nota sub art. 391.
(2) Nel testo originario era citato l’art. 543 del c.p.p. del 1930.

 

[398. Esclusione della sanzione pecuniaria in caso di inammissibilità o rigetto del ricorso. (1) Nel caso in cui il tribunale supremo militare dichiari inammissibile o rigetti il ricorso presentato dalla parte privata, non si applica la sanzione pecuniaria stabilita dall’articolo 616 del codice di procedura penale] (2).
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(1) V. nota sub art. 391.
(2) V. art. 616 c.p.p..

 

[399. Limite dell’applicazione della pena nel giudizio di rinvio. (1) Quando una sentenza di condanna a pena diversa dalla pena di morte sia annullata su ricorso dell’imputato, il tribunale militare di rinvio può infliggere una pena più grave di quella applicata con la sentenza annullata, ma non può pronunciare condanna alla pena di morte].
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(1) V. nota sub art. 391.

 

Del ricorso straordinario contro le sentenze del tribunale supremo militare.

[400. Casi di ricorso. Presentazione dei motivi. (1) Contro la sentenza, con la quale il tribunale supremo militare rigetta, in tutto o in parte, il ricorso proposto contro una sentenza di condanna, il procuratore generale militare della Repubblica e il condannato possono proporre ricorso per cassazione, per incompetenza o eccesso di potere.
Il ricorso può essere proposto in ogni tempo, prima che la pena sia estinta.
Il ricorso non ha effetto sospensivo; ma, se è stata inflitta la pena di morte, la sospensione della esecuzione può essere ordinata dal Ministro della giustizia.
I motivi di ricorso possono essere enunciati nello stesso atto della dichiarazione; altrimenti devono essere presentati, a pena di decadenza, nei dieci giorni successivi alla notificazione dell’avviso del deposito degli atti nella cancelleria della corte di cassazione].
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(1) Il ricorso straordinario per cassazione previsto dall’art. 400 deve ritenersi implicitamente abrogato a norma degli artt. 16, cpv. e 6, l. 7 maggio 1981, n. 180.

 

Capo V
Della revisione.

[401. Norma generale. (1) Le sentenze dei tribunali militari sono sottoposte a revisione nei casi e in conformità del capo terzo, titolo terzo, libro terzo, del codice di procedura penale, sostituito un giudice del tribunale supremo militare al consigliere delegato, e salve le modificazioni seguenti:
1° la richiesta di promuovere il procedimento di revisione emana dal Ministro da cui dipende il militare condannato, ovvero, se il condannato non è un militare, da quello da cui dipende il comando della forza armata, presso cui è costituito il tribunale che pronunciò la condanna; ed è trasmessa al procuratore generale militare della Repubblica;
2° l’istanza è promossa davanti al tribunale supremo militare (3), il quale, se ammette la revisione, annulla la sentenza di condanna, ordinando, ove occorra, il rinvio a nuovo giudizio davanti ad altro tribunale militare] [629 ss. c.p.p.].
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(1) Articolo abrogato, per il tempo di pace, dagli artt. 3, 6 e 16, cpv., l. 7 maggio 1981, n. 180. V. anche nota al capo IV di questo libro III.
(2) Il tribunale supremo militare è stato riordinato in corte militare d’appello dall’art. 3 della l. 7 maggio 1981, n. 180.

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