Disposizione
comune ai capi terzo e quarto.
199.
Cause estranee al servizio o alla disciplina militare.
Le disposizioni dei capi terzo e quarto non si applicano quando alcuno
dei fatti da esse preveduto è commesso per cause estranee al servizio e
alla disciplina militare, fuori dalla presenza di militari riuniti per
servizio e da militare che non si trovi in servizio o a bordo di una nave
militare o di un aeromobile militare [o in luoghi militari] (1) (2).
______________________________
(1) La Corte Costituzionale con sentenza del 24
gennaio 1991, n. 22, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art. 199 c.p.m.p., limitatamente alle parole: "o
in luoghi militari".
La Corte Costituzionale, con ordinanza 29 marzo 1991,
n. 138, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell'art. 199 c.p.m.p. già dichiarato
costituzionalmente illegittimo limitatamente alle parole "o in luoghi
militari" sollevata in riferimento agli artt. 3 e 52 Cost..
La Corte Costituzionale, con ordinanza 5 febbraio
1992, n. 45, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 199 c.p.m.p., nella parte in cui dispone l'applicabilità del reato speciale di insubordinazione ai fatti commessi
per cause estranee al servizio ed alla disciplina militare, per la sola
circostanza della presenza dei militari riuniti per servizio in riferimento
agli artt. 3 e 52, ultimo comma, Cost..
La Corte Costituzionale con sentenza 28 novembre 1994,
n. 405, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 199 del codice penale militare di pace sollevata
in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(2) Articolo così sostituito dall'art. 9 della l. 26
novembre 1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Se alcuno dei fatti preveduti dai capi terzo e
quarto è commesso a causa d'onore, nelle circostanze indicate nell'articolo 587 del codice penale, si applicano le disposizioni di detto
codice, sostituita la pena della reclusione militare alla pena della
reclusione".
Del
reato militare di duello.
Disposizione
generale.
200.
Disposizioni penali applicabili. (1) In caso di sfida a duello, di accettazione di sfida o di uso delle armi
in duello fra militari in servizio, in luogo delle disposizioni del codice
penale [394 ss. c.p.] relative ai reati suindicati, si applicano quelle
delle sezioni seguenti.
______________________________
(1) Articolo così sostituito dall'art. 4, l. 23
marzo 1956, n. 167.
Sezione
II
Del duello fra superiore e inferiore.
201.
Inferiore che sfida il superiore; accettazione; duello.
Il militare, che sfida a duello un superiore, anche se la sfida non è
accettata, è punito, se il duello non avviene, con la reclusione militare
da sei mesi a due anni.
Il superiore, che accetta la sfida, è punito con la
reclusione militare fino a un anno, sempre che il duello non avvenga.
Se il duello avviene [44 c.p.], si applica la
reclusione militare da uno a sette anni per l'inferiore, e da sei mesi a
tre anni per il superiore.
202.
Superiore che sfida l'inferiore; accettazione; duello.
Il militare, che sfida a duello un inferiore, anche se la sfida non è
accettata, è punito, se il duello non avviene, con la reclusione militare
fino a un anno.
L'inferiore, che accetta la sfida, è punito con la
reclusione militare fino a otto mesi, sempre che il duello non avvenga.
Se il duello avviene, si applica la reclusione
militare da sei mesi a tre anni per il superiore, e da tre mesi a due anni
per l'inferiore.
203.
Promozione dell'inferiore.
Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche nel caso in
cui la sfida è portata, o il duello avviene, dopo che l'inferiore è stato
promosso a grado eguale a quello del superiore, ma per cause di servizio
anteriori alla promozione.
Del
duello fra eguali.
204.
Sfida; accettazione; duello.
Il militare, che sfida a duello altro militare di pari grado, anche se la
sfida non è accettata, è punito, se il duello non avviene, con la
reclusione militare fino a due mesi.
La stessa pena si applica al militare, che accetta la
sfida, sempre che il duello non avvenga [260].
Il duellante è punito con la reclusione militare fino
a tre anni.
Disposizioni
comuni alle sezioni seconda e terza.
205.
Casi di non punibilità.
Non sono punibili i padrini o secondi, le persone che hanno agevolato il
duello e il sanitario che presta la propria assistenza ai duellanti [208 e
209].
206.
Circostanze aggravanti e circostanza attenuante.
Le pene stabilite dalle disposizioni delle sezioni precedenti sono
aumentate da un terzo alla metà:
1° se la sfida è portata o il duello avviene per
causa di servizio;
2° se il duello avviene, senza che la vertenza sia
stata deferita al giurì d'onore e da questo decisa, ovvero dopo che il
giurì d'onore ha deciso che non v'era ragione a contesa o che la vertenza
doveva essere amichevolmente composta.
Le pene stabilite dalle disposizioni delle sezioni
precedenti sono diminuite fino a un sesto, se il colpevole è stato indotto
alla sfida o al duello da grave insulto o da grave onta.
207.
Esclusione della rimozione.
La condanna per alcuno dei reati preveduti dalle sezioni precedenti non
importa la rimozione.
208.
Omesso deferimento della vertenza al giurì d'onore.
Ciascuno dei militari rappresentanti delle parti, il quale, nel caso in
cui non sia stato possibile comporre la vertenza sorta fra due militari,
omette di deferirla al giurì d'onore, è punito con la reclusione militare
fino a un anno [205].
209.
Casi di applicazione delle pene stabilite per la insubordinazione, l'abuso
di autorità, l'omicidio e la lesione personale.
Se ricorre alcuna delle circostanze prevedute dal primo comma dell'articolo 397 del codice penale, in luogo delle disposizioni degli
articoli precedenti, si applicano:
1) quelle contenute nei capi terzo [186 ss.] e quarto
[195 ss.] di questo titolo, nel caso di duello fra militari di grado
diverso;
2) quelle relative ai reati contro la vita e l'incolumità individuale, preveduti da questo codice [222 ss.] e dal
codice penale [575 ss.], nel caso di scontro fra militari di pari grado.
La frode o la violazione delle condizioni stabilite
quanto alla scelta delle armi o allo scontro, è a carico non solo di chi ne
è l'autore, ma anche di quello fra i duellanti, padrini o secondi, che ne
ha avuto conoscenza prima o durante lo scontro.
Le disposizioni del primo comma di questo articolo si
applicano anche a chi ha provocato il duello con l'intento di carpire
denaro o altra utilità; ferma, in ogni caso, l'applicazione delle
disposizioni dell'articolo 629 del codice penale.
210.
Facoltà di non rinviare a giudizio o di non pronunciare condanna.
Nei casi preveduti dall'art. 204, quando ricorrono circostanze di
particolare valore morale, il giudice può astenersi dal rinviare a giudizio
[345], e, qualora si proceda al giudizio, può, nella stessa sentenza,
astenersi dal pronunciare condanna [372-388].
Nei casi medesimi, il giudice, qualora non ritenga di
astenersi dal rinviare a giudizio o dal pronunciare condanna, può diminuire
la pena da un terzo a due terzi.
211.
Duello fra militari in servizio e militari in congedo, e fra militari in
servizio e persone estranee alle forze armate dello Stato. (Abrogato)
(1).
______________________________
(1) Articolo abrogato dall'art. 5, l. 23 marzo 1956,
n. 167.
Il testo originario così disponeva:
"Fuori dei casi in cui ricorrono le circostanze
prevedute dagli articoli 238 a 241, si applicano le disposizioni relative al
duello fra eguali nel caso di sfida, accettazione di sfida o duello:
1° fra militari in servizio o considerati tali e
militari in congedo;
2° fra militari in servizio o considerati tali e
persone estranee alle forze armate dello Stato".
Della
istigazione a delinquere.
212.
Istigazione a commettere reati militari.
Salvo che la legge disponga altrimenti, il militare, che istiga uno o
più militari in servizio alle armi a commettere un reato militare [37], è
punito, se l'istigazione non è accolta [115 c.p.], ovvero se l'istigazione è accolta ma il reato non è commesso, con la reclusione
militare fino a cinque anni. Tuttavia, la pena è sempre applicata in misura
inferiore alla metà della pena stabilita per il reato al quale si riferisce
l'istigazione (1).
La stessa pena si applica se l'istigato è un
militare in congedo illimitato, e l'istigazione si riferisce ad uno dei
reati per i quali, secondo l'art. 7 di questo codice, ai militari in
congedo illimitato è applicabile la legge penale militare [78, 98, 214; 414
c.p.].
Se il colpevole è superiore dell'istigato, la
condanna importa la rimozione [29] (2).
______________________________
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 21 marzo
1989, n. 139, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.
266 c.p., nella parte in cui non prevede che per l'istigazione di militari
a commettere un reato militare la pena sia "sempre applicata in misura
inferiore alla metà della pena stabilita per il reato al quale si riferisce
l'istigazione".
(2) Articolo così sostituito dall'art. 3 l. 23 marzo
1956, n. 167.
Il testo originario così disponeva:
"Salvo che la legge disponga altrimenti, il
militare, che istiga uno o più militari in servizio alle armi o in congedo
a commettere un reato militare, è punito, se l'istigazione non è accolta,
ovvero se l'istigazione è accolta ma il reato non è commesso, con la
reclusione militare fino a cinque anni. Tuttavia, la pena è sempre
applicata in misura inferiore alla metà della pena stabilita per il reato
al quale si riferisce la istigazione.
Se il colpevole è superiore dell'istigato, la
condanna importa la rimozione".
213.
Istigazione di militari a disobbedire alle leggi.
Il militare, che commette alcuno dei fatti d'istigazione o di apologia
indicati nell'articolo 266 del codice penale, verso militari in servizio
alle armi o in congedo, soggiace alle pene ivi stabilite, aumentate da un
sesto a un terzo.
Le stesse pene si applicano al militare, che istiga
iscritti di leva a violare i doveri inerenti a questa loro qualità.
La condanna, quando non ne derivi la degradazione
[28], importa la rimozione [29] (1).
______________________________
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 21 marzo
1989, n. 139 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.
266 c.p. nella parte in cui non prevede che per l'istigazione di militari a
commettere un reato militare la pena sia sempre applicata in misura
inferiore alla metà della pena stabilita per il reato al quale si riferisce
l'istigazione.
214.
Militari in congedo. Le
disposizioni dell'art. 212 si applicano anche se il fatto è commesso da un
militare in congedo illimitato, sempreché l'istigazione si riferisca a
reati esclusivamente militari ovvero a reati per i quali è prevista, a
norma dell'art. 7 del Codice penale militare di pace, l'applicabilità
della legge penale militare ai militari in congedo (1).
______________________________
(1) Articolo così sostituito dall'art. 4, l. 23
marzo 1956, n. 167.
Il testo originario così disponeva:
"Le disposizioni degli articoli precedenti si
applicano anche se il fatto è commesso da un militare in congedo".
Reati
speciali contro l'amministrazione militare, contro la fede pubblica, contro
la persona e contro il patrimonio
Del
peculato e della malversazione militare.
215.
Peculato militare. Il
militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, che, avendo per
ragione del suo ufficio o servizio il possesso di denaro o di altra cosa
mobile, appartenente all'amministrazione militare, se l'appropria, [ovvero
lo distrae a profitto proprio o di altri] (1), è punito con la reclusione
da due a dieci anni [219; 314, 357 c.p.] (2).
______________________________
(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 13 dicembre
1991, n. 448, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.
215 c.p.m.p. limitatamente alle parole: "ovvero lo distrae a profitto
proprio o di altri".
La Corte Costituzionale con ordinanza 12 maggio 1988,
n. 539, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell'art. 3 l. 9 dicembre 1941, n. 1383,
sollevata in riferimento all'art. 3 Cost..
La Corte Costituzionale con sentenza del 22 ottobre
1990, n. 473, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 215 c.p.m.p., sollevata in riferimento all'art. 3
della Costituzione.
La Corte Costituzionale, con ordinanza del 19 dicembre
1990, n. 553, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell'art. 215 c.p.m.p., sollevata in
riferimento all'art. 3 Cost..
La Corte Costituzionale, con sentenza 2 febbraio 1990,
n. 60, e successiva sentenza di correzione di errore materiale del 12 aprile
1990, n. 214, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 219 c.p.m.p., con riferimento agli
artt. 3 e 27, commi 1 e 3, Cost..
(2) L'art. 3 della l. 9 dicembre 1941, n. 1383
dispone:
"3. Il militare della Guardia di finanza che
commette una violazione delle leggi finanziarie costituente delitto, o
collude con estranei per frodare la finanza, oppure si appropria o comunque
distrae, a profitto proprio o di altri, valori o generi di cui egli, per
ragioni del suo ufficio o servizio, abbia l'amministrazione o la custodia o
su cui eserciti la sorveglianza, soggiace alle pene stabilite dagli artt.
215 e 219 del c.p.m. di pace, ferme restando le sanzioni pecuniarie delle
leggi speciali.
La cognizione dei suddetti reati appartiene ai
Tribunali militari".
216.
Malversazione a danno di militari.
Il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, che si
appropria, o comunque distrae a profitto proprio o di un terzo, denaro o
altra cosa mobile, appartenente ad altro militare e di cui egli ha il
possesso per ragione del suo ufficio o servizio, è punito con la reclusione
da due a otto anni [219; 315 c.p.].
217.
Peculato e malversazione del portalettere.
Il militare incaricato del servizio di portalettere, che commette l'appropriazione o la distrazione preveduta dai due articoli precedenti, o
che, comunque, si appropria, o distrae a profitto proprio o di altri, con
danno dell'amministrazione militare o di militari, valori o cose di cui ha
il possesso per ragione del suo servizio, è punito con le pene in detti
articoli stabilite, diminuite da un terzo alla metà [219].
218.
Peculato militare mediante profitto dell'errore altrui.
Il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, che, nell'esercizio di esse, giovandosi
dell'errore altrui, riceve o ritiene
indebitamente, per sé o per un terzo, denaro o altra cosa mobile,
appartenente ad altro militare o all'amministrazione militare, è punito
con la reclusione militare da due mesi a tre anni [28, 29, 219; 316 c.p.].
219.
Pena accessoria. La
condanna per alcuno dei reati indicati negli articoli precedenti, quando non
ne derivi la degradazione [28], importa la rimozione [29].
Reati
di falso.
220.
Falso in fogli di licenza, di via e simili.
Il militare, che forma, in tutto o in parte, un falso foglio di licenza o
di via o un permesso o una autorizzazione di libera uscita o d'ingresso o
di libera circolazione in uno stabilimento militare, o un documento di
entrata in un luogo di cura militare o di uscita da questo, ovvero altera
alcuno di detti fogli, autorizzazioni o documenti veri, è punito con la
reclusione militare fino a un anno.
La stessa pena si applica al militare, che fa uso di
alcuno dei fogli, autorizzazioni o documenti indicati nel comma precedente,
da altri falsificato o alterato, ovvero regolarmente rilasciato ad altro
militare e non alterato [476 c.p.].
221.
Usurpazione di decorazioni o distintivi militari.
Il militare, che porta abusivamente in pubblico decorazioni militari, o
segni distintivi di grado, cariche, specialità, brevetti militari, è
punito con la reclusione militare fino a sei mesi [260; 164 c.p.m.g.; 498
c.p.].
[La stessa disposizione si applica al militare in
congedo, che commette il fatto suindicato, quando indossa, ancorché
indebitamente, l'uniforme militare] (1).
______________________________
(1) Comma abrogato dall'art. 5, l. 23 marzo 1956, n.
167.
Reati
contro la persona.
222.
Percosse. Il militare,
che percuote altro militare, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo
o nella mente, è punito con la reclusione militare fino a sei mesi (1).
Tale disposizione non si applica, quando la legge
considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza
aggravante di un altro reato [133, 134, 142-145, 186, 195, 209, 238-241 e
260; 581 c.p.] (2).
__________________________________________________________________
(1) La Corte Costituzionale con ordinanza 3 luglio
1997, n. 224, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell'art. 222 del codice penale militare di
pace in relazione all'art. 260, secondo comma, dello stesso codice,
sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, primo comma, e 52, ultimo
comma, della Costituzione.
(2) La Corte Costituzionale con ordinanza 12 settembre
1995, n. 431, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 37, comma 1,
del codice penale militare di pace, unitamente agli artt. 223 e 224, nonché
all'art. 222 dello stesso codice, in relazione agli artt. 3 e 103 della
Costituzione.
223.
Lesione personale. Il
militare, che cagiona ad altro militare una lesione personale, dalla quale
deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, se il fatto non
costituisce un più grave reato, con la reclusione militare da due mesi a
due anni.
Se la malattia ha una durata non superiore ai dieci
giorni, e non ricorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dagli
articoli 583 e 585 del codice penale, si applica la reclusione militare fino
a sei mesi [225, 260; 582 c.p.] (1).
______________________________
(1) La Corte Costituzionale, con ordinanza 25 febbraio
1988, n. 229, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale degli artt. 91 l. 24 novembre 1981, n. 689, 223
e 260 c.p.m.p. in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost..
La Corte Costituzionale, con ordinanza 14 aprile 1988,
n. 467, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 91 l. 24 novembre 1981, n. 689, 223 e 260
c.p.m.p., in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost., in quanto ripropone
senza ulteriori motivazioni identica questione già dichiarata
manifestamente infondata.
La Corte Costituzionale con ordinanza 12 settembre
1995, n. 431, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 37, comma 1,
del codice penale militare di pace, unitamente agli artt. 223 e 224, nonché
all'art. 222 dello stesso codice, in relazione agli artt. 3 e 103 della
Costituzione.
224.
Lesione personale grave o gravissima.
Se la lesione personale, commessa dal militare a danno di altro militare,
è grave, si applica la reclusione da due a sette anni. Se la lesione
personale è gravissima, si applica la reclusione da cinque a dodici anni
[583 c.p.].
______________________________
(1) La Corte Costituzionale con ordinanza 12 settembre
1995, n. 431, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 37, comma 1,
del codice penale militare di pace, unitamente agli artt. 223 e 224, nonché
all'art. 222 dello stesso codice, in relazione agli artt. 3 e 103 della
Costituzione.
225.
Circostanza aggravante e circostanza attenuante.
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, la pena è aumentata da
un terzo alla metà, se ricorre alcuna delle circostanze aggravanti indicate
nell'articolo 576 del codice penale; ed è aumentata fino a un terzo, se
ricorre alcuna delle circostanze aggravanti indicate nell'articolo 577 di
detto codice, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze
corrosive.
Se alcuno dei fatti preveduti dai tre articoli
precedenti è commesso a causa d'onore, nelle circostanze indicate nell'articolo 587 del codice penale, si applicano le disposizioni di detto
codice, sostituita la pena della reclusione militare alla pena della
reclusione.
226.
Ingiuria. Il militare,
che offende l'onore o il decoro di altro militare presente, è punito, se
il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare
fino a quattro mesi.
Alla stessa pena soggiace il militare, che commette il
fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o
disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è della reclusione militare fino a sei mesi,
se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato [141, 189,
196, 228, 260; 594 c.p.].
227.
Diffamazione. Il
militare, che, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente,
comunicando con più persone, offende la reputazione di altro militare, è
punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione
militare fino a sei mesi.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto
determinato, o è recata per mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo
di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione
militare da sei mesi a tre anni.
Se l'offesa è recata a un corpo militare, ovvero a
un ente amministrativo o giudiziario militare, le pene sono aumentate [191,
228, 260; 595 c.p.].
228.
Ritorsione. Provocazione.
Nei casi preveduti dall'articolo 226, se le offese sono reciproche, il
giudice può dichiarare non punibili uno o entrambi gli offensori.
Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti
preveduti dagli articoli 226 e 227 nello stato d'ira determinato da un
fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso [599 c.p.] (1).
______________________________
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 31 maggio
1990, n. 278, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 228, comma 2 e 198, codice penale militare di
pace, sollevata con riferimento agli artt. 2, 3, 52, comma ultimo e 27,
comma 1, della Costituzione.
229.
Minaccia. Il militare,
che minaccia ad altro militare un ingiusto danno, è punito, se il fatto non
costituisce un più grave reato, con la reclusione militare fino a due mesi.
Se la minaccia è grave, si applica la reclusione
militare fino a sei mesi.
Se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339 del codice penale, la pena è della reclusione militare
fino a un anno [141, 146, 189, 196, 260; 612 c.p.].
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