Dei
reati contro la disciplina militare
Della
disobbedienza.
173.
Nozione del reato e circostanza aggravante.
Il militare, che rifiuta, omette o ritarda di obbedire a un ordine attinente
al servizio o alla disciplina, intimatogli da un superiore, è punito con la
reclusione militare fino a un anno.
Se il fatto è commesso in servizio, ovvero a bordo di
una nave o di un aeromobile, la reclusione militare è da sei mesi a un
anno; e può estendersi fino a cinque anni, se il fatto è commesso in
occasione d'incendio o epidemia o in altra circostanza di grave pericolo
[40, 174, 175; 328, 329 c.p.] (1).
______________________________
(1) V. art. 4, l. 11 luglio 1978, n. 382.
Della
rivolta, dell'ammutinamento e della sedizione militare.
174.
Rivolta. Sono puniti con
la reclusione militare da tre a quindici anni i militari, che, riuniti in
numero di quattro o più:
1° mentre sono in servizio armato, rifiutano,
omettono o ritardano di obbedire a un ordine di un loro superiore;
2° prendono arbitrariamente le armi e rifiutano,
omettono o ritardano di obbedire all'ordine di deporle, intimato da un loro
superiore;
3° abbandonandosi a eccessi o ad atti violenti,
rifiutano, omettono o ritardano di obbedire alla intimazione di disperdersi
o di rientrare nell'ordine, fatta da un loro superiore (1).
La pena per chi ha promosso, organizzato o diretto la
rivolta è della reclusione militare non inferiore a quindici anni [138,
175-178].
La condanna importa la rimozione [29].
______________________________
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 27 gennaio
1995, n. 31, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 174, comma 1, n. 3, c.p.m.p. sollevata in
riferimento agli artt. 3 e 25, comma 2, della Costituzione.
175.
Ammutinamento. Fuori dei
casi indicati nell'articolo precedente, sono puniti con la reclusione
militare da sei mesi a tre anni i militari, che, riuniti in numero di
quattro o più:
1° rifiutano, omettono o ritardano di obbedire a un
ordine di un loro superiore;
2° persistono nel presentare, a voce o per iscritto,
una domanda, un esposto o un reclamo (1).
La pena per chi ha promosso, organizzato o diretto l'ammutinamento è della reclusione militare da uno a cinque anni.
Se il fatto ha carattere di particolare gravità per
il numero dei colpevoli o per i motivi che lo hanno determinato, ovvero se
è commesso in circostanze di pericolo a bordo di una nave o di un
aeromobile, le pene suddette sono aumentate dalla metà a due terzi [138,
176-178, 260].
La condanna importa la rimozione [29].
Se il colpevole cede alla prima intimazione, si
applica la reclusione militare fino a sei mesi; tranne che abbia promosso,
organizzato o diretto l'ammutinamento, nel qual caso la pena è della
reclusione militare fino a un anno.
______________________________
(1) Con sentenza n. 126/1985 (vedila sub art.
180) la Corte Costituzionale ha ritenuto che non formava oggetto di
sindacato, sia pure conseguenziale, la fattispecie legale di cui all'art.
175, comma 1, n. 2, che prevede Ö "una condotta diversa per il solo
fatto di essere reiterativa tanto da quella prevista dall'art. 180,
comma 1 Ö, tanto da quella prevista dall'art. 180, comma 2, che non forma
oggetto di sindacato".
176.
Provocazione del superiore.
Quando alcuno dei reati preveduti dai due articoli precedenti è commesso
nello stato d'ira determinato dal fatto ingiusto del superiore, consistente
in una violenza [43] o altra grave offesa verso l'inferiore, e subito dopo
di essa, le pene ivi stabilite sono diminuite da un terzo alla metà.
177.
Omesso rapporto. Il
militare, che, sebbene non presente ad alcuno dei fatti enunciati negli
articoli 174 e 175, omette di farne rapporto ai superiori appena ne abbia
avuto notizia, è punito con la reclusione militare fino a un anno.
Se il colpevole è un ufficiale, la reclusione
militare è da uno a due anni [138].
178.
Accordo a fine di commettere rivolta o ammutinamento.
Quando quattro o più militari si accordano a fine di commettere alcuno
dei reati di rivolta o ammutinamento preveduti dagli articoli precedenti,
coloro che partecipano all'accordo sono puniti, se il reato non è
commesso, con la pena stabilita per il reato stesso, diminuita da un terzo
alla metà [181].
179.
Cospirazione per compromettere la sicurezza del posto o l'autorità del
comandante. Quando più
militari si accordano per commettere un reato a fine di compromettere la
sicurezza della nave o dell'aeromobile, del forte o del posto, o di
impedire l'esercizio dei poteri del comandante, ciascuno di essi, per ciò
solo, è punito con la reclusione militare non inferiore a due anni [181].
180.
Domanda, esposto o reclamo collettivo, previo accordo.
[Quando dieci o più militari, collettivamente o separatamente, ma previo
accordo, presentano una stessa domanda o uno stesso esposto o reclamo,
ciascuno di essi è punito con la reclusione militare fino a un anno] (1).
Se la domanda, l'esposto o il reclamo è presentato
da quattro o più militari mediante pubblica manifestazione, la pena è
della reclusione militare da sei mesi a tre anni [175, 181] (2).
______________________________
(1) Con sentenza 2 maggio 1985, n. 126, la Corte
Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.
180, comma 1, per contrasto con gli artt. 2, 3, 21 e 52 Cost..
La Corte Costituzionale con la stessa sentenza ha
escluso che il giudice a quo "abbia sollevato analoga questione
di legittimità relativamente all'art. 180, secondo comma, che prevede come
distinto reato, e punisce con pena più severa, la presentazione collettiva
ad opera di almeno quattro persone di un'istanza, esposto o reclamo
mediante manifestazione pubblica".
(2) La Corte Costituzionale con ordinanza 22 maggio
1987, n. 186, ha dichiarato manifestamente inammissibile, la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 180, comma 2, sollevata in
riferimento agli artt. 2, 3, 21 e 52 della Costituzione.
V. artt. 7 e 8, l. 11 luglio 1978, n. 382.
181.
Casi di non punibilità. Nei
casi indicati nei tre articoli precedenti, non sono punibili:
1° coloro che recedono dall'accordo prima che sia
commesso il reato per cui l'accordo è intervenuto, e anteriormente all'arresto ovvero al procedimento;
2° coloro che impediscono comunque che sia compiuta l'esecuzione del reato per cui
l'accordo è intervenuto.
182.
Attività sediziosa. Il
militare [14], che svolge un'attività diretta a suscitare in altri
militari il malcontento per la prestazione del servizio alle armi o per l'adempimento di servizi speciali, è punito con la reclusione militare
fino a due anni [265 c.p.] (1) (2).
______________________________
(1) V. nota sub art. 14.
(2) Con sentenza 11 febbraio 1982, n. 31, la Corte
Costituzionale ha ritenuto "non fondata la questione di legittimità
costituzionale Ö dell'art. 182, in riferimento all'art. 21, comma 1, Cost..
183.
Manifestazioni e grida sediziose.
Il militare, che pubblicamente [266 c.p.] compie manifestazioni sediziose
o emette grida sediziose, è punito, se il fatto non costituisce un più
grave reato, con la reclusione militare fino a un anno [654 c.p.] (1).
______________________________
(1) Con ordinanza 7 marzo 1984, n. 57, la Corte
Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 183, in relazione agli artt. 3 e 25,
comma 2, Cost..
184.
Raccolta di sottoscrizioni per rimostranza o protesta. Adunanza di militari.
Il militare [14], che raccoglie sottoscrizioni per una collettiva
rimostranza o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla
disciplina, o che la sottoscrive, è punito con la reclusione militare fino
a sei mesi.
La stessa pena si applica al militare, che, per
trattare di cose attinenti al servizio militare o alla disciplina,
arbitrariamente promuove un'adunanza di militari, o vi partecipa [260] (1).
______________________________
(1) Con sentenza 11 febbraio 1982, n. 31, la Corte
Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 184, comma 2, ultima parte, in riferimento agli
artt. 17 e 21 Cost..
La Corte Costituzionale con sentenza 24 gennaio 1989,
n. 24 ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 184, comma 2, c.p.m.p.
sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 17, 21 e 52, ult. comma, Cost.
185.
Rilascio arbitrario di attestazioni o dichiarazioni.
Se più militari rilasciano arbitrariamente attestazioni o dichiarazioni
concernenti cose o persone militari, ciascuno di essi è punito con la
reclusione militare fino a sei mesi [260] (1).
______________________________
(1) V. art. 9, l. 11 luglio 1978, n. 382.
Della
insubordinazione.
186.
Insubordinazione con violenza. Il militare che usa violenza contro
un superiore è punito con la reclusione militare da uno a tre anni [336 c.p.].
Se la violenza consiste nell'omicidio volontario,
consumato o tentato, nell'omicidio preterintenzionale ovvero in una lesione
personale grave o gravissima, si applicano le corrispondenti pene stabilite
dal codice penale. La pena detentiva temporanea può essere aumentata [575,
56, 584, 582 e 583 c.p.] (1).
______________________________
(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, l. 26
novembre 1985, n. 689. Il testo originario era il seguente:
"Il militare, che usa violenza contro un
superiore, è punito con la morte con degradazione, se la violenza consiste
nell'omicidio, ancorché tentato o preterintenzionale.
Se la violenza contro il superiore consiste in una
lesione personale gravissima o grave, si applica la pena di morte con
degradazione, se il superiore è un ufficiale, e la reclusione da sette a
quindici anni, se il superiore non è un ufficiale.
Fuori dei casi preveduti dai commi precedenti, il
militare, che usa violenza contro un superiore, è punito con la reclusione
militare non inferiore a cinque anni, se il superiore è un ufficiale, e con
la stessa pena da tre a dodici anni, se il superiore non è un
ufficiale".
Dell'ultimo comma di questa precedente disposizione,
con sentenza 27 maggio 1982, n. 103, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale, per contrasto con l'art. 3 Cost., limitatamente alle parole
"con la reclusione militare non inferiore a cinque anni se il superiore
è un ufficiale e con la stessa pena da tre a dodici anni se il superiore
non è un ufficiale". Ha, inoltre, dichiarato in applicazione dell'art. 27 l. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale
del comma 2, limitatamente alle parole "e la reclusione da sette
a quindici anni se il superiore non è un ufficiale" e quindi
"una volta sostituita relativamente ad una delle varie ipotesi di
insubordinazione la pena originariamente prevista dal codice penale militare
di pace con quelle stabilite dal codice penale comune, non sussiste altra
alternativa, onde ripristinare la ragionevolezza e la coerenza della
disciplina, se non quella di eliminare, mediante la pronuncia di
incostituzionalità, le pene estremamente più severe previste dal c.p.m.p.
divenute logicamente incompatibili con quelle applicabili, secondo il codice
penale comune" per effetto della sentenza 25 maggio 1979, n. 26.
La
Corte Costituzionale, con ordinanza 10 luglio 1991, n. 327, ha dichiarato la
manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 186, comma 2, c.p.m.p., in riferimento all'art. 3 Cost.
187.
Circostanze aggravanti.
Nella ipotesi di cui all'articolo precedente la pena può essere aumentata
se il superiore offeso è il comandante del reparto o il militare preposto
al servizio o il capo di posto (1).
______________________________
(1) Articolo così sostituito dall'art. 2, l. 26
novembre 1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Per i reati preveduti dall'articolo precedente:
1° se ricorre alcuna delle circostanze indicate negli
articoli 576 e 577 del codice penale, le pene detentive sono aumentate,
sostituita la reclusione alla reclusione militare;
2° se il superiore offeso è il comandante del
reparto o il militare preposto al servizio o il capo di posto, la pena può
essere aumentata".
188.
Circostanza attenuante: cause estranee al servizio e alla disciplina
militare. (Abrogato) (1).
______________________________
(1) Articolo abrogato dall'art. 7, l. 26 novembre
1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Quando alcuno dei fatti enunciati nell'articolo
186 è commesso per cause estranee al servizio e alla disciplina militare,
fuori della presenza di militari riuniti per servizio e da militare che non
si trovi in servizio o a bordo di una nave militare o di un aeromobile
militare, alla pena di morte con degradazione è sostituita la reclusione da
ventiquattro a trenta anni; e le altre pene sono diminuite da un terzo alla
metà.
Le disposizioni del comma precedente non si applicano
nel caso di omicidio, che, a norma del codice penale, sia punibile con la
morte".
189.
Insubordinazione con minaccia o ingiuria.
Il militare, che minaccia un ingiusto danno ad un superiore in sua
presenza, è punito con la reclusione militare da sei mesi a tre anni [336
c.p.].
Il militare, che offende il prestigio, l'onore o la
dignità di un superiore in sua presenza, è punito con la reclusione
militare fino a due anni [341 c.p.].
Le stesse pene si applicano al militare, che commette
i fatti indicati nei commi precedenti mediante comunicazione telegrafica,
telefonica, radiofonica o televisiva, o con scritti o disegni o con
qualsivoglia altro mezzo di comunicazione, diretti al superiore (1).
______________________________
(1) Articolo così sostituito dall'art. 3, l. 26
novembre 1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Il militare,
che minaccia un superiore, in sua presenza, ovvero offende l'onore, il
prestigio o la reputazione di un superiore, in sua presenza, è punito con
la reclusione militare da tre a sette anni, se il superiore è un ufficiale,
e da uno a cinque anni, se il superiore non è un ufficiale.
Le stesse pene si applicano al militare, che commette
il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o
disegni, diretti al superiore".
Del primo comma di questa precedente disposizione, la
Corte Costituzionale, con sentenza 27 maggio 1982, n. 103, aveva dichiarato
l'illegittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 3 Cost.,
limitatamente alle parole "con la reclusione militare da tre a sette
anni, se il superiore è un ufficiale e da uno a cinque anni, se il
superiore, non è un ufficiale". La Corte Costituzionale con sentenza
31 maggio 1990, n. 278, ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale degli artt. 228, comma 2 e 198, codice penale
militare di pace, con riferimento agli artt. 2, 3, 52, ultimo comma e 27,
comma 1, della Costituzione.
190.
Circostanze aggravanti.
Le pene stabilite dall'articolo precedente sono aumentate [50]:
1) se la minaccia è usata per costringere il
superiore a compiere un atto contrario ai propri doveri, ovvero a compiere o
ad omettere un atto del proprio ufficio o servizio, ovvero per influire
comunque sul superiore;
2) se il superiore offeso è il comandante del reparto
o il militare preposto al servizio o il capo di posto;
3) se la minaccia è grave o ricorre alcuna delle
circostanze indicate nel primo comma dell'articolo 339 del codice penale.
Se ricorre alcuna delle circostanze indicate nel
secondo comma dello stesso articolo 339, si applica la reclusione militare
da tre anni a quindici anni (1).
______________________________
(1) Articolo così sostituito dall'art. 4, l. 26
novembre 1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Le pene stabilite dall'articolo precedente sono
aumentate:
1° se la minaccia è usata per costringere il
superiore a fare un atto contrario ai propri doveri, ovvero a compiere o ad
omettere un atto del proprio ufficio o servizio, ovvero per influire
comunque sul superiore;
2° se il superiore offeso è il comandante del
reparto o il militare preposto al servizio o il capo di posto;
3° se ricorre alcuna delle circostanze indicate nel
primo comma dell'articolo 339 del codice penale.
Se ricorre alcuna delle circostanze indicate nel
secondo comma dello stesso articolo 339, si applica la reclusione militare
da cinque a venti anni, se il superiore offeso è un ufficiale, e da tre a
quindici anni, se il superiore non è un ufficiale".
191.
Minaccia o ingiuria in assenza del superiore. (Abrogato)
(1).
______________________________
(1) Articolo abrogato dall'art. 7, l. 26 novembre
1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Nei casi preveduti dai due articoli precedenti,
se il fatto è commesso in assenza del superiore offeso, ma alla presenza di
più militari, il colpevole è punito con la reclusione militare da sei mesi
a tre anni, se il superiore è un ufficiale, e con la stessa pena fino a sei
mesi, se il superiore non è un ufficiale".
192.
Circostanza attenuante: cause estranee al servizio e alla disciplina
militare. (Abrogato)
(1).
(1)
Articolo abrogato dall'art. 7, l. 26 novembre 1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Nei casi preveduti dai tre articoli precedenti,
se il fatto è commesso per cause estranee al servizio e alla disciplina
militare, fuori della presenza di militari riuniti per servizio e da
militare che non si trovi in servizio o a bordo di una nave militare o di un
aeromobile militare, la pena è diminuita".
193.
Funzioni esercitate dal superiore.
(Abrogato) (1).
(1) Articolo
abrogato dall'art. 7, l. 26 novembre 1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Le disposizioni degli articoli precedenti si
applicano, qualunque sia la condizione militare del superiore offeso, e
anche quando il fatto sia commesso a causa di funzioni politiche,
amministrative o giudiziarie esercitate dal superiore".
194. Provocazione
del superiore. (Abrogato)
(1).
______________________________
(1) Articolo abrogato dall'art. 7, l. 26 novembre
1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Se alcuno dei reati preveduti dagli articoli
precedenti è commesso nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto
del superiore, e subito dopo di esso, o subito dopo che l'inferiore ne ha
avuto notizia, alla pena di morte con degradazione è sostituita la
reclusione non inferiore a venti anni, e le altre pene sono diminuite da un
terzo alla metà".
Dell'abuso
di autorità.
195.
Violenza contro un inferiore.
Il militare, che usa violenza contro un inferiore, è punito con la
reclusione militare da uno a tre anni.
Se la violenza consiste nell'omicidio volontario,
consumato o tentato [575, 56, 584 c.p.], nell'omicidio preterintenzionale,
ovvero in una lesione personale grave o gravissima [582 e 583 c.p.], si
applicano le corrispondenti pene stabilite dal codice penale. La pena
detentiva temporanea può essere aumentata [50, 198, 209, 238-241] (1).
______________________________
(1) Articolo così sostituito dall'art. 5, l. 26
novembre 1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Il militare, che usa violenza contro un
inferiore, è punito con la reclusione militare da sei mesi a cinque anni.
Se la violenza consiste nell'omicidio, ancorché
tentato o preterintenzionale, o in una lesione personale gravissima o grave
[583 c.p.], si applicano le corrispondenti pene stabilite dal codice penale.
Tuttavia, la pena detentiva temporanea è aumentata".
Con sentenza 20 giugno 1984, n. 173, la Corte
Costituzionale aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale, per
contrasto con l'art. 3 Cost. del comma 1, limitatamente alle parole
"con la reclusione militare da sei mesi a cinque anni", poiché, a
seguito della sentenza n. 103 del 1982 della stessa Corte, "l'inferiore
che usi insubordinazione con violenza contro il superiore è sottoposto a
ben più lievi conseguenze sanzionatorie, in quanto a lui si applicano anche
in tali casi le pene previste nel codice penale comune Ö". Si è
venuta così a determinare un'irrazionale ed ingiustificata disparità di
trattamento, rispetto ad una stessa illecita condotta, a seconda che essa
sia compiuta dall'inferiore oppure dal superiore, sicché la precedente
disciplina, prima sbilanciata a danno dell'inferiore, risulta ora
addirittura capovolta a danno del superiore.
La Corte Costituzionale con sentenza 13 maggio 1991,
n. 203, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 195, comma 2 ultima
parte c.p.m.p., in riferimento agli artt. 24, comma 2, 25, comma 2, 27,
comma 1, Cost.
196.
Minaccia o ingiuria a un inferiore.
Il militare, che minaccia un ingiusto danno ad un inferiore in sua
presenza, è punito con la reclusione militare da sei mesi a tre anni [336
c.p.].
Il militare, che offende il prestigio, l'onore o la
dignità di un inferiore in sua presenza, è punito con la reclusione
militare fino a due anni [341 c.p.].
Le stesse pene si applicano al militare che commette i
fatti indicati nei commi precedenti mediante comunicazione telegrafica,
telefonica, radiofonica o televisiva, o con scritti o disegni o con
qualsivoglia altro mezzo di comunicazione, diretti all'inferiore [3412].
La pena è aumentata se la minaccia è grave o se
ricorre alcuna delle circostanze indicate nel primo comma dell'articolo 339
del codice penale.
Se ricorre alcuna delle circostanze indicate nel
secondo comma dello stesso articolo 339, si applica la reclusione militare
da tre a quindici anni [198, 199, 238-241] (1).
______________________________
(1) Articolo così sostituito dall'art. 6, l. 26
novembre 1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Il militare, che minaccia un inferiore, in sua
presenza, ovvero offende l'onore o il decoro di un inferiore, in sua
presenza, è punito con la reclusione militare fino a sei mesi.
La stessa pena si applica al militare, che commette il
fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o
disegni, diretti all'inferiore.
Si applica la reclusione militare fino a tre anni, se
la minaccia è grave, o se è commessa in uno dei modi indicati nell'articolo 339 del codice penale".
La Corte Costituzionale con sentenza 4 aprile 1985, n.
102, ne aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale per contrasto con l'art. 3 Cost. limitatamente alle parole "la reclusione militare fino
a tre anni", poiché a seguito della sentenza n. 103/1982 (vedila sub
art. 189), la minaccia ad un inferiore veniva ad essere punita più
severamente rispetto a quella contro il superiore, nonostante l'intrinseca
maggiore gravità.
197.
Circostanza attenuante: cause estranee al servizio e alla disciplina
militare. (Abrogato)
(1).
______________________________
(1) Articolo abrogato dall'art. 7, l. 26 novembre
1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Nei casi indicati nel primo comma dell'articolo
195 e nell'articolo 196, se la violenza, la minaccia o l'ingiuria è
commessa per cause estranee al servizio e alla disciplina militare, la pena
detentiva temporanea è diminuita da un terzo alla metà".
198.
Provocazione. Se alcuno
dei reati preveduti dai capi terzo e quarto è commesso nello stato d'ira
determinato da un fatto ingiusto del superiore o dell'inferiore, e subito
dopo di esso o subito dopo che il colpevole ne ha avuto notizia, alla pena
dell'ergastolo è sostituita la reclusione non inferiore a quindici anni e
le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà (1).
______________________________
(1) Articolo così sostituito dall'art. 8, l. 26
novembre 1985, n. 689.
Il testo originario era il seguente:
"Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli
precedenti è commesso nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto
dell'inferiore, e subito dopo di esso, o subito dopo che il superiore ne ha
avuto notizia, alla pena di morte è sostituita la reclusione non inferiore
a venti anni; all'ergastolo è sostituita la reclusione non inferiore a
quindici anni, e le altre pene sono diminuite dalla metà a due terzi".
La Corte Costituzionale con sentenza 31 maggio 1990,
n. 278, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 228, comma 2 e 198 codice penale militare,
sollevata, con riferimento agli artt. 2, 3 e 52, ultimo comma della
Costituzione, in quanto non comportano una scriminante anche per il reato di
cui all'art. 189, comma 2, c.p.m.p.
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