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CODICE MILITARE

Home - Canale Codici - Codice Militare - 25-46

LIBRO PRIMO

Delle pene militari principali, in particolare.

25. Pena di morte. (1) La pena di morte è eseguita mediante fucilazione nel petto, in un luogo militare.
La pena di morte è eseguita mediante fucilazione nella schiena, quando la condanna importa la degradazione.
Le norme per l'esecuzione della pena di morte sono stabilite dai regolamenti militari approvati con decreto del Presidente della Repubblica.
Nei casi in cui la legge penale militare, per reati commessi da persone estranee alle forze armate dello Stato, stabilisce espressamente la pena della morte mediante fucilazione nella schiena, questa s'intende equiparata, a ogni effetto, alla pena di morte con degradazione.
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(1) Art. 27, ultimo comma, Cost.
Art. 1, d.lgs.lgt. 10 agosto 1944, n. 224:
"Per i delitti preveduti nel codice penale è soppressa la pena di morte. Quando nelle disposizioni del detto codice è comminata la pena di morte, in luogo di questa si applica la pena dell'ergastolo".
Art. 1, comma 1, d.lgs. 22 gennaio 1948, n. 21:
"Le disposizioni dei commi primo e secondo dell'art. 1 del d.lgs.lgt. 10 agosto 1944, n. 224, sono estese ai delitti previsti dalle leggi speciali, diverse da quelle militari di guerra".

 

26. Reclusione militare. La pena della reclusione militare si estende da un mese (1) a ventiquattro anni, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l'obbligo del lavoro, secondo le norme stabilite dalla legge o dai regolamenti militari approvati con decreto del Presidente della Repubblica. Se la durata della reclusione militare non supera sei mesi, essa può essere scontata in una sezione speciale del carcere giudiziario militare. Gli ufficiali, che per effetto della condanna non hanno perduto il grado, scontano la pena della reclusione militare in uno stabilimento diverso da quello destinato agli altri militari.
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(1) La Corte Costituzionale con ordinanza 8 giugno 1987, n. 220, ha dichiarato manifestamente non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 1, nella parte in cui stabilisce in un mese il limite minimo della pena della reclusione militare, con riferimento all'art. 3 Cost.

 

27. Sostituzione della reclusione militare alla reclusione. Alla pena della reclusione, inflitta o da infliggersi ai militari per reati militari, è sostituita la pena della reclusione militare per eguale durata (1), quando la condanna non importa la degradazione [407].
Nel caso preveduto dal comma precedente, per la determinazione delle pene accessorie e degli altri effetti penali della condanna, si ha riguardo alla pena della reclusione militare.
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(1) La Corte Costituzionale con sentenza 18 luglio 1989, n. 409, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 27 c.p.m.p., sollevata in riferimento all'art. 3 Cost..
La Corte Costituzionale con sentenza 30 luglio 1993, n. 358, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 27 c.p.m.p. nella parte in cui consente che la conversione della pena della reclusione comune in quella della reclusione militare possa avvenire in relazione alla sanzione penale comminata per il reato previsto nell'art. 8, comma 2, l. 15 dicembre 1972, n. 772.

 

Delle pene militari accessorie, in particolare.

 

28. Degradazione. La degradazione [34 e 411] si applica a tutti i militari, è perpetua e priva il condannato:
1° della qualità di militare e, salvo che la legge disponga altrimenti, della capacità di prestare qualunque servizio, incarico od opera per le forze armate dello Stato;
2° delle decorazioni, [delle pensioni e del diritto alle medesime per il servizio anteriormente prestato] (1).
La legge determina i casi, nei quali la condanna alla pena di morte importa la degradazione.
La condanna all'ergastolo, la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni e la dichiarazione di abitualità o di professionalità nel delitto, ovvero di tendenza a delinquere, pronunciate contro militari in servizio alle armi o in congedo, per reati militari, importano la degradazione.
Nel caso di condanna alla pena di morte con degradazione e in quelli indicati nel comma precedente, restano fermi le pene accessorie e gli altri effetti penali derivanti dalla condanna a norma della legge penale comune.
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(1) Il periodo tra parentesi è costituzionalmente illegittimo, limitatamente alla parte in cui i diritti ai trattamenti economici dei quali prevedono la perdita traggono titolo da un rapporto di lavoro, in riferimento all'art. 36 Cost., limitatamente alla parte in base alla quale la degradazione priva il condannato delle pensioni e del diritto alle medesime per il servizio anteriormente prestato (Corte Cost., sent. 3 luglio 1967, n. 78).

 

29. Rimozione. La rimozione [34 e 411] si applica a tutti i militari rivestiti di un grado o appartenenti a una classe superiore all'ultima; è perpetua, priva il militare condannato del grado e lo fa discendere alla condizione di semplice soldato o di militare di ultima classe.
La condanna alla reclusione militare, salvo che la legge disponga altrimenti, importa la rimozione:
1) per gli ufficiali e sottufficiali, quando è inflitta per durata superiore a tre anni;
2) per gli altri militari, [quando è inflitta per durata superiore a un anno] (1)(2).
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(1) La Corte Costituzionale con sentenza 2 febbraio 1990, n. 60, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 166 c.p., con riferimento agli artt. 3 e 27, commi 1 e 3, Cost..
La Corte Costituzionale, con sentenza 1° giugno 1993, n. 258, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 29 c.p.m.p., nella parte in cui prevede che "per gli altri militari" la rimozione consegue alla condanna alla reclusione militare per una durata diversa da quella stabilita "per gli ufficiali e sottufficiali".
La Corte Costituzionale, con ordinanza del 26 maggio 1994, n. 201, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 29 del codice penale militare di pace, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(2) La Corte Costituzionale con sentenza 11 dicembre 1997, n. 383, ha dichiarato: a) non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 29 e 234, terzo comma, del codice penale militare di pace, nella parte in cui prevedono l'automatica applicazione della pena accessoria della rimozione, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione; b) manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dei citati artt. 29 e 234, terzo comma, nella parte in cui prevedono la rimozione soltanto per i militari che rivestono un grado o appartengono a una classe superiore all'ultima, e degli artt. 30 e 31 del codice penale militare di pace, sollevate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

30. Sospensione dall'impiego. La sospensione dall'impiego si applica agli ufficiali, e consiste nella privazione temporanea dell'impiego.
Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, la condanna alla reclusione militare importa la sospensione dall'impiego durante l'espiazione della pena (1)(2).
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(1) La Corte Costituzionale, con ordinanza del 13 aprile 1994, n. 137, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 30 e 31 c.p.m.p., sollevata in riferimento agli artt. 3 e 52, ultimo comma, della Costituzione.
(2) V. sub art. 29 nota (2), ultimo periodo, lett. (b.

 

31. Sospensione dal grado. La sospensione dal grado si applica ai sottufficiali e ai graduati di truppa, e consiste nella privazione temporanea del grado militare [34 e 411].
Fuori dei casi preveduti dall'articolo 29, la condanna alla reclusione militare importa la sospensione dal grado durante l'espiazione della pena (1)(2).
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(1) V. nota sub art. 30
(2) V. sub art. 29 nota (2), ultimo periodo, lett. (b.

 

32. Pubblicazione della sentenza di condanna. La sentenza di condanna alla pena di morte o alla pena dell'ergastolo è pubblicata per estratto mediante affissione nel comune dove è stata pronunciata, in quello dove il reato fu commesso e in quello dove ha sede il corpo o è ascritta la nave, a cui il condannato apparteneva.
Il giudice, se ricorrono particolari motivi, può disporre altrimenti, o anche che la sentenza non sia pubblicata.

 

33. Pene militari accessorie conseguenti alla condanna per delitti preveduti dalla legge penale comune. La condanna pronunciata contro militari in servizio alle armi o in congedo, per alcuno dei delitti preveduti dalla legge penale comune, oltre le pene accessorie comuni, importa:
1° la degradazione, se trattasi di condanna [alla pena di morte] (1) o alla pena dell'ergastolo, ovvero di condanna alla reclusione che, a norma della legge penale comune, importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici;
2° la rimozione, se, fuori dei casi indicati nel numero 1°, trattasi di delitto non colposo contro la personalità dello Stato, o di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 476 a 493, 530 a 537, 624, 628, 629, 630, 640, 643, 644 e 646 del codice penale, o di bancarotta fraudolenta; ovvero se il condannato, dopo scontata la pena, deve essere sottoposto a una misura di sicurezza detentiva diversa dal ricovero in una casa di cura o di custodia per infermità psichica, o alla libertà vigilata;
3° la rimozione, ovvero la sospensione dall'impiego o dal grado, secondo le norme stabilite, rispettivamente, dagli articoli 29, 30 e 31, in ogni altro caso di condanna alla reclusione, da sostituirsi con la reclusione militare a' termini degli articoli 63 e 64.
La dichiarazione di abitualità o di professionalità nel delitto, ovvero di tendenza a delinquere, pronunciata in qualunque tempo contro militari in servizio alle armi o in congedo, per reati preveduti dalla legge penale comune, importa la degradazione.
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(1) V. nota sub art. 22.
(2) La Corte Costituzionale con sentenza 30 ottobre 1996, n. 363, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 33 del codice penale militare di pace, approvato con R.D. 20 febbraio 1941, n. 303, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.

 

34. Decorrenza delle pene militari accessorie. Le pene della degradazione e della rimozione decorrono, a ogni effetto, dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile [411; 20 c.p.; 648, 650 e 662 c.p.p.].
Le pene della sospensione dall'impiego e della sospensione dal grado decorrono dal momento in cui ha inizio l'esecuzione della pena principale.

 

35. Condizione giuridica del condannato alla pena di morte con degradazione. Il condannato alla pena di morte con degradazione è equiparato al condannato all'ergastolo, per quanto concerne la sua condizione giuridica [29 e 32 c.p.].

 

36. Condanna per reati commessi con abuso di un pubblico ufficio. In caso di condanna per reati militari, non si applica la disposizione dell'articolo 31 del codice penale.

 

Del reato militare 

 

Del reato consumato e tentato.

37. Reato militare. Qualunque violazione della legge penale militare è reato militare [103, ult. comma, Cost.].
È reato esclusivamente militare quello costituito da un fatto che, nei suoi elementi materiali costitutivi, non è, in tutto o in parte, preveduto come reato dalla legge penale comune.
I reati preveduti da questo codice, e quelli per i quali qualsiasi altra legge penale militare commina una delle pene indicate nell'articolo 22, sono delitti [17 e 39 c.p.] (1)(2).
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(1) V. Corte Cost., sent. 11 giugno 1980, n. 81, che ha dichiarato non fondata, con riferimento all'art. 103, ult. comma, Cost., una questione di legittimità degli artt. 37, comma 1, e 264 c.p.m.p.
Con sentenza 23 aprile 1986, n. 113 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 37 e 263 del codice penale militare di pace, sollevate, in riferimento agli artt. 25, comma 1, e 103, comma 3, della Costituzione, per difetto di rilevanza.
La Corte Costituzionale con sentenza 6 luglio 1995, n. 298, ha dichiarato: a) inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 37, comma 1, del codice penale militare di pace, sollevata in relazione agli artt. 3, 25, comma 1, 97, comma 1, e 103, comma 3, della Cost.; b) inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 37, comma 1, del codice penale militare di pace in relazione, disgiuntivamente, agli artt. 226, 223, 229 e 222, dello stesso codice, sollevate le prime tre in relazione agli artt. 3 e 103 della Costituzione, e l'ultima in relazione agli artt. 3 e 25 della Costituzione.
La Corte Costituzionale con ordinanza 12 settembre 1995, n. 431, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 37, comma 1, del codice penale militare di pace, unitamente agli artt. 223 e 224, nonché all'art. 222 dello stesso codice, in relazione agli artt. 3 e 103 della Costituzione.
(2) La Corte Costituzionale con sentenza 4 marzo 1996, n. 67, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 37 del codice penale militare di pace, sollevata, in relazione agli artt. 3 e 97, primo comma, della Costituzione.

 

38. Trasgressione disciplinare. Le violazioni dei doveri del servizio e della disciplina militare, non costituenti reato, sono prevedute dalla legge (1) ovvero dai regolamenti militari (2) approvati con decreto del Presidente della Repubblica, e sono punite con le sanzioni in essi stabilite.
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(1) Legge 11 luglio 1978, n. 382, Norme di principio sulla disciplina militare.
(2) D.P.R. 18 luglio 1986, n. 545, Regolamento di disciplina militare.

 

39. Ignoranza dei doveri militari. Il militare non può invocare a propria scusa l'ignoranza dei doveri inerenti al suo stato militare [5 c.p.] (1).
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(1) La Corte Costituzionale con ordinanza 8 giugno 1987, n. 221, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 con riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, commi 1 e 2 e 52, comma 3, della Costituzione.
La Corte Costituzionale con ordinanza 2 febbraio 1988, n. 151, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p. in riferimento agli artt. 2, 3, 27, commi 1 e 3, 52, comma 3, Cost..
La Corte Costituzionale con ordinanza 7 luglio 1988, n. 787, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p. sollevata con riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, commi 1 e 3 e 52 Cost..
La Corte Costituzionale con sentenza 6 giugno 1989, n. 325, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p. in relazione all'art. 47 c.p. con riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, comma 2, 27 e 52, comma 3, Cost.; ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p. in relazione all'art. 5 c.p., e con riferimento ai detti parametri costituzionali.
La Corte Costituzionale con ordinanza 29 dicembre 1989, n. 590, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p., in relazione all'art. 5 c.p., con riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, comma 2, 27, comma 1 e 52, comma 3, Cost..
La Corte Costituzionale con ordinanza 29 dicembre 1989, n. 591, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p., in relazione all'art. 5 c.p., con riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, comma 2, 27, comma 1 e 52, comma 3, Cost..
La Corte Costituzionale con ordinanza 30 maggio 1991, n. 247, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p., in relazione all'art. 5 c.p., sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, comma 2, 27, comma 1 e 52, comma 3, Cost..
La Corte Costituzionale con ordinanza 22 gennaio 1992, n. 7, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 c.p.m.p., in relazione all'art. 5 c.p., sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, comma 2, 27, comma 1 e 52, comma 3, Cost..
La Corte Costituzionale, con ordinanza del 26 maggio 1994, n. 205, ha dichiarato "la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 del codice penale militare di pace, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione.
La Corte Costituzionale con sentenza 24 febbraio 1995, n. 61, ha dichiarato:
a) l'illegittimità costituzionale dell'art. 39 del codice penale militare di pace, nella parte in cui non esclude dall'inescusabilità dell'ignoranza dei doveri inerenti allo stato militare l'ignoranza inevitabile;
b) inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 del codice penale militare di pace in relazione all'art. 5 del codice penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione.

 

40. Adempimento di un dovere. (Abrogato) (1).
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(1) Articolo abrogato dall'art. 22, l. 11 luglio 1978, n. 382. L'art. 23 della citata legge dispone:
"L'esercizio di un diritto ai sensi della presente legge esclude l'applicabilità di sanzioni disciplinari".

 

41. Uso legittimo delle armi. Non è punibile il militare, che, a fine di adempiere un suo dovere di servizio, fa uso, ovvero ordina di far uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza.
La legge determina gli altri casi, nei quali il militare è autorizzato a usare le armi o altro mezzo di coazione fisica [53 c.p.; 14, 27, 32, l. 22 maggio 1975, n. 152].

 

42. Difesa legittima. Per i reati militari, in luogo dell'articolo 52 del codice penale, si applicano le disposizioni dei commi seguenti (1).
Non è punibile chi ha commesso un fatto costituente reato militare, per esservi stato costretto dalla necessità di respingere da sé o da altri una violenza attuale e ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.
Non è punibile il militare, che ha commesso alcuno dei fatti preveduti dai capi terzo e quarto del titolo terzo, libro secondo, per esservi stato costretto dalla necessità:
1° di difendere i propri beni contro gli autori di rapina, estorsione, o sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione, ovvero dal saccheggio;
2° di respingere gli autori di scalata, rottura o incendio alla casa o ad altro edificio di abitazione o alle loro appartenenze, se ciò avviene di notte; ovvero se la casa o l'edificio di abitazione, o le loro appartenenze, sono in luogo isolato, e vi è fondato timore per la sicurezza personale di chi vi si trovi.
Se il fatto è commesso nell'atto di respingere gli autori di scalata, rottura o incendio alla casa o ad altro edificio di abitazione, o alle loro appartenenze, e non ricorrono le condizioni prevedute dal numero 2° del comma precedente, alla pena di morte con degradazione è sostituita la reclusione non inferiore a dieci anni; alla pena dell'ergastolo è sostituita la reclusione da sei a venti anni; e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà.
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(1) La Corte Costituzionale con sentenza 11 giugno 1987, n. 225, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 42 in riferimento agli artt. 2 e 3 Costituzione.
La Corte Costituzionale con sentenza 31 maggio 1990, n. 278, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 42 del codice penale militare di pace, in relazione all'art. 52 del codice penale, sollevata con riferimento agli artt. 2, 3 e 52, ultimo comma, della Costituzione.

 

43. Nozione della violenza. Agli effetti della legge penale militare, sotto la denominazione di violenza si comprendono l'omicidio, ancorché tentato o preterintenzionale, le lesioni personali, le percosse, i maltrattamenti, e qualsiasi tentativo di offendere con armi.

 

44. Casi particolari di necessità militare. Non è punibile il militare, che ha commesso un fatto costituente reato, per esservi stato costretto dalla necessità di impedire l'ammutinamento, la rivolta, il saccheggio, la devastazione, o comunque fatti tali da compromettere la sicurezza del posto, della nave o dell'aeromobile (1).
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(1) Art. 36, d.P.R. 18 luglio 1986, n. 545.

 

45. Eccesso colposo. Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 40 (1), 41, 42, escluso l'ultimo comma, e 44, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine del superiore o di altra Autorità, ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i reati colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come reato colposo [55 c.p.].
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(1) V. nota sub art. 40.

 

46. Pena per il delitto tentato. Il colpevole di delitto tentato è punito:
1° con la reclusione da ventiquattro a trenta anni, se dalla legge è stabilita per il delitto la pena di morte con degradazione (1);
2° con la reclusione militare non inferiore a quindici anni, se la pena stabilita è la morte mediante fucilazione nel petto (1);
3° con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l'ergastolo;
4° negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi [56 c.p.].
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(1) V. nota sub art. 22.

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