SEZIONE
I
GLI
ISTITUTI DI VITA CONSACRATA
Titolo
I
Norme
comuni a tutti gli istituti di vita consacrata
Can.
573 - § 1. La vita consacrata
mediante la professione dei consigli evangelici è una forma stabile di vita
con la quale i fedeli, seguendo Cristo più da vicino per l'azione dello
Spirito Santo, si danno totalmente a Dio amato sopra ogni cosa. In tal modo,
dedicandosi con nuovo e speciale titolo al suo onore, alla edificazione
della Chiesa e alla salvezza del mondo, sono in grado di tendere alla
perfezione della carità nel servizio del Regno di Dio e, divenuti nella
Chiesa segno luminoso, preannunciano la gloria celeste.
§
2. Negli istituti di vita consacrata, eretti canonicamente dalla competente
autorità della Chiesa, una tale forma di vita viene liberamente assunta dai
fedeli che mediante i voti, o altri vincoli sacri a seconda delle leggi
proprie degli istituti, professano di volere osservare i consigli evangelici
di castità, di povertà e di obbedienza e per mezzo della carità, alla
quale i consigli stessi conducono, si congiungono in modo speciale alla
Chiesa e al suo mistero.
Can.
574 - § 1. Lo stato di coloro che
professano i consigli evangelici in tali istituti appartiene alla vita e
alla santità della Chiesa e deve perciò nella Chiesa essere sostenuto e
promosso da tutti.
§
2. A questo stato alcuni fedeli sono da Dio chiamati con speciale vocazione,
per usufruire di un dono peculiare nella vita della Chiesa e, secondo il
fine e lo spirito del proprio istituto, giovare alla sua missione di
salvezza.
Can.
575 - I consigli evangelici,
fondati sull'insegnamento e sugli esempi di Cristo Maestro, sono un dono
divino che la Chiesa ha ricevuto dal Signore e con la sua grazia sempre
conserva.
Can.
576 - Spetta alla competente
autorità della Chiesa interpretare i consigli evangelici, regolarne la
prassi con leggi, costituirne forme stabili di vita mediante l'approvazione
canonica e parimenti, per quanto le compete, curare che gli istituti
crescano e si sviluppino secondo lo spirito dei fondatori e le sane
tradizioni.
Can.
577 - Nella Chiesa sono moltissimi
gli istituti di vita consacrata, che hanno differenti doni secondo la grazia
che è stata loro concessa: essi infatti seguono più da vicino Cristo che
prega, che annuncia il Regno di Dio, che fa del bene agli uomini o ne
condivide la vita nel mondo, ma sempre compie la volontà del Padre.
Can.
578 - L'intendimento e i progetti
dei fondatori, sanciti dalla competente autorità della Chiesa,
relativamente alla natura, al fine, allo spirito e all'indole dell'istituto,
così come le sane tradizioni, cose che costituiscono il patrimonio
dell'istituto, devono essere da tutti fedelmente custoditi.
Can.
579 - I Vescovi diocesani possono,
ciascuno nel proprio territorio, erigere con formale decreto istituti di
vita consacrata, purché sia stata consultata la Sede Apostolica.
Can.
580 - L'aggregazione di un istituto
di vita consacrata ad un altro è riservata all'autorità competente
dell'istituto aggregante, salva sempre l'autonomia canonica dell'istituto
aggregato.
Can.
581 - Spetta all'autorità
competente dell'istituto a norma delle costituzioni dividere l'istituto
stesso in parti, con qualunque nome designate, erigerne di nuove, fondere
quelle già costituite o circoscriverle in modo diverso.
Can.
582 - Sono riservate unicamente
alla Sede Apostolica le fusioni e le unioni di istituti di vita consacrata,
come anche il costituire confederazioni e federazioni.
Can.
583 - Le modifiche negli istituti
di vita consacrata, che riguardino elementi già approvati dalla Sede
Apostolica, non si possono effettuare senza il suo benestare.
Can.
584 - Sopprimere un istituto spetta
unicamente alla Sede Apostolica, alla quale compete pure disporre dei beni
temporali relativi.
Can.
585 - Spetta invece all'autorità
competente dell'istituto la soppressione di parti dell'Istituto stesso.
Can.
586 - § 1. E' riconosciuta ai
singoli istituti una giusta autonomia di vita, specialmente di governo,
mediante la quale possano valersi nella Chiesa di una propria disciplina e
conservare integro il proprio patrimonio, di cui al can. 578.
§
2. E' compito degli Ordinari dei luoghi conservare e tutelare tale
autonomia.
Can.
587 - § 1. Per custodire più
fedelmente la vocazione e l'identità dei singoli istituti il codice
fondamentale, o costituzioni, di ciascuno deve contenere, oltre a ciò che
è stabilito da osservarsi nel can. 578, le norme fondamentali relative al
governo dell'istituto e alla disciplina dei membri, alla loro incorporazione
e formazione, e anche l'oggetto proprio dei sacri vincoli.
§
2. Tale codice è approvato dalla competente autorità della Chiesa e
soltanto con il suo consenso può essere modificato.
§
3. In tale codice siano adeguatamente armonizzati gli elementi spirituali e
quelli giuridici; tuttavia non si moltiplichino le norme senza necessità.
§
4. Tutte le altre norme, stabilite dall'autorità competente dell'istituto,
siano opportunamente raccolte in altri codici e potranno essere rivedute e
adattate convenientemente secondo le esigenze dei luoghi e dei tempi.
Can.
588 - § 1. Lo stato di vita
consacrata, per natura sua, non è né clericale né laicale.
§
2. Si dice istituto clericale quello che, secondo il progetto inteso dal
fondatore, oppure in forza di una legittima tradizione, è governato da
chierici, assume l'esercizio dell'ordine sacro e come tale viene
riconosciuto dall'autorità della Chiesa.
§
3. Si chiama istituto laicale quello che, riconosciuto come tale dalla
Chiesa stessa, in forza della sua natura, dell'indole e del fine, ha un
compito specifico, determinato dal fondatore o in base ad una legittima
tradizione, che non comporta l'esercizio dell'ordine sacro.
Can.
589 - Un istituto di vita
consacrata si dice di diritto pontificio se è stato eretto oppure approvato
con decreto formale dalla Sede Apostolica; di diritto diocesano invece se,
eretto dal Vescovo diocesano, non ha ottenuto dalla Sede Apostolica il
decreto di approvazione.
Can.
590 - § 1. Gli istituti di vita
consacrata, in quanto dediti in modo speciale al servizio di Dio e di tutta
la Chiesa, sono per un titolo peculiare soggetti alla suprema autorità
della Chiesa stessa.
§
2. I singoli membri sono tenuti ad obbedire al Sommo Pontefice, come loro
supremo Superiore, anche in forza del vincolo sacro di obbedienza.
Can.
591 - Per meglio provvedere al bene
degli istituti e alle necessità dell'apostolato il Sommo Pontefice, in
ragione del suo primato sulla Chiesa universale, può esimere gli istituti
di vita consacrata dal governo degli Ordinari del luogo e sottoporli
soltanto alla propria autorità, o ad altra autorità ecclesiastica, in
vista di un vantaggio comune.
Can.
592 - § 1. Perché sia più
efficacemente favorita la comunione degli istituti con la Sede Apostolica,
ogni Moderatore supremo trasmetta alla medesima, nel modo e nel tempo da
questa fissati, una breve relazione sullo stato e sulla vita del proprio
istituto.
§
2. I Moderatori di ogni istituto provvedano a far conoscere i documenti
della Santa Sede riguardanti i membri loro affidati, e ne curino
l'osservanza.
Can.
593 - Fermo restando il disposto
del can. 586, gli istituti di diritto pontificio sono soggetti in modo
immediato ed esclusivo alla potestà della Sede Apostolica in quanto al
regime interno e alla disciplina.
Can.
594 - L'istituto di diritto
diocesano, fermo restando il can. 586, rimane sotto la speciale cura del
Vescovo diocesano.
Can.
595 - § 1. Spetta al Vescovo della
sede principale approvare le condizioni e confermare le modifiche in esse
legittimamente apportate, salvo ciò su cui fosse intervenuta la Sede
Apostolica; inoltre è di sua competenza trattare gli affari di maggiore
rilievo riguardanti l'intero istituto, quando superano l'ambito di potestà
dell'autorità interna non senza però avere consultato gli altri Vescovi
diocesani, qualora l'istituto fosse esteso in più diocesi.
§
2. Il Vescovo diocesano può concedere dispense dalle costituzioni in casi
particolari.
Can.
596 - § 1. I Superiori e i
capitoli degli istituti hanno sui membri quella potestà che è definita dal
diritto universale e dalle costituzioni.
§
2. Negli istituti clericali di diritto pontificio essi godono inoltre della
potestà ecclesiastica di governo, tanto per il foro esterno quanto per
quello interno.
§
3. Alla potestà di cui al § 1 si applicano le disposizioni dei cann. 131,
133 e 137-144.
Can.
597 - § 1. In un istituto di vita
consacrata può essere ammesso ogni cattolico che abbia retta intenzione,
che possegga le qualità richieste dal diritto universale e da proprio, e
non sia vincolato da impedimento alcuno.
§
2. Nessuno può essere ammesso senza adeguata preparazione.
Can.
598 - § 1. Ogni istituto, attese
l'indole e le finalità proprie, deve stabilire nelle costituzioni il modo
in cui, secondo il suo programma di vita, sono da osservarsi i consigli
evangelici di castità, di povertà e di obbedienza.
§
2. Tutti i membri devono non solo osservare integralmente e con fedeltà i
consigli evangelici, ma anche vivere secondo il diritto proprio
dell'istituto, e in tal modo tendere alla perfezione del proprio stato.
Can.
599 - Il consiglio evangelico di
castità assunto per il Regno dei cieli, che è segno della vita futura e
fonte di una più ricca fecondità nel cuore indiviso, comporta l'obbligo
della perfetta continenza nel celibato.
Can.
600 - Il consiglio evangelico della
povertà, ad imitazione di Cristo che essendo ricco si è fatto povero per
noi, oltre ad una vita povera di fatto e di spirito da condursi in operosa
sobrietà che non indulga alle ricchezze terrene, comporta la limitazione e
la dipendenza nell'usare e nel disporre dei beni, secondo il diritto proprio
dei singoli.
Can.
601 - Il consiglio evangelico
dell'obbedienza, accolto con spirito di fede e di amore per seguire Cristo
obbediente fino alla morte, obbliga a sottomettere la volontà ai Superiori
legittimi, quali rappresentanti di Dio, quando comandano secondo le proprie
costituzioni.
Can.
602 - La vita fraterna propria di
ogni istituto, per la quale tutti i membri sono radunati in Cristo come una
sola peculiare famiglia, sia definita in modo da riuscire per tutti un aiuto
reciproco nel realizzare la vocazione propria di ciascuno. I membri poi, con
la comunione fraterna radicata e fondata nella carità, siano esempio di
riconciliazione universale in Cristo.
Can.
603 - § 1. Oltre agli istituti di
vita consacrata, la Chiesa riconosce la vita eremitica o anacoretica con la
quale i fedeli, in una più rigorosa separazione dal mondo, nel silenzio
della solitudine e nella continua preghiera, dedicano la propria vita alla
lode di Dio e alla salvezza del mondo.
§
2. L'eremita è riconosciuto dal diritto come dedicato a Dio nella vita
consacrata se con voto, o con altro vincolo sacro, professa pubblicamente i
tre consigli evangelici nelle mani del Vescovo diocesano e sotto la sua
guida osserva la norma di vita che gli è propria.
Can.
604 - § 1. A queste diverse forme
di vita consacrata è assimilato l'ordine delle vergini le quali, emettono
il santo proposito di seguire Cristo più da vicino, dal Vescovo diocesano
sono consacrate a Dio secondo il rito liturgico approvato e, unite in
mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio, si dedicano al servizio della Chiesa.
§
2. Le vergini possono riunirsi in associazioni per osservare più fedelmente
il loro proposito e aiutarsi reciprocamente nello svolgere quel servizio
alla Chiesa che è confacente al loro stato.
Can.
605 - L'approvazione di nuove forme
di vita consacrata è riservata unicamente alla Sede Apostolica. I Vescovi
diocesani però si adoperino per discernere i nuovi doni di vita consacrata
che lo Spirito Santo affida alla Chiesa e aiutino coloro che li promuovono,
perché ne esprimano le finalità nel modo migliore e le tutelino con
statuti adatti, utilizzando soprattutto le norme generali contenute in
questa parte.
Can.
606 Quanto si stabilisce per gli
istituti di vita consacrata e per i loro membri è ugualmente valido per
l'uno e per l'altro sesso, a meno che non risulti altrimenti dal contesto o
dalla natura delle cose.
Titolo
II
Gli
istituti religiosi
Can.
607 - § 1. La vita religiosa, in
quanto consacrazione di tutta la persona, manifesta nella Chiesa il mirabile
connubio istituito da Dio, segno della vita futura. In tal modo il religioso
porta a compimento la sua totale donazione come sacrificio offerto a Dio, e
con questo l'intera sua esistenza diviene un ininterrotto culto a Dio nella
carità.
§
2. L'istituto religioso è una società i cui membri, secondo il diritto
proprio, emettono i voti pubblici, perpetui oppure temporanei da rinnovarsi
alla scadenza, e conducono vita fraterna in comunità.
§
3. La testimonianza pubblica che i religiosi sono tenuti a rendere a Cristo
e alla Chiesa comporta quella separazione dal mondo che è propria
dell'indole e delle finalità di ciascun istituto.
Capitolo
I
CASE
RELIGIOSE: EREZIONE E SOPPRESSIONE
Can.
608 - La comunità religiosa deve
abitare in una casa legittimamente costituita, sotto l'autorità di un
Superiore designato a norma del diritto. Le singole case devono avere almeno
un oratorio, in cui si celebri e si conservi l'Eucarestia, in modo che sia
veramente il centro della comunità.
Can.
609 - § 1. Le case di un istituto
religioso vengono erette dall'autorità competente secondo le costituzioni,
previo consenso scritto del Vescovo diocesano.
§
2. Per l'erezione di un monastero di monache si richiede inoltre il
benestare della Sede Apostolica.
Can.
610 - § 1. L'erezione di case si
compie tenuta presente l'utilità della Chiesa e dell'istituto e assicurate
le condizioni necessarie per garantire ai membri la possibilità di condurre
regolarmente la vita religiosa secondo le finalità e lo spirito proprio
dell'istituto.
§
2. Non si proceda all'erezione di una casa se prudentemente non si ritiene
possibile provvedere in modo adeguato alle necessità dei membri.
Can.
611 - Il consenso del Vescovo
diocesano per l'erezione di una casa religiosa implica il diritto:
1°
di condurre una vita conforme all'indole propria dell'istituto e alle
specifiche finalità;
2°
di esercitare le opere proprie dell'istituto, a norma del diritto, salve
restando le condizioni apposte nell'atto del consenso;
3°
per gli istituti clericali, di avere una chiesa, salvo il disposto del can.
1215, § 1, e di esercitarvi il ministero sacro, osservate le disposizioni
del diritto.
Can.
612 - Per destinare una casa
religiosa ad opere apostoliche differenti da quelle per cui fu costruita si
richiede il consenso del Vescovo diocesano; questo non è necessario se si
tratta di un cambiamento che, salve sempre le leggi di fondazione, si
riferisce solamente al regime interno e alla disciplina.
Can.
613 - § 1. Una casa religiosa di
canonici regolari o di monaci, sotto il governo e la cura del proprio
Moderatore, è di per sé una casa sui iuris, a meno che le costruzioni non
dicano altrimenti.
§
2. Il Moderatore di una casa sui iuris è, per diritto, Superiore maggiore.
Can.
614 - I monasteri di monache
associati a un istituto maschile mantengono il proprio ordinamento e il
proprio governo, secondo le costituzioni. I reciproci diritti ed obblighi
siano determinati in modo che l'associazione possa giovare al bene
spirituale.
Can.
615 - Quando un monastero sui iuris
non ha, oltre al proprio Moderatore, un altro Superiore maggiore e non è
associato a un istituto di religiosi in modo che il Superiore di questo
abbia su quel monastero una vera potestà definita dalle costituzioni, tale
monastero è affidato alla peculiare vigilanza del Vescovo diocesano a norma
del diritto.
Can.
616 - § 1. Una casa religiosa
eretta legittimamente può essere soppressa dal Moderatore supremo a norma
delle costituzioni, dopo avere consultato il Vescovo diocesano. Per i beni
della casa soppressa deve provvedere il diritto proprio dell'istituto, nel
rispetto della volontà dei fondatori o donatori e dei diritti
legittimamente acquisiti.
§
2. La soppressione dell'unica casa di un istituto è di competenza della
Santa Sede, alla quale è pure riservato di disporre dei beni relativi.
§
3. La soppressione di una casa sui iuris, di cui al can. 613, spetta al
capitolo generale, a meno che le costituzioni non stabiliscano altrimenti.
§
4. La soppressione di un monastero sui iuris di monache spetta alla Sede
Apostolica, osservato, per quanto riguarda i beni materiali, il disposto
delle costituzioni.
Capitolo
II
IL
GOVERNO DEGLI ISTITUTI
Art.
1
Superiori
e consiglieri
Can.
617 - I Superiori adempiano il
proprio incarico ed esercitino la propria potestà a norma del diritto
universale e di quello proprio.
Can.
618 - I Superiori esercitino in
spirito di servizio quella potestà che hanno ricevuto da Dio mediante il
ministero della Chiesa. Docili perciò alla volontà di Dio nell'adempimento
del proprio incarico, reggano i sudditi quali figli di Dio, e suscitando la
loro volontaria obbedienza nel rispetto della persona umana, li ascoltino
volentieri e promuovano altresì la loro concorde collaborazione per il bene
dell'istituto e della Chiesa, ferma restando l'autorità loro propria di
decidere e di comandare ciò che va fatto.
Can.
619 - I Superiori attendano
sollecitamente al proprio ufficio e insieme con i religiosi loro affidati si
adoperino per costruire in Cristo una comunità fraterna nella quale si
ricerchi Dio e lo si ami sopra ogni cosa. Diano perciò essi stessi con
frequenza ai religiosi il nutrimento della parola di Dio e li indirizzino
alla celebrazione della sacra liturgia. Siano loro di esempio nel coltivare
le virtù e nell'osservare le leggi e le tradizioni del proprio istituto;
provvedano in modo conveniente a quanto loro personalmente occorre; visitino
gli ammalati procurando loro con sollecitudine le cure necessarie,
riprendano gli irrequieti, confortino i timidi, con tutti siano pazienti.
Can.
620 - Sono Superiori maggiori
quelli che governano l'intero istituto, o una sua provincia, o una parte
dell'istituto ad essa equiparata, o una casa sui iuris , e parimenti i loro
rispettivi vicari. A questi si aggiungano l'Abate Primate e il Superiore di
una congregazione monastica; i quali tuttavia non hanno tutta la potestà
che il diritto universale attribuisce ai Superiori maggiori.
Can.
621 - Col nome di provincia si
designa l'unione di più case, che costituisce una parte immediata
dell'istituto sotto il medesimo Superiore, ed è canonicamente eretta dalla
legittima autorità.
Can.
622 - Il Moderatore supremo ha
potestà, da esercitare secondo il diritto proprio, su tutte le province
dell'istituto, su tutte le case e su tutti i membri; gli altri Superiori
godono di quella potestà nell'àmbito del proprio incarico.
Can.
623 - Per essere validamente
nominati o eletti all'ufficio di Superiore si richiede un periodo adeguato
di tempo dopo la professione perpetua o definitiva, da determinarsi dal
diritto proprio o, trattandosi di Superiori maggiori, dalle costituzioni.
Can.
624 - § 1. I Superiori devono
essere costituiti per un periodo di tempo determinato e conveniente secondo
la natura e le esigenze dell'istituto, a meno che le costituzioni non
dispongano diversamente per il Moderatore supremo e per i Superiori delle
case sui iuris.
§
2. Il diritto proprio provveda con norme opportune che i Superiori
costituiti a tempo determinato non rimangano troppo a lungo in uffici di
governo senza interruzione.
§
3. Tuttavia durante il loro incarico possono essere rimossi dal loro ufficio
o trasferiti ad un altro, per ragioni stabilite dal diritto proprio.
Can.
625 - § 1. Il Moderatore supremo
dell'istituto sia designato mediante elezione canonica a norma delle
costituzioni.
§
2. Alle elezioni del Superiore di un monastero sui iuris , di cui al can.
615, e del Moderatore supremo di un istituto di diritto diocesano presiede
il Vescovo della sede principale.
§
3. Gli altri Superiori siano costituiti a norma delle costituzioni, in modo
però che se vengono eletti necessitino della conferma del Superiore
maggiore competente; se poi vengono nominati dal Superiore, si premetta una
opportuna consultazione.
Can.
626 - I Superiori nel conferire
uffici e i membri nelle elezioni osservino le norme del diritto universale e
del diritto proprio, si astengano da qualunque abuso o preferenza di persone
e, null'altro avendo di mira che Dio e il bene dell'istituto, nominino o
eleggano le persone che nel Signore riconoscono veramente degne e adatte.
Inoltre nelle elezioni rifuggano dal procurare in qualunque modo voti per
sé o per altri, direttamente o indirettamente.
Can.
627 - § 1. I Superiori abbiano il
proprio consiglio a norma delle costituzioni e nell'esercizio del proprio
ufficio sono tenuti a valersi della sua opera.
§
2. Oltre ai casi stabiliti dal diritto universale, il diritto proprio
determini i casi in cui per procedere validamente è richiesto il consenso
oppure il consiglio, norma del can. 127.
Can.
628 - § 1. I Superiori designati a
tale incarico dal diritto proprio dell'istituto visitino con la frequenza
stabilita le case e i religiosi loro affidati, attenendosi alle norme dello
stesso diritto proprio.
§
2. E' diritto e dovere del Vescovo diocesano visitare, anche per quanto
riguarda la disciplina religiosa:
1°
i monasteri sui iuris , di cui al can. 615;
2°
le singole case di un istituto di diritto diocesano che sono nel suo
territorio.
§
3. I religiosi si comportino con fiducia nei confronti del visitatore e
rispondano secondo verità nella carità alle domande da lui legittimamente
poste; a nessuno poi è lecito distogliere in alcun modo i religiosi da un
tale obbligo, né impedire altrimenti lo scopo della visita.
Can.
629 - I Superiori risiedano
ciascuno nella propria casa, e non se ne allontanino se non a norma del
diritto proprio.
Can.
630 - § 1. I Superiori riconoscano
ai religiosi la dovuta libertà per quanto riguarda il sacramento della
penitenza e la direzione della coscienza, salva naturalmente la disciplina
dell'istituto.
§
2. I Superiori provvedano con premura, a norma del diritto proprio, che i
religiosi abbiano disponibilità di confessori idonei, ai quali possano
confessarsi con frequenza.
§
3. Nei monasteri di monache, nelle case di formazione e nelle comunità più
numerose degli istituti laicali vi siano confessori ordinari approvati
dall'Ordinario del luogo d'intesa con la comunità interessata, senza
tuttavia alcun obbligo di presentarsi a loro.
§
4. I Superiori non ascoltino le confessioni dei propri sudditi, a meno che
questi non lo richiedano spontaneamente.
§
5. I religiosi si rivolgano con fiducia ai Superiori, ai quali possano
palesare l'animo proprio con spontanea libertà. E' però vietato ai
Superiori indurli in qualunque modo a manifestare loro la propria coscienza.
Art.
2
I
capitoli
Can.
631 - § 1. Il capitolo generale,
che ha nell'istituto la suprema autorità a norma delle costituzioni, deve
essere cmposto in modo da rapprensentare l'intero istituto, per risultare
vero segno della sua unità nella carità. Al capitolo compete soprattutto:
tutelare il patrimonio dell'istituto di cui al can. 578 e promuovere un
adeguato rinnovamento che ad esso si armonizzi; eleggere il Moderatore
supremo, trattare gli affari di maggiore importanza e inoltre emanare norme,
che tutti sono tenuti ad osservare.
§
2. La composizione e l'àmbito di potestà del capitolo siano definiti dalle
costituzioni; il diritto proprio deve inoltre determinare l'ordinamento da
osservarsi nella celebrezione del capitolo, specialmente per quanto riguarda
le elezioni e la procedura dei lavori.
§
3. Secondo le norme stabilite dal diritto proprio, non solo le province e le
comunità locali, ma anche qualunque religioso può liberamente far
pervenire al capitolo generale i propri desideri e proposte.
Can.
632 - Il diritto proprio determini
con esattezza quanto riguarda gli altri capitoli dell'istituto e altre
assemblee simili, cioè la loro natura e autorità, la composizione, il modo
di procedere e il tempo della celebrazione.
Can.
633 - § 1. Gli organismi di
partecipazione o di consultazione adempiano fedelmente la funzione loro
affidata a norma del diritto universale e proprio, ed esprimano nel modo
loro proprio la sollecitudine e la partecipazione di tutti i membri in vita
del bene dell'itero istituto o della comunità.
§
2. Nell'istituire e nel servirsi di questi mezzi di partecipazione e di
consultazione si proceda con saggia discrezione e il loro modo di agire sia
conforme all'indole e alle finalità dell'istituto.
Art.3
I
beni temporali e la loro amministrazione
Can.
634 - § 1. Gli istituti, le
province e le case, in quanto persone giuridiche per il diritto stesso,
hanno la capacità di acquisire, di possedere, di amministrare e alienare
beni temporali, a meno che tale capacità non venga esclusa o ridotta dalle
costituzioni.
§
2. Evitino tuttavia ogni apparenza di lusso, di eccessivo guadagno e di
accumulazione di beni.
Can.
635 - § 1. I beni temporali degli
istituti religiosi, in quanto beni ecclesiastici, sono retti dalle
disposizioni del Libro V, I beni temporali della Chiesa, a meno che non sia
espressamente disposto altro.
§
2. Tuttavia ogni istituto stabilisca opportune norme circa l'uso e
l'amministrazione dei beni, perché sia in tal modo favorita, tutelata e
manifestata la povertà che gli è propria.
Can.
636 - § 1. In ogni istituto, e
parimenti in ogni provincia retta da un Superiore maggiore, ci sia
l'economo, costituito a norma del diritto proprio e distinto dal Superiore
maggiore, per amministrare i beni sotto la direzione del rispettivo
Superiore. Anche nelle comunità locali si istituisca, per quanto è
possibile, un economo distinto dal Superiore locale.
§
2. Nel tempo e nel modo stabilito dal diritto proprio gli economi e gli
amministratori presentino all'autorità competente il rendiconto
dell'amministrazione da loro condotta.
Can.
637 - I monasteri sui iuris , di
cui al can. 615, devono presentare una volta all'anno il rendiconto della
loro amministrazione all'Ordinario del luogo; questi ha inoltre il diritto
di prendere visione della conduzione degli affari economici della casa
religiosa di diritto diocesano.
Can.
638 - § 1. Spetta al diritto
proprio determinare, entro l'ambito del diritto universale, quali sono gli
atti che eccedono il limite e le modalità dell'amministrazione ordinaria, e
stabilire ciò che è necessario per porre validamente gli atti di
amministrazione straordinaria.
§
2. Le spese e gli atti giuridici di amministrazione ordinaria sono posti
validamente, altre che dai Superiori, anche dagli officiali a ciò designati
dal diritto proprio, nei limiti del loro ufficio.
§
3. Per la validità dell'alienazione, e di qualunque negozio da cui la
situazione patrimoniale della persona giuridica potrebbe subire detrimento,
si richiede la licenza scritta rilasciata dal Superiore competente con il
consenso del suo consiglio. Se però si tratta di negozio che supera la
somma fissata dalla Santa Sede per le singole regioni, come pure di
donazioni votive fatte alla Chiesa, o di cose preziose per valore artistico
o storico, si richiede inoltre la licenza della Santa Sede stessa.
§
4. Per i monasteri sui iuris , di cui al can. 615, e per gli istituti di
diritto diocesano, è necessario anche il consenso scritto dell'Ordinario
del luogo.
Can.
639 - § 1. Se una persona
giuridica ha contratto debiti e oneri, anche con licenza dei Superiori, è
tenuta a risponderne in proprio.
§
2. Se un religioso con licenza del Superiore ha contratto debiti e oneri sui
beni propri, ne deve rispondere personalmente; se invece per mandato del
Superiore ha concluso affari dell'istituto, è l'istituto che ne deve
rispondere.
§
3. Se un religioso li ha contratti senza alcuna licenza del Superiore, è
lui stesso, e non la persona giuridica, a doverne rispondere.
§
4. Rimanga fermo tuttavia che si può sempre intentare un'azione contro
colui il cui patrimonio si è in qualche misura avvantaggiato in seguito a
quel contratto.
§
5. I Superiori religiosi si astengano dall'autorizzare a contrarre debiti, a
meno che non consti con certezza che l'interesse del debito si potrà
coprire con le rendite ordinarie, e che l'intero capitale si potrà
restituire entro un tempo non troppo lungo con una legittima ammortizzazione.
Can.
640 - Gli istituti, tenuto conto
dei singoli luoghi, si adoperino per dare una testimonianza in certo modo
collettiva di carità e di povertà e, nella misura delle proprie
disponibilità, destinino qualcosa dei propri beni per le necessità della
Chiesa e per contribuire a sostenere i bisognosi.
Capitolo
III
AMMISSIONE
DEI CANDIDATI E FORMAZIONE DEI MEMBRI
Art.
1
Ammissione
al noviziato
Can.
641 - Il diritto di ammettere i
candidati al noviziato spetta ai Superiori maggiori a norma del diritto
proprio.
Can.
642 - I Superiori ammettano con la
più attenta cura soltanto coloro che, oltre all'età richiesta, abbiano
salute, indole adatta e la maturità sufficiente per assumere il genere di
vita proprio dell'istituto; la salute, l'indole e la maturità siano anche
verificati, all'occorrenza, da esperti, fermo restando il disposto del can.
220.
Can.
643 - § 1. E' ammesso
invalidamente al noviziato:
1°
chi non ha ancora compiuto 17 anni di età;
2°
chi è sposato, durante il matrimonio;
3°
Chi è attualmente legato con un vincolo sacro a qualche istituto di vita
consacrata o è stato incorporato in una società di vita apostolica, salvo
il disposto del can. 684;
4°
chi entra nell'istituto indotto da violenza, da grave timore o da inganno, e
chi è accettato da un Superiore costretto allo stesso modo;
5°
chi ha nascosto di essere stato incorporato in un istituto di vita
consacrata o in una società di vita apostolica.
§
2. Il diritto proprio può stabilire altri impedimenti o apporre condizioni,
anche per la validità dell'ammissione.
Can.
644 - I Superiori non ammettano al
noviziato chierici secolari senza consultare l'Ordinario del luogo, né
persone gravate di debiti e incapaci di estinguerli.
Can.
645 - § 1. I candidati, prima di
essere ammessi al noviziato, devono produrre un attestato di battesimo, di
confermazione e di stato libero.
§
2. Se si tratta di ammettere chierici, o persone che furono ammesse in un
altro istituto di vita consacrata, o in una società di vita apostolica o in
seminario, si richiede inoltre l'attestato rilasciato rispettivamente
dall'Ordinario del luogo, o dal Superiore maggiore dell'istituto o della
società, oppure dal rettore del seminario.
§
3. Il diritto proprio può esigere altri documenti circa l'idoneità
richiesta per i candidati e l'immunità da impedimenti.
§
4. I Superiori, se loro pare necessario, possono chiedere altre
informazioni, anche sotto segreto.
Art.
2
Il
noviziato e la formazione dei novizi
Can.
646 - Il noviziato, con il quale si
inizia la vita nell'istituto, è ordinato a far sì che i novizi possano
prendere meglio coscienza della vocazione divina, quale è propria
dell'istituto, sperimentarne lo stile di vita, formarsi mente e cuore
secondo il suo spirito; e al tempo stesso siano verificate le loro
intenzioni e la loro idoneità.
Can.
647 - § 1. L'erezione della casa
di noviziato, la sua soppressione o il suo trasferimento della sede siano
fatti mediante un decreto scritto del Moderatore supremo con il consenso del
suo consiglio.
§
2. Il noviziato per essere valido deve essere compiuto in una casa
regolarmente designata allo scopo. In casi particolari, e a modo di
eccezione, su concezione del Moderatore supremo con il consenso del suo
consiglio, un candidato può fare il noviziato in un'altra casa
dell'istituto sotto la guida di un religioso approvato, che faccia le veci
del maestro dei novizi.
§
3. Il Superiore maggiore può permettere che il gruppo dei novizi, per
determinati periodi di tempo, dimori in un'altra casa dell'istituto, da lui
stesso designata.
Can.
648 - § 1. Per essere valido il
noviziato deve comprendere dodici mesi, da trascorrere nella stessa
comunità del noviziato, fermo restando il disposto del can. 647, § 3.
§
2. Per integrare la formazione dei novizi le costituzioni possono stabilire,
oltre al tempo di cui al § 1, uno o più periodi di esercitazioni
apostoliche, da compiersi fuori dalla comunità del noviziato.
§
3. Il noviziato non sia prolungato oltre i due anni.
Can.
649 - § 1. Salvo il disposto dei
cann. 647, § 3 e 648, § 2, una assenza dalla casa del noviziato che superi
i tre mesi, continui o discontinui, rende invalido il noviziato. Una assenza
che superi i quindici giorni deve essere ricuperata.
§
2. Con il permesso del Superiore maggiore competente la prima professione
può essere anticipata, non oltre quindici giorni.
Can.
650 - § 1. Lo scopo del noviziato
esige che i novizi siano formati sotto la direzione del maestro, secondo un
regolamento di formazione, da determinarsi dal diritto proprio.
§
2. La direzione dei novizi, sotto l'autorità dei Superiori maggiori, è
riservata unicamente al maestro.
Can.
651 - § 1. Il maestro dei novizi
deve essere un membro dell'istituto che abbia emesso i voti perpetui e sia
stato legittimamente designato.
§
2. Al maestro si possono assegnare, quando occorre, degli aiutanti i quali
devono a lui sottostare per quanto riguarda la direzione del noviziato e il
regolamento della formazione.
§
3. Alla formazione dei novizi devono essere preposti religiosi accuratamente
preparati i quali, senza essere distolti da altri impegni, possano assolvere
il loro compito in modo efficace e stabile.
Can.
652 - § 1. Spetta al maestro e ai
suoi aiutanti discernere e verificare la vocazione dei novizi e gradatamente
formarli a vivere la vita di perfezione secondo le norme proprie
dell'istituto.
§
2. I novizi devono essere aiutati a coltivare le virtù umane e cristiane;
introdotti in un più impegnativo cammino di perfezione mediante l'orazione
e il rinnegamento di sé; guidati alla contemplazione del mistero della
salvezza e alla lettura e meditazione delle sacre Scritture; preparati a
rendere culto a Dio nella sacra liturgia; formati alle esigenze della vita
consacrata a Dio e agli uomini in Cristo attraverso la pratica dei consigli
evangelici; informati infine sull'indole e lo spirito, le finalità e la
disciplina, la storia e la vita dell'istituto, ed educarli all'amore verso
la Chiesa e i suoi sacri Pastori.
§
3. I novizi, consapevoli della propria responsabilità, si impegnino ad una
attiva collaborazione con il proprio maestro per poter rispondere fedelmente
alla grazia della vocazione divina.
§
4. I membri dell'istituto si adoperino nel cooperare alla formazione dei
novizi, per la parte che loro spetta, con l'esempio della vita e con la
preghiera.
§
5. Il tempo di noviziato, di cui al can. 648, § 1, sia dedicato all'opera
di formazione vera e propria; perciò i novizi non siano occupati in studi o
incarichi non direttamente finalizzati a tale formazione.
Can.
653 - § 1. Il novizio può
liberamente lasciare l'istituto, e d'altra parte l'autorità competente
dell'istituto può dimetterlo.
§
2. Compiuto il noviziato, se il novizio viene giudicato idoneo, sia ammesso
alla professione temporanea, altrimenti sia dimesso; se rimane qualche
dubbio sulla sua idoneità il Superiore maggiore può prolungare il periodo
di prova a norma del diritto proprio, ma non oltre sei mesi.
Art.
3
La
professione religiosa
Can.
654 - Con la professione religiosa
i membri assumono i tre consigli evangelici da osservarsi con voto pubblico,
sono consacrati a Dio mediante il ministero della Chiesa e vengono
incorporati all'istituto con i diritti e i doveri definiti dal diritto.
Can.
655 - La professione temporanea
venga emessa per un periodo di tempo, determinato dal diritto proprio, che
non deve essere inferiore a tre anni, né superiore a sei.
Can.
656 - Per la validità della
professione temporanea si richiede che:
1°
chi la vuole emettere abbia compiuto almeno 18 anni di età;
2°
il noviziato sia stato portato a termine validamente;
3°
ci sia l'ammissione, fatta liberamente da parte del Superiore competente,
con il voto del suo consiglio a norma del diritto;
4°
la professione sia espressa, e venga emessa senza che ci sia violenza,
timore o inganno;
5°
sia ricevuta dal legittimo Superiore, personalmente o per mezzo di un altro.
Can.
657 - § 1. Allo scadere del tempo
per il quale fu emessa la professione il religioso che lo richiede
spontaneamente ed è ritenuto idoneo sia ammesso alla rinnovazione della
professione o alla professione perpetua; altrimenti deve lasciare
l'istituto.
§
2. Se però pare opportuno, il tempo della professione temporanea può
essere prolungato dal Superiore competente secondo il diritto proprio,
facendo tuttavia in modo che il periodo in cui il religioso è vincolato dai
voti temporanei non superi complessivamente la durata di nove anni.
§
3. La professione perpetua può essere anticipata per giusta causa, ma non
oltre un trimestre.
Can.
658 - Oltre alle condizioni di cui
al can. 656, nn. 3, 4, e 5 e alle altre apposte dal diritto proprio, per la
validità della professione perpetua si richiedono:
1°
almeno 21 anni compiuti;
2°
la previa professione temporanea di almeno tre anni, salvo il disposto del
can. 657, § 3.
Art.
4
La
formazione dei religiosi
Can.
659 - § 1. In ogni istituto, dopo
la prima professione, si continui la formazione di tutti i membri perché
possano condurre più integralmente la vita propria dell'istituto e rendersi
meglio idonei a realizzarne la missione.
§
2. Pertanto il diritto proprio deve stabilire il regolamento e la durata di
questa formazione, tenendo presenti le necessità della Chiesa e le
condizioni delle persone e dei tempi, secondo quanto esigono le finalità e
l'indole dell'istituto.
§
3. La formazione dei membri che si preparano a ricevere gli ordini sacri è
regolata dal diritto universale e dal <<piano degli studi>>
proprio dell'istituto.
Can.
660 - § 1. La formazione deve
essere sistematica, adeguata alla recettività dei membri, spirituale e
apostolica, dottrinale e insieme pratica, e portare anche al conseguimento
dei titoli convenienti, sia ecclesiastici sia civili, secondo
l'opportunità.
§
2. Durante il periodo di questa formazione non si affidino ai religiosi
compiti e opere che ne ostacolino l'attuazione.
Can.
661 - Per tutta la vita i religiosi
proseguano assiduamente la propria formazione spirituale, dottrinale e
pratica; i Superiori ne procurino loro i mezzi e il tempo.
Capitolo
IV
OBBLIGHI
E DIRITTI DEGLI ISTITUTI E DEI LORO MEMBRI
Can.
662 - I religiosi abbiano come
suprema regola di vita la sequela di Cristo proposta dal Vangelo ed espressa
nelle costituzioni del proprio istituto.
Can.
663 - § 1. Primo e particolare
dovere di tutti i religiosi deve essere la contemplazione delle verità
divine e la costante unione con Dio nell'orazione.
§
2. I religiosi facciano tutto il possibile per partecipare ogni giorno al
Sacrificio eucaristico, ricevano il Corpo santissimo di Cristo e adorino lo
stesso Signore presente nel Sacramento.
§
3. Attendano alla lettura della sacra Scrittura e all'orazione mentale, alla
dignitosa celebrazione della liturgia delle ore secondo le disposizioni del
diritto proprio, e compiano gli altri esercizi di pietà, fermo restando per
i chierici l'obbligo di cui al can. 276, § 2, n. 3.
§
4. Onorino con culto speciale, anche con la pratica del rosario mariano, la
Vergine Madre di Dio, modello e patrona di ogni vita consacrata.
§
5. Osservino fedelmente i tempi annuali di sacro ritiro.
Can.
664 - I religiosi siano
perseveranti nella conversione dell'animo a Dio, attendano anche all'esame
quotidiano di coscienza e si accostino con frequenza al sacramento della
penitenza.
Can.
665 - § 1. I religiosi devono
abitare nella propria casa religiosa osservando la vita comune e non possono
assentarsene senza licenza del Superiore. Se poi si tratta di una assenza
prolungata, il Superiore maggiore, col consenso del suo consiglio e per
giusta causa, può concedere a un religioso di vivere fuori della casa
dell'istituto, ma per non più di un anno, a meno che ciò non sia per
motivi di salute, di studio o di apostolato da svolgere a nome
dell'istituto.
§
2. Il religioso che si allontana illegittimamente dalla casa religiosa, con
l'intenzione di sottrarsi alla potestà dei Superiori, deve essere da questi
sollecitamente ricercato e aiutato, perché ritorni a perseveri nella
propria vocazione.
Can.
666 - Nel fare uso degli strumenti
di comunicazione si osservi la necessaria discrezione e si eviti tutto
quanto può nuocere alla propria vocazione e mettere in pericolo la castità
di una persona consacrata.
Can.
667 - § 1. In ogni casa si osservi
la clausura adeguata all'indole e alla missione dell'istituto, secondo le
determinazioni del diritto proprio, facendo in modo che ci sia sempre una
parte della casa riservata esclusivamente ai religiosi.
§
2. Nei monasteri di vita contemplativa si dovrà osservare una più rigorosa
disciplina di clausura.
§
3. I monasteri di monache interamente dedite alla vita contemplativa devono
osservare la clausura papale, cioè conforme alle norme date dalla Sede
Apostolica. Tutti gli altri monasteri di monache osservino la clausura
adatta all'indole propria e definita dalle costituzioni.
§
4. Il Vescovo diocesano ha la facoltà di entrare, per giusta causa, nella
clausura dei monasteri di monache situati nella sua diocesi e può anche
permettere, per causa grave e col consenso della Superiora, che altri siano
ammessi nella clausura e che le monache stese ne escano per un tempo
strettamente necessario.
Can.
668 - § 1. Avanti la prima
professione i membri cedano l'amministrazione dei propri beni a chi
preferiscono e, se le costituzioni non stabiliscano altrimenti, liberamente
dispongano del loro uso e usufrutto. Essi devono inoltre, almeno prima della
loro professione perpetua, redigere il testamento, che risulti valido anche
secondo il diritto civile.
§
2. Per modificare queste disposizioni per giusta causa, come anche per porre
qualunque atto relativo ai beni temporali, devono avere la licenza del
Superiore competente a norma del diritto proprio.
§
3. Tutto ciò che un religioso acquista con la propria industria o a motivo
dell'istituto, rimane acquisito per l'istituto stesso. Ciò che riceve come
pensione, sussidio, assicurazione, a qualunque titolo, rimane acquisito
dall'istituto, a meno che il diritto proprio non disponga diversamente.
§
4. Chi per la natura dell'istituto deve compiere la rinuncia radicale ai
suoi beni la rediga, possibilmente in forma valida anche secondo il diritto
civile, prima della professione perpetua, con valore decorrente dal giorno
della professione stessa. Ugualmente proceda il professo di voti perpetui
che a norma del diritto proprio volesse rinunciare a tutti i suoi beni o
parte di essi, con licenza del Moderatore supremo.
§
5. Il professo che per la natura ha compiuto la rinuncia radicale ai suoi
beni perde la capacità di acquistare e di possedere, di conseguenza pone
invalidamente ogni atto contrario al voto di povertà, I beni che ricevesse
dopo tale rinuncia toccheranno all'istituto, a norma del diritto proprio.
Can.
669 - § 1. I religiosi portino
l'abito dell'istituto, fatto a norma del diritto proprio, quale segno della
loro consacrazione e testimonianza di povertà.
§
2. I religiosi chierici di un istituto che non ha abito proprio adotteranno
l'abito clericale a norma del can. 284.
Can.
670 - L'istituto ha il dovere di
procurare ai suoi membri quanto, a norma delle costituzioni, è necessario
per realizzare il fine della propria vocazione.
Can.
671- Il religioso non si assuma
incarichi o uffici fuori del proprio istituto senza la licenza del legittimo
Superiore.
Can.
672 - I religiosi sono obbligati
dalle disposizioni dei cann. 277, 285, 286, 287 e 289, e i religiosi
chierici inoltre dalle disposizioni del can. 279, § 2; negli istituti
laicali di diritto pontificio, la licenza di cui al can. 285, § 4, può
essere concessa dal proprio Superiore maggiore.
Capitolo
V
L'APOSTOLATO
DEGLI ISTITUTI
Can.
673 - L'apostolato di tutti i
religiosi consiste in primo luogo nella testimonianza della loro vita
consacrata, che essi sono tenuti ad alimentare con l'orazione e con la
penitenza.
Can.
674 - Gli istituti interamente
dediti alla contemplazione occupano sempre un posto eminente nel Corpo
mistico di Cristo: essi infatti offrono a Dio un eccelso sacrificio di lode,
arrichiscono il popolo di Dio con frutti preziosi della santità, mentre con
il proprio esempio lo stimolano e con una misteriosa fecondità apostolica
lo estendono. Perciò, per quanto urgente sia la necessità dell'apostolato
attivo, i membri di tali istituti non possono essere chiamati a prestare
l'aiuto della loro opera nei diversi ministeri pastorali.
Can.
675 - § 1. Negli istituti dediti
all'apostolato l'azione apostolica appartiene alla loro stessa natura.
Perciò l'intera vita dei membri sia permeata di spirito apostolico, e
d'altra parte tutta l'azione apostolica sia animata dallo spirito religioso.
§
2. L'azione apostolica deve sempre sgorgare dall'intima unione con Dio, e al
tempo stesso consolidarla e favorirla.
§
3. L'azione apostolica, da esercitarsi a nome della Chiesa e per suo
mandato, sia condotta nella comunione con la Chiesa.
Can.
676 - Gli istituti laicali maschili
e femminili attraverso le opere di misericordia spirituale e corporale
partecipano della funzione pastorale della Chiesa e prestano agli uomini i
più svariati servizi; essi perciò perseverino fedelmente nella grazia
della propria vocazione.
Can.
677 - § 1. I Superiori e i membri
mantengano con fedeltà ma missione e le opere proprie dell'istituto;
tuttavia procedano con prudenza agli adattamenti richiesti dalle necessità
dei tempi e dei luoghi, adottando anche mezzi nuovi e convenienti.
§
2. Gli istituti poi ai quali sono unite associazioni di fedeli si adoperino
con particolare sollecitudine perché queste siano permeate del genuino
spirito della famiglia religiosa.
Can.
678 - § 1. I religiosi sono
soggetti alla potestà del Vescovo, ai quali devono rispetto devoto e
riverenza in ciò che riguarda la cura delle anime, l'esercizio pubblico del
culto divino e le altre opere di apostolato.
§
2. Nell'esercizio dell'apostolato esterno i religiosi sono soggetti anche ai
proprio Superiori e devono mentenersi fedeli alla disciplina dell'istituto;
i Vescovi stessi non tralascino di urgere, quando occorre, un tale obbligo.
§
3. Nell'organizzare le attività apostoliche dei religiosi è necessario che
i Vescovi diocesani e i Superiori religiosi procedano su un piano di
reciproca intesa.
Can.
679 - Il Vescovo diocesano, per una
causa molto grave e urgente, può proibire ad un membro di un istituto
religioso di dimorare nella sua diocesi qualora il Superiore maggiore,
avvisato, trascurasse di provvedere in merito; in tal caso la questione deve
essere subito deferita alla Santa Sede.
Can.
680 - Tra i diversi istituti, e
anche tra questi e il clero secolare, si favorisca una ordinata
collaborazione, nonché il coordinamento di tutte le opere e attività
apostoliche sotto la guida del Vescovo diocesano, avuto riguardo all'indole
e alle finalità dei singoli istituti, come pure alle leggi di fondazione.
Can.
681 - § 1. Le opere che dal
Vescovo diocesano vengono affidate ai religiosi sono soggette all'autorità
e alla direzione del Vescovo stesso, fermo restando il diritto dei Superiori
religiosi a norma del can. 678, § 2 e 3.
§
2. In tali casi si stipuli una convenzione scritta tra il Vescovo diocesano
e il Superiore competente dell'istituto, nella quale fra l'altro sia
definito espressamente e con esattezza ogni particolare relativo all'opera
da svolgere, ai religiosi che vi si devono impegnare e all'aspetto
economico.
Can.
682 - § 1. Se si tratta di
conferire un ufficio ecclesiastico in diocesi a un religioso, la nomina
viene fatta dal Vescovo diocesano su presentazione, o almeno con il
consenso, del Superiore competente.
§
2. Il religioso può essere rimosso dall'ufficio conferito, sia a
discrezione dell'autorità che glielo ha affidato, informatone il Superiore
religioso, sia da parte del Superiore stesso, informatane l'autorità
committente; nell'uno e nell'altro caso non si richiede il consenso
dell'altra autorità.
Can.
683 - § 1. In occasione della
visita pastorale, ed anche in caso di necessità, il Vescovo diocesano può
visitare , personalmente o per mezzo di altri, le chiese e gli oratori cui
accedono abitualmente i fedeli, le scuole e le altre opere di religione o di
carità spirituale o temporale affidate ai religiosi; non però le scuole
aperte esclusivamente agli alunni propri dell'istituto.
§
2. Che se eventualmente il Vescovo scoprisse abusi, dopo avere richiamato
inutilmente il Superiore religioso, può di sua autorità prendere egli
stesso i provvedimenti del caso.
Capitolo
VI
SEPARAZIONE
DEI MEMBRI DALL'ISTITUTO
Art.
1
Passaggio
ad un altro istituto
Can.
684 - § 1. Un professo di voti
perpetui non può passare dal proprio istituto religioso ad un altro se non
per concessione del Moderatore supremo dell'uno e dell'altro istituto,
previo consenso dei rispettivi consigli.
§
2. Il religioso dopo avere trascorso un periodo di prova, che deve durare
almeno tre anni, può essere ammesso alla professione perpetua nel nuovo
istituto. Se però non vuole emettere tale professione o non vi è ammesso
dai Superiori competenti, ritorni all'istituto di provenienza, a meno che
non abbia ottenuto l'indulto di secolarizzazione.
§
3. Perché un religioso possa passare da un monastero sui iuris ad un altro
dello stesso istituto o della federazione oppure della confederazione, si
richiede ed è sufficiente il consenso del Superiore maggiore dell'uno e
dell'altro monastero, oltre che del capitolo del monastero che lo accoglie,
salvi altri requisiti determinati dal diritto proprio; non si richiede una
nuova professione.
§
4. Il diritto proprio determini la durata e le modalità del periodo di
prova che il religioso deve compiere nel nuovo istituto prima della
professione.
§
5. Per passare ad un istituto secolare o ad una società di vita apostolica,
oppure da questi ad un istituto religioso, è necessaria la licenza della
Santa Sede, alle cui disposizioni ci si deve attenere.
Can.
685 - § 1. Fino al momento della
professione nel nuovo istituto, mentre rimangono vincolanti i voti, sono
sospesi i diritti e gli obblighi che il religioso aveva nel precedente
istituto; tuttavia fin dall'inizio del periodo di prova il religioso è
tenuto all'osservanza del diritto proprio del nuovo istituto.
§
2. Con la professione nel nuovo istituto il religioso viene ad esso
incorporato, mentre cessano i voti, i diritti e gli obblighi precedenti.
Art.
2
Uscita
dall'istituto
Can.
686 - § 1. Il Moderatore supremo,
col consenso del suo consiglio, per grave causa può concedere ad un
professo perpetuo l'indulto di esclaustrazione, tuttavia per non più di tre
anni, previo consenso dell'Ordinario del luogo in cui dovrà dimorare se si
tratta di un chierico. Una proroga dell'indulto, o una concessione superiore
a tre anni, è riservata unicamente alla Santa Sede, oppure al Vescovo
diocesano se si tratta di istituti di diritto diocesano.
§
2. Spetta unicamente alla Sede Apostolica concedere l'indulto di
esclaustrazione per le monache.
§
3. Su richiesta del Moderatore supremo con il consenso del suo consiglio, l'esclaustrazione
può essere imposta, dalla Santa Sede per un membro di un istituto di
diritto pontificio, oppure dal Vescovo diocesano per un membro di un
istituto di diritto diocesano: ciò per cause gravi e salva sempre l'equità
e la carità.
Can.
687 - Il religioso esclaustrato è
ritenuto esonerato dagli obblighi non compatibili con la sua nuova
situazione di vita, tuttavia rimane sotto la dipendenza e la cura dei suoi
Superiori ed anche dell'Ordinario del luogo, soprattutto se si tratta di un
chierico. Può portare l'abito dell'istituto, a meno che non sia stabilito
altrimenti nell'indulto. Egli però manca di voce attiva e passiva.
Can.
688 - § 1. Colui che, scaduto il
tempo della professione, vuole uscire dall'istituto, lo può abbandonare.
§
2. Chi durante la professione temporanea per grave causa chiede di lasciare
l'istituto può ottenere il relativo indulto dal Moderatore supremo col
consenso del suo consiglio se si tratta di istituto di diritto pontificio;
negli istituti di diritto diocesano e nei monasteri di cui al can. 615
l'indulto, per essere valido, deve essere confermato dal Vescovo della casa
di assegnazione.
Can.
689 - § 1. Allo scadere della
professione temporanea, se sussistono giuste cause, un religioso può essere
escluso dalla successiva professione, da parte del competente Superiore
maggiore, udito il suo consiglio.
§
2. Una infermità fisica o psichica, anche contratta dopo la professione,
quando a giudizio degli esperti rende non idoneo alla vita nell'istituto il
religioso di cui al § 1, costituisce motivo per non ammetterlo alla
rinnovazione della professione o alla professione perpetua, salvo il caso
che l'infermità sia dovuta a negligenza da parte dell'istituto, oppure a
lavori sostenuti nell'istituto stesso.
§
3. Se però il religioso, durante i voti temporanei, diventa demente, anche
se non è in grado di emettere la nuova professione, non può tuttavia
essere dimesso dall'istituto.
Can.
690 - § 1. Chi al termine del
noviziato, oppure dopo la professione, è uscito legittimamente
dall'istituto può esservi riammesso dal Moderatore supremo col consenso del
suo consiglio, senza l'onere di ripetere il noviziato; spetterà tuttavia al
Moderatore stesso stabilire un conveniente periodo di prova prima della
professione temporanea e la durata dei voti temporanei prima della
professione perpetua, a norma dei cann. 655 e 657.
§
2. Della stessa facoltà gode il Superiore di un monastero sui iuris , con
il consenso del suo consiglio.
Can.
691 - § 1. Un professo di voti
perpetui non chieda l'indulto di lasciare l'istituto se non per cause molto
gravi ponderate davanti a Dio; presenti la sua domanda al Moderatore supremo
dell'istituto, il quale la inoltrerà all'autorità competente insieme con
il voto suo e del suo consiglio.
§
2. Tale indulto per gli istituti di diritto pontificio è riservato alla
Sede Apostolica; per gli istituti di diritto diocesano lo può concedere
anche il Vescovo della diocesi in cui è situata la casa di assegnazione.
Can.
692 - L'indulto di lasciare
l'istituto, una volta legittimamente concesso e notificato al religioso, se
da lui non fu rifiutato all'atto della notificazione, comporta per il
diritto stesso la dispensa dai voti, come pure da tutti gli obblighi
derivanti dalla professione.
Can.
693 - Se il religioso è chierico
l'indulto non viene concesso finché egli non abbia trovato un Vescovo che
lo incardini nella diocesi o almeno lo riceva in prova. In quest'ultimo
caso, trascorsi cinque anni, il religioso viene incardinato nella diocesi,
per il diritto stesso, a meno che il Vescovo non lo abbia respinto.
Art.
3
Dimissione
dei religiosi
Can.
694 - § 1. Si deve ritenere
dimesso dall'istituto, per il fatto stesso, il religioso che:
1°
abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica;
2°
abbia contratto matrimonio o lo abbia attentato, anche solo civilmente.
§
2. In tali casi il Superiore maggiore col suo consiglio deve senza indugio,
raccolte le prove, emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione
consti giuridicamente.
Can.
695 - § 1. Un religioso deve
essere dimesso dall'istituto per i delitti di cui ai cann. 1397, 1398 e 1395
a meno che, per i delitti di cui al can. 1395, § 2, i Superiore non ritenga
che la dimissione non sia affatto necessaria e che si possa sufficientemente
provvedere in altro modo alla correzione del religioso come pure alla
reintegrazione della giustizia e alla riparazione dello scandalo.
§
2. In tali casi il Superiore, raccolte le prove relative ai fatti e alla
imputabilità, renda note al religioso e l'accusa e le prove, dandogli
facoltà di difendersi. Tutti gli atti, sottoscritti dal Superiore maggiore
e dal notaio, insieme con le risposte del religioso, verbalizzate e dal
religioso stesso controfirmate, siano trasmessi al Moderatore supremo.
Can.
696 - § 1. Un religioso può
essere dimesso anche per altre cause purché siano gravi, esterne,
imputabili e comprovate giuridicamente, come ad esempio: la negligenza
abituale degli obblighi della vita consacrata; le ripetute violazioni dei
vincoli sacri; la disobbedienza grave; un grave scandalo derivato dal
comportamento colpevole del religioso; l'ostinato appoggio o la propaganda
di dottrine condannate dal magistero della Chiesa; l'adesione pubblica a
ideologie inficiate di materialismo o di ateismo; l'assenza illegittima, di
cui al can. 665, § 2, protratta per sei mesi; altre cause di simile
gravità eventualmente determinate dal diritto proprio.
§
2. Per la dimissione di un religioso di voti temporanei sono sufficienti
anche cause di minore gravità, stabilite dal diritto proprio.
Can.
697 - Nei casi di cui al can. 696,
se il Superiore maggiore, udito il suo consiglio, giudica che si debba
avviare il processo di dimissione:
1°
raccolga o integri le prove;
2°
ammonisca il religioso, per iscritto o davanti a due testimoni con la
esplicita comminazione della conseguente dimissione in caso di mancato
ravvedimento, notificandogli chiaramente la causa della dimissione e
accordandogli piena facoltà di rispondere in propria difesa; qualora poi
l'ammonizione risulti inutile, il Superiore proceda a una seconda, dopo un
intervallo di almeno quindici giorni;
3°
se anche questa seconda ammonizione risultasse inutile, e se il Superiore
maggiore col suo consiglio giudicasse sufficientemente provata
l'incorreggibilità, e insufficienti le difese del religioso, trascorsi
senza risultato altri quindici giorni dall'ultima ammonizione, trasmetta al
Moderatore supremo tutti gli atti, sottoscritti da lui stesso e dal notaio,
unitamente alle risposte date dal religioso e da lui firmate.
Can.
698 - In tutti i casi di cui ai
cann. 695 e 696 rimane sempre fermo il diritto del religioso di comunicare
con il Moderatore supremo e di esporre a lui direttamente gli argomenti a
propria difesa.
Can.
699 - § 1. Il Moderatore supremo
col suo consiglio, che per la validità deve constare di almeno quattro
membri, proceda collegialmente ad una accurata valutazione delle prove,
degli argomenti e delle difese e, se ciò risulta per votazione segreta,
emetterà il decreto di dimissione; questo, per essere valido, esprima
almeno sommariamente i motivi, in diritto e in fatto.
§
2. Nei monasteri sui iuris , di cui al can. 615, la decisione circa la
dimissione compete al Vescovo diocesano, al quale il Superiore deve
sottoporre gli atti revisionati dal suo consiglio.
Can.
700 - Il decreto di dimissione non
ha vigore se non fu confermato dalla Santa Sede, alla quale vanno trasmessi
il decreto stesso e tutti gli atti; per gli istituti di diritto diocesano la
conferma spetta al Vescovo della diocesi in cui sorge la casa alla quale il
religioso è ascritto. Il decreto tuttavia, per avere valore, deve indicare
il diritto, i cui gode il religioso dimesso, di ricorrere all'autorità
competente entro dieci giorni dalla ricezione della notifica. Il ricorso ha
effetto sospensivo.
Can.
701 - Con la legittima dimissione
cessano, per il fatto stesso, i voti e insieme gli obblighi derivanti dalla
professione. Se però il religioso è chierico, non potrà esercitare gli
ordini sacri fino a quando non abbia trovato un Vescovo il quale, dopo un
conveniente periodo di prova nella diocesi a norma del can. 693, lo accolga
o almeno gli consenta l'esercizio degli ordini sacri.
Can.
702 - § 1. Coloro che
legittimamente escono dall'istituto religioso o ne sono legittimamente
dimessi non possono esigere nulla dall'istituto stesso qualunque attività
in esso compiuta.
§
2. L'istituto deve però osservare l'equità e la carità evangelica verso
il religioso che se ne separa.
Can.
703 - In caso di grave scandalo
esterno o nel pericolo imminente di un gravissimo danno per l'istituto il
religioso può essere espulso dalla casa religiosa immediatamente, da parte
del Superiore maggiore oppure, qualora il ritardo risultasse pericoloso, dal
Superiore locale col consenso del suo consiglio. Se è necessario, il
Superiore maggiore curi che i istruisca il processo di dimissione a norma
del diritto, oppure deferisca la cosa alla Sede Apostolica.
Can.
704 - Dei religiosi che a qualunque
titolo sono separati dall'istituto si faccia menzione nella relazione, di
cui al can. 592, § 1, da inviare alla Sede Apostolica.
Capitolo
VII
I
RELIGIOSI ELEVATI ALL'EPISCOPATO
Can.
705 - Il religioso elevato
all'episcopato continua ad essere membro del suo istituto, ma in forza del
voto di obbedienza è soggetto solamente al Romano Pontefice e non è
vincolato da quegli obblighi che, nella sua prudenza, egli stesso giudichi
incompatibili con la propria condizione.
Can.
706 - Il religioso di cui sopra:
1°
se per la professione ha perduto il dominio dei suoi beni, ricevendone altri
ne ha l'uso, l'usufrutto e l'amministrazione; quanto alla proprietà, il
Vescovo diocesano e gli altri di cui al can. 381, § 2, l'acquistano per la
Chiesa particolare; tutti gli altri per l'istituto, oppure per la Santa
Sede, a seconda che l'istituto abbia o no la capacità di possedere;
2°
se per la professione non ha perduto il dominio dei suoi beni ne ricupera
l'uso, l'usufrutto e l'amministrazione; e acquista per sé a peno titolo
quelli che gli provengono in seguito;
3°
in entrambi i casi, deve disporre secondo la volontà degli offerenti per
quei beni che non gli provengono a titolo personale.
Can.
707 - § 1. Il religioso Vescovo
emerito può scegliersi la sede in cui abitare, anche fuori delle case del
proprio istituto, a meno che la Sede Apostolica non abbia disposto
altrimenti.
§
2. Quanto al suo sostentamento conveniente e degno, se il Vescovo è stato a
servizio di una diocesi si osserverà il can. 402, § 2, a meno che il suo
istituto non voglia provvedere a tale sostentamento; altrimenti la Sede
Apostolica disporrà in altro modo.
Capitolo
VIII
LE
CONFERENZE DEI SUPERIORI MAGGIORI
Can.
708 - I Superiori maggiori possono
utilmente associarsi in conferenze o consigli per conseguire più
agevolmente, nell'unione delle forze, il fine proprio dei singoli istituti,
salvi sempre l'autonomia, l'indole e lo spirito proprio di ognuno, sia per
trattare affari di comune interesse, sia per instaurare un opportuno
coordinamento e cooperazione con le Conferenze Episcopali ed anche con i
singoli Vescovi.
Can.
709 - Le conferenze dei Superiori
maggiori abbiano i propri statuti approvati dalla Santa Sede, dalla quale
unicamente possono essere erette, anche in persone giuridiche, e sotto la
cui suprema direzione esse rimangono.
Titolo
III
Gli
istituti secolari
Can.
710 - L'istituto secolare è un
istituto di vita consacrata in cui i fedeli, vivendo nel mondo, tendono alla
perfezione della carità e si impegnano per la santificazione del mondo,
soprattutto operando all'interno di esso.
Can.
711 - Un membro di istituto
secolare, in forza della consacrazione, non cambia la propria condizione
canonica, laicale o clericale, in mezzo al popolo di Dio, salve le
disposizioni del diritto a proposito degli istituti di vita consacrata.
Can.
712 - Ferme restando le
disposizioni dei cann. 598-601, le costituzioni stabiliscano i vincoli sacri
con cui vengono assunti nell'istituto i consigli evangelici e definiscano
gli obblighi che essi comportano, salva sempre però, nello stile di vita,
la secolarità propria dell'istituto.
Can.
713 -§ 1. I membri di tali
istituti esprimono e realizzano la propria consacrazione nell'attività
apostolica e come un fermento si sforzano di permeare ogni realtà di
spirito evangelico per consolidare e far crescere il Corpo di Cristo.
§
2. I membri laici, nel mondo e dal mondo, partecipano della funzione
evangelizzatrice della Chiesa sia mediante la testimonianza di vita
cristiana e di fedeltà alla propria consacrazione, sia attraverso l'aiuto
che danno perché le realtà temporali siano ordinate secondo Dio e nel
mondo sia vivificato dalla forza del Vangelo. Essi offrono inoltre la
propria collaborazione per il servizio della comunità ecclesiale, secondo
lo stile di vita secolare loro proprio.
§
3. I membri chierici sono di aiuto ai confratelli con una peculiare carità
apostolica, attraverso la testimonianza della vita consacrata, soprattutto
nel presbiterio, e in mezzo al popolo di Dio lavorano alla santificazione
del mondo con il proprio ministero sacro.
Can.
714 - I membri degli istituti
secolari conducano la propria vita nelle situazioni ordinarie del mondo,
soli o ciascuno nella propria famiglia, o in gruppi di vita fraterna a norma
delle costituzioni.
Can.
715 - § 1. I membri chierici
incardinati in una diocesi dipendono dal Vescovo diocesano, salvo quanto
riguarda la vita consacrata nel proprio istituto.
§
2. Quelli invece che a norma del can. 266, § 3 vengono incardinati
nell'istituto, se sono destinati alle opere proprie dell'istituto o a
funzioni di governo all'interno di esso, dipendono dal Vescovo allo stesso
modo dei religiosi.
Can.
716 - § 1. Tutti i membri
partecipino attivamente alla vita dell'istituto secondo il diritto proprio.
§
2. I membri di uno stesso istituto conservino la comunione tra loro curando
con sollecitudine l'unità dello spirito e la vera fraternità.
Can.
717 - § 1. Le costituzioni
definiscano la forma di governo propria dell'istituto, la durata in carica
dei Moderatori e il modo della loro designazione.
§
2. Nessuno sia designato come Moderatore supremo se non è stato incorporato
nell'istituto in modo definitivo.
§
3. Coloro che nell'istituto hanno incarichi di governo abbiano cura che sia
conservata l'unità dello spirito e che sia promossa l'attiva partecipazione
dei membri.
Can.
718 - L'amministrazione dei beni
dell'istituto, che deve esprimere e favorire la povertà evangelica, è
regolata dalle norme del Libro V, I beni temporali della Chiesa , e dal
diritto proprio dell'istituto. Il diritto proprio deve parimenti definire
gli obblighi, specialmente di carattere economico, dell'istituto verso i
membri che ad esso dedicano la propria attività.
Can.
719 - § 1. Per rispondere
fedelmente alla propria vocazione e perché la loro azione apostolica
scaturisca dall'unione con Cristo, i membri siano assidui all'orazione,
attendano convenientemente alla lettura delle sacre Scritture, osservino i
tempi di ritiro annuale e compiano le alttre pratiche spirituali secondo il
diritto proprio.
§
2. La celebrazione dell'Eucarestia, in quanto possibile quotidiana, sia la
sorgente e la forza di tutta la loro vita consacrata.
§
3. Si accostino liberamente e con frequenza al sacramento della penitenza.
§
4. Siano liberi di ricevere la necessaria direzione della coscienza e di
richiedere consigli in materia, se lo desiderano, anche ai propri
Moderatori.
Can.
720 - Il diritto di ammettere
nell'istituto per il periodo di prova oppure per assumere i vincoli sacri,
sia temporanei sia perpetui o definitivi, compete ai Moderatori maggiori con
il loro consiglio, a norma delle costituzioni.
Can.
721 - § 1. E' ammesso
invalidamente al periodo di prova iniziale:
1°
chi non ha ancora raggiunto la maggiore età;
2°
chi è legato attualmente con un vincolo sacro ad un istituto di vita
consacrata o è stato incorporato in una società di vita apostolica;
3°
chi è sposato, durante il matrimonio.
§
2. Le costituzioni possono stabilire altri impedimenti, anche per la
validità dell'ammissione, o apporre altre condizioni.
§
3. Per essere accettati si richiede inoltre la maturità necessaria per
condurre in modo conveniente la vita propria dell'istituto.
Can.
722 - § 1. La prova iniziale sia
ordinata allo scopo che i candidati prendano più chiara coscienza della
loro vocazione divina e di quella specifica dell'istituto, ne vivano lo
spirito e sperimentino il genere di vita ad esso proprio.
§
2. I candidati siano opportunamente formati a condurre una vita secondo i
consigli evangelici e istruiti a trasformare integralmente la propria
esistenza in apostolato, adottando quelle forme di evangelizzazione che
meglio rispondano al fine, allo spirito e all'indole dell'istituto.
§
3. Le costituzioni devono definire il metodo e la durata di tale prova, non
inferiore a due anni, che precede il primo impegno con vincoli sacri
nell'istituto.
Can.
723 - § 1. Compiuto il tempo della
prova iniziale il candidato che viene giudicato idoneo assuma i tre consigli
evangelici, confermati dal vincolo sacro, oppure lasci l'istituto.
§
2. Questa prima incorporazione, non inferiore a cinque anni, sia temporanea
a norma delle costituzioni.
§
3. Trascorso tale periodo di tempo, il membro giudicato idoneo sia ammesso
all'incorporazione perpetua oppure a quella definitiva, cioè con vincoli
temporanei da rinnovarsi sempre ad ogni scadenza.
§
4. L'incorporazione definitiva è equiparata a quella perpetua, in ordine a
determinati effetti giuridici, che devono essere stabiliti nelle
costituzioni.
Can.
724 - § 1. Dopo il primo impegno
con vincoli sacri, la formazione deve essere continuata costantemente a
norma delle costituzioni.
§
2. I membri devono essere preparati di pari passo tanto nelle scienze umane
quanto in quelle divine; i Moderatori dell'istituto sentano seriamente la
responsabilità della loro continua formazione spirituale.
Can.
725 - L'istituto può associare a
sé, con qualche vincolo determinato dalle costituzioni, altri fedeli che si
impegnino a tendere alla perfezione evangelica secondo lo spirito
dell'istituto e a partecipare della sua stessa missione.
Can.
726 - § 1. Trascorso il periodo
dell'incorporazione temporanea il membro può liberamente lasciare
l'istituto, o per giusta causa può essere escluso dalla rinnovazione dei
vincoli sacri da parte del Moderatore maggiore, udito il suo consiglio.
§
2. Il membro di incorporazione temporanea che lo richieda spontaneamente,
per grave causa può ottenere dal Moderatore supremo, col consenso del suo
consiglio, l'indulto di lasciare l'istituto.
Can.
727 - § 1. Se un membro
incorporato con vincolo perpetuo vuole lasciare l'istituto, dopo avere
seriamente ponderato la cosa davanti al Signore deve chiedere l'indulto, per
mezzo del Moderatore supremo, alla Sede Apostolica se l'istituto è di
diritto pontificio; altrimenti anche al Vescovo diocesano, secondo quanto è
definito dalle costituzioni.
§
2. Trattandosi di sacerdote incardinato nell'istituto si osservi il disposto
del can. 693.
Can.
728 - Con la legittima concessione
dell'indulto di lasciare l'istituto cessano tutti i vincoli, e insieme i
diritti e gli obblighi derivanti dall'incorporazione.
Can.
729 - La dimissione di un membro
dall'istituto avviene a norma dei cann. 694 e 695. Le costituzioni
definiscano altre cause di dimissione, purché siano proporzionatamente
gravi, esterne, imputabili e comprovate giuridicamente, e inoltre si osservi
la procedura stabilita ai cann. 697-700. Al membro dimesso si applica il
disposto del can. 701.
Can.
730 - Per il passaggio di un membro
di istituto secolare ad un altro istituto secolare si osservino le
disposizioni dei cann. 684, §§ 1, 2, 4 e 685; per il passaggio ad un altro
istituto di vita consacrata, o da questo ad un istituto secolare, si
richiede la licenza della Sede Apostolica, alle cui disposizioni ci si deve
attenere.
SEZIONE
II
LE
SOCIETA' DI VITA APOSTOLICA
Can.
731 - § 1. Agli istituti di vita
consacrata sono assimilate le società di vita apostolica i cui membri,
senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della società
e, conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile, tendono
alla perfezione della carità mediante l'osservanza delle costituzioni.
§
2. Fra queste vi sono società i cui membri assumono i consigli evangelici
con qualche vincolo definito dalle costituzioni.
Can.
732 - Quanto è stabilito nei cann.
578-597 e 606 si applica anche alle società di vita apostolica, tuttavia
nel rispetto della natura di ciascuna società; alle società di cui al can.
731, § 2, si applicano anche i cann. 598-602.
Can.
733 - § 1. Una casa viene eretta e
una comunità locale viene costituita dall'autorità competente della
società previo consenso scritto del Vescovo diocesano, il quale deve essere
anche consultato quando si tratta della soppressione di queste.
§
2. Il consenso per l'erezione di una casa comporta il diritto di avere
almeno un oratorio, nel quale sia celebrata e custodita la santissima
Eucarestia.
Can.
734 - Il governo della società è
definito dalle costituzioni, osservati, secondo la natura delle singole
società, i cann. 617-633.
Can.
735 - § 1. L'ammissione dei
membri, il periodo di prova, l'incorporazione e la formazione vengono
determinati dal diritto proprio di ogni società.
§
2. Per l'ammissione nella società si osservino le condizioni stabilite dai
cann. 642-645.
§
3. Il diritto proprio deve determinare il regolamento per la prova e per la
formazione, in consonanza con gli scopi e l'indole della società,
particolarmente in campo dottrinale, spirituale, apostolico, cosicché i
membri, riconoscendo la vocazione divina, siano convenientemente preparati
alla missione e alla vita della società.
Can.
736 - § 1. Nelle società
clericali di diritto pontificio i chierici sono incardinati alla società
stesa, a meno che le costituzioni non dicano altrimenti.
§
2. Per quanto riguarda il piano degli studi e la recezione degli ordini, si
seguano le norme previste per i chierici secolari, fermo restando tuttavia
il § 1.
Can.
737 - L'incorporazione comporta da
parte dei membri gli obblighi e i diritti definiti dalle costituzioni; da
parte della società l'impegno di guidare i membri alla realizzazione della
propria vocazione secondo le costituzioni.
Can.
738 - § 1. Tutti i membri sono
soggetti ai propri Moderatori a norma delle costituzioni in ciò che
riguarda la vita interna e la disciplina della società.
§
2. Sono soggetti inoltre al Vescovo diocesano in ciò che riguarda il culto
pubblico, la cura delle anime e le altre attività apostoliche, attesi i
cann. 679-683.
§
3. Le relazioni tra il membro incardinato nella diocesi e il proprio Vescovo
sono definite dalle costituzioni o da particolari convenzioni.
Can.
739 - I membri, inoltre agli
obblighi che secondo le costituzioni li toccano in quanto tali, sono tenuti
agli obblighi comuni ai chierici, a meno che non risulti altrimenti dalla
natura delle cose o dal contesto.
Can.
740 - I membri devono abitare nella
casa o nella comunità legittimamente costituita e osservare la vita in
comune a norma del diritto proprio; da questo sono pure regolate le assenze
dalla casa o dalla comunità.
Can.
741 - § 1. Le società e, se non
è detto altrimenti nelle costituzioni, le loro parti e le case, sono
persone giuridiche e in quanto tali hanno la capacità di acquistare,
possedere, amministrare e alienare beni temporali a norma delle disposizioni
del Libro V, I beni temporali della Chiesa , dei cann. 636, 638 e 639,
nonché del diritto proprio.
§
2. Anche i membri, a norma del diritto proprio, hanno la capacità di
acquistare, possedere e amministrare beni temporali e di disporne, ma tutto
ciò che loro proviene in considerazione della società rimane acquisito per
la società stessa.
Can.
742 - L'uscita e la dimissione dei
membri non ancora incorporati in modo definitivo sono regolate dalle
costituzioni di ciascuna società.
Can.
743 - Un membro incorporato
definitivamente può ottenere dal Moderatore supremo, col consenso del suo
consiglio, l'indulto di lasciare la società, con la conseguente cessazione
dei diritti e degli obblighi derivanti dall'incorporazione, fermo restando
il disposto del can. 693, a meno che tale concessione non sia a norma delle
costituzioni riservata alla Santa Sede.
Can.
744 - § 1. E' parimenti riservato
al Moderatore supremo, col consenso del suo consiglio, di concedere a un
membro incorporato definitivamente la licenza di passare ad un'altra
società di vita apostolica, venendo frattanto sospesi i diritti e gli
obblighi della propria società, fermo restando tuttavia il diritto di
potervi ritornare prima dell'incorporazione definitiva nella nuova società.
§
2. Per il passaggio ad un istituto di vita consacrata, o da questo ad una
società di vita apostolica, si richiede la licenza della Santa Sede, alle
cui disposizioni ci si dovrà attenere.
Can.
745 - Il Moderatore supremo con il
consenso del suo consiglio può concedere a un membro incorporato in modo
definitivo l'indulto di vivere fuori della società, tuttavia non oltre tre
anni, rimanendo sospesi i diritti e gli obblighi incompatibili con la sua
nuova condizione; questi però rimane sotto la cura dei Moderatori. Se si
tratta di un sacerdote, si richiede inoltre il consenso dell'Ordinario del
luogo in cui deve dimorare, rimanendo anche sotto la sua cura e dipendenza.
Can.
746 - Per la dimissione di un
membro definitivamente incorporato si osservino, con gli adattamenti del
caso, i cann. 694-704.
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