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CODICE CIVILE

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LA COSTITUZIONE ECCLESIASTICA DELLA CHIESA

SEZIONE I

LA SUPREMA AUTORITA' DELLA CHIESA

Capitolo I

IL ROMANO PONTEFICE E IL COLLEGIO DEI VESCOVI

Can. 330 - Come, per volontà del Signore, san Pietro e gli altri Apostoli costituiscono un unico Collegio, per la medesima ragione il Romano Pontefice, successore di Pietro, ed i Vescovi, successori degli Apostoli, sono tra di loro congiunti.

Art. 1

Il Romano Pontefice

Can. 331 - Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l'ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi sucessori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente.

Can. 332 - § 1. Il Sommo Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l'elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale. Di conseguenza l'eletto al sommo pontificato che sia già insignito del carattere episcopale ottiene tale potestà dal momento dell'accettazione. Che se l'eletto fosse privo del carattere episcopale, sia immediatamente ordinato Vescovo.

§ 2. Nel caso che il Romano Pontefice, rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.

Can. 333 - § 1. Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio, ha potestà non solo sulla Chiesa universale, ma ottiene anche il primato della potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti; con tale primato viene contemporaneamente rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e immediata che i Vescovi hanno sulle Chiese particolari affidate alla loro cura.

§ 2. Il Romano Pontefice, nell'adempimento dell'ufficio di supremo Pastore della Chiesa, è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare tale ufficio.

§ 3. Non si dà appello né ricorso contro la sentenza o il decreto del Romano Pontefice.

Can. 334 - Nell'esercizio del suo ufficio il Romano Pontefice è assistito dai Vescovi, che possono cooperare con lui in diversi modi, uno dei quali è il sinodo dei Vescovi. Inoltre gli sono di aiuto i Padri Cardinali e altre persone, come pure diverse istituzioni, secondo le necessità dei tempi; tutte queste persone e istituzioni adempiono in suo nome e per sua autorità l'incarico loro affidato per il bene di tutte le Chiese, secondo le norme determinate dal diritto.

Can. 335 - Mentre la Sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze.

Art. 2

Il Collegio dei Vescovi

Can. 336 - Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale permane perennemente il corpo apostolico, insieme con il suo capo e mai senza il suo capo, è pure soggetto di suprema e piena potestà sulla chiesa universale.

Can. 337 - § 1. Il Collegio dei Vescovi esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale nel Concilio Ecumenico.

§ 2. Esercita la medesima potestà mediante l'azione congiunta dei Vescovi sparsi nel mondo, se essa come tale è indetta o liberamente recepita dal Romano Pontefice, così che si realizzi un vero atto collegiale.

§ 3. Spetta al Romano Pontefice, secondo le necessità della Chiesa, scegliere e promuovere i modi con cui il Collegio dei Vescovi può esercitare collegialmente il suo ufficio per la Chiesa universale.

Can. 338 - § 1. Spetta unicamente al Romano Pontefice convocare il Concilio Ecumenico, presiedendolo personalmente o mediante altri, come pure trasferire il Concilio stesso, sospenderlo o scioglierlo e approvarne i decreti.

§ 2. Spetta al Romano Pontefice determinare le questioni da trattare nel Concilio e stabilire l'ordinamento da osservare in esso; i Padri del Concilio, alle questioni proposte dal Romano Pontefice, possono agiungerne altre, che devono essere approvate dallo stesso Romano Pontefice.

Can. 339 - § 1. Tutti e i soli Vescovi che sono membri del Collegio dei Vescovi hanno il diritto e il dovere di partecipare al Concilio Ecumenico con voto deliberativo.

§ 2. Alcuni altri inoltre, che non sono insigniti della dignità episcopale, possono essere chiamati al Concilio Ecumenico dall'autorità suprema della Chiesa, alla quale spetta determinare il loro ruolo nel Concilio.

Can. 340 - Nel caso che la Sede Apostolica divenga vacante durante la celebrazione del Concilio, questo viene interrotto per il diritto stesso, finché il nuovo Sommo Pontefice non abbia ordinato di proseguirlo o non l'abbia sciolto.

Can. 341 - § 1. Non hanno forza obbligante se non quei decreti del Concilio Ecumenico che , insieme con i Padri del Concilio, siano stati approvati dal Romano Pontefice, da lui confermati e per suo comando promulgati.

§ 2. Perché abbiano forza obbligante devono avere la stessa conferma e promulgazione i decreti che emana il Collegio dei Vescovi quando pone un'azione propriamente collegiale secondo una modalità diversa, indetta dal Romano Pontefice o da lui deliberatamente recepita.

Capitolo II

IL SINODO DEI VESCOVI

Can. 342 - Il sinodo dei Vescovi è un'assemblea di Vescovi i quali, scelti dalle diverse regioni dell'orbe, si riuniscono in tempi determinati per favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi stessi, e per prestare aiuto con il loro consiglio al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell'incremento della fede e dei costumi, nell'osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l'attività della Chiesa nel mondo.

Can. 343 - Spetta al sinodo dei Vescovi discutere sulle questioni proposte ed esprimere dei voti, non però dirimerle ed emanare decreti su tali questioni, a meno che in casi determinati il Romano Pontefice, cui spetta in questo caso ratificare le decisioni del sinodo, non gli abbia concesso potestà deliberativa.

Can. 344 - Il sinodo dei Vescovi è direttamente sottoposto all'autorità del Romano Pontefice, al quale spetta propriamente:

1° convocare il sinodo ogni qualvolta lo ritenga opportuno e designare il luogo in cui tenere le assemblee;

2° ratificare l'elezione dei membri che, a norma del diritto peculiare, devono essere eletti, e altresì designare e nominare gli altri membri;

3° stabilire gli argomenti delle questioni da trattare in tempo opportuno, a norma del diritto peculiare, prima della celebrazione del Sinodo;

4° definire l'ordine dei lavori;

5° presiedere il sinodo personalmente o attraverso altri;

6° concludere, trasferire, sospendere e sciogliere il sinodo.

Can. 345 - Il sinodo dei Vescovi può riunirsi in assemblea generale, ordinaria o straordinaria, in cui vengano trattati argomenti che riguardano direttamente il bene della Chiesa universale; oppure può riunirsi in assemblea speciale, in cui vengono trattati affari che riguardano direttamente una o più regioni determinate.

Can. 346 - § 1. Il sinodo dei Vescovi che si riunisce in assemblea generale ordinaria è composto di membri, la maggioranza dei quali Vescovi, che vengono eletti per le singole assemblee delle conferenze dei Vescovi, secondo le modalità determinate dal diritto peculiare del sinodo; altri vengono deputati in forza del medesimo diritto, altri sono nominati direttamente dal Romano Pontefice; ad essi si aggiungono alcuni membri di istituti religiosi clericali, eletti a norma del medesimo diritto peculiare.

§ 2. Il sinodo dei Vescovi, riunito in assemblea generale straordinaria per trattare affari che richiedono una soluzione sollecita, è composto di membri, la maggioranza dei quali Vescovi, deputati dal diritto peculiare del sinodo in ragione dell'ufficio svolto; altri poi nominati direttamente dal Romano Pontefice; ad essi si aggiungono alcuni membri di istituti religiosi clericali eletti a norma del medesimo diritto.

§ 3. Il sinodo dei Vescovi che si riunisce in assemblea speciale è composto soprattutto di membri scelti da quelle regioni per le quali il sinodo viene convocato, a norma del diritto peculiare da cui è retto il sinodo.

Can. 347 - § 1. Quando l'assemblea del sinodo dei Vescovi viene conclusa dal Romano Pontefice, cessa l'incarico affidato nel sinodo stesso ai Vescovi e agli altri membri.

§ 2. Se la Sede Apostolica diviene vacante dopo la convocazione del sinodo o durante la sua celebrazione, per il diritto stesso è sospesa l'assemblea del sinodo, come pure l'incarico assegnato in esso ai membri, finché il nuovo Pontefice non abbia deciso o il suo scioglimento o la sua continuazione.

Can. 348 - § 1. Il sinodo dei Vescovi ha una segreteria generale permanente presieduta dal Segretario generale, nominato dal Romano Pontefice, al quale è d'aiuto il consiglio di segreteria composto di Vescovi, alcuni dei quali vengono eletti, a norma del diritto peculiare, dallo stesso sinodo dei Vescovi, altri nominati dal Romano Pontefice; l'incarico di tutti costoro però cessa quando inizia la nuova assemblea generale.

§ 2. Vengono inoltre costituiti per ogni assemblea del sinodo dei Vescovi uno o più segretari speciali, nominati dal Romano Pontefice, i quali rimangono nell'ufficio affidato solo fino al termine dell'assemblea del sinodo.

Capitolo III

I CARDINALI DI SANTA ROMANA CHIESA

Can. 349- I Cardinali di Santa Romana Chiesa costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere all'elezione del Romano Pontefice, a norma del diritto peculiare; inoltre i Cardinali assistono il Romano Pontefice sia agendo collegialmente quando sono convocati insieme per trattare le questioni di maggiore importanza, sia come singoli, cioè nei diversi uffici ricoperti prestandogli la loro opera nella cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale.

Can. 350 - § 1. Il Collegio dei cardinali è distinto in tre ordini: l'ordine episcopale, cui appartengono i Cardinali ai quali il Romano Pontefice assegna il titolo di una Chiesa suburbicaria e inoltre i Patriarchi Orientali che sono stati annoverati nel Collegio dei cardinali; l'ordine presbiterale e l'ordine diaconale.

§ 2. A ciascun Cardinale dell'ordine presbiterale e diaconale viene assegnato dal Romano Pontefice un titolo o una diaconia nell'Urbe.

§ 3. I Patriarchi Orientali assunti nel Collegio dei cardinali, hanno come titolo la propria sede patriarcale.

§ 4. Il Cardinale Decano ha come titolo la diocesi di Ostia, insieme all'altra Chiesa che aveva come titolo precedente.

§ 5. Mediante opzione fatta nel Concistoro e approvata dal Sommo Pontefice, i Cardinali dell'ordine presbiterale, nel rispetto della priorità di ordine e di promozione, possono passare ad un altro titolo e i Cardinali dell'ordine diaconale ad un'altra diaconia e, se sono rimasti per un intero decennio nell'ordine diaconale, possono passare anche all'ordine presbiterale.

§ 6. Il Cardinale che passa per opzione dall'ordine diaconale all'ordine presbiterale, ottiene la precedenza su tutti i Cardinali presbiteri che sono stati assunti al cardinalato dopo di lui.

Can. 351 - § 1. Ad essere promossi Cardinali vengono scelti liberamente dal Romano Pontefice uomini che siano costituiti almeno nell'ordine del presbiterato, in modo eminente distinti per dottrina, costumi, pietà e prudenza nel disbrigo degli affari; coloro che già non siano Vescovi, devono ricevere la consacrazione episcopale.

§ 2. I Cardinali vengono creati con un decreto del Romano Pontefice, che viene reso pubblico davanti al Collegio dei cardinali; dal momento della pubblicazione essi sono vincolati dai doveri e godono dei diritti definiti dalla legge.

§ 3. Colui che è promosso alla dignità cardinalizia, se il Romano Pontefice ne ha annunciato la creazione, riservandosi però il nome in pectore, durante questo tempo non è tenuto ad alcun dovere e non gode di alcun diritto proprio dei Cardinali; tuttavia dopo che il suo nome è stato reso pubblico dal Romano Pontefice, è tenuto a tali doveri e fruire di tali diritti; ma gode del diritto di precedenza dal giorno della riserva in pectore.

Can. 352 - § 1. Presiede il Collegio dei Cardinali il Decano e ne fa le veci il Sottodecano; il Decano, o il Sottodecano, non hanno nessuna potestà di governo sugli altri Cardinali, ma sono considerati primus inter pares.

§ 2. Quando l'ufficio di Decano diviene vacante, i Cardinali insigniti del titolo di una Chiesa suburbicaria, e solo essi, con la presidenza del Sottodecano, se è presente, oppure del più anziano tra di loro, eleggono al proprio interno chi debba diventare il Decano del Collegio; comunichino il suo nome al Romano Pontefice, al quale spetta approvare l'eletto.

§ 3. Nello stesso modo previsto al § 2, sotto la presidenza del Decano, viene eletto il Sottodecano; spetta al Romano Pontefice approvare anche l'elezione del Sottodecano.

§ 4. Il Decano e il Sottodecano, se ancora non lo hanno, acquistino il domicilio nell'Urbe.

Can. 353 - § 1. I Cardinali prestano principalmente aiuto con attività collegiale al Supremo Pastore della Chiesa nei Concistori, nei quali si riuniscono per ordine del Romano Pontefice e sotto la sua presidenza; i Concistori possono essere ordinari o straordinari.

§ 2. Nel Concistoro ordinario vengono convocati tutti i Cardinali, almeno quelli che si trovano nell'Urbe, per essere consultati su qualche questione grave, che tuttavia si verifica più comunemente, o per compiere determinati atti della massima solennità.

§ 3. Nel Concistoro straordinario, che si celebra quando lo suggeriscono peculiari necessità della Chiesa o la trattazione di questioni particolarmente gravi, vengono convocati tutti i Cardinali.

§ 4. Solo il Concistoro ordinario in cui si celebrino particolari solennità può essere pubblico, in cui cioè, oltre ai Cardinali, vengono ammessi i Prelati, i legati delle società civili ed altri che vi sono invitati.

Can. 354 - I Padri Cardinali preposti ai dicasteri e agli altri organismi permanenti della Curia Romana e della Città del Vaticano, che abbiano compiuto il settantacinquesimo anno di età, sono invitati a presentare al Romano Pontefice la rinuncia all'ufficio, ed egli provvederà, dopo aver valutato tutte le circostanze.

Can. 355 - § 1. Spetta al Cardinale Decano ordinare Vescovo il Romano Pontefice eletto, qualora non fosse ordinato; se il Decano è impedito, tale diritto spetta al Sottodecano, e se anche quest'ultimo è impedito, al Cardinale più anziano dell'ordine episcopale.

§ 2. Il Cardinale Proto-diacono annuncia al popolo il nome del Sommo Pontefice neo-eletto; inoltre impone il pallio ai Metropoliti o lo consegna ai loro procuratori, in nome del Romano Pontefice.

Can. 356 - I Cardinali sono tenuti all'obbligo di collaborare assiduamente col Romano Pontefice; perciò i Cardinali che ricoprono qualsiasi ufficio nella Curia, se non sono Vescovi diocesani, sono tenuti all'obbligo di risiedere nell'Urbe; i Cardinali che hanno la cura di una diocesi come Vescovi diocesani, si rechino a Roma ogni volta che sono convocati dal Romano Pontefice.

Can. 357 - § 1 I Cardinali ai quali è stata assegnata in titolo una Chiesa suburbicaria o una Chiesa nell'Urbe, dopo che ne hanno preso possesso, promuovano il bene di tali diocesi e chiese mediante il consiglio e il patrocinio, pur senza avere su di esse alcuna potestà di governo, e per nessuna ragione interferiscano in ciò che riguarda l'amministrazione dei beni, la disciplina o il servizio delle Chiese.

§ 2. I Cardinali che si trovano fuori dell'Urbe e fuori della propria diocesi, sono esenti dalla potestà di governo del Vescovo della diocesi in cui dimorano in tutto ciò che riguarda la propria persona.

Can. 358 - Al Cardinale al quale il Romano Pontefice dia l'incarico di rappresentarlo in qualche solenne celebrazione o in qualche assemblea di persone, come Legato a latere , cioè come suo alter ego, come pure al Cardinale al quale venga affidato di compiere un determinato incarico pastorale come suo inviato speciale, compete solo quanto gli è demandato dal Romano Pontefice.

Can. 359 - Mentre la Sede Apostolica è vacante, il sacro Collegio dei Cardinali ha nella Chiesa solamente quella potestà che gli è conferita nella legge peculiare.

Capitolo IV

LA CURIA ROMANA

Can. 360 - La Curia Romana, mediante la quale il Sommo Pontefice è solito trattare le questioni della Chiesa universale, e che in suo nome e con la sua autorità adempie alla propria funzione per il bene e a servizio delle Chiese, è composta dalla Segreteria di Stato o Papale, dal Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, dalle Congregazioni, dai Tribunali, e da altri organismi; la loro costituzione e competenza vengono definite da una legge peculiare.

Can. 361 - Col nome di Sede Apostolica o Santa Sede si intendono nel codice non solo il Romano Pontefice, ma anche, se non risulta diversamente dalla natura della questione o dal contesto, la Segreteria di Stato, il Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa e gli altri Organismi della Curia Romana.

Capitolo V

I LEGATI DEL ROMANO PONTEFICE

Can. 362 - Il Romano Pontefice ha il diritto nativo e indipendente di nominare e inviare suoi Legati sia presso le Chiese particolari nelle diverse nazioni o regioni, sia presso gli Stati e le Autorità pubbliche, come pure di trasferirli e richiamarli, nel rispetto però delle norme del diritto internazionale per quanto riguarda l'invio e la revoca dei Legati accreditati presso i Governi.

Can. 363 - § 1. Ai Legati del Romano Pontefice è affidato l'ufficio di rappresentare stabilmente lo stesso Romano Pontefice presso le Chiese particolari o anche presso gli Stati e le Autorità pubbliche cui sono stati invitati.

§ 2. Rappresentano la Sede Apostolica anche coloro che sono incaricati di una Missione pontificia come Delegati od Osservatori presso i Consigli internazionali o presso le Conferenze e i Congressi.

Can. 364 - Il compito principale del Legato pontificio è quello di rendere sempre più saldi ed efficaci i vincoli di unità che intercorrono tra la Sede Apostolica e le Chiese particolari. Spetta perciò al legato pontificio nell'ambito della sua circoscrizione:

1° assistere la Sede Apostolica sulle condizioni in cui versano le Chiese particolari, nonché su tutto ciò che tocca la vita stessa della chiesa e il bene della anime;

2° assistere i Vescovi con l'azione e il consiglio, senza pregiudizio per l'esercizio della loro potestà legittima;

3° favorire relazioni frequenti con la Conferenza Episcopale, fornendo ad essa tutto l'aiuto possibile;

4° per quanto riguarda la nomina dei Vescovi, comunicare o proporre i nomi dei candidati alla Sede Apostolica, nonché istruire il processo informativo sui promovendi, secondo le norme date dalla Sede Apostolica;

5° adoperarsi per promuovere tutto ciò che riguarda la pace, il progresso e la cooperazione tra i popoli;

6° cooperare con i Vescovi per favorire opportuni scambi fra la Chiesa cattolica e le altre Chiese o comunità ecclesiali, anzi anche con le religioni non cristiane;

7° in azione congiunta con i Vescovi, difendere di fronte ai governi degli Stati tutto ciò che riguarda la missione della Chiesa e della Sede Apostolica;

8° esercitare inoltre le facoltà e adempiere gli altri mandati affidatigli dalla Sede Apostolica.

Can. 365 - § 1. E' inoltre compito peculiare del Legato pontificio che esercita contemporaneamente una legazione presso gli Stati secondo le norme del diritto internazionale:

1° promuovere e sostenere le relazioni fra la Sede Apostolica e le Autorità dello Stato;

2° affrontare le questioni che riguardano i rapporti fra Chiesa e Stato; trattare in modo particolare la stipulazione e l'attuazione dei concordati e delle altre convenzioni similari.

§ 2. Nella trattazione delle questioni di cui al § 1, a seconda che lo suggeriscano le circostanze, il Legato pontificio non ometta di richiedere il parere e il consiglio dei Vescovi della circoscrizione ecclesiastica e li informi sull'andamento dei lavori.

Can. 366 - Atteso il carattere peculiare dell'ufficio di Legato:

1° la sede della Legazione pontificia è esente dalla potestà di governo dell'Ordinario del luogo, a meno che non si tratti della celebrazione di matrimoni;

2° il Legato pontificio, avverti, per quanto è possibile, gli Ordinari del luogo, può compiere celebrazioni liturgiche, anche pontificali, in tutte le chiese della sua legazione.

Can. 367 - L'ufficio di Legato pontificio non cessa quando diviene vacante la Sede Apostolica, a meno che non venga stabilito diversamente nella Lettera pontificia; cessa invece quando scade il mandato, con l'intimazione della revoca, con la rinuncia accettata dal Romano Pontefice.

SEZIONE II

LE CHIESE PARTICOLARI E I LORO RAGGRUPPAMENTI

Titolo I

Le Chiese particolari e l'autorità in esse costituita

Capitolo I

LE CHIESE PARTICOLARI

Can. 368 - Le Chiese particolari, nelle quali e dalle quali sussiste la sola e unica Chiesa cattolica, sono innanzitutto le diocesi, alle quali, se non consta altro, viene assimilata la prelatura territoriale e l'abbazia territoriale, il vicario apostolico e la prefettura apostolica e altresì l'amministrazione apostolica eretta stabilmente.

Can. 369 - La Diocesi è la porzione del popolo di Dio che viene affidata alla cura pastorale di un Vescovo con la cooperazione del presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore e da lui riunita nello Spirito Santo mediante il Vangelo e l'Eucarestia, costituisca una Chiesa particolare in cui è veramente presente e operante la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica.

Can. 370 - La prelatura territoriale o l'abbazia territoriale, è una determinata porzione del popolo di Dio, circoscritta territorialmente, la cura della quale viene affidata, per circostanze speciali, ad un Prelato o ad un Abate che la governa a modo di Vescovo diocesano, come suo pastore proprio.

Can. 371 - § 1. Il Vicario apostolico, o la prefettura apostolica, è una determinata porzione del popolo di Dio che, per circostanze peculiari, non è ancora stata costituita come diocesi ed è affidata alla cura pastorale di un Vicario apostolico o di un Prefetto apostolico, che la governa in nome del Sommo Pontefice.

§ 2. L'amministrazione apostolica è una determinata porzione del popolo di Dio che , per ragioni speciali e particolarmente gravi, non viene eretta come diocesi dal Sommo Pontefice e la cura pastorale della quale viene affidata ad un Amministratore apostolico, che la governa in nome del Sommo Pontefice.

Can. 372 - § 1. Di regola la porzione del popolo di Dio, che costituisce una diocesi o un'altra Chiesa particolare, sia circoscritta entro un determinato territorio, in modo da comprendere tutti i fedeli che abitano in quel territorio.

§ 2. Tuttavia, dove a giudizio della suprema autorità della Chiesa, sentite le Conferenze Episcopali interessate, l'utilità lo suggerisca, nello stesso territorio possono essere erette Chiese particolari distinte sulla base del rito dei fedeli o per altri simili motivi.

Can. 373 - Spetta unicamente alla suprema autorità erigere Chiese particolari; queste, una volta legittimamente erette, godono per il diritto stesso di personalità giuridica.

Can. 374 - § 1. Ogni diocesi o altra Chiesa particolare sia divisa in parti distinte o parrocchie.

§ 2. Per favorire la cura pastorale mediante un'azione comune, più parrocchie vicine possono essere riunite in peculiari raggruppamenti, quali sono i vicariati foranei.

Capitolo II

I VESCOVI

Art. 1

I Vescovi in genere

Can. 375 - § 1. I Vescovi, che per divina istituzione sono successori degli Apostoli, mediante lo Spirito Santo che è stato loro donato, sono costituiti Pastori della Chiesa, perché siano anch'essi maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto e ministri del governo.

§ 2. Con la stessa consacrazione episcopale i Vescovi ricevono, con l'ufficio di santificare, anche gli uffici di insegnare e governare, i quali tuttavia, per loro natura, non possono essere esercitati se non nella comunione gerarchica col Capo e con le membra del Collegio.

Can. 376 - Si chiamano diocesani i Vescovi ai quali è stata affidata la cura di una diocesi; gli altri si chiamano titolari.

Can. 377 - § 1. Il Sommo Pontefice nomina liberamente i Vescovi, oppure conferma quelli che sono stati legittimamente eletti.

§ 2. Almeno ogni triennio i Vescovi di una provincia ecclesiastica, oppure, dove le circostanze lo suggeriscono, le Conferenze Episcopali, mediante una consultazione comune e segreta, compilino un elenco di presbiteri, anche membri di istituti di vita consacrata, che risultino particolarmente idonei all'episcopato, e lo trasmettano alla Sede Apostolica, fermo restando il diritto di ciascun Vescovo di presentare separatamente alla Sede Apostolica i nomi dei presbiteri che giudica degni e idonei alla funzione episcopale.

§ 3. A meno che non sia stato stabilito legittimamente in modo diverso, ogni volta deve essere nominato un Vescovo diocesano o un Vescovo coadiutore, per proporre la cosiddetta terna alla Sede Apostolica, spetta al Legato pontificio ricercare singolarmente e comunicare alla stessa Sede Apostolica, insieme con il suo voto, ciò che suggeriscono il Metropolita e i Suffraganei della provincia, alla quale appartiene la diocesi in questione, o con la quale è aggregata, e altresì il presidente della Conferenza Episcopale; il Legato pontificio inoltre ascolti alcuni del collegio dei consultori e del capitolo cattedrale e, se lo ritiene opportuno, richieda anche singolarmente e in segreto il parere di altri, del clero diocesano e religioso, come pure di laici distinti per saggezza.

§ 4. Se non è stato legittimamente disposto in modo diverso, il Vescovo diocesano che ritenga si debba dare un ausiliare alla sua diocesi, proponga alla Sede Apostolica un elenco di almeno tre presbiteri idonei a tale ufficio.

§ 5. Per il futuro non verrà concesso alle autorità civili alcun diritto e previlegio di elezione, nomina, presentazione o designazione dei Vescovi.

Can. 378 - § 1. Per l'idoneità di un candidato all'episcopato, si chiede che:

1° sia eminente per fede salda, buoni costumi, pietà, zelo per le anime, saggezza, prudenza e virtù umane, e inoltre dotato di tutte le altre qualità che lo rendono adatto a compiere l'ufficio in questione;

2° goda di buona reputazione;

3° abbia almeno trentacinque anni di età;

4° sia presbitero almeno da cinque anni;

5° abbia conseguito la laurea dottorale o almeno la licenza in sacra Scrittura, teologia o diritto canonico in un istituto di studi superiori approvato dalla Sede Apostolica, oppure sia almeno veramente esperto in tali discipline.

§ 2. Il giudizio definitivo sull'idoneità del candidato spetta alla Sede Apostolica.

Can. 379 - Se non è legittimamente impedito, chi è promosso all'Episcopato deve ricevere la consacrazione episcopale, entro tre mesi dalla ricezione della lettera apostolica, e, comunque, prima che prenda possesso del suo ufficio.

Can. 380 - Prima di prendere possesso canonico del suo ufficio, colui che è promosso emetta la professione di fede e presti giuramento di fedeltà alla Sede Apostolica, secondo la formula approvata dalla stessa Sede Apostolica.

Art. 2

I Vescovi diocesani

Can. 381 - § 1. Compete al Vescovo diocesano nella diocesi affidatagli tutta la potestà ordinaria, propria e immediata che è richiesta per l'esercizio del suo ufficio pastorale, fatta eccezione per quelle cause che dal diritto o da un decreto del Sommo Pontefice sono riservate alla suprema oppure ad altra autorità ecclesiastica.

§ 2. Nel diritto sono equiparati al Vescovo diocesano, a meno che non risulti diversamente per la natura della cosa o per una disposizione del diritto, coloro che presiedono le altre comunità di fedeli di cui al can. 368.

Can. 382 - § 1. Il Vescovo promosso non può intromettersi nell'esercizio dell'ufficio affidatogli, se prima non ha preso possesso canonico della diocesi; tuttavia può esercitare gli uffici che aveva nella medesima diocesi prima della promozione, fermo restando il disposto del can. 489, § 2.

§ 2. Se non è legittimamente impedito, colui che è promosso all'ufficio di Vescovo diocesano deve prendere possesso canonico della sua diocesi entro quattro mesi dalla ricezione della lettera apostolica, se non è già stato consacrato Vescovo; entro due mesi dalla ricezione, se è già consacrato.

§ 3. Il Vescovo prende possesso canonico della diocesi nel momento in cui esibisce nella diocesi stessa, personalmente o mediante un procuratore, la lettera apostolica al collegio dei consultori, alla presenza del cancelliere della curia, che mette agli atti il fatto, oppure, nella diocesi di nuova erezione, nel momento in cui comunica al clero e al popolo presenti nella chiesa cattedrale tale lettera, mentre il presbitero più anziano tra i presenti mette agli atti il fatto.

§ 4. Si raccomanda vivamente che la presa di possesso canonica avvenga nella chiesa cattedrale in un atto liturgico, alla presenza del clero e del popolo.

Can. 383 - § 1. Nell'esercizio del suo ufficio di pastore, il Vescovo diocesano si mostri sollecito nei confronti di tutti i fedeli che sono affidati alla sua cura, di qualsiasi età, condizione o nazione, sia di coloro che abitano nel territorio sia di coloro che vi si trovano temporaneamente, rivolgendosi con animo apostolico verso coloro che per la loro situazione di vita non possono usufruire sufficientemente della cura pastorale ordinaria, come pure verso quelli che si sono allontanati dalla pratica religiosa.

§ 2. Se ha nella sua diocesi fedeli di rito diverso, provveda alle loro necessità spirituali sia mediante sacerdoti o parroci del medesimo rito, sia mediante un Vicario episcopale.

§ 3. Abbia un atteggiamento di umanità e di carità nei confronti dei fratelli che non sono nella piena comunione con la Chiesa cattolica, favorendo anche l'ecumenismo, come viene inteso dalla Chiesa.

§ 4. Consideri affidati a sé nel Signore i non battezzati, affinché risplenda anche per loro la carità di Cristo, di cui il Vescovo deve essere testimone di fronte a tutti.

Can. 384 - Il Vescovo diocesano segua con particolare sollecitudine i presbiteri che deve ascoltare come aiutanti e consiglieri, difenda e curi i loro diritti in modo che adempiano fedelmente gli obblighi propri del loro stato e in modo che abbiano a disposizione i mezzi e le istituzioni di cui hanno bisogno per alimentare la vita spirituale e intellettuale; così pure faccia in modo che si provveda al loro onesto sostentamento e all'assistenza sociale, a norma del diritto.

Can. 385 - Il Vescovo diocesano favorisca in sommo grado le vocazioni ai diversi ministeri e alla vita consacrata, avendo cura in modo speciale delle vocazioni sacerdotali e missionarie.

Can. 386 - § 1. Il Vescovo diocesano è tenuto a proporre e spiegare ai fedeli le verità di fede che si devono credere e applicare nei costumi, predicando personalmente con frequenza; abbia anche cura che si osservino fedelmente le disposizioni e i canoni che riguardano il ministero della parola, soprattutto l'omelia e la formazione catechetica, in modo che venga offerta a tutti la dottrina cristiana.

§ 2. Difenda con fermezza, usando i metodi più adatti, l'integrità e l'unità della fede che si deve professare, riconoscendo tuttavia la giusta libertà nell'ulteriore approfondimento delle verità.

Can. 387 - Il Vescovo diocesano, consapevole di essere tenuto ad offrire un esempio di santità nella carità, nell'umiltà e nella semplicità di vita, si impegni a promuovere con ogni mezzo la santità dei fedeli, secondo la vocazione propria di ciascuno, ed essendo il principale dispensatore dei misteri di Dio, si adoperi di continuo perché i fedeli affidati alle sue cure crescano in grazia mediante la celebrazione dei sacramenti e perché conoscano e vivano il mistero pasquale.

Can. 388 - § 1. Il Vescovo diocesano, dopo aver preso possesso della diocesi, deve applicare la Messa per il popolo che gli è affidato, ogni domenica e nelle altre feste che nella sua regione sono di precetto.

§ 2. Il Vescovo deve celebrare ed applicare personalmente la Messa per il popolo nei giorni di cui al § 1; se però ne è legittimamente impedito, la applichi in tali giorni tramite un altro, o personalemente in giorni diversi.

§ 3. Il Vescovo al quale sono affidate, oltre alla propria, altre diocesi, anche a titolo di amministrazione, soddisfa l'obbligo applicando una sola Messa per tutto il popolo che gli è affidato.

§ 4. Il Vescovo che non abbia soddifatto l'obbligo di cui ai §§ 1-3, applichi quanto prima per il popolo tante Messe quante ne ha tralasciate.

Can. 389 - Presieda frequentemente nella chiesa cattedrale o in un'altra chiesa della sua diocesi alla celebrazione della santissima Eucarestia, soprattutto nelle feste di precetto e nelle altre solennità.

Can. 390 - Il Vescovo diocesano può celebrare pontificali in tutta la sua diocesi; non però fuori della sua diocesi senza il consenso espresso, o almeno ragionevolmente presunto, dell'Ordinario del luogo.

Can. 391 - § 1. Spetta al Vescovo diocesano governare la Chiesa particolare a lui affidata con potestà legislativa, esecutiva e giudiziaria, a norma del diritto.

§ 2. Il Vescovo esercita la potestà legislativa personalmente; esercita la potestà esecutiva sia personalmente sia mediante i Vicari generali o episcopali, a norma del diritto; esercita la potestà giudiziaria sia personalmente sia mediante il Vicario giudiziale e i giudici, a norma del diritto.

Can. 392 - § 1. Poiché deve difendere l'unità della Chiesa universale, il Vescovo è tenuto a promuovere la disciplina comune a tutta la Chiesa e perciò a urgere l'osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche.

§ 2. Vigili che non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, soprattutto nel ministero della parola, nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali, nel culto di Dio e dei santi e nell'amministrazione dei beni.

Can. 393 - In tutti i negozi giuridici della diocesi, è il Vescovo diocesano che la rappresenta.

Can. 394 - § 1. Il Vescovo favorisca nella diocesi le diverse forme dell'apostolato e curi che in tutta la diocesi o nei suoi distretti particolari tutte le opere di apostolato, mentre conservano l'indole propria di ciascuna, siano coordinate sotto la sua direzione.

§ 2. Solleciti l'adempimento del dovere, a cui sono tenuti i fedeli, di esercitare l'apostolato secondo la condizione e l'attitudine di ciascuno e li esorti a partecipare e a sostenere le varie opere di apostolato, secondo le necessità di luogo e di tempo.

Can. 395 - § 1. Il Vescovo diocesano, anche se ha il coadiutore o l'ausiliare, è tenuto alla legge della residenza personale in diocesi.

§ 2. Tranne che a motivo della visita ad Limina, dei Concili, del sinodo dei Vescovi, della Conferenza Episcopale, a cui debba partecipare, oppure di un altro ufficio legittimamente affidatogli, può rimanere assente dalla diocesi per giusta causa non più di un mese, sia continuo sia interrotto, purché rimanga assicurato che per la sua assenza la diocesi non risenta alcun danno.

§ 3. Non sia assente dalla diocesi nei giorni di Natale, della Settimana Santa e della Risurrezione del Signore, della Pentecoste e del Corpo di Cristo, se non per giusta causa grave e urgente.

§ 4. Se il Vescovo è rimasto assente illegittimamente dalla diocesi più di sei mesi, il Metropolita informi la Sede Apostolica della sua assenza; se poi si tratta del Metropolita, faccia la stessa cosa il suffraganeo più anziano.

Can. 396 - § 1. Il Vescovo è tenuto all'obbligo di visitare ogni anno la diocesi, o tutta o in parte, in modo da visitare tutta la diocesi almeno ogni cinque anni, o personalmente oppure, se è legittimamente impedito,tramite il Vescovo coadiutore, o l'ausiliare, o il Vicario generale o episcopale, o un altro presbitero.

§ 2. E' in facoltà del Vescovo scegliere i chierici che preferisce come accompagnatori e aiutanti nella visita, riprovato ogni privilegio o consuetudine contraria.

Can. 397 - § 1. Sono soggetti alla visita ordinaria del Vescovo le persone, le istituzioni cattoliche, le cose e i luoghi sacri che sono nell'ambito della diocesi.

§ 2. Il Vescovo può visitare i membri degli istituti religiosi di diritto pontificio e le loro case solo nei casi espressamente previsti dal diritto.

Can. 398 - Il Vescovo si impegni a compiere la visita pastorale con la dovuta diligenza; faccia attenzione a non gravare su alcuno con spese superflue.

Can. 399 - § 1. Il Vescovo diocesano è tenuto a presentare ogni cinque anni una relazione al Sommo Pontefice sullo stato della diocesi affidatagli, secondo la forma e il tempo stabiliti dalla Sede Apostolica.

§ 2. Se l'anno determinato per la presentazione della relazione coincide in tutto o in parte con il primo biennio dall'inizio del governo della diocesi, il Vescovo, per quella volta, può astenersi dal compilare e presentare la relazione.

Can. 400 - § 1. Il Vescovo diocesano nell'anno in cui è tenuto a presentare la relazione al Sommo Pontefice, se è stato stabilito divesamente dalla Sede Apostolica, si rechi nell'Urbe per venerare le tombe dei Beati Apostoli Pietro e Paolo e si presenti al Romano Pontefice.

§ 2. Il Vescovo adempia personalmente tale obbligo, se non ne è legittimamente impedito; in tal caso vi soddisfi tramite il coadiutore, se lo ha, o l'ausiliare, oppure tramite un sacerdote idoneo del suo presbiterio, che risieda nella sua diocesi.

§ 3. Il Vicario apostolico può soddisfare tale obbligo tramite un procuratore, anche residente nell'Urbe; il Prefetto apostolico non è tenuto a tale obbligo.

Can. 401 - § 1. Il Vescovo diocesano che abbia compiuto i settantacinque anni di età è invitato a presentare la rinuncia all'ufficio al Sommo Pontefice, il quale provvederà, dopo aver valutato tutte le circostanze.

§ 2. Il Vescovo diocesano che per infermità o altra grave causa risultasse meno idoneo all'adempimento del suo ufficio, è vivamente invitato a presentare la rinuncia all'ufficio.

Can. 402 - § 1. Il Vescovo, la cui rinuncia all'ufficio sia stata accettata, mantiene il titolo di vescovo emerito della sua diocesi e, se lo desidera, può conservare l'abitazione nella stessa diocesi, a meno che in casi determinati, per speciali circostanze, la Sede Apostolica non provveda diversamente.

§ 2. La Conferenza Episcopale deve curare che si provveda ad un adeguato e degno sostentamento del Vescovo che rinuncia, avuto presente tuttavia l'obbligo primario a cui è tenuta la diocesi per la quale ha prestato servizio.

Art. 3

I Vescovi coadiutori e ausiliari

Can. 403 - § 1. Quando le necessità pastorali della diocesi lo suggeriscono, vengano costituiti, su richiesta del Vescovo diocesano, uno o più Vescovi ausiliari; il Vescovo ausiliare non ha il diritto di successione.

§ 2. In circostanze particolarmente gravi, anche di carattere personale, al Vescovo diocesano può essere assegnato un Vescovo ausiliare fornito da speciali facoltà.

§ 3. La Santa Sede, se ciò le risulta più opportuno, può costituire d'ufficio un Vescovo coadiutore, che pure viene fornito di speciali facoltà; il Vescovo coadiutore gode del diritto di successione.

Can. 404 - § 1. Il Vescovo coadiutore prende possesso del suo ufficio quando esibisce, personalmente o mediante procuratore, la lettera apostolica di nomina al Vescovo diocesano e al collegio dei consultori, alla presenza del cancelliere di curia, che mette agli atti il fatto.

§ 2. Il Vescovo ausiliare prende possesso del suo ufficio quando esibisce la lettera apostolica di nomina al Vescovo diocesano, alla presenza del cancelliere di curia, che mette agli atti il fatto.

§ 3. Se il Vescovo diocesano è totalmente impedito, è sufficiente che, sia il Vescovo coadiutore sia il Vescovo ausiliare, esibiscano, la lettera apostolica di nomina al collegio dei consultori, alla presenza del cancelliere della curia.

Can. 405 - § 1. Il Vescovo coadiutore, come pure il Vescovo ausiliare, hanno gli obblighi e i diritti determinati dalle disposizioni dei canoni che seguono e definiti nella lettera di nomina.

§ 2. Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare di cui al can. 403, § 2 assistono il Vescovo diocesano in tutto il governo della diocesi e lo suppliscono se è assente o impedito.

Can. 406 - § 1. Il Vescovo coadiutore, come il Vescovo ausiliare di cui al can. 403, § 2, sia costituito dal Vescovo diocesano Vicario generale; inoltre il Vescovo diocesano affidi a lui a preferenza di altri tutto ciò che richiede, a norma del diritto, un mandato speciale.

§ 2. A meno che nella lettera apostolica non si provveda diversamente e fermo restando il disposto del § 1, il Vescovo diocesano costituisca l'ausiliare o gli ausiliari Vicari generali o almeno Vicari episcopali, dipendenti solo dalla sua autorità oppure da quella del Vescovo coadiutore o del Vescovo ausiliare di cui al can. 403, § 2.

Can. 407 - § 1. Perché sia favorito nel migliore dei modi il bene presente e futuro della diocesi, il Vescovo diocesano, il coadiutore e il Vescovo ausiliare di cui al can. 403, § 2, si consultino tra loro nelle questioni di maggiore importanza.

§ 2. Il Vescovo diocesano, nel valutare le cause di maggiore importanza, soprattutto di carattere pastorale, prima degli altri voglia consultare i Vescovi ausiliari.

§ 3. Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare, in quanto sono chiamati a partecipare alla sollecitudine del Vescovo diocesano, esercitino i loro compiti in modo da procedere insieme con lui di comune accordo.

Can. 408 - § 1. Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare che non siano giustamente impediti, sono obbligati, ogni volta che ne siano richiesti dal Vescovo diocesano, a celebrare i pontificali e le altre funzioni a cui il Vescovo diocesano sarebbe tenuto.

§ 2. Il Vescovo diocesano non affidi abitualmente ad un altro i diritti episcopali e le funzioni che il Vescovo coadiutore o l'ausiliare possono esercitare.

Can. 409 - § 1. Nel momento in cui la sede episcopale è vacante, il Vescovo coadiutore diviene immediatamente Vescovo della diocesi per la quale era stato costituito, purché ne abbia preso legittimo possesso.

§ 2. Quando la sede episcopale diviene vacante, se non è stato stabilito in modo diverso dall'autorità competente, il Vescovo ausiliare, finché il nuovo Vescovo non abbia preso possesso della sede, conserva tutte e sole le potestà e facoltà di cui godeva, come Vicario generale o come Vicario episcopale, mentre la sede era occupata; se poi non è stato designato all'ufficio di Amministratore apostolico o di Amministratore diocesano, eserciti tale sua potestà, conferitagli dal diritto, sotto l'autorità dell'Amministratore apostolico o dell'Amministratore diocesano che presiede al governo della diocesi.

Can. 410 - Il Vescovo coadiutore e il Vescovo ausiliare sono tenuti, come il Vescovo diocesano, all'obbligo di risiedere in diocesi; non se ne allontanino se non per breve tempo, tranne che a motivo di un ufficio da svolgere fuori della diocesi o di ferie, da non protrarsi oltre un mese.

Can. 411 - Al Vescovo coadiutore e all'ausiliare, per quanto riguarda la rinuncia all'ufficio, si applicano le disposizioni dei cann. 401 e 402, § 2.

Capitolo III

SEDE IMPEDITA E SEDE VACANTE

Art. 1

La sede impedita

Can. 412 - La sede episcopale si intende impedita se il Vescovo diocesano è totalmente impedito nell'esercizio dell'ufficio pastorale nelle diocesi, non essendo in grado di comunicare nemmeno per lettera con i suoi diocesani a motivo di prigionia, confino, esilio o inabilità.

Can. 413 - § 1. Mentre la sede è impedita, il governo della diocesi, se la Santa Sede non ha provveduto in altro modo, spetta al Vescovo coadiutore se c'è; se questo manca o è impedito, spetta ad un Vescovo ausiliare o ad un Vicario generale o episcopale o ad un altro sacerdote, mantenendo l'ordine della diocesi, deve compilare quanto prima; tale elenco, che deve essere comunicato al Metropolita, sia rinnovato almeno ogni tre anni e conservato sotto segreto dal cancelliere.

§ 2. Se manca o è impedito il Vescovo coadiutore e non sopperisce l'elenco di cui al § 1, spetta al collegio dei consultori eleggere il sacerdote che deve governare la diocesi.

§ 3. Colui che ha assunto il governo della diocesi a norma dei §§ 1 e 2, informi quanto prima la Santa Sede che la sede è impedita e che egli stesso ha assunto tale ufficio.

Can. 414 - Chiunque è stato chiamato, a norma del can. 413, ad assumere provvisoriamente la cura pastorale della diocesi soltanto per il tempo in cui la sede è impedita, nell'esercizio di tale cura pastorale è tenuto agli obblighi e gode della potestà che, a norma del diritto, competono all'Amministratore diocesano.

Can. 415 - Se al Vescovo diocesano viene proibito di esercitare il proprio ufficio a motivo di una pena ecclesiastica, il Metropolita oppure, se il Metropolita manca o se si tratta del Metropolita stesso, il più anziano per promozione tra i suffraganei, ricorra immediatamente alla Santa Sede perché provveda essa stessa.

Art. 2

La sede vacante

Can. 416 - La sede episcopale diviene vacante con la morte del Vescovo diocesano, con la rinuncia accettata dal Romano Pontefice, col trasferimento e con la privazione intimata al Vescovo stesso.

Can. 417 - Tutto ciò che viene compiuto dal Vicario generale o dal Vicario episcopale ha valore finché non hanno ricevuto notizia certa della morte del Vescovo diocesano; così pure ha valore tutto ciò che viene compiuto dal Vescovo diocesano o dal Vicario generale o episcopale finché non abbiano ricevuto notizia certa degli atti pontifici sopra menzionati.

Can. 418 § 1. Dal momento che ha ricevuto notizia certa del trasferimento il Vescovo, entro due mesi, deve raggiungere la diocesi alla quale è destinato e prenderne possesso canonico; dal giorno della presa di possesso canonico della nuova diocesi, la diocesi di provenienza diviene vacante.

§ 2. Dal momento che ha ricevuto notizia certa del trasferimento fino alla presa di possesso canonico della nuova diocesi, il Vescovo trasferito nella diocesi di provenienza:

1° ha la potestà di Amministratore diocesano ed è tenuto agli obblighi relativi, mentre cessa ogni potestà del Vicario generale e del Vicario episcopale, salvo tuttavia il can. 409, § 2;

2° percepisce l'intera rimunerazione propria dell'ufficio.

Can. 419 - Quando la sede diviene vacante, il governo della diocesi, fino alla costituzione dell'Amministratore diocesano, passa al Vescovo ausiliare e, se sono più d'uno, al più anziano per promozione; se manca il Vescovo ausiliare, è affidato al collegio dei consultori, a meno che la Santa Sede non abbia provveduto diversamente. Colui che assume in tal modo il governo della diocesi convochi senza indugio il collegio competente a nominare l'Amministratore diocesano.

Can. 420 - Nel vicariato o in una prefettura apostolica quando la sede è vacante, assume il governo il Provicario o il Proprefetto, nominato soltanto a questo effetto dal Vicario o dal Prefetto subito dopo la presa di possesso, a meno che la Santa Sede non abbia stabilito diversamente.

Can. 421 - § 1. Entro otto giorni dal momento in cui si è ricevuta notizia che la sede episcopale è vacante, il collegio dei consultori, fermo restando il disposto del can. 502, § 3, deve eleggere l'Amministratore diocesano con il compito di reggere interinalmente la diocesi.

§ 2. Se l'Amministratore diocesano per qualsiasi causa non viene eletto legittimamente entro il tempo prescritto, la sua nomina passa al Metropolita e se è vacante la stessa sede metropolitana o, contemporaneamente, la sede metropolitana e quella suffraganea, passa al Vescovo suffraganeo più anziano per promozione.

Can. 422 - Il Vescovo ausiliare o, se egli manca, il collegio dei consultori informi quanto prima la Sede Apostolica della morte del Vescovo; così pure colui che è eletto Amministratore diocesano la informi quanto prima della propria elezione.

Can. 423 - § 1. Si nomini un solo Amministratore diocesano, riprovata qualsiasi consuetudine contraria; altrimenti l'elezione è nulla.

§ 2. L'Amministratore diocesano non sia contemporaneamente economo; perciò se l'economo della diocesi viene eletto Amministratore, il consiglio per gli affari economici elegga temporaneamente un altro economo.

Can. 424 - L'Amministratore diocesano venga eletto a norma dei cann. 165-178.

Can. 425 - § 1. All'ufficio di Amministratore diocesano può essere destinato validamente solo un sacerdote che abbia compiuto i trentacinque anni di età e che non sia già stato eletto, nominato o presentato per la medesima sede vacante.

§ 2. Venga eletto Amministratore diocesano un sacerdote che si distingua per dottrina e prudenza.

§ 3. Se non sono state rispettate le condizioni stabilite al § 1, il Metropolita oppure, se è vacante la stessa Chiesa metropolitana, il Vescovo suffraganeo più anziano per promozione, dopo aver preso conoscenza della vera situazione, nomini per quella volta l'Amministratore; gli atti di colui che è stato eletto contro le disposizioni del § 1 sono nulli per il diritto stesso.

Can. 426 - Colui che, mentre la sede è vacante, regge la diocesi prima della nomina dell'Amministratore diocesano, ha la stessa potestà che il diritto riconosce al Vicario generale.

Can. 427 - § 1. L'Amministratore diocesano è tenuto agli stessi obblighi e ha la potestà del Vescovo diocesano, escluso ciò che non gli compete o per la natura della cosa o per il diritto stesso.

§ 2. L'Amministratore diocesano ottiene la relativa potestà dal momento in cui accetta l'elezione, senza bisogno di conferma da parte di alcuno, fermo restando quanto prescrive il can. 833, n. 4.

Can. 428 - § 1. Mentre la sede è vacante non si proceda a innovazioni.

§ 2. A coloro che provvedono interinalmente al governo della diocesi è proibito compiere qualsiasi atto che possa arrecare pregiudizio alla diocesi o ai diritti episcopali; in modo speciale è proibito a loro e perciò a chiunque altro, sia personalmente, sia attraverso altri, di sottrarre o distruggere o modificare qualsiasi documento della curia diocesana.

Can. 429 - L'Amministratore diocesano è tenuto all'obbligo di risiedere nella diocesi e di applicare la Messa per il popolo, a norma del can. 388.

Can. 430 - § 1. L'ufficio dell'Amministratore diocesano cessa con la presa di possesso della diocesi da parte del nuovo Vescovo.

§ 2. La rimozione dell'Amministratore diocesano è riservata alla Santa Sede; l'eventuale rinuncia deve essere presentata in forma autentica al collegio competente per la sua elezione, e non ha bisogno di essere accettata; in caso di rimozione, di rinuncia o di morte dell'Amministratore diocesano, ne venga eletto un altro, a norma del can. 421.

Titolo II

I raggruppamenti di Chiese particolari

Capitolo I

PROVINCE ECCLESIASTICHE E REGIONI ECCLESIASTICHE

Can. 431 - § 1. Affinché venga promossa un'azione pastorale comune da parte di diverse diocesi vicine secondo le circostanze di persone e di luoghi, e affinché vengano favoriti in modo più adeguato i mutui rapporti dei Vescovi diocesani, le Chiese particolari più vicine siano riunite in province ecclesiastiche, delimitate da un territorio determinato.

§ 2. D'ora in avanti non vi siano di regola diocesi esenti; perciò le singole diocesi e le altre Chiese particolari che esistono nell'ambito del territorio di una provincia ecclesiastica, devono far parte di una provincia ecclesiastica.

§ 3. Spetta unicamente alla suprema autorità della Chiesa, sentiti i Vescovi interessati, costituire, sopprimere o modificare le province ecclesiastiche.

Can. 432 - § 1. Nella provincia ecclesiastica hanno autorità, a norma del diritto, il concilio provinciale e il Metropolita.

§ 2. La provincia ecclesiastica gode di personalità giuridica per il diritto stesso.

Can. 433 - § 1. Se l'utilità lo suggerisce, specialmente nelle nazioni dove sono più numerose le Chiese particolari, le province ecclesiastiche viciniori, su proposta della Conferenza Episcopale, possono essere congiunte dalla Santa Sede in regioni ecclesiastiche.

§ 2. La regione ecclesiastica può essere eretta in persona giuridica.

Can. 434 - All'assemblea dei Vescovi della regione ecclesiastica spetta favorire la cooperazione e l'attività pastorale comune nella regione; tuttavia i poteri che nei canoni di questo Codice sono attribuiti alla Conferenza Episcopale non competono a tale assemblea, a meno che alcuni di essi le siano stati concessi in modo speciale dalla Santa Sede.

Capitolo II

I METROPOLITI

Can. 435 - Alla provincia ecclesiastica presiede il Metropolita, che è l'Arcivescovo della diocesi cui è preposto; tale ufficio è congiunto con una sede episcopale, determinata o approvata dal Romano Pontefice.

Can. 436 - § 1. Nelle diocesi suffraganee spetta al Metropolita:

1° vigilare perché la fede e la disciplina ecclesiastica siano accuratamente osservate, e informare il Romano Pontefice su eventuali abusi;

2° fare la visita canonica, per una causa precedentemente approvata dalla Santa Sede, se il suffraganeo l'avesse trascurata;

3° nominare l'Amministratore diocesano, a norma dei cann. 421, § 2 e 425 § 3.

§ 2. Dove le circostanze lo richiedono, la Sede Apostolica può conferire al Metropolita funzioni e potestà peculiari da determinare nel diritto particolare.

§ 3. Nessun'altra potestà di governo compete al Metropolita nelle diocesi suffraganee; può però celebrare funzioni sacre in tutte le chiese, come il Vescovo nelle propria diocesi, dopo aver avvertito il Vescovo, se si tratta della chiesa cattedrale.

Can. 437 - § 1. Il Metropolita è tenuto all'obbligo di chiedere personalmente o tramite un procuratore il pallio al Romano Pontefice, entro tre mesi dalla consacrazione episcopale oppure, se è già stato consacrato, dalla provvisione canonica; esso esprime la potestà che , in comunione con la Chiesa di Roma, il Metropolita acquisire di diritto nella propria provincia.

§ 2. Il Metropolita può portare il pallio, nel rispetto delle leggi liturgiche, in qualsiasi chiesa della provincia ecclesiastica a cui presiede; invece non può assolutamente portarlo fuori di essa, neppure col consenso del Vescovo diocesano.

§ 3. Il Metropolita che venga trasferito ad un'altra sede metropolitana, necessita di un nuovo pallio.

Can. 438 - Il titolo di Patriarca e di Primate, al di là di una prerogativa di onore, non comporta nella Chiesa latina alcuna potestà di governo, a meno che per qualcuno di essi non consti diversamente per un privilegio apostolico o per una consuetudine approvata.

Capitolo III

I CONCILI PARTICOLARI

Can. 439 - § 1. Il concilio plenario, cioè di tutte le Chiese particolari della medesima Conferenza Episcopale, sia celebrato ogni volta che risulti necessario o utile alla stessa Conferenza Episcopale, con l'approvazione della Sede Apostolica.

§ 2. La norma stabilita dal § 1 vale anche per la celebrazione del concilio provinciale nella provincia ecclesiastica i cui confini coincidono col territorio della nazione.

Can. 440 - § 1. Il concilio provinciale per le diverse Chiese particolari della medesima provincia ecclesiastica, sia celebrato ogni volta che risulti opportuno a giudizio della maggioranza dei Vescovi diocesani della provincia, salvo il can. 439, § 2.

§ 2. Mentre è vacante la sede metropolitana, non si convochi il concilio provinciale.

Can. 441 - Spetta alla Conferenza Episcopale:

1° convocare il concilio plenario;

2° scegliere il luogo in cui celebrare il concilio, nell'ambito del territorio della Conferenza Episcopale;

3° eleggere, fra i Vescovi diocesani del concilio plenario, il presidente, che deve essere approvato dalla Sede Apostolica;

4° determinare la procedura e le questioni da trattare, indire l'apertura e la durata del concilio plenario, trasferirlo, prorogarlo o scioglierlo.

Can. 442 - § 1. Spetta al Metropolita, col consenso della maggioranza dei Vescovi suffraganei:

1° convocare il concilio provinciale;

2° scegliere il luogo della celebrazione del concilio provinciale, nell'ambito del territorio della provincia;

3° determinare la procedura e le questioni da trattare, indire l'apertura e la durata del concilio provinciale, trasferirlo, prorogarlo i scioglierlo.

§ 2. Spetta al Metropolita, e se questi è legittimamente impedito al Vescovo suffraganeo eletto dagli altri Vescovi suffraganei, presiedere il concilio provinciale.

Can. 443 - § 1. Devono essere convocati ai concili particolari e in essi hanno diritto al voto deliberativo:

1° i Vescovi diocesani;

2° i Vescovi coadiutori e ausiliari;

3° gli altri Vescovi titolari che esercitano nel territorio uno speciale incarico, loro affidato dalla Sede Apostolica o dalla Conferenza Episcopale.

§ 2. Possono essere chiamati ai concili particolari gli altri Vescovi titolari, anche emeriti, che si trovano nel territorio; essi poi hanno diritto al voto deliberativo.

§ 3. Ai concili particolari devono essere chiamati con voto solamente consultivo:

1° i Vicari generali e Vicari episcopali di tutte le Chiese particolari del territorio;

2° i Superiori maggiori degli istituti e delle società di vita apostolica, in numero da determinare, sia per gli uomini sia per le donne, dalla conferenza Episcopale o dai Vescovi della provincia, eletti rispettivamente da tutti i Superiori maggiori degli istituti e delle società che hanno sede nel territorio.

3° i rettori delle università ecclesiastiche e cattoliche, nonché i decani delle facoltà di teologia e di diritto canonico, che hanno sede nel territorio;

4° alcuni rettori dei seminari maggiori, in numero da determinarsi come al n. 2, eletti dai rettori dei seminari situati nel territorio.

§ 4. Ai concili particolari possono essere chiamati, con voto solamente consultivo, anche presbiteri e altri fedeli, in modo però che il loro numero non superi la metà di coloro di cui ai §§ 1-3.

§ 5. Ai concili provinciali siano invitati inoltre i capitoli cattedrali, come pure il consiglio presbiterale e il consiglio pastorale di ciascuna Chiesa particolare, in modo che ognuno di essi invii due suoi membri designati collegialmente; essi però hanno voto solamente consultivo.

§ 6. Ai concili particolari possono essere invitati come ospiti anche altri, se ciò risulta opportuno a giudizio della Conferenza Episcopale, per quanto riguarda il concilio plenario, o a giudizio del Metropolita insieme con i Vescovi suffraganei, per quanto riguarda il concilio provinciale.

Can. 444 - § 1. Tutti coloro che sono convocati ai concili particolari devono parteciparvi, se non sono trattenuti da un giusto impedimento, di cui sono tenuti ad informare il presidente del concilio.

§ 2. Coloro che sono convocati ai concili particolari ed hanno in essi voto deliberativo, se sono trattenuti da un giusto impedimento, possono mandare un procuratore; tale procuratore ha voto solamente consultivo.

Can. 445 - Il concilio particolare cura che si provveda, nel proprio territorio, alle necessità pastorali del popolo di Dio; esso ha potestà di governo, soprattutto legislativa, così da poter decidere, salvo sempre il diritto universale della Chiesa, ciò che risulta opportuno per l'incremento della fede, per ordinare l'attività pastorale comune; per regolare i costumi e per conservare, introdurre, difendere la disciplina ecclesiastica.

Can. 446 - Concluso il concilio particolare, il presidente provveda che vengano trasmessi alla Sede Apostolica tutti gli atti del concilio; i decreti emanati dal concilio non siano promulgati se non dopo essere stati riveduti dalla Sede Apostolica; spetta al concilio stesso definire il modo di promulgazione dei decreti e il tempo in cui i decreti promulgati iniziano ad essere obbliganti.

Capitolo IV

LE CONFERENZE EPISCOPALI

Can. 447 - La Conferenza Episcopale, organismo di per sé permanente, è l'assemblea dei Vescovi di una nazione o di un territorio determinato, i quali esercitano congiuntamente alcune funzioni pastorali per i fedeli di quel territorio, per promuovere maggiormente il bene che la Chiesa offre agli uomini, soprattutto mediante forme e modalità di apostolato opportunamente adeguate alle circostanze di tempo e di luogo, a norma del diritto.

Can. 448 - § 1. La Conferenza Episcopale, come regola generale, comprende i presuli di tutte le Chiese particolari della medesima nazione, a norma del can. 450.

§ 2. Se poi, a giudizio della Sede Apostolica, sentiti i Vescovi diocesani interessati, le circostanze relative alle persone o alle cose lo suggeriscono, la Conferenza Episcopale può essere eretta per un territorio di ampiezza minore o maggiore, in modo che comprenda solamente i Vescovi di alcune Chiese particolari costituite in un determinato territorio oppure i presuli di Chiese particolari esistenti in diverse nazioni; spetta alla Sede Apostolica stabilire norme peculiari per ciascuna di esse.

Can. 449 - § 1. Spetta unicamente alla suprema autorità della Chiesa, sentiti i Vescovi interessati, erigere, sopprimere o modificare le Conferenze Episcopali.

§ 2. La Conferenza Episcopale, una volta eretta legittimamente, gode di personalità giuridica per il diritto stesso.

Can. 450 - § 1. Appartengono alla Conferenza Episcopale per il diritto stesso tutti i Vescovi diocesani del territorio e quelli che nel diritto sono loro equiparati; inoltre i Vescovi coadiutori, i Vescovi ausiliari e gli altri Vescovi titolari che esercitano in tale territorio uno speciale incarico loro affidato dalla Sede Apostolica o dalla Conferenza Episcopale; possono esservi invitati anche gli Ordinari di un altro rito, in modo tuttavia che abbiano soltanto voto consultivo, a meno che gli statuti della Conferenza Episcopale non stabiliscano diversamente.

§ 2. Gli altri Vescovi titolari e il Legato del Romano Pontefice non sono membri di diritto della Conferenza Episcopale.

Can. 451 - Ogni Conferenza Episcopale elabori i propri statuti che devono essere riveduti dalla Sede Apostolica; in essi, fra l'altro, vengano regolate le riunioni plenarie della Conferenza, si provveda alla costituzione del consiglio permanete, della segreteria generale della Conferenza e anche di altri uffici e commissioni che, a giudizio della Conferenza, contribuiscano più efficacemente al conseguimento delle sue finalità.

Can. 452 - § 1. Ogni Conferenza Episcopale si elegga il presidente, determini chi assume la funzione di pro-presidente se il presidente è legittimamente impedito e designi il segretario generale, a norma degli statuti.

§ 2. Il presidente della Conferenza e, se questi è legittimamente impedito, il pro-presidente, presiede non solo le riunioni generali della Conferenza Episcopale, ma anche il consiglio permanente.

Can. 453 - Le riunioni plenarie della Conferenza Episcopale si tengano almeno una volta all'anno e inoltre ogni volta che lo richiedono speciali circostanze, secondo le disposizioni degli statuti.

Can. 454 - § 1. Nelle riunioni plenarie della Conferenza Episcopale per il diritto stesso il voto deliberativo compete ai Vescovi diocesani e a quelli che nel diritto sono loro equiparati, nonché ai Vescovi coadiutori.

§ 2. Ai Vescovi ausiliari e ai Vescovi titolari che appartengono alla Conferenza Episcopale, compete il voto deliberativo oppure consultivo, secondo le disposizioni degli statuti della Conferenza; fermo restando tuttavia che il voto deliberativo compete solo a quelli di cui al § 1, quando si tratta di elaborare o modificare gli statuti.

Can. 455 - § 1. La Conferenza Episcopale può emanare decreti generali solamente nelle materie in cui lo abbia disposto il diritto universale, oppure lo stabilisce un mandato speciale della Sede Apostolica, sia motu proprio, sia su richiesta della conferenza stessa.

§ 2. Perché i decreti di cui al § 1. siano emanati validamente, devono essere espressi nella riunione plenaria almeno mediante i due terzi dei voti dei presuli che avendo voto deliberativo appartengono alla Conferenza, e non ottengono forza obbligante se non vengono legittimamente promulgati, dopo essere stati riveduti dalla Sede Apostolica.

§ 3. Il modo di promulgazione e il tempo in cui i decreti acquistano forza obbligante vengono determinati dalla stessa Conferenza Episcopale.

§ 4. Nei casi in cui né il diritto universale né uno speciale mandato della Sede Apostolica abbiano concesso alla Conferenza Episcopale la potestà di cui al § 1, la decisione compete ai singoli Vescovi diocesani per la propria diocesi e la Conferenza Episcopale o il suo presidente non possono agire validamente in nome di tutti i Vescovi, a meno che tutti e singoli i Vescovi non abbiano dato il loro consenso.

Can. 456 - Conclusa la riunione plenaria della Conferenza Episcopale, la relazione sugli atti della Conferenza e i suoi decreti vengano trasmessi alla Sede Apostolica, sia per farle conoscere gli atti, sia perché i decreti, se ci sono, possano essere riveduti dalla stessa.

Can. 457 - Spetta al consiglio permanete dei Vescovi curare che vengano preparate le questioni da trattare nella riunione plenaria della Conferenza e che siano fatte debitamente eseguire le decisioni prese in essa; ad esso spetta pure trattare gli altri affari che gli vengono affidati, a norma degli statuti.

Can. 458 - Spetta alla segreteria generale:

1° stendere la relazione degli atti e dei decreti della riunione plenaria della Conferenza e degli atti del consiglio permanente e comunicarla a tutti i membri della Conferenza, stendere inoltre altri atti commissionati ad essa dal presidente della Conferenza o dal consiglio permanente;

2° comunicare alle Conferenze Episcopali confinanti gli atti e i documenti che la Conferenza nella riunione plenaria o il consiglio permanente hanno stabilito di trasmettere loro.

Can. 459 - § 1. Si favoriscano le relazioni fra le Conferenze Episcopali, soprattutto viciniori, per la promozione e la tutela del bene maggiore.

§ 2. Ogni volta però le Conferenze intraprendono attivamente o modi di procedere che assumono un carattere internazionale, è opportuno che venga sentita la Sede Apostolica.

Titolo III

Struttura interna delle Chiese particolari

Capitolo I

IL SINODO DIOCESANO

Can. 460 - Il sinodo diocesano è l'assemblea dei sacerdoti e degli altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana, a norma dei canoni seguenti.

Can. 461 - § 1. Il sinodo diocesano si celebri nelle singole Chiese particolari quando, a giudizio del Vescovo diocesano, sentito il consiglio presbiterale le circostanze lo suggeriscano.

§ 2. Se il Vescovo ha la cura di più diocesi oppure ha la cura di una come Vescovo proprio e di un'altra come Amministratore, può convocare un solo sinodo diocesano da tutte le diocesi affidategli.

Can. 462 - § 1. Convoca il sinodo diocesano solo il Vescovo diocesano, non chi presiede interinalmente.

§ 2. Presiede il sinodo diocesano il Vescovo diocesano, il quale tuttavia può delegare il Vicario generale o il Vicario episcopale, a svolgere tale ufficio, per le singole sessioni del sinodo.

Can. 463 - § 1. Al sinodo diocesano devono essere chiamati in qualità di membri e sono tenuti all'obbligo di parteciparvi:

1° il Vescovo coadiutore e i Vescovi ausiliari;

2° i Vicari generali e i Vicari episcopali, nonché il Vicario giudiziale;

3° i canonici della chiesa cattedrale;

4° i membri del consiglio presbiterale;

5° i fedeli laici, anche membri di istituti di vita consacrata, eletti dal consiglio pastorale nel modo e nel numero da determinarsi dal Vescovo diocesano, oppure, dove tale consiglio non esiste, secondo i criteri determinati dal Vescovo diocesano;

6° il rettore del seminario maggiore diocesano;

7° i vicari foranei;

8° almeno un presbitero eletto in ciascun vicariato foraneo da tutti coloro che ivi hanno cura d'anime; inoltre deve essere eletto un altro presbitero che lo sostituisca se il primo è impedito;

9° alcuni Superiori degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica che hanno la casa nella diocesi, i quali devono essere eletti nel numero e nel modo determinati dal Vescovo diocesano.

§ 2. al sinodo diocesano possono essere chiamati in qualità di membri anche altri, sia chierici, sia membri di istituti di vita consacrata, sia fedeli laici.

§ 3. Il Vescovo diocesano, se lo ritiene opportuno, può invitare come osservatori alcuni ministri o membri di Chiese o comunità ecclesiali che non sono nella piena comunione con la Chiesa cattolica.

Can. 464 - Un membro del sinodo, se è trattenuto da legittimo impedimento, non può inviare un procuratore che vi partecipi in suo nome; avverta però il Vescovo diocesano di tale impedimento.

Can. 465 - Tutte le questioni proposte siano sottomesse alla libera discussione dei membri nelle sessioni del sinodo.

Can. 466 - Nel sinodo diocesano l'unico legislatore è il Vescovo diocesano, mentre gli altri membri del sinodo hanno solamente voto consultivo; lui solo sottoscrive le dichiarazioni e i decreti sinodali, che possono essere resi pubblici soltanto per la sua autorità.

Can. 467 - Il Vescovo diocesano comunichi al Metropolita e alla Conferenza Episcopale i testi delle dichiarazioni e dei decreti sinodali.

Can. 468 - § 1. Spetta al Vescovo diocesano, secondo il suo prudente giudizio, sospendere e sciogliere il sinodo diocesano.

§ 2. Quando la sede episcopale è vacante o impedita, il sinodo diocesano si interrompe per il diritto stesso finché il Vescovo diocesano che gli succede non decreti che esso venga continuato oppure non lo dichiari estinto.

Capitolo II

LA CURIA DIOCESANA

Can. 469 - La curia diocesana consta degli organismi e delle persone che aiutano il Vescovo nel governo di tutta la diocesi, cioè nel dirigere l'attività pastorale, nel curare l'amministrazione della diocesi come pure nell'esercitare la potestà giudiziaria.

Can. 470 - La nomina di coloro che sono ammessi agli uffici della curia diocesana spetta al Vescovo diocesano.

Can. 471 - Tutti coloro che sono ammessi agli uffici della curia devono:

1° promettere di adempiere fedelmente l'incarico secondo le modalità determinate dal diritto o dal vescovo;

2° osservare il segreto nei limiti e secondo le modalità determinate dal diritto o dal Vescovo.

Can. 472 - Circa le cause e le persone che, nella curia, si riferiscono all'esercizio della potestà giudiziaria, si osservino le prescrizioni del Libro VII I processi; in ordine a ciò che riguarda l'amministrazione della diocesi, si osservino le disposizioni dei canoni seguenti.

Can. 473 - § 1. Il Vescovo diocesano deve curare che tutti gli affari inerenti all'amministrazione di tutta la diocesi siano debitamente coordinati e diretti a procurare nel modo più opportuno il bene della porzione di popolo di Dio che gli è affidata.

§ 2. Spetta allo stesso Vescovo diocesano coordinare l'attività pastorale dei Vicari generali ed episcopali; dove risulta conveniente, può essere nominato il Moderatore di curia, che è opportuno sia un sacerdote e al quale spetta, sotto l'autorità del Vescovo, coordinare le attività che riguardano la trattazione degli affari amministrativi come pure curare che gli altri addetti alla curia svolgano fedelmente l'ufficio loro affidato.

§ 3. Se le situazioni locali, a giudizio del Vescovo, non suggeriscono diversamente, sia nominato Moderatore di curia il Vicario generale oppure, se sono più di uno, uno dei Vicari generali.

§ 4. Quando il Vescovo lo ritiene opportuno per favorire maggiormente l'attività pastorale, può costituire un consiglio episcopale, composto dai Vicari generali e dai Vicari episcopali.

Can. 474 - Gli atti di curia che hanno per loro natura effetto giuridico, devono essere sottoscritti dall'Ordinario da cui provengono, anche in ordine alla loro validità, e nello stesso tempo devono essere sottoscritti dal cancelliere o dal notaio di curia; il cancelliere poi è tenuto ad informare degli atti il Moderatore di curia.

Art. 1

I Vicari generali ed episcopali

Can. 475 - § 1. In ogni diocesi il Vescovo diocesano deve costituire il Vicario generale affinché, con la potestà ordinaria di cui è munito a norma dei canoni seguenti, presti il suo aiuto al Vescovo stesso nel governo di tutta la diocesi.

§ 2. Come regola generale, venga costituito un solo Vicario generale, a meno che l'ampiezza della diocesi o il numero degli abitanti oppure altre ragioni pastorali non suggeriscano diversamente.

Can. 476 - Ogniqualvolta lo richieda il buon governo della diocesi, possono essere costituiti dal Vescovo diocesano anche uno o più Vicari episcopali; essi hanno la stessa potestà ordinaria che, per diritto universale, a norma dei canoni seguenti, spetta al Vicario generale, o per una parte determinata della diocesi, o per un genere determinato di affari, o in rapporto ai fedeli di un determinato rito o di un ceto determinato di persone.

Can. 477 - § 1. Il Vicario generale e il Vicario episcopale vengono nominati liberamente dal Vescovo diocesano e da lui possono essere liberamente rimossi, fermo restando il disposto del can. 406; il Vicario episcopale che non sia il Vescovo ausiliare sia nominato per un tempo da determinarsi nell'atto di costituzione.

§ 2. Quando il Vicario generale è assente o legittimamente impedito, il Vescovo diocesano può nominare un altro che lo supplisca; la stessa norma si applica per il Vicario episcopale.

Can. 478 - § 1. Il Vicario generale ed episcopale siano sacerdoti di età non inferiore ai trent'anni, dottori o licenziati in diritto canonico o in teologia oppure almeno veramente esperti in saggezza ed esperienza nel trattare gli affari.

§ 2. L'ufficio di Vicario generale ed episcopale non è compatibile con l'ufficio di canonico penitenziere; inoltre non si può affidare tale ufficio a consanguinei del Vescovo fino al quarto grado.

Can. 479 - § 1. Al Vicario generale compete, in forza dell'ufficio, la stessa potestà esecutiva su tutta la diocesi che, in forza del diritto, spetta al Vescovo diocesano, la potestà cioè di porre tutti gli atti amministrativi, ad eccezione di quelli che il Vescovo si è riservato oppure che richiedono, a norma del diritto, un mandato speciale del Vescovo.

§ 2. Al Vicario episcopale compete, per il diritto stesso, la medesima potestà di cui al § 1, però circoscritta a quella determinata parte del territorio o a quel genere di affari o a quei fedeli di un rito determinato o di un gruppo soltanto, per i quali è stato costituito, fatta eccezione per quelle cause che il Vescovo ha riservato a sé o al Vicario generale, oppure che, a norma del diritto, richiedono un mandato speciale del Vescovo.

§ 3. Spettano al Vicario generale e al Vicario episcopale, nell'ambito della propria competenza, anche le facoltà abituali concesse al Vescovo dalla Sede Apostolica, come pure l'esecuzione dei rescritti, a meno che espressamente non sia stato disposto in modo diverso o a meno che non sia stata scelta l'abilità specifica della persona del Vescovo diocesano.

Can. 480 - Il Vicario generale e il Vicario episcopale devono riferire al Vescovo diocesano sulle principali attività programmate e attuate e inoltre non agiscano mai contro la sua volontà e il suo intendimento.

Can. 481- § 1. La potestà del Vicario generale e del Vicario episcopale cessa allo scadere del mandato, con la rinuncia e, salvi restando i cann. 406 e 409, con la rimozione intimata loro dal Vescovo diocesano e inoltre quando la sede episcopale diviene vacante.

§ 2. Mentre è sospeso l'ufficio del Vescovo diocesano, è sospesa anche la potestà del Vicario generale e del Vicario episcopale, a meno che non siano insigniti della dignità episcopale.

Art. 2

Il cancelliere, gli altri notai e gli archivi

Can. 482 - § 1. In ogni curia venga costituito il cancelliere il cui incarico principale, a meno che non sia stabilito altro dal diritto particolare, consiste nel provvedere che gli atti della curia siano redatti compiutamente, e siano custoditi nell'archivio della stessa.

§ 2. Se si ritiene necessario, al cancelliere può essere dato un aiutante, col nome di vice-cancelliere.

§ 3. Il cancelliere e il vice-cancelliere sono per ciò stesso notai o segretari di curia.

Can. 483 - § 1. Oltre al cancelliere, possono essere costituiti altri notai, la cui scrittura o firma fa pubblica fede, e questo o per tutti gli atti, o per gli atti giudiziari solamente, e per gli atti di una causa determinata o di un negozio soltanto.

§ 2. Il cancelliere e i notai devono essere di integra reputazione e al di sopra di ogni sospetto; nelle cause in cui può essere in discussione la fama di un sacerdote, il notaio deve essere sacerdote.

Can. 484 - E' dovere dei notai:

1° stendere per iscritto gli atti e gli strumenti riguardanti i decreti, le disposizioni, gli obblighi e le altre questioni per le quali si richiede il loro intervento;

2° redigere fedelmente per iscritto le pratiche in corso e apporvi la firma insieme con l'indicazione del luogo, del giorno, del mese e dell'anno;

3° esibire dalla registrazione con le dovute cautele, a chi ne fa legittima richiesta, gli atti e gli strumenti e dichiararne le copie conformi all'originale.

Can. 485 - Il cancelliere e gli altri notai possono essere liberamente rimossi dall'ufficio da parte del Vescovo diocesano, non però dall'Amministratore diocesano, se non con il consenso del collegio dei consultori.

Can. 486 - § 1. Tutti i documenti che riguardano la diocesi o le parrocchie devono essere custoditi con la massima cura.

§ 2. In ogni curia si costituisca in luogo sicuro l'archivio o tabularium diocesano per custodirvi, disposti secondo un ordine determinato e diligentemente chiusi, gli strumenti e le scritture che riguardano le questioni spirituali e temporali della diocesi.

§ 3. Dei documenti contenuti nell'archivio si compili un inventario o catalogo, con un breve riassunto delle singole scritture.

Can. 487 - § 1. L'archivio deve rimanere chiuso e ne abbiano la chiave solo il Vescovo e il cancelliere; a nessuno è lecito entrarvi se non con licenza del Vescovo oppure, contemporaneamente del Moderatore della curia e del cancelliere.

§ 2. E' diritto degli interessati ottenere, personalmente o mediante un procuratore, copia autentica manoscritta o fotostatica dei documenti che per loro natura sono pubblici e che riguardano lo stato della propria persona.

Can. 488 - Non è lecito asportare documenti dall'archivio, se non per breve tempo e col consenso del Vescovo oppure, contemporaneamente, del Moderatore della curia e del cancelliere.

Can. 489 - § 1. Vi sia nella curia diocesana anche un archivio segreto o almeno, nell'archivio comune, vi sia un armadio o una cassa chiusi a chiave e che non possano essere rimossi dalla loro sede; in essi si custodiscano con estrema cautela i documenti che devono essere conservati sotto segreto.

§ 2. Ogni anno si distruggano i documenti che riguardano le cause criminali in materia di costumi, se i rei sono morti oppure se tali cause si sono concluse da un decennio con una sentenza di condanna, conservando però un breve sommario del fatto con il testo della sentenza definitiva.

Can. 490 - § 1. Solo il Vescovo abbia la chiave dell'archivio segreto.

§ 2. Mentre la sede è vacante, l'archivio o l'armadio segreto non si apre se non in caso di vera necessità dallo stesso Amministratore diocesano.

§ 3. Non siano asportati documenti dall'archivio o armadio segreto.

Can. 491 - § 1. Il Vescovo diocesano abbia cura che anche gli atti e i documenti degli archivi delle chiese cattedrali, collegiate, parrocchiali e delle altre chiese che sono presenti nel suo territorio vengano diligentemente conservati e che compilino inventari o cataloghi in due esemplari, di cui uno sia conservato nell'archivio della rispettiva chiesa e l'altro nell'archivio diocesano.

§ 2. Il Vescovo diocesano abbia anche cura che nella diocesi vi sia un archivio storico e che i documenti che hanno valore storico vi si custodiscano diligentemente e siano ordinati sistematicamente.

§ 3. Per consultare o asportare gli atti e i documenti di cui ai §§ 1 e 2, si osservino le norme stabilite dal Vescovo diocesano.

Art. 3

Il consiglio per gli affari economici e l'economo

Can. 492 - § 1. In ogni diocesi venga costituito il consiglio per gli affari economici, presieduto dallo stesso Vescovo diocesano o da un suo delegato; esso è composto da almeno tre fedeli, veramente esperti in economia e nel diritto civile ed eminenti per integrità; essi sono nominati dal Vescovo.

§ 2. I membri del consiglio per gli affari economici siano nominati per un quinquennio, però, terminato tale periodo, possono essere assunti ancora per altri quinquenni.

§ 3. Sono esclusi dal consiglio per gli affari economici i congiunti del Vescovo fino al quarto grado di consanguineità o di affinità.

Can. 493 - Oltre ai compiti ad esso affidati nel Libro V I beni temporali della Chiesa, spetta al consiglio per gli affari economici predisporre ogni anno, secondo le indicazioni del Vescovo diocesano, il bilancio preventivo delle questue e delle elargizioni per l'anno seguente in riferimento alla gestione generale della diocesi e inoltre approvare, alla fine dell'anno, il bilancio delle entrate e delle uscite.

Can. 494 - § 1. In ogni diocesi, dopo aver sentito il collegio dei consultori e il consiglio per gli affari economici, il Vescovo nomini un economo; egli sia veramente esperto in economia e distinto per onestà.

§ 2. L'economo sia nominato per un quinquennio, però, scaduto tale periodo, può essere ancora nominato per altri quinquenni; mentre è in carica, il Vescovo non lo rimuova se non per grave causa, da valutarsi dopo aver sentito il collegio dei consultori e il consiglio per gli affari economici.

§ 3. E' compito dell'economo, secondo le modalità definite dal consiglio per gli affari economici, amministrare i beni della diocesi sotto l'autorità del Vescovo, fare sulla base delle entrate stabili della diocesi le spese che il Vescovo o altri da lui legittimamente incaricati abbiano ordinato.

§ 4. Nel corso dell'anno l'economo deve presentare al consiglio per gli affari economici il bilancio delle entrate e delle uscite.

Capitolo III

IL CONSIGLIO PRESBITERALE E IL COLLEGIO DEI CONSULTORI

Can. 495 - § 1. In ogni diocesi si costituisca il consiglio presbiterale, cioè un gruppo di sacerdoti che , rappresentando il presbiterio, sia come il senato del Vescovo; spetta al consiglio presbiterale coadiuvare il Vescovo nel governo della diocesi, a norma del diritto, affinché venga promosso nel modo più efficace il bene pastorale della porzione di popolo di Dio a lui affidata.

§ 2. Nei vicariati e nelle prefetture apostoliche il Vicario o il Prefetto costituiscano un consiglio composto da almeno tre presbiteri missionari e sentano il loro parere, espresso anche per lettera, negli affari più importanti.

Can. 496 - Il consiglio presbiterale abbia propri statuti approvati dal Vescovo diocesano, attese le norme emanate dalla Conferenza Episcopale.

Can. 497 - Per quanto riguarda la designazione dei membri del consiglio presbiterale:

1° circa la metà venga liberamente eletta dagli stessi sacerdoti a norma dei canoni seguenti e degli statuti;

2° alcuni sacerdoti, a norma degli statuti, devono essere membri di diritto, tali cioè che appartengono al consiglio per l'ufficio loro affidato;

3° il Vescovo diocesano ha piena facoltà di nominare alcuni liberamente.

Can. 498 - § 1. Hanno diritto attivo e passivo di elezione in ordine alla costituzione del consiglio presbiterale:

1° tutti i sacerdoti secolari incaricati nella diocesi;

2° i sacerdoti secolari non incardinati nella diocesi e i sacerdoti membri di un istituto religioso o di una società di vita apostolica i quali, dimorando nella diocesi, esercitano in suo favore qualche ufficio.

3° Per quanto gli statuti lo prevedano, lo stesso diritto di elezione può essere conferito ad altri sacerdoti che abbiano nella diocesi il domicilio o il quasi-domicilio

Can. 499 - Il modo di eleggere i membri del consiglio presbiterale deve essere determinato dagli statuti, però in modo tale che, per quanto è possibile, i sacerdoti del presbiterio siano rappresentati soprattutto in ragione dei diversi ministeri e delle diverse zone della diocesi.

Can. 500 - § 1. Spetta al Vescovo diocesano convocare il consiglio presbiterale, presiederlo e determinare le questioni da trattare oppure accogliere quelle proposte dai membri.

§ 2. Il consiglio presbiterale ha solamente voto consultivo; il Vescovo diocesano lo ascolti negli affari di maggiore importanza, ma ha bisogno del suo consenso solo nei casi espressamente previsti dal diritto.

§ 3. Il consiglio presbiterale non può mai agire senza il Vescovo diocesano al quale soltanto spetta la responsabilità di far conoscere ciò che è stato stabilito a norma del § 2.

Can. 501 - § 1. I membri del consiglio presbiterale siano designati per il tempo determinato dagli statuti, però in modo tale che entro un quinquennio si rinnovi tutto il consiglio o una parte di esso.

§ 2. Quando la sede diventa vacante, il consiglio presbiterale cessa e i suoi compiti sono svolti dal collegio dei consultori; entro un anno dalla presa di possesso, il Vescovo deve costituire nuovamente il consiglio presbiterale.

§ 3. Se il consiglio presbiterale non adempie il compito affidatogli per il bene della diocesi oppure ne abusa gravemente, il Vescovo diocesano, consultato il Metropolita, o, se si tratta della stessa sede metropolitana, il Vescovo suffraganeo più anziano di carica, può scioglierlo, ma entro un anno deve costituirlo nuovamente.

Can. 502 - § 1. Fra i membri del consiglio presbiterale il Vescovo diocesano nomina liberamente alcuni sacerdoti, in numero non minore di sei e non maggiore di dodici, i quali costituiscono per un quinquennio il collegio dei consultori, con i compiti determinati dal diritto; tuttavia al termine del quinquennio esso continua ad esercitare le sue funzioni finché non viene costituito il nuovo collegio.

§ 2. Il collegio dei consultori è presieduto dal Vescovo diocesano; mentre poi la sede è impedita o vacante, è presieduta da colui che sostituisce interinalmente il Vescovo oppure, se costui non è ancora stato costituito, dal sacerdote più anziano di ordinazione nel collegio dei consultori.

§ 3. La Conferenza Episcopale può stabilire che i compiti del collegio dei consultori siano affidati al capitolo cattedrale.

§ 4. Nel vicariato e nella prefettura apostolica i compiti del collegio dei consultori spettano al consiglio della missione di cui al can. 495, § 2, a meno che il diritto non stabilisca diversamente.

Capitolo IV

I CAPITOLI DEI CANONICI

Can. 503 - Il capitolo dei canonici, sia cattedrale sia collegiale, è il collegio dei sacerdoti al quale spetta assolvere alle funzioni liturgiche più solenni nella chiesa cattedrale o collegiale; spetta inoltre al capitolo cattedrale adempiere i compiti che gli vengono affidati dal diritto o dal Vescovo diocesano.

Can. 504 - L'erezione, la modifica o la soppressione del capitolo cattedrale è riservata alla Sede Apostolica.

Can. 505 - Ogni capitolo, sia cattedrale sia collegiale, abbia propri statuti, costituiti mediante un legittimo atto capitolare e approvati dal Vescovo diocesano; tali statuti non vengano modificati o abrogati se non con l'approvazione dello stesso Vescovo diocesano.

Can. 506 - § 1. Gli statuti del capitolo, salve sempre le leggi di fondazione, determinino la stessa costituzione del capitolo e il numero dei canonici; definiscano i compiti del capitolo e dei singoli canonici in ordine alla celebrazione del culto divino e all'esercizio del ministero; regolino le riunioni in cui vengono trattate le questioni riguardanti il capitolo e, salve le disposizioni del diritto universale, determinino le condizioni richieste per la validità e la liceità degli atti.

§ 2. Negli statuti vengano anche definite le insegne e le retribuzioni dei canonici, sia quelle stabili, sia quelle da versare in occasione dell'adempimento di un incarico.

Can. 507 - § 1. Vi sia fra i canonici chi presiede il capitolo e vengano pure costituiti gli altri uffici, a norma degli statuti, tenendo anche conto degli usi vigenti nella regione.

§ 2. Ai chierici che non appartengono al capitolo possono essere affidati altri uffici mediante i quali, a norma degli statuti, prestano aiuto ai canonici.

Can. 508 - § 1. Il canonico penitenziere, sia della chiesa cattedrale sia della chiesa collegiale, ha in forza dell'ufficio la facoltà ordinaria che però non è delegabile, di assolvere in foro sacramentale dalle censure latae sentetiae non dichiarate, non riservate alla Sede Apostolica; tale facoltà riguarda, in diocesi, anche gli estranei e i diocesani anche fuori del territorio della diocesi.

§ 2. Dove manca il capitolo il Vescovo diocesano costituisca un sacerdote a compiere il medesimo incarico.

Can. 509 - § 1. Spetta al Vescovo diocesano udito il capitolo, ma non all'Amministratore diocesano, conferire tutti e singoli i cononicati, sia nella chiesa cattedrale sia nella chiesa collegiale, revocato ogni previlegio contrario; spetta ancora al Vescovo confermare colui che è eletto dal capitolo stesso per presiederlo.

§ 2. Il Vescovo diocesano conferisca i canonicati solo a sacerdoti che si distinguano per dottrina e integrità di vita e che abbiano esercitato lodevolmente il ministero.

Can. 510 - § 1. Le parrocchie non siano più unite al capitolo dei canonici; quelle che sono tuttora unite ad un capitolo, ne siano separate da parte del Vescovo diocesano.

§ 2. Nella chiesa che sia insieme parrocchiale e capitolare, venga costituito un parroco, scelto fra i capitolari o meno; questi è tenuto a tutti i doveri e possiede i diritti e le facoltà che, a norma del diritto, sono proprie del parroco.

§ 3. Spetta al Vescovo diocesano stabilire norme precise mediante le quali possano essere debitamente armonizzati i doveri pastorali del parroco e le funzioni proprie del capitolo, facendo in modo che il parroco non sia di impedimento alle funzioni capitolari e il capitolo non sia di impedimento a quelle parrocchiali; se sorge un conflitto, lo dirima il Vescovo diocesano il quale deve curare innazitutto che si provveda in modo adeguato alle necessità pastorali dei fedeli.

§ 4. Le offerte che vengono elargite ad una chiesa contemporaneamente parrocchiale e capitolare, si presumono elargite alla parrocchia, se non consti altro.

Capitolo V

IL CONSIGLIO PASTORALE

Can. 511 - In ogni diocesi, se lo suggerisce la situazione pastorale, si costituisca il consiglio pastorale, al quale spetta, sotto l'autorità del Vescovo, studiare, valutare e proporre conclusioni operative su tutto ciò che riguarda le attività pastorali della diocesi.

Can. 512 - § 1. Il consiglio pastorale è composto da fedeli che siano in piena comunione con la Chiesa cattolica, sia chierici, sia membri di istituti di vita consacrata, sia soprattutto laici; essi vengono designati nel modo determinato dal Vescovo diocesano.

§ 2. I fedeli designati al consiglio pastorale siano scelti in modo che attraverso di loro sia veramente rappresentata tutta la porzione di popolo di Dio che costituisce la diocesi, tenendo presenti le diverse zone della diocesi stessa, le condizioni sociali, le professioni e inoltre il ruolo che essi hanno nell'apostolato, sia come singoli, sia in quanto associati.

§ 3. Al consiglio pastorale non vengano designati se non fedeli che si distinguono per fede sicura, buoni costumi e prudenza.

Can. 513 - § 1. Il consiglio pastorale viene costituito a tempo determinato, secondo le disposizioni degli statuti dati dal Vescovo.

§ 2. Quando la sede diviene vacante, il consiglio pastorale cessa.

Can. 514 - § 1. Spetta unicamente al Vescovo diocesano, secondo le necessità dell'apostolato, convocare e presiedere il consiglio pastorale, che gode solamente di voto consultivo.

§ 2. Il consiglio pastorale sia convocato almeno una volta l'anno.

Capitolo VI

LE PARROCCHIE, I PARROCI E I VICARI PARROCCHIALI

Can. 515 - § 1. La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell'ambito di una Chiesa particolare, e la cui cura pastorale è affidata, sotto l'autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore.

§ 2. Spetta unicamente al Vescovo diocesano erigere, sopprimere o modificare le parrocchie; egli non le eriga, non le sopprima e non le modifichi in modo rilevante senza aver sentito il consiglio presbiterale.

§ 3. La parrocchia eretta legittimamente gode di personalità giuridica per il diritto stesso.

Can. 516 - § 1. A meno che il diritto non disponga diversamente, alla parrocchia è equiparata la quasi-parrocchia, che è una comunità determinata di fedeli nell'ambito della Chiesa particolare, affidata ad un sacerdote come suo pastore, ma che, per speciali circostanze, non è ancora stata eretta come parrocchia.

§ 2. Quando una comunità non può essere eretta parrocchia o quasi-parrocchia, il Vescovo diocesano provveda in altro modo alla sua cura pastorale.

Can. 517 - § 1. Quando le circostanze lo richiedono, la cura pastorale di una parrocchia, o di più parrocchie contemporaneamente, può essere affidata in solido a più sacerdoti, a condizione tuttavia che uno di essi ne sia il moderatore nell'esercizio della cura pastorale, tale cioè che diriga l'attività comune e di essa risponda davanti al Vescovo.

§ 2. Nel caso che il Vescovo diocesano, a motivo della scarsità di sacerdoti, abbia giudicato di dover affidare ad un diacono o ad una persona non insignita del carattere sacerdotale o ad una comunità di persone una partecipazione nell'esercizio della cura pastorale di una parrocchia, costituisca un sacerdote il quale, con la potestà e le facoltà di parroco, sia il moderatore della cura pastorale.

Can. 518 - Come regola generale, la parrocchia sia territoriale, tale cioè che comprenda tutti i fedeli di un determinato territorio; dove però risulti opportuno, vengano costituite parrocchie personali, sulla base del diritto, della lingua, della nazionalità dei fedeli appartenenti ad un territorio, oppure anche sulla base di altre precise motivazioni.

Can. 519 - Il parroco è il pastore proprio della parrocchia affidatagli, esercitando la cura pastorale di quella comunità sotto l'autorità del Vescovo diocesano, con il quale è chiamato a partecipare al ministero di Cristo, per compiere al servizio della comunità le funzioni di insegnare, santificare e governare, anche con la collaborazione di altri presbiteri o diaconi e con l'apporto dei fedeli laici, a norma del diritto.

Can. 520 - §1. Il parroco non sia una persona giuridica; tuttavia il Vescovo diocesano, ma non l'Amministratore diocesano, col consenso del Superiore competente, può affidare una parrocchia ad un istituto religioso clericale o ad una società clericale di vita apostolica, anche erigendola presso la chiesa dell'istituto o della società, a condizione però che un solo sacerdote sia parroco della parrocchia, oppure, se la cura pastorale è affidata in solido a più sacerdoti, il moderatore di cui al can. 517, § 1.

§ 2. L'assegnazione della parrocchia di cui al § 1 può essere fatta sia in perpetuo, sia a tempo determinato; in ambedue i casi avvenga mediante una convenzione scritta stipulata fra il Vescovo diocesano e il Superiore competente dell'istituto o della società; in essa, fra l'altro, venga definito espressamente e con precisione tutto quello che riguarda l'attività da svolgere, le persone da impiegarvi e le questioni economiche.

Can. 521 - § 1. Perché uno sia nominato parroco validamente, deve essere costituito nel sacro ordine del presbiterato.

§ 2. Si distingua inoltre per sana dottrina e onestà di costumi, sia dotato di zelo per le anime e di ogni altra virtù e abbia quelle qualità che sono richieste sia dal diritto universale, sia dal diritto particolare per la cura pastorale della parrocchia in questione.

§ 3. Per conferire a qualcuno l'ufficio di parroco, è opportuno che venga accertata con sicurezza la sua idoneità nel modo determinato dal Vescovo, anche mediante un esame.

Can. 522 - E' opportuno che il parroco goda di stabilità, perciò venga nominato a tempo indeterminato; il Vescovo diocesano può nominarlo a tempo determinato solamente se ciò fu ammesso per decreto dalla Conferenza Episcopale.

Can. 523 - Fermo restando il disposto del can. 682, la provvisione dell'ufficio di parroco spetta al Vescovo diocesano; essa avviene mediante libero conferimento, a meno che qualcuno non abbia il diritto di presentazione o di elezione.

Can. 524 - Il Vescovo diocesano, dopo aver valutato tutte le circostanze, affidi la parrocchia vacante a chi ritiene idoneo ad esercitarvi la cura pastorale, esclusa ogni preferenza di persone; per giudicarne l'idoneità, senta il vicario foraneo ed esegua le indagini opportune, uditi, se del caso, determinati presbiteri come pure fedeli laici.

Can. 525 - Mentre la sede è vacante o impedita, all'Amministratore diocesano o a colui che regge interinalmente la diocesi spetta:

1° concedere l'istituzione o la conferma al sacerdote legittimamente presentato o eletto per una parrocchia;

2° nominare i parroci se la sede è vacante o impedita da un anno.

Can. 526 - § 1. Il parroco abbia la cura pastorale di una sola parrocchia; tuttavia, per la scarsità di sacerdoti o per altre circostanze, può essere affidata al medesimo parroco la cura di più parrocchie vicine.

§ 2. Nella medesima parrocchia vi sia soltanto un parroco o un moderatore a norma del can. 517, § 1, riprovata ogni consuetudine contraria e revocato ogni privilegio contrario.

Can. 527 - § 1. Colui che è stato promosso alla cura pastorale di una parrocchia, la ottiene ed è tenuto ad esercitarla dal momento della presa di possesso.

§ 2. L'immissione in possesso del parroco spetta all'Ordinario del luogo o ad un sacerdote da lui delegato e devono essere osservate le modalità determinate dalla legge particolare o dalla legittima consuetudine; tuttavia, per giusta causa, il medesimo Ordinario può dispensare da tali modalità; in tal caso la dispensa comunicata alla parrocchia sostituisce la presa di possesso.

§ 3. L'Ordinario del luogo determini il tempo entro il quale deve avvenire la presa di possesso della parrocchia; trascorso inutilmente tale tempo, se non si sia opposto un giusto impedimento, può dichiarare la parrocchia vacante.

Can. 528 - § 1. Il parroco è tenuto a fare in modo che la parola di Dio sia integralmente annunciata a coloro che si trovano nella parrocchia; perciò curi che i fedeli laici siano istruiti nelle verità della fede, soprattutto con l'omelia delle domeniche e delle feste di precetto e con l'istruzione catechetica; favorisca inoltre le attività che promuovono lo spirito evangelico, anche in ordine alla giustizia sociale; abbia cura speciale della formazione cattolica dei fanciulli e dei giovani; si impegni in ogni modo, anche con la collaborazione dei fedeli, perché l'annuncio evangelico giunga anche a coloro che si sono allontanati dalla pratica religiosa o non professano la vera fede.

§ 2. Il parroco faccia in modo che la santissima Eucarestia sia il centro dell'assemblea parrocchiale dei fedeli; si adoperi perché i fedeli si nutrano mediante la celebrazione devota dei sacramenti e in special modo perché si accostino frequentemente al sacramento della santissima Eucarestia e della penitenza; si impegni inoltre a fare in modo che i fedeli siano formati alla preghiera, da praticare anche nella famiglia, e partecipino consapevolmente e attivamente alla sacra liturgia, di cui il parroco deve essere i moderatore nella sua parrocchia, sotto l'autorità del Vescovo diocesano e sulla quale è tenuto a vigilare perché non si insinuino abusi.

Can. 529 - § 1. Per poter adempiere diligentemente l'ufficio di pastore, il parroco cerchi di conoscere i fedeli affidati alle sue cure; perciò visiti le famiglie, partecipando alle sollecitudini dei fedeli, soprattutto alle loro angosce e ai loro lutti, confortandoli con prudenza; assista con traboccante carità gli ammalati, soprattutto quelli vicini alla morte, nutrendoli con sollecitudine dei sacramenti e raccomandandone l'anima a Dio; con speciale diligenza sia vicino ai poveri e agli ammalati, agli afflitti, a coloro che sono soli, agli esuli e a tutti coloro che attraversano particolari difficoltà; si impegni anche perché gli sposi e i genitori siano sostenuti nell'adempimento dei loro doveri e favorisca l'incremento della vita cristiana nella famiglia.

§ 2. Il parroco riconosca e promuova il ruolo che hanno i fedeli laici nella missione della Chiesa, favorendo le loro associazioni che si propongono finalità religiose. Collabori col proprio Vescovo e col presbiterio della diocesi, impegnandosi anche perché i fedeli si prendano cura di favorire la comunione parrocchiale, perché si sentano membri e della diocesi e della Chiesa universale e perché partecipino e sostengano le opere finalizzate a promuovere le comunione.

Can. 530 - Le funzioni affidate al parroco in modo speciale sono le seguenti:

1° amministrare il battesimo;

2° amministrare il sacramento della confermazione a coloro che sono in pericolo di morte, a norma del can. 883, n. 3;

3° Amministrare il Viatico e l'unzione degli infermi, fermo restando il disposto del can. 1003, §§ 2 e 3, e impartire la benedizione apostolica;

4° assistere al matrimonio e benedire le nozze;

5° celebrare i funerali;

6° benedire il fonte battesimale nel tempo pasquale, guidare le processioni fuori della chiesa e impartire le benedizioni solenni fuori della chiesa;

7° celebrare l'Eucarestia più solenne nelle domeniche e nelle feste di precetto.

Can. 531 - Anche se è un altro a svolgere qualche incarico parrocchiale, le offerte ricevute dai fedeli in tale occasione siano versate nella cassa parrocchiale, a meno che, quando si tratta di offerte volontarie, non costi l'intenzione contraria dell'offerente; spetta al Vescovo diocesano, sentito il consiglio presbiterale, stabilire le norme con le quali si provvede alla destinazione di tali offerte e alla rimunerazione dei sacerdoti che svolgono il medesimo incarico.

Can. 532 - Il parroco rappresenta la parrocchia, a norma del diritto, in tutti i negozi giuridici; curi che i beni della parrocchia siano amministrati a norma dei cann. 1281-1288.

Can. 533 - § 1. Il parroco è tenuto all'obbligo di risiedere nella casa parrocchiale in vicinanza della chiesa; tuttavia in casi particolari, per giusta causa, l'Ordinario del luogo può permettere che dimori altrove, soprattutto se si tratta di un'abitazione comune a più sacerdoti, purché si possa provvedere in modo opportuno e adeguato all'adempimento degli incarichi parrocchiali.

§ 2. A meno che non sussista un motivo grave, il parroco può assentarsi ogni anno dalla parrocchia per ferie al massimo per un mese, continuo o interrotto; in questo tempo delle ferie non vengono computati i giorni che il parroco dedica una volta all'anno al ritiro spirituale; tuttavia, per assentarsi dalla parrocchia per un tempo superiore ad una settimana, il parroco è tenuto ad avvertirne l'Ordinario del luogo.

§ 3. Spetta al Vescovo diocesano stabilire norme che assicurino, durante l'assenza del parroco, l'esercizio della cura pastorale della parrocchia tramite un sacerdote fornito delle debite facoltà.

Can. 534 - § 1. Dopo aver preso possesso della parrocchia, il parroco è tenuto all'obbligo di applicare la Messa per il popolo affidatogli ogni domenica e nelle feste che nella sua diocesi sono di precetto; chi ne è legittimamente impedito la applichi negli stessi giorni mediante un altro oppure, in giorni diversi, la applichi personalmente.

§ 2. Il parroco che ha la cura di più parrocchie, nei giorni di cui al § 1, è tenuto ad applicare una Mesa per tutto il popolo affidatogli.

§ 3. Il parroco che non abbia soddisfatto all'obbligo di cui ai §§ 1 e 2, applichi quanto prima tante Messe per il popolo quante ne ha tralasciate.

Can. 535 - In ogni parrocchia vi siano i libri parrocchiali, cioè il libro dei battezzati, dei matrimoni, dei defunti ed eventualmente altri libri secondo le disposizioni date dalla Conferenza Episcopale o dal Vescovo diocesano; il parroco provveda che tali libri siano redatti accuratamente e diligentemente conservati.

§ 2. Nel libro dei battezzati si annoti anche la confermazione e tutto ciò che riguarda lo stato canonico dei fedeli, in rapporto al matrimonio, salvo il disposto del can. 1133, all'adozione, come pure in rapporto all'ordine sacro, alla professione perpetua emessa in un istituto religioso e al cambiamento del rito; tali annotazioni vengano sempre riportate nei certificati di battesimo.

§ 3. Ogni parrocchia abbia il proprio sigillo; gli attestati emessi sullo stato canonico dei fedeli, come pure tutti gli atti che possono avere rilevanza giuridica, siano sottoscritti dal parroco o da un suo delegato e muniti del sigillo parrocchiale.

§ 4. In ogni parrocchia vi sia il tabularium o archivio, in cui vengano custoditi i libri parrocchiali, insieme con le lettere dei Vescovi e gli altri documenti che si devono conservare per la loro necessità o utilità; tali libri e documenti devono essere controllati dal Vescovo diocesano o dal suo delegato durante la visita o in altro tempo opportuno e il parroco faccia attenzione che essi non vadano in mano ad estranei.

§ 5. Anche i libri parrocchiali più antichi vengano custoditi diligentemente, secondo le disposizioni del diritto particolare.

Can. 536 - § 1. Se risulta opportuno a giudizio del Vescovo diocesano, dopo aver sentito il collegio presbiterale, in ogni parrocchia venga costituito il consiglio pastorale, che è presieduto dal parroco e nel quale i fedeli, insieme con coloro che partecipano alla cura pastorale in forza del proprio ufficio, prestano il loro aiuto nel promuovere l'attività pastorale.

§ 2. Il consiglio pastorale ha solamente voto consultivo ed è retto dalle norme stabilite dal Vescovo diocesano.

Can. 537 - In ogni parrocchia vi sia il consiglio per gli affari economici che è retto, oltre che dal diritto universale, dalle norme date dal Vescovo diocesano; in esso i fedeli, scelti secondo le medesime norme, aiutino il parroco nell'amministrazione dei beni della parrocchia, fermo restando il disposto del can. 532.

Can. 538 - § 1. Il parroco cessa dall'ufficio con la rimozione o il trasferimento deciso da parte del Vescovo diocesano a norma del diritto, con la rinuncia fatta dal parroco stesso per giusta causa, la quale, per essere valida, deve essere accettata dal Vescovo, e inoltre cessa allo scadere del tempo se fu costituito a tempo determinato, secondo le disposizioni del diritto particolare di cui al can. 522.

§ 2. Il parroco membro di un istituto religioso o incardinato in una società di vita apostolica, viene rimosso a norma del can. 682, § 2.

§ 3. Compiuti i settantacinque anni, il parroco è invitato a presentare la rinuncia all'ufficio al Vescovo diocesano, il quale, considerata ogni circostanza di persona e di luogo, decida se accettarla o differirla; il Vescovo diocesano deve provvedere in modo adeguato al sostentamento e all'abitazione del rinunciante, attese le norme emanate dalla Conferenza Episcopale.

Can. 539 - Quando la parrocchia è vacante, oppure quando il parroco è impedito nell'esercizio dell'ufficio pastorale nella parrocchia per prigionia, esilio o confino, per inabilità o malferma salute oppure per altre cause, il Vescovo diocesano designi quanto prima l'amministratore parrocchiale, il sacerdote cioè che supplisca il parroco a norma del can. 540.

Can. 540 - § 1. L'amministratore parrocchiale è tenuto agli stessi doveri e ha gli stessi diritti del parroco, a meno che il Vescovo diocesano non stabilisca diversamente.

§ 2. All'amministratore parrocchiale non è lecito compiere nulla che rechi pregiudizio ai diritti del parroco o che possa essere di danno ai beni parrocchiali.

§ 3. Al termine del suo incarico, l'amministratore parrocchiale presenti al parroco il rendiconto.

Can. 541 - § 1. Quando la parrocchia diviene vacante e quando il parroco è impedito nell'esercizio della funzione pastorale, prima della costituzione dell'amministratore parrocchiale, assuma interinalmente il governo della parrocchia il vicario parrocchiale; se essi sono più d'uno, il più anziano per nomina; se poi mancano i vicari, lo assuma il parroco che è indicato dal diritto particolare.

§ 2. Chi assume il governo della parrocchia a norma del can. 516, § 1, avverta immediatamente l'Ordinario del luogo che la parrocchia è vacante.

Can. 542 - I sacerdoti ai quali, a norma del can. 516, § 1, viene affidata in solido la cura pastorale di una parrocchia o di più parrocchie contemporaneamente:

1° devono possedere le qualità di cui al can. 521;

2° siano nominati o istituiti a norma di quanto dispongono i cann. 522 e 524;

3° ottengano la cura pastorale solo dal momento della presa di possesso; il loro moderatore viene immesso in possesso a norma di quanto prescrive il can. 527, § 2; per gli altri sacerdoti poi la professione di fede emessa legittimamente tiene il posto della presa di possesso.

Can. 543 - § 1. Se a determinati sacerdoti viene affidata in solido la cura pastorale di una parrocchia o di più parrocchie contemporaneamente essi sono tenuti singolarmente, secondo i criteri da loro stessi stabiliti, all'obbligo di adempiere i compiti e le funzioni proprie del parroco di cui ai cann. 528, 529 e 530; la facoltà di assistere ai matrimoni come pure le facoltà di dispensa concesse al parroco per il diritto stesso, spettano a tutti, ma devono essere esercitate sotto le direzione del moderatore.

§ 2. Tutti i sacerdoti del gruppo:

1° sono tenuti all'obbligo della residenza;

2° di comune accordo stabiliscono i criteri secondo cui uno di loro celebra la Messa per il popolo, a norma del can. 533;

3° solo il moderatore rappresenta nei negozi giuridici la parrocchia o le parrocchie affidate al gruppo.

Can. 544 - Quando cessa dall'ufficio un sacerdote della comunità di cui al can. 517, § 1, o il moderatore del gruppo, e parimenti quando uno di loro diviene inabile ad esercitare la funzione pastorale, non diviene vacante la parrocchia o le parrocchie la cui cura è affidata al gruppo; spetta al Vescovo diocesano nominare un altro moderatore; però prima che il Vescovo costituisca un altro moderatore, adempia tale ufficio il sacerdote del gruppo più anziano per nomina.

Can. 545 - § 1. Ogni volta che risulta necessario o opportuno ai fini della adeguata cura pastorale della parrocchia, al parroco possono essere affiancati uno o più vicari parrocchiali, i quali si dedicano al ministero pastorale come cooperatori del parroco e partecipi della sua sollecitudine, mediante attività e iniziative programmate con il parroco e sotto la sua autorità.

§ 2. Il vicario parrocchiale può essere costituito perché presti il suo aiuto nell'adempiere tutto il ministero pastorale e, in questo caso, o per tutta la parrocchia o per una parte determinata di essa o per un certo gruppo di fedeli; oppure può anche essere costituito per assolvere uno specifico ministero contemporaneamente in più parrocchie determinate.

Can. 546 - Perché uno sia validamente nominato vicario parrocchiale, è necessario che sia costituito nel sacro ordine del presbiterato.

Can. 547 - Il vicario parrocchiale è nominato liberamente dal Vescovo diocesano, dopo aver sentito, se lo ritiene opportuno, il parroco o i parroci delle parrocchie per le quali è costituito, e inoltre il vicario foraneo, fermo restando il disposto del can. 682, § 1.

Can. 548 - § 1. Gli obblighi e i diritti del vicario parrocchiale sono definiti, oltre che dai canoni del presente capitolo, anche dagli statuti diocesani come pure dalla lettera del Vescovo diocesano, ma sono determinati in modo più specifico dalle disposizioni del parroco.

§ 2. A meno che nella lettera del Vescovo diocesano non si disponga espressamente altro, il vicario parrocchiale è tenuto all'obbligo, per l'ufficio che esercita, di aiutare il parroco in tutto il ministero parrocchiale, fatta eccezione per quanto riguarda l'applicazione della Messa per il popolo; è anche tenuto all'obbligo di supplirlo, quando è il caso, a norma del diritto.

§ 3. Il vicario parrocchiale riferisca regolarmente al parroco le iniziative pastorali programmate e in atto, in modo che il parroco e il vicario o i vicari siano in grado di provvedere, con impegno comune, alla cura pastorale della parrocchia, di cui insieme sono garanti.

Can. 549 - Se il parroco è assente, a meno che il Vescovo diocesano non abbia provveduto in modo diverso a norma del can. 533, § 3 e a meno che non sia stato costituito l'amministratore parrocchiale, si osservino le disposizioni del can. 541, § 1; in tal caso il vicario è tenuto anche a tutti gli obblighi del parroco, fatta eccezione per l'obbligo di applicare la Messa per il popolo.

Can. 550 - § 1. Il vicario parrocchiale è tenuto all'obbligo di risiedere nella parrocchia oppure, se è stato costituito per più parrocchie contemporaneamente, di risiedere in una di esse; tuttavia, per una giusta causa, l'Ordinario del luogo può permettere che risieda altrove, soprattutto se si tratta di una casa comune per più sacerdoti, purché ciò non rechi pregiudizio all'adempimento delle funzioni pastorali.

§ 2. L'Ordinario del luogo curi che si promuova, fra parroco e vicari, dove è possibile, una certa pratica di vita comune nella casa parrocchiale.

§ 3. Per quanto riguarda il periodo delle vacanze, il vicario parrocchiale ha gli stessi diritti del parroco.

Can. 551 - Per quanto riguarda le offerte che i fedeli fanno al vicario in occasione del ministero pastorale, si osservino le disposizioni del can. 531.

Can. 552 - Il vicario parrocchiale può essere rimosso, per giusta causa, dal Vescovo diocesano o dall'Amministratore diocesano, fermo restando il disposto del can. 682, § 2.

Capitolo VII

I VICARI FORANEI

Can. 553 - § 1. Il vicario foraneo, chiamato anche decano o arciprete o con altro nome, è il sacerdote che è preposto al vicariato foraneo.

§ 2. A meno che il diritto particolare non stabilisca altro, il vicario foraneo è nominato dal Vescovo diocesano, dopo aver sentito, a suo prudente giudizio, i sacerdoti che svolgono il ministero nel vicariato in questione.

Can. 554 - § 1. Per l'ufficio di vicario foraneo, che non è legato all'ufficio di parroco di una parrocchia determinata, il Vescovo scelga il sacerdote che avrà giudicato idoneo, valutate le circostanze di luogo e di tempo.

§ 2. Il vicario foraneo venga nominato a tempo determinato, definito dal diritto particolare.

§ 3. Il Vescovo diocesano può rimuovere liberamente, per giusta causa, secondo la sua prudente decisione, il vicario foraneo.

Can. 555 - § 1. Il vicario foraneo, oltre alle facoltà che gli attribuisce legittimamente il diritto particolare, ha il dovere e il diritto:

1° di promuovere e coordinare l'attività pastorale comune nell'ambito del vicariato;

2° di aver cura che i chierici del proprio distretto conducano una vita consona al loro stato e adempiano diligentemente i loro doveri;

3° di provvedere che le funzioni sacre siano celebrate secondo le disposizioni della sacra liturgia, che si curi il decoro e la pulizia delle chiese e della suppellettile sacra, soprattutto nella celebrazione eucaristica e nella custodia del santissimo Sacramento, che i libri parrocchiali vengano redatti accuratamente e custoditi nel debito modo, che i beni ecclesiastici siano amministrati diligentemente; infine che la casa parrocchiale sia conservata con la debita cura.

§ 2. Il vicario foraneo nell'ambito del vicariato affidatogli:

1° si adoperi perché i chierici, secondo le disposizioni del diritto particolare, partecipino nei tempi stabiliti alle lezioni, ai convegni teologici o alle conferenze a norma del can. 279, § 2;

2° abbia cura che siano disponibili sussidi spirituali per i presbiteri del suo distretto ed abbia parimenti la massima sollecitudine per i sacerdoti che si trovano in situazioni difficili o sono angustiati da problemi.

3° Il vicario foraneo abbia cura che i parroci del suo distretto, che egli sappia gravemente ammalati , non manchino di aiuti spirituali e materiali e che vengano celebrate degne esequie per coloro che muoiono; faccia anche in modo che durante la loro malattia o dopo la loro morte, non vadano perduti o asportati i libri, i documenti, la suppellettile sacra e ogni altra cosa che appartiene alla chiesa.

4° Il vicario foraneo è tenuto all'obbligo di visitare le parrocchie del suo distretto secondo quanto avrà determinato il Vescovo diocesano.

Capitolo VIII

I RETTORI DELLE CHIESE E I CAPPELLANI

Art. 1

I rettori delle chiese

Can. 556 - In questo contesto col nome di rettore di una chiesa si intende il sacerdote al quale è demandata la cura di una chiesa che non è né parrocchiale, né capitolare, né annessa alla casa di una comunità religiosa o di una società di vita apostolica che vi celebrino le proprie funzioni.

Can. 557 - § 1 Il rettore di una chiesa viene nominato liberamente dal Vescovo diocesano, a meno che a qualcuno non competa legittimamente il diritto di elezione o di presentazione; in tal caso spetta al Vescovo diocesano confermare o istituire il rettore.

§ 2. Anche se la chiesa appartiene ad un istituto clericale religioso di diritto pontificio, spetta al Vescovo diocesano istituire il rettore presentato dal Superiore.

§ 3. Il rettore di una chiesa che sia unita al seminario o ad un collegio retto da chierici, è il rettore del seminario o del collegio, a meno che il Vescovo diocesano non abbia stabilito altrimenti.

Can. 558 - Salvo il can.262, non è lecito al rettore compiere nella chiesa affidatagli le funzioni parrocchiali di cui al can. 530, nn. 1-6, a meno che non ci sia il consenso del parroco oppure, se è il caso, la sua delega.

Can. 559 - Nella chiesa affidatagli il rettore può compiere celebrazioni liturgiche anche solenni, salve le legittime leggi di fondazione e purché, a giudizio dell'Ordinario del luogo, non rechino danno in alcun modo al ministero parrocchiale.

Can. 560 - Quando lo ritenga opportuno, l'Ordinario del luogo può ingiungere al rettore di celebrare nella sua chiesa determinate funzioni anche parrocchiali per il popolo e inoltre di aprire la chiesa a determinati gruppi di fedeli perché vi celebrino funzioni liturgiche.

Can. 561 - Senza licenza del rettore o di un altro Superiore legittimo, a nessuno è lecito celebrare nella chiesa l'Eucarestia, amministrare i sacramenti o compiere altre funzioni sacre; licenza che deve essere data o negata a norma del diritto.

Can. 562 - Il rettore di una chiesa, sotto l'autorità dell'Ordinario del luogo e osservando i legittimi statuti e i diritti acquisiti, è tenuto all'obbligo di vigilare che le funzioni sacre vengano celebrate nella chiesa con decoro, secondo le norme liturgiche e le disposizioni dei canoni, che gli oneri siano fedelmente adempiuti, che i beni siano amministrati diligentemente, che si provveda alla conservazione e al decoro della suppellettile sacra e degli edifici sacri, e che non vi avvenga nulla che sia in qualunque modo sconveniente alla santità del luogo e al rispetto dovuto alla casa di Dio.

Can. 563 - L'Ordinario del luogo, per giusta causa, può rimuovere dall'ufficio, secondo la sua prudente decisione, il rettore di una chiesa, anche se è stato eletto o presentato da altri, fermo restando il disposto del can. 682, § 2.

Art. 2

I cappellani

Can. 564 - Il cappellano è il sacerdote cui viene affidata in modo stabile la cura pastorale, almeno in parte, di una comunità o di un gruppo particolare di fedeli, e che deve essere esercitata a norma del diritto universale e particolare.

Can. 565 - A meno che il diritto non preveda altro o a meno che a qualcuno non spettino legittimamente diritti speciali, il cappellano viene nominato dall'Ordinario del luogo, al quale pure compete istituire chi è stato presentato o confermare chi è stato eletto.

Can. 566 - § 1. E' opportuno che il cappellano sia fornito di tutte le facoltà che richiede una ordinaria cura pastorale. Oltre a quelle che vengono concesse dal diritto particolare o da una delega speciale, il cappellano, in forza dell'ufficio, ha la facoltà di udire le confessioni dei fedeli affidati alle sue cure, di predicare loro la parola di Dio, di amministrare loro il Viatico e l'unzione degli infermi, nonché di conferire il sacramento della confermazione a chi tra loro versa in pericolo di morte.

§ 2. Negli ospedali, nelle carceri e nei viaggi in mare il cappellano ha inoltre la facoltà, esercitabile solo in tali luoghi, di assolvere dalle censure latae sententiae non riservate né dichiarate, fermo restando tuttavia il disposto del can. 976.

Can. 567 - § 1. L'Ordinario del luogo non proceda alla nomina del cappellano di una casa di un istituto religioso laicale senza aver consultato il Superiore, il quale ha il diritto, sentita la comunità, di proporre qualche sacerdote.

§ 2. Spetta al cappellano celebrare o dirigere le funzioni liturgiche; non gli è lecito però ingerirsi nel governo interno dell'istituto.

Can. 568 - Per quanto è possibile, siano costituiti dei cappellani per coloro che non possono usufruire, per la loro situazione di vita, della cura ordinaria dei parroci, come gli emigranti, gli esuli, i profughi, i nomadi i naviganti.

Can. 569 - I cappellani militari sono retti da leggi speciali.

Can. 570 - Se alla sede di una comunità o di un gruppo è annessa una chiesa non parrocchiale, il cappellano sia rettore della chiesa stessa, a meno che la cura della comunità o della chiesa non esiga altro.

Can. 571 - Nell'esercizio del suo incarico pastorale, il cappellano mantenga il debito rapporto con il parroco.

Can. 572 - Per quanto riguarda la rimozione del cappellano, si osservi il disposto del can. 563.

 

 

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