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CODICE CIVILE

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Dell'IMPRESA FAMILIARE

Art. 230-bis Impresa familiare

Salvo che configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità alla qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano alla impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.

Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo.

Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.

Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo, dal giudice.

In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull'azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la disposizione dell'art. 732.

Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura (2140) sono regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme.

 

DELLA FILIAZIONE

Dello Stato di figlio legittimo

 

Art. 231 Paternità del marito

Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio.

Art. 232 Presunzione di concepimento durante il matrimonio

Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.

Art. 233 Nascita del figlio prima dei centottanta giorni

Il figlio nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è reputato legittimo se uno dei coniugi, o il figlio stesso, non ne disconoscono la paternità.

Art. 234 Nascita del figlio dopo i trecento giorni

Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio.

Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.

In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di legittimo.

Art. 235 Disconoscimento di paternità

L'azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio è consentita solo nei casi seguenti:

l) se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo ed il centottantesimo giorno prima della nascita;

2) se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche se soltanto di generare;

3) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibile con quello del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità.

La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.

L'azione di disconoscimento può essere esercitata anche dalla madre o dal figlio che ha raggiunto la maggiore età in tutti i casi in cui può essere esercitata dal padre.

 

Delle prove della filiazione legittima

 

Art. 236 Atto di nascita e possesso di stato

La filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile.

Basta, in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato di figlio legittimo.

Art. 237 Fatti costitutivi del possesso di stato

Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso valgono a dimostrare le relazioni di filiazioni e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere.

In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:

che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere;

che il padre l'abbia trattata come figlio e abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, alla educazione e al collocamento di essa;

che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali;

che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia.

Art. 238 Atto di nascita conforme al possesso di stato

Salvo quanto disposto dagli artt. 128, 233, 234, 235 e 239, nessuno può reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono l'atto di nascita di figlio legittimo e il possesso di stato conforme all'atto stesso.

Parimenti non si può contestare la legittimità di colui il quale ha un possesso di stato conforme all'atto di nascita.

Art. 239 Supposizione di parto o sostituzione di neonato

Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato (Cod. Pen. 566 e seguenti), ancorché vi sia un atto di nascita conforme al possesso di stato, il figlio può reclamare uno stato diverso, dando la prova della filiazione anche a mezzo di testimoni nei limiti e secondo le regole dell'art. 241.

Parimenti si può contestare la legittimità del figlio dando anche a mezzo di testimoni, nei limiti e secondo le regole sopra indicati, la prova della supposizione o della sostituzione predette.

Art. 240 Mancanza dell'atto di matrimonio

La legittimità del figlio di due persone, che hanno pubblicamente vissuto come marito e moglie e sono morte ambedue, non può essere contestata per il solo motivo che manchi la prova della celebrazione del matrimonio (130), qualora la stessa legittimità sia provata da un possesso di stato (237) che non sia in opposizione con l'atto di nascita.

Art. 241 Prova con testimoni

Quando mancano l'atto di nascita e il possesso di stato, o quando il figlio fu iscritto sotto falsi nomi (Cod. Pen. 495) o come nato da genitori ignoti, la prova della filiazione può darsi col mezzo di testimoni.

Questa prova non può essere ammessa che quando vi è un principio di prova per iscritto (242), ovvero quando le presunzioni e gli indizi sono abbastanza gravi da determinare l'ammissione della prova.

Art. 242 Principio di prova per iscritto

Il principio di prova per iscritto risulta dai documenti di famiglia, dai registri e dalle carte private del padre o della madre, dagli atti pubblici e privati provenienti da una delle parti che sono impegnate nella controversia o da altra persona, che, se fosse in vita, avrebbe interesse nella controversia.

Art. 243 Prova contraria

La prova contraria può darsi con tutti i mezzi atti a dimostrare che il reclamante non è figlio della donna che egli pretende di avere per madre, oppure che non è figlio del marito della madre, quando risulta provata la maternità.

 

Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo di legittimità

 

Art. 244 Termini dell'azione di disconoscimento

L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio.

Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza familiare (144) se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.

L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene successivamente a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento.

L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si tratta di minore di età inferiore.

NOTA Il secondo comma è stato dichiarato in parte illegittimo dalla Corte Costit. (sentenza 134 del 2 maggio 1985).

Art. 245 Sospensione del termine

Se la parte interessata a promuovere l'azione di disconoscimento della paternità si trova in stato di interdizione per infermità di mente (414), la decorrenza del termine indicato nell'articolo precedente è sospesa, nei suoi confronti, sino a che dura lo stato di interdizione. L'azione può tuttavia essere promossa dal tutore.

Art. 246 Trasmissibilità dell'azione

Se il titolare dell'azione di disconoscimento della paternità muore senza averla promossa, ma prima che ne sia decorso il termine, sono ammessi ad esercitarla in sua vece:

l) nel caso di morte del presunto padre o della madre, i discendenti e gli ascendenti; il nuovo termine decorre dalla morte del presunto padre o della madre, o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo;

2) nel caso di morte del figlio, il coniuge o i discendenti; il nuovo termine decorre dalla morte del figlio o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti.

Art. 247 Legittimazione passiva

Il presunto padre, la madre ed il figlio sono litisconsorti (Cod. Proc. Civ. 102) necessari nel giudizio di disconoscimento.

Se una delle parti è minore o interdetta, l'azione è proposta in contraddittorio con un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.

Se una delle parti è un minore emancipato o un maggiore inabilitato, l'azione è proposta contro la stessa assistita da un curatore parimenti nominato dal giudice.

Se il presunto padre o la madre o il figlio sono morti l'azione si propone nei confronti delle persone indicate nell'articolo precedente o, in loro mancanza, nei confronti di un curatore parimenti nominato dal giudice.

Art. 248 Legittimazione all'azione di contestazione della legittimità. Imprescrittibilità

L'azione per contestare la legittimità spetta a chi dall'atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse.

L'azione è imprescrittibile.

Quando l'azione è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell'articolo precedente.

Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori (Cod. Proc. Civ. 70, 102, 715).

Art. 249 Reclamo della legittimità

L'azione per reclamare lo stato legittimo spetta al figlio; ma, se egli non l'ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i genitori, e, in loro mancanza, contro i loro eredi (att. 121).L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

 

Della filiazione naturale e della legittimazione

Della filiazione naturale

 Del riconoscimento dei figli naturali

 

Art. 250 Riconoscimento

Il figlio naturale può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'art. 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.

Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce effetto senza il suo assenso.

Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.

Il consenso non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda all'interesse del figlio. Se vi è opposizione, su ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore in contraddittorio con il genitore che si oppone e con l'intervento del pubblico ministero, decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo del consenso mancante.

Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età.

Art. 251 Riconoscimento di figli incestuosi

I figli nati da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela (74) anche soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità (78) in linea retta, non possono essere riconosciuti (128, 278) dai loro genitori, salvo che questi al tempo del concepimento ignorassero il vincolo esistente tra di loro o che sia stato dichiarato nullo il matrimonio da cui deriva l'affinità. Quando uno solo dei genitori è stato in buona fede, il riconoscimento del figlio può essere fatto solo da lui.

Il riconoscimento è autorizzato dal giudice, avuto riguardo all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.

Art. 252 Affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella famiglia legittima

Qualora il figlio naturale di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in ordine all'affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse morale e materiale.

L'eventuale inserimento del figlio naturale nella famiglia legittima di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò non sia contrario all'interesse del minore e sia accertato il consenso dell'altro coniuge e dei figli legittimi che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce le condizioni che il genitore cui il figlio è affidato deve osservare e quelle cui deve attenersi l'altro genitore.

Qualora il figlio naturale sia riconosciuto anteriormente al matrimonio, il suo inserimento nella famiglia legittima è subordinato al consenso dell'altro coniuge, a meno che il figlio fosse già convivente con il genitore all'atto del matrimonio o l'altro coniuge conoscesse l'esistenza del figlio naturale.

E' altresì richiesto il consenso dell'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento.

Art. 253 Inammissibilità del riconoscimento

In nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo o legittimato in cui la persona si trova.

Art. 254 Forma del riconoscimento

Il riconoscimento del figlio naturale è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o davanti al giudice tutelare o in un atto pubblico o in un testamento (587), qualunque sia la forma di questo.

La domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico (2699) o in un testamento (587) importa riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia luogo.

Art. 255 Riconoscimento di un figlio premorto

Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto in favore dei suoi discendenti legittimi e dei suoi figli naturali riconosciuti.

Art. 256 Irrevocabilità del riconoscimento

Il riconoscimento è irrevocabile. Quando è contenuto in un testamento ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento è stato revocato.

Art. 257 Clausole limitatrici

E' nulla ogni clausola diretta a limitare gli effetti del riconoscimento.

Art. 258 Effetti del riconoscimento

Il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto, salvo i casi previsti dalla legge.

L'atto di riconoscimento di uno solo dei genitori non può contenere indicazioni relative all'altro genitore. Queste indicazioni, qualora siano state fatte, sono senza effetto.

Il pubblico ufficiale che le riceve e l'ufficiale dello stato civile che le riproduce sui registri dello stato civile sono puniti con l'ammenda da lire ventimila a lire ottantamila. Le indicazioni stesse devono essere cancellate.

Art. 259-260 (abrogati)

Art. 261 Diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento

Il riconoscimento comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi.

Art. 262 Cognome del figlio

Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre.

Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.

Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre.

Art. 263 Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità

Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.

L'impugnazione è ammessa anche dopo la legittimazione (280 e seguenti).

L'azione è imprescrittibile.

Art. 264 Impugnazione da parte del riconosciuto

Colui che è stato riconosciuto non può, durante la minore età o lo stato d'interdizione per infermità di mente, impugnare il riconoscimento.

Tuttavia il giudice, con provvedimento in camera di consiglio su istanza del pubblico ministero o del tutore o dell'altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio o del figlio stesso che abbia compiuto il sedicesimo anno di età, può dare l'autorizzazione per impugnare il riconoscimento, nominando un curatore speciale (715).

Art. 265 Impugnazione per violenza

Il riconoscimento può essere impugnato per violenza dall'autore del riconoscimento entro un anno (2964) dal giorno in cui la violenza è cessata.

Se l'autore del riconoscimento è minore, l'azione può essere promossa entro un anno dal conseguimento dell'età maggiore (267).

Art. 266 Impugnazione del riconoscimento per effetto di interdizione giudiziale

Il riconoscimento può essere impugnato per l'incapacità che deriva da interdizione giudiziale (414 e seguenti) dal rappresentante dell'interdetto e, dopo la revoca dell'interdizione, dall'autore del riconoscimento, entro un anno dalla data della revoca (267).

Art. 267 Trasmissibilità dell'azione

Nei casi indicati dagli artt. 265 e 266, se l'autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia scaduto il termine, l’azione può essere promossa dai discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi.

Art. 268 Provvedimenti in pendenza del giudizio

Quando è impugnato il riconoscimento, il giudice può dare, in pendenza del giudizio, i provvedimenti che ritenga opportuni nell'interesse del figlio.

 

Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturale

 

Art. 269 Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità

La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso.

La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo.

La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui ce fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre.

La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità naturale.

Art. 270 Legittimazione attiva e termine

L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità naturale è imprescrittibile riguardo al figlio.

Se il figlio muore prima di avere iniziato l'azione, questa può essere promossa dai discendenti legittimi, legittimati o naturali (258) riconosciuti, entro due anni dalla morte.

L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.

Art. 271-272 (abrogati)

Art. 273 Azione nell'interesse del minore o dell'interdetto

L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità naturale può essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore che esercita la potestà prevista dall'art. 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l'autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.

Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione se egli ha compiuto l'età di sedici anni.

Per l'interdetto l'azione può essere promossa dal tutore previa autorizzazione del giudice.

Art. 274 Ammissibilità dell'azione

L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata.

Sull'ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato, su ricorso (Cod. Proc. Civ. 125, 737) di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio.

L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine dell'inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative.

Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi di minore o d'altra persona incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio.

Art. 275 (abrogato)

Art. 276 Legittimazione passiva

La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi (Cod. Proc. Civ. 102).

Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse.

Art. 277 Effetti della sentenza

La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento (258 e seguenti).

Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui.

Art. 278 Indagini sulla paternità o maternità

Le indagini sulla paternità o sulla maternità non sono ammesse nei casi in cui, a norma dell'art. 251, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato.

Possono essere ammesse dal giudice quando vi è stato ratto o violenza carnale nel tempo che corrisponde a quello del concepimento (Cod. Pen. 519, 523 e seguenti).

Art. 279 Responsabilità per il mantenimento e l'educazione

In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio naturale può agire per ottenere il mantenimento, I'istruzione e l'educazione (580, 594). Il figlio naturale se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti.

L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'art. 274.

L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la potestà.

 

Della legittimazione dei figli naturali

 

Art. 280 Legittimazione

La legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo.

Essa avviene per susseguente matrimonio dei genitori del figlio naturale o per provvedimento del giudice.

Art. 281 Divieto di legittimazione

Non possono essere legittimati i figli che non possono essere riconosciuti (251).

Art. 282 Legittimazione dei figli premorti

La legittimazione dei figli premorti può anche aver luogo in favore dei loro discendenti legittimi e dei loro figli naturali riconosciuti.

Art. 283 Effetti e decorrenza della legittimazione per susseguente matrimonio

I figli legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti dei figli legittimi dal giorno del matrimonio, se sono stati riconosciuti da entrambi i genitori nell'atto di matrimonio o anteriormente, oppure dal giorno del riconoscimento se questo è avvenuto dopo il matrimonio.

Art. 284 Legittimazione per provvedimento del giudice

La legittimazione può essere concessa con provvedimento del giudice soltanto se corrisponde agli interessi del figlio ed inoltre se concorrono le seguenti condizioni:

l) che sia domandata dai genitori stessi o da uno di essi e che il genitore abbia compiuto l'età indicata nel quinto comma dell'art. 250;

2) che per il genitore vi sia l'impossibilità o un gravissimo ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio;

3) che vi sia l'assenso dell'altro coniuge se il richiedente è unito in matrimonio e non è legalmente separato;

4) che vi sia il consenso del figlio legittimando se ha compiuto gli anni sedici, o dell'altro genitore o del curatore speciale, se il figlio è minore degli anni sedici, salvo che il figlio sia già riconosciuto.

La legittimazione può essere chiesta anche in presenza di figli legittimi o legittimati. In tal caso il presidente del tribunale deve ascoltare i figli legittimi o legittimati, se di eta superiore ai sedici anni.

Art. 285 Condizione per la legittimazione dopo la morte dei genitori

Se uno dei genitori ha espresso in un testamento o in un atto pubblico la volontà di legittimare i figli naturali, questi possono, dopo la morte di lui, domandare la legittimazione se sussisteva la condizione prevista nel n. 2 dell'articolo precedente.

In questo caso la domanda deve essere comunicata agli ascendenti, discendenti, e coniuge o, in loro mancanza, a due tra i prossimi parenti, del genitore entro il quarto grado.

Art. 286 Legittimazione domandata dall'ascendente

La domanda di legittimazione di un figlio naturale riconosciuto (250, 277) può in caso di morte del genitore essere fatta da uno degli ascendenti legittimi di lui, se il genitore non ha comunque espressa una volontà in contrasto con quella di legittimare (att. 124).

Art. 287 Legittimazione in base alla procura per il matrimonio

Nei casi in cui è consentito di celebrare il matrimonio per procura, quando concorrono le condizioni per la legittimazione per susseguente matrimonio la legittimazione dei figli naturali con provvedimento del giudice può essere domandata in base alla procura a contrarre il matrimonio, se questo non poté essere celebrato per la sopravvenuta morte del mandante.

Quando i figli sono stati riconosciuti, per domandarne la legittimazione è necessario che dalla procura risulti la volontà di riconoscerli o di legittimarli.

Art. 288 Procedura

La domanda di legittimazione accompagnata dai documenti giustificativi deve essere diretta al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il richiedente ha la residenza.

Il tribunale, sentito il pubblico ministero, accerta la sussistenza delle condizioni stabilite negli articoli precedenti e delibera, in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737) sulla domanda di legittimazione.

Il pubblico ministero e la parte possono, entro venti giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla Corte d'appello. Questa, richiamati gli atti dal tribunale, delibera in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.

In ogni caso la sentenza che accoglie la domanda è annotata in calce all'atto di nascita del figlio.

Art. 289 Azioni esperibili dopo la legittimazione

La legittimazione per provvedimento del giudice non impedisce l'azione ordinaria per la contestazione dello stato di figlio legittimato per la mancanza delle condizioni indicate nel n. 1 dell'art. 284, negli artt. 285, 286 e 287, ferma restando la disposizione dell'art. 263.

Se manca la condizione indicata nel n. 3 dell'art. 284 la contestazione può essere promossa soltanto dal coniuge del quale è mancato l'assenso.

Art. 290 Effetti e decorrenza della legittimazione per provvedimento del giudice

La legittimazione per provvedimento del giudice produce gli stessi effetti della legittimazione per susseguente matrimonio, ma soltanto dalla data del provvedimento e nei confronti del genitore riguardo al quale la legittimazione è stata concessa.

Se il provvedimento interviene dopo la morte del genitore, gli effetti risalgono alla data della morte, purché la domanda di legittimazione non sia stata presentata dopo un anno da tale data.

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